Nei precedenti articoli ci siamo concentrati sul più importante dei meccanismi d’accensione, l’acciarino a pietra focaia (in particolare quello alla moderna), che nei vari modelli sopravvisse per quasi due secoli nei campi di battaglia europei, da metà del Seicento a metà dell’Ottocento. Fu il primo meccanismo di accensione a unire sicurezza (niente micce fumanti dei moschetti vicino ai barili di polvere da sparo), scodellino coperto, robustezza, affidabilità, durata delle componenti e facilità di costruzione.
Ma prima dell’acciarino a focile, o acciarino alla moderna, ve ne furono altri.
Vediamo in breve i più famosi meccanismi di accensione che hanno preceduto quello alla moderna.

Piastra a Miccia
La piastra a miccia ebbe una notevole diffusione e dominò i campi di battaglia dalla fine del Quattrocento fino alle metà del Seicento quando l’acciarino alla moderna ne prese il posto come meccanismo d’accensione standard.
Lo scodellino contiene una parte della carica di polvere ed è collegato alla carica principale. Come nell’acciarino a focile. Dando fuoco alla carica nello scodellino si fa bruciare anche la carica di lancio che sparerà il proiettile fuori dalla canna.
Come dice il nome stesso la polvere nello scodellino non viene accesa da una pietra focaia, ma da una miccia a lenta combustione accesa in precedenza. Ulteriore differenza pratica con l’acciarino a focile è che lo scodellino non si apre in automatico nell’atto di sparare, ma va aperto prima a mano.

Scodellino aperto visto dall’alto

La miccia è tenuta ferma dalla serpentina, una leva posta di norma oltre il grilletto e rivolta in direzione del tiratore. Premendo una seconda leva (o un grilletto nei modelli successivi) la serpentina viene sganciata e cade sullo scodellino colpendolo con la miccia accesa. Vennero fabbricati anche modelli con una molla di scatto che faceva abbattere la serpentina con violenza, ma non erano favoriti dai soldati perché la miccia così percossa tendeva a spegnersi (come una sigaretta schiacciata nel posacenere, per intenderci). Il meccanismo a scatto rendeva l’arma leggermente più precisa perché diminuiva il tempo intercorso tra la pressione del grilletto e lo sparo effettivo, per cui ebbe un suo “pubblico” nel contesto della caccia e del tiro sportivo.

Come si può immaginare questo meccanismo ha molti aspetti negativi. La miccia deve essere accesa in precedenza (considerate che non esistevano i fiammiferi), deve essere mantenuta accesa (ravvivando la fiamma col soffio), va regolata a mano a mano che si consuma in modo che non cada dalla serpentina (ne deve sporgere pochissima per poter colpire lo scodellino) e quando finisce va cambiata con una miccia nuova (da accendere e posizionare: operazione ben più lenta che non sostituire una pietra focaia consumata). Sparare sotto la pioggia risulta impossibile, tra l’acqua che inzuppa lo scodellino (aperto per sparare) e la miccia impossibile da accendere (quelle già accese invece erano impermeabili).
La miccia accesa rende impossibile mantenere delle sentinelle nascoste (è come se fumassero continuamente delle sigarette: nel buio della notte sono visibili come i testicoli di un toro) ed è pericolosa da tenere vicino alle scorte di polvere da sparo, tanto che spesso i soldati di guardia alla santabarbara erano armati con moschetti a pietra focaia (di vario tipo).

All’epoca dei moschetti a miccia (‘500-‘600) le bacchette erano spesso di legno rinforzato in ottone. Erano più leggere delle successive bacchette interamente in metallo, ma a causa del calore della canna si consumavano rapidamente. I moschetti a miccia più lunghi e pesanti (anche 9kg, contro i 4,5-5kg del Brown Bess del ‘700), principalmente a causa delle spesse canne dovute ai notevoli calibri e all’acciaio di mediocre qualità, venivano impiegati con l’ausilio di una forcella di appoggio invece della sola mano. Questa forcella non serviva tanto a rendere più preciso il tiro, fornendo un punto di appoggio per l’arma come nei bipiedi moderni, ma serviva ad aiutavare i fanti meno robusti a reggerla senza problemi e a non peggiorare la (già cattiva) precisione dell’arma. La forcella appuntita poteva essere usata anche come arma dopo aver scaricato il moschetto (le baionette non iniziarono a diffondersi fino all’avvento dell’acciarino alla moderna) e il moschetto stesso con il suo peso era una mazza goffa, ma letale.
Quando erano di moda i grandi moschetti con la forcella (tra fine Cinquecento e prima metà del Seicento) venivano indicati coi nomi caliver (“calibro”, simile agli archibugi del Cinquecento) e archibugio le armi più corte e leggere (spesso anche di calibro minore) e per questo prive di forcella d’appoggio. Con l’arrivo dell’acciarino a focile il termine moschetto passò a indicare anche l’arma relativamente leggera e priva di forcella.

Geoffrey Parker in La Rivoluzione Militare spiega che nel 1636 il comandante dell’esercito delle Fiandre (spagnolo) stabilì che i battaglioni dovevano essere formati per un quarto da picchieri e per tre quarti da moschettieri, abolendo l’uso dell’archibugio leggero. Ma già nel febbraio 1643, alla vigilia dell’invasione della Francia, l’Alto Comando osservò: «è necessario oggigiorno, in conseguenza della carenza di reclute, accettare degli uomini giovani e deboli, i quali possano essere di una certa utilità (ora) e apprendere in seguito come usare […] il moschetto».
Fu quindi reintrodotto l’archibugio per i venticinque uomini più deboli di ogni compagnia.
Un problema simile di cattiva qualità delle reclute (dovuta alla malnutrizione) avvenne in Francia nel 1685 quando Luvois, il Ministro della Guerra di Luigi XIV, dovette abolire il requisito minimo di altezza per le reclute.

La miccia è una corda, generalmente di cotone e di diametro di circa mezzo centimetro, rivestita con sostanze che la rendono impermeabile e con un’anima di polvere nera molto sottile. Generalmente la velocità di combustione non supera la velocità di mezzo metro al minuto, ma può variare parecchio. La miccia per archibugi/moschetti talvolta era solo una corda di canapa bollita in acqua salata.

Moschettiere che ricarica l’arma

Il caricamento con le cartucce di carta (la prima apparve nel 1586), come descritto nell’articolo precedente, non prese piede fino alla metà dei Seicento. I moschetti prima dell’adozione della cartuccia venivano caricati sfruttando delle cariche di polvere già dosate custodite in piccoli contenitori di legno appesi alla bandoliera assieme al sacchetto che conteneva i proiettili. Alternativamente veniva usato il corno di polvere, ancora più lento come procedimento perché la polvere andava dosata con attenzione. Il caricamento per il resto non era molto diverso da quello già visto: si aggiungeva solo l’atto di soffiare sulla miccia per ravvivarla. Uno spreco di tempo che cartucce di carta e acciarini a focile fecero sparire.

Prossimamente…
Piastra a Ruota
Acciarino alla Chenapan
Acciarino alla Biscaglia
Acciarino alla Romana

4 Replies to “Meccanismi di accensione: la miccia”

  1. Prego, mi fa sempre piacere sapere che i miei articoli hanno aiutato qualcuno a farsi un’idea più chiara sulle armi antiche. ^_^

    Spero ti possano essere utili anche gli altri articoli della categoria “oplologia“.

  2. Complimenti davvero un buon lavoro,una bellissima descrizione MOLTO UTILE, GRAZIE!!

  3. Faccio parte di un associazione che fa rievocazioni storiche di militari Savoia di inizio ‘800; abbiamo fucili “veri” e imitazioni (pessime) di moschetti a miccia; qualcuno ha immagini o descrizioni di questi fucili ??? in modo da migliorarne l’aspetto ???
    GRAZIE

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