Questo è l’articolo-guida che ho scritto per cercare di ricordarmi gli argomenti da trattare nell’intervento Libroshima – cronache del dopo eBook per Ebook Lab Italia. Visto che sono abituato solo a fare articoli, anche per ricordarmi i dati interessanti che trovo, ho fatto lo stesso con Libroshima invece di limitarmi ad avere una scaletta delle cose da dire. Le stesse slide sono state costruite non come slide informative vere e proprie, ma come semplici supporti (o effetti comici) da inserire durante il discorso: esattamente come avviene con le immagini dentro ai miei articoli.

In questo articolo le immagini delle slide sono state inserite direttamente tra i paragrafi del discorso, nel momento in cui doveva avvenire la proiezioni. La versione pubblicata è l’ultima, la numero Otto, che contiene poche correzioni (non legate ai contenuti informativi) rispetto a quella consegnata agli organizzatori il 14 febbraio (la numero Sei). L’obbiettivo era di non superare troppo le 4000 parole, per cui concetti sufficienti per scrivere un articolo da 20.000 parole sono stati compressi per cavarne un discorso coerente da 4693.

Questa immagine era presente nella versione Sei, ma già nella versione Sette era sparita a favore dei soli riferimenti del Lungo XIX Secolo.


Libroshima: cronache del dopo eBook

Il mercato librario sta cambiando. Negli Stati Uniti i ricavi del mercato degli eBook per i grandi editori sono passati da meno del 1,5% del 2008 all’attuale 10% del dicembre 2010 (8,32% sull’intero anno).
Se nel 2009 gli eBook e gli eReader erano una novità, nel 2010 erano ormai un banale dato di fatto, come i moscerini spiaccicati sul parabrezza.

Ciò che rallentava la diffusione degli eBook era la scarsa presenza degli eReader. Ciò che rallentava l’adozione degli eReader era il prezzo percepito come troppo alto. È tutto legato. Diffondete gli eReader e diffonderete gli eBook. Senza adeguati strumenti di lettura, non ha nemmeno senso interessarsi agli eBook come alternativa al cartaceo. Perché comprare munizioni se non si ha un fucile in cui metterle?

Ora gli eReader si stanno diffondendo, anche in Europa.

A Natale 2010 il 7% degli adulti in Gran Bretagna ha ricevuto un eReader, portandone il totale al 13%. Il 61% dei nuovi proprietari ha pagato per gli eBook e sono stati acquistati circa 5,9 titoli a testa. Dopo Natale pare che siano stati venduti 10 milioni di eBook contro 18,6 milioni di libri cartacei (fonte: The Publishers Association tramite TheBookseller.com).

I prezzi degli eReader continueranno a scendere.
L’Italia è partita dopo gli USA con il mercato degli eBook, ma inizia in una situazione già molto più favorevole di quanto non fosse quella USA nel 2007. Chiunque voglia può ordinare dall’estero il Kindle 3 WiFi che, tasse e spedizione incluse, viene circa 150 euro.

Le cose stanno per cambiare anche in Italia.
Su Libroshima, la gioiosa città dell’editoria, sta per esplodere la bomba nucleare degli eBook, ma non c’è di che avere paura: se vi chiuderete nel rifugio antiatomico durante il BOOM e se saprete far buono uso del fallout fatto di lettura sociale, metadati, nicchie di mercato ecc… la nuova testa che le radiazioni vi faranno spuntare dalla spalla potrà diventare la vostra migliore amica. Oppure potrà prendervi a capocciate fino ad ammazzarvi, in un delizioso omicidio-suicidio.

Perché ho equiparato gli eBook a una bomba atomica?
Perché 1. esploderanno all’improvviso e perché 2. distruggeranno il vecchio modo di concepire il mercato del libro. Allo stesso tempo segneranno un nuovo inizio, dando possibilità di competere con meno svantaggi di prima a chi era tenuto ai margini del mondo editoriale: autori di nicchia, piccoli editori, senza contare gli editor e altri professionisti, come i traduttori.

Ho detto che arriveranno all’improvviso. Più o meno sarà così e forse non sarà facile nemmeno intuire la vera crescita se ci si affiderà solo ai dati dei grandi editori. Pensate a quel 10% di mercato eBook negli USA. Sembra una grossa crescita rispetto al 3,20% del 2009, ma non lo è: la vera crescita non è dichiarata dai 13 maggiori editori che forniscono i loro dati alla Association of American Publishers.

Ricordate i mesi precedenti l’arrivo di iPad?
C’era stato il braccio di ferro di alcuni editori contro Amazon per poter passare dal modello grossista al modello agenzia. Col modello grossista Amazon pagava un libro TOT e poi lo vendeva al prezzo che voleva, di solito più basso per poter fidelizzare la clientela, conquistare quote di mercato e costruirsi un ruolo di monopolista del settore. Amazon investiva sul futuro: perdere un po’ di soldi ora, o comunque non guadagnare niente, per assicurarsi in cambio le enormi ricchezze del domani. Un investimento sicuro, senza rischi.

Col modello agenzia l’editore sceglie il prezzo e a ogni vendita ne riceve il 70%. Poter gestire da soli il prezzo ha il vantaggio che, in teoria, si può abbassarlo per spingere meglio certi libri e per trovare il prezzo più vantaggioso studiando gli andamenti delle vendite mese per mese. In realtà quello che fecero gli editori fu di aumentare il prezzo degli eBook da 7,99-9,99$ a 12,99$-14,99$, per difendere i ricavi per copia. Abbassare i prezzi? Col cavolo. Peccato che così affondarono le vendite e quindi i ricavi complessivi.
Guardate i dati del secondo trimestre 2010.

Non solo la crescita dei ricavi non proseguì, ma ci fu addirittura una flessione. La mossa fu così dannosa da cancellare completamente i vantaggi derivati dalla sempre maggiore penetrazione degli eReader tra la popolazione.
Un disastro.

Nel frattempo le cose stavano andando alla grande per gli altri. Smashwords gongolava. Amazon si vantava di vendere sempre più eBook, senza che il mercato cartaceo ne fosse stato in alcun modo danneggiato. Arrivò pure il famoso sorpasso: Amazon dichiarò di aver venduto 143 eBook per ogni 100 libri rilegati. Questo in generale, considerando che molti eBook non avevano un equivalente rilegato (gli autopubblicati, ad esempio, o i libri di tanti piccoli editori) e che i libri di carta erano molti di più degli eBook.

Quando poi nel terzo trimestre 2010 i ricavi degli eBook per i Big furono superiori di circa 1/3 rispetto al primo e al secondo trimestre, i dati degli altri furono ancora migliori. Amazon giusto un mesetto fa ha annunciato di aver venduto 115 eBook per ogni 100 paperback e circa 3 eBook per ogni rilegato. Da 1,43 contro 1 a 3 contro 1. Mi pare una crescita notevole, ben superiore a quel +1/3 (Nota di Aggiornamento: +45% contando anche il quarto trimestre, non disponibile quando ho scritto il discorso) dichiarato da chi stava sabotando apposta il mercato degli eBook con l’applicazione di prezzi poco funzionali.

La differenza tra i Big e tutti gli altri, autopubblicati e piccoli editori, era solo nel prezzo: i primi lo avevano aumentato per difenderei ricavi sulla singola copia, sperando così di sabotare il mercato, mentre i secondi avevano cominciato a ridurli per aumentare i ricavi complessivi.

Il prezzo è la chiave di tutto.
Ma prima di passare a parlare di prezzi, parliamo invece di cosa concretamente cambierà nel mercato.

Al giorno d’oggi, in Italia, se si vuole far leggere il proprio romanzo a più di una manciata di persone, bisogna farlo apparire nelle librerie fisiche. Per far finire il libro nelle librerie, bisogna avere un editore che abbia una distribuzione adeguata.

Le librerie, a livello macroscopico, rispondono alla leggi della fisica classica. Hanno una certa dimensione e una certa quantità di scaffali. Non possono ospitare più libri di quanti sia possibile inserire negli scaffali o usare per farne torri espositive al suolo.

Gli scaffali stessi non sono tutti uguali. Un libro che deve vendere bene oltre a indovinare la giusta combinazione di elementi appetibili, deve essere molto visibile. Letteralmente il libro va spinto in gola al cliente che si trova bombardato dalle copertine (e da autentiche torri di carta) di ciò che “deve essere venduto”, mentre i testi più sfigati e gli editori meno importanti masticano rabbia in fondo a qualche ripiano a livello del suolo, l’equivalente del ghetto.

Libreria ottocentesca: se non è negli scaffali, la tua opera non può essere diffusa.
Non è meglio liberarsi di un vincolo tecnologico obsoleto dannoso per tutti?

(Immagine extra non presente nelle slide)

La cosa più importante è che in uno scaffale in cui al massimo entrano 100 libri, non se ne possono infilare 1000. Non importa quanto si spinga per farceli stare: non si potranno infilare tutti quanti. La “scaffalatura” è una Risorsa Strategica: chi controlla la scaffalatura controlla il mercato. Chi non ha nemmeno uno sputo di scaffalatura, è fuori dal vero mercato.

I lettori non possono davvero scegliere in modo determinante: la loro scelta, la massa degli acquisti, è limitata ai prodotti presenti nelle librerie e alla visibilità che questi libri hanno. Come è banalmente ovvio: non si può entrare in una libreria e comprare un libro che non solo non c’è, ma non si sa nemmeno che esista.

Gli editori nel mondo attuale hanno due ruoli fondamentali: pubblicare libri che pensano valga la pena pubblicare e proibire ai libri che non vogliono pubblicare di apparire sul mercato. L’editore è un gatekeeper.

Non esiste che l’autore possa competere con le proprie sole forze. Serve spazio nelle librerie. L’autopubblicazione è inutile perché non garantisce alcuna visibilità nelle librerie. Serve un editore.
L’autore non può semplicemente estrarre il proprio testo dal cilindro e dire “lasciamo che decidano i lettori”. I lettori possono decidere solo tra i libri che ricevono una adeguata esposizione qualitativa e numerica.

Libroshima è in questa situazione.
Gli editori sono felici e i lettori un po’ meno. Talvolta i lettori si lamentano in pubblico. Grazie a Internet tanto disgusto e fastidio che prima si tenevano dentro (o che raccontavano a pochi amici) ora può trovare sfogo in community di lettori che condividono la stessa cattiva opinione degli editori.

Qualche volta i lettori si lamentano in pubblico delle truffe e della pessima qualità di prodotti, come avvenuto nel caso degli ennesimi tagli del 15% negli Urania. I lettori non vengono ignorati, peggio: vengono derisi, insultati e trattati come feccia semplicemente per aver osato alzare la voce contro un prodotto venduto in maniera poco chiara, senza alcuna indicazione del fatto che non fosse un’opera integrale.
Diritti dei consumatori? Non esistono. Si possono tagliare via 60 pagine da un libro di 400 e poi venderlo senza dire niente del taglio. I lettori lo devono scoprire da soli il fattaccio. E tutto ciò sembra a “certi editori” perfettamente normale.

Le pratiche dell’editoria applicate agli alimenti: mozzarelle blu.

Perché, ve le aspettavate diverse?
Avete pagato poco e ve le diamo blu: mangiatele e state zitti, ingrati!

Se i lettori si lamentano sono degli ingrati e vengono zittiti e maltrattati dai servi dell’editore. I lettori non sono stupidi e ricopiano le lamentele su altri siti per diffondere la consapevolezza dell’infamia, ad esempio su un grosso forum di appassionati di Urania, clienti fidati che comprano e collezionano.
La figura di merda non può essere bloccata. Gli editori ne fanno di continuo e ormai scuotere la testa con rassegnazione è la norma per i lettori.

Cosa diceva Avanzini della Newton Compton poche settimane fa? Che non basta essere presenti in tutti i negozi, ma bisogna curare anche l’immagine e la qualità. È difficile parlare di qualità con un’opera tagliata del 15%. Per quanto riguarda l’immagine dell’editore, dire che si è sputtanato a causa del comportamento inaccettabile dei suoi servi è dire poco.
È così che si intende coltivare la stima dei lettori?

Ora spostiamoci avanti di qualche anno.
Su Libroshima esplode la bomba atomica degli eBook. Sono i lettori a farla esplodere, con la scelta di affrancarsi dalla schiavitù di leggere solo ciò che offre la libreria in formato cartaceo. Immaginate i clienti che eBook dopo eBook ed eReader dopo eReader costruiscono un cannone atomico nelle campagne attorno a Libroshima. Un bel giorno si riuniscono tutti presso il cannone, con tute anti NBC addosso, e decidono che è il momento di cambiare le cose. Puntano dritto alla Torre dell’Editoria, un grattacielo fabbricato con le ossa dei lettori. BOOM.

eeeeeeeeeeee….eBOOK!

L’esplosione non uccide gli editori. Non quelli grossi. I grossi editori sono come i Grandi Antichi, non bastano le semplici armi dei mortali per farli fuori. L’esplosione ha distrutto la fisicità del mondo del libro: lo scaffale non è più una risorsa strategica irrinunciabile. La vendita degli eBook può avvenire su librerie online. Le librerie fisiche si evolveranno in punti di incontro e scambio culturale, ma non ci sarà più la vera scaffalatura di prima. Non sarà una risorsa di cui non si può fare a meno.

Senza scaffalatura ha senso autopubblicarsi. Che differenza c’è tra un testo autopubblicato e quello di un editore vero? In teoria il secondo dovrebbe essere curato meglio, ma in pratica sappiamo che già ora non è detto che sia così.

Gli autori autopubblicati saranno negli stessi negozi in cui sono i libri degli editori. I clienti li vedranno affiancati e probabilmente non noteranno l’assenza del marchio: guarderanno la copertina, la descrizione, il prezzo, magari leggeranno un estratto se disponibile.
Se il libro sembra interessante, cosa importa se c’è o meno sopra il marchio di un importante editore? Gli editori stessi hanno insegnato ai clienti che non possono fidarsi del marchio: hanno abusato del proprio potere decisionale per farcire le librerie di schifezze prive del livello minimo di editing. E tutto ciò proprio poco prima dell’arrivo degli eBook. Geniale.

Nel mondo cartaceo il cliente compra, legge, prova ribrezzo e… e niente, ormai ha dato i soldi. Il prodotto editoriale ha ricevuto un voto positivo, ovvero un acquisto. Lamentarsi dopo l’acquisto non cambia le cose.

Gli editori praticano su certa narrativa di genere (fantasy e fantascienza, ad esempio) politiche di vendita banditesche, fregandosene di conquistare la fiducia dei lettori. Fregandosene che non compreranno un secondo libro. Tanto tutti fanno schifezze simili per cui ci si può scambiare i lettori senza perdere niente: chi molla un editore deve passare a un altro oppure smettere di leggere. Si può rimbalzare da un editore importante all’altro senza smettere per un istante di vomitare. E i Grandi Antichi dell’editoria ghignano.
Chi controlla la scaffalatura controlla la lettura.

Gli editori si sono rovinati il marchio per quanto riguarda la narrativa fantastica. Dietro il marchio non c’è nessuna garanzia di qualità minima e i forti lettori lo sanno già. Quelli che non lo sanno ancora, presto lo sapranno. L’aspetto sociale del libro, con la condivisione di commenti e la discussione online, farà sembrare le attuali lamentele dei graffiti su un muro di periferia.

Con gli eBook il libro sarà sempre più un’esperienza sociale e condividere frasi che sono piaciute, o commenti di puro ribrezzo, sarà sempre più semplice. La qualità verrà premiata e i libri illeggibili maltrattati molto più di quanto avvenga ora e con effetti molto maggiori perché il “passaparola” diventerà un elemento determinante per le vendite. Gli autori e gli editori che vorranno sputtanarsi il nome dovranno solo chiederlo mettendo in vendita robaccia guasta, piena di refusi e con storie raffazzonate.
Conquistate il rispetto dei lettori. Costruitevi un pubblico di appassionati che vi supporti spontaneamente. Se si lavora bene, prima o poi si verrà premiati.

“Autopubblicato” ora è un marchio negativo, ma presto sarà una constatazione o un vanto come già avviene negli USA. Facciamo un esempio storico? Made in Germany.

Paul von Hindenburg indossa un pickelhaube. Il tipico editore NO.
Rifletteteci.

Nel 1887 gli inglesi, spaventati dal successo dei prodotti tedeschi, imposero che ne venisse riportata la nazionalità. Così i clienti inglesi avrebbero potuto comprare solo merce inglese, snobbando le schifezze straniere.
Sfortunatamente per l’Inghilterra, dietro il suo marchio si nascondevano prodotti inferiori a quelli tedeschi. Nel 1894 la commissione del Reichstag dichiarò che, dopo leggerissime perdite, il marchio Made in Germany era diventato un vanto che gonfiava le vendite dei prodotti.

Se gli editori giocheranno col marchio, bollando gli autopubblicati come gente da evitare, sarà meglio che non si facciano ritorcere addosso l’effetto.

Con la possibilità di leggere un’anteprima dell’eBook prima di acquistarlo, il lettore potrà vederlo da sé se il libro autopubblicato non merita una manciata di euro. Non avrà bisogno che ci sia sopra un marchio a garantire… beh, a garantire proprio niente.
Anzi, peggio ancora. Ormai si leggono spesso commenti carichi di pregiudizi sui nuovi libri fantasy pubblicati. Pubblicare un romanzo fantasy con certi editori equivale a un marchio di infamia, altro che di qualità. Volendo frugare nel letame c’è un risvolto ancora più inquietante: quando lo si legge davvero il libro è perfino peggiore di quanto il commentatore avesse ipotizzato. La realtà supera il più nero pessimismo.

Bisognerà smetterla di trattare i clienti come se fossero consumatori usa-e-getta da infinocchiare: andranno trattati come clienti, ovvero con tutto il rispetto necessario a fare in modo che tornino di nuovo a fare acquisti e che si fidelizzino nei confronti degli autori e del marchio editoriale.

Se il marchio ha perso qualsiasi importanza, l’autore può autopubblicarsi senza rimpianti.
Si è parlato spesso di Joe Konrath. Konrath è stato solo uno dei tanti autori autopubblicati ad avere successo e non è stato nemmeno il caso più straordinario. Guardiamo una carrellata di autori autopubblicati su Amazon nel dicembre 2010. Ricordate che il mercato eBook USA del dicembre 2010 era appena al 10%. Siamo molto lontani dall’esplosione nucleare di Libroshima: lo scaffale ha ancora potere ed è ancora appetibile.

Sono solo i primi venti tra gli autori che hanno accettato di dichiarare le proprie vendite per essere inseriti nella lista di quelli che vendono almeno 1000 copie al mese. Molti altri autori, più alti in classifica, non hanno accettato. Questa è solo la punta dell’iceberg.

Amanda Hocking ha venduto a dicembre oltre 100.000 eBook. Aveva nove libri in vendita, con un prezzo tra 0,99$ e 2,99$. Come ricorderete 2,99$ è il prezzo minimo per poter ricevere da Amazon il 70% del prezzo invece del 35%. In parole povere, da ogni libro venduto a 0,99$ Amanda ha ricavato 0,35$, mentre da ogni libro a 2,99$ ha ricavato 2$.
La sua trilogia principale è disponibile in versione piratata. Anche molti romanzi di Konrath si trovano gratis senza problemi.

Quanti autori italiani vendono 100.000 libri, di carta o digitali, in un mese? Se ipotizziamo che abbia venduto metà dei libri a 0,99$ e metà a 2,99$ sarebbero oltre 100.000 dollari. Quanti autori guadagnano così tanto in un mese? E quanti sono degli sconosciuti senza precedenti pubblicazioni cartacee?
Anche con “solo” 1000 copie al mese si guadagnano ben 2000 dollari. Non fa schifo.

Il prezzo è importante. Gli autori potrebbero non volere un editore anche per timore che modifichi il prezzo in modo dannoso per gli interessi di entrambi. Non è una cosa rara. Leggete il blog di Konrath: il suo precedente editore si rifiutò di abbassare i prezzi degli eBook anche quando venne dimostrato in modo inequivocabile che così avrebbe venduto molto di più. Testardaggine, idiozia, chi lo sa. Forse il gusto malato di fare una figura da coglione di fronte a milioni di persone pur di non darla vinta a un autore che si era dimostrato molto più intelligente e capace di occuparsi di editoria dell’editore stesso.

Per capire gli eBook bisogna dimenticare per un attimo i libri cartacei. Con gli eBook non esistono le copie, non per davvero. Non devi stampare qualcosa per venderlo. Se hai 5000 libri di carta, puoi vendere al massimo 5000 copie. Con gli invenduti al 40% o giù di lì, a venderne 3000 è già un bel successo. Le 2000 copie rimaste sono un costo che non ha generato alcun ricavo. Con gli eBook non ci sono gli invenduti, quella brutta bestia che impedisce a molti libri di nicchia di vedere la pubblicazione.

Con gli eBook hai il prezzo fisso: quello che ti è costato per crearlo, dall’editing alla copertina al codice. Lo vendi a un prezzo scelto e ottieni in cambio un percentuale per ripagarti i costi. Il prezzo non va pensato sulla copia perché le copie sono infinite: non ti costa di più vendere 50.000 eBook invece di 50. Bisogna ragionare solo sul ricavo finale, non su quello per copia.

Konrath ha dimostrato alla fine del 2009 che i libri a 1,99$ vendevano 14,4 volte di più di quelli a 7,99$ e 4,45 volte di più di quelli a 3,96$. Vendendo a un quarto del prezzo, si guadagnava alla fine 3,6 volte tanto.

Nei primi sei mesi del 2010 il romanzo The List di Konrath ha venduto 9033 copie a 1,99$. Nello stesso tempo il romanzo Whiskey Sour, venduto dal vecchio editore a 4,69$, ha venduto solo 878 copie. Eppure erano tutti e due su Amazon, l’autore è lo stesso e Whiskey Sour era addirittura avvantaggiato dal fatto di essere il primo romanzo della serie di thriller che ha dato il successo a Konrath. Whiskey Sour è infatti il libro di Konrath pubblicato con Hyperion che ha avuto il maggior successo, 60.000 copie vendute tra cartacei ed eBook dal 2004 al 2010: il più forte dei libri non autopubblicati con cui poteva effettuare il confronto.

Il prezzo basso sta diventando sempre più importante. È ridicolo definire come “alto” un prezzo di appena 4,69$ dollari, però è lecito dire che è stato molto meno efficiente di 1,99$: circa un decimo delle copie vendute.
Al Digital Book World l’inviato di Amazon non ha forse detto che l’aumento da 7,99$ a 9,99$ dell’ultimo libro di Follett ha causato un crollo del 48% delle vendite nella settimana successiva? Eppure 9,99$ non è certo un prezzo “alto” se pensiamo ai libri di carta!
Non è questione di prezzo alto o basso o di prezzo rispetto alla carta: è una questione di prezzo più efficiente o meno efficiente.

Non è un concetto nuovo.

Un numero di The Black Cat al fianco di una raccolta in volume di Pearson’s Magazine.

Nel 1895 la rivista fantasy The Black Cat conquistò quote di mercato proprio così. Non aveva autori famosi come Griffith, Sinclair o Wells, non aveva nemmeno le illustrazioni e la sua veste grafica faceva schifo, ma pubblicava racconti scelti con attenzione dall’editore (prima regola: narrativa decente, non prosa “artistica”) e faceva un prezzo ridicolo, accessibile a chiunque: appena 5 centesimi contro i 10 centesimi di Pearson’s Magazine (che lanciò questo prezzo come prezzo standard della tipica rivista di massa) e i 25 centesimi di altre riviste!
Col cartaceo è rischioso abbattere i prezzi, ma con gli eBook non c’è motivo di non farlo.

The Black Cat copriva una nicchia di mercato specifica: fantasy e storie bizzarre invece di fantascienza più seria. Sfruttate le nicchie. C’è un enorme mercato fatto di nicchie che il cartaceo vincolato dalla scaffalatura non può esplorare.

L’Ottocento ha moltissime cose da insegnare al mercato degli eBook.
Lo stesso Edgar Allan Poe odiava gli editori e sognava di autopubblicarsi, come scrisse in una lettera.

“I am resolved to be my own publisher. To be controlled is to be ruined.”
Edgar Allan Poe, lettera a George W. Eveleth del 4 gennaio 1848.

Non alzate il prezzo del libro perché dovete spalmarci sopra i costi sostenuti. Quasi sempre sarà un suicidio. Se avete sostenuto dei costi, avete ancora più motivi per voler guadagnare il più possibile e il più in fretta possibile. Se vendendo un dato eBook a 7,99 euro ricavate alla fine del mese 2000 euro mentre vendendolo a 1,99 euro ne ricavate 6000, mi pare evidente che il secondo prezzo sia migliore se dovete ripagarvi 8000 euro di costi spalmati sul libro.

Un altro concetto da capire è che la vita del libro digitale è lunga, lunghissima, praticamente eterna. Un libro di carta vive pochi mesi o pochi anni. Con gli eBook il libro entra in commercio e ci rimane. Non c’è motivo di farlo uscire per far posto ai nuovi arrivi. Non c’è scaffalatura. Il libro potrà generare ricavi in eterno, tanti o pochi che siano.

Per un autore è vantaggioso non avere un editore anche per evitare i tempi morti dell’editoria. Più libri decenti si riescono a mettere in vendita e più i ricavi complessivi saliranno. Se l’editore impiega un anno per approvare ogni singolo romanzo, l’autore si troverà pieno di prodotti pronti (o quasi) che non generano ricavi. Se invece l’autore può azzerare i tempi morti pagando in proprio l’editing, la copertina ecc… allora potrà sfruttare ogni mese di possibili guadagni.

E in più l’autore dovrà chiedersi: vale la pena di dare in “eterno” (o per parecchi anni) una fetta dei ricavi all’editore, sapendo che un eBook decente genererà ricavi per sempre e non solo per qualche anno? È un bella domanda. Finché si tratta di due o cinque anni, ci si può anche pensare, ma dieci o venti anni sono follia. Se uno è sicuro che il proprio libro venderà bene e venderà per molti anni, la risposta è NO, come nel caso di Konrath.

Abbiamo parlato di autori che fanno belle cifre.
Parliamo per un attimo di un Signor Nessuno, Derek Canyon. Derek ha un blog in cui fornisce informazioni sulle sue vendite. Ha pubblicato solo tre libri, tutti in eBook e tutti autopubblicati: un romanzo cyberpunk a 2,99$, una raccolta di tre racconti cyberpunk a 0,99$ e una guida per creare eBook per Kindle a 0,99$.
A novembre ha guadagnato solo 27$, a dicembre 180$, a gennaio ben 304$ e a febbraio più di 460$. Cifre minuscole, ma notate la crescita rapida che prosegue ancora. Le copie vendute del suo romanzo cyberpunk sono passate dalle 80 di dicembre alle 120 di gennaio per arrivare infine alle 180 di febbraio.

“the number of titles you have available directly impact your sales numbers. […] So, my advice is to write more and publish more. But, of course, don’t skimp on quality!” (Derek J. Canyon)

Ben 304$ di royalties a gennaio 2011 non sono male per qualcuno che, nel cartaceo, probabilmente venderebbe una manciata di copie e l’editore si troverebbe a frignare su un 95% di invenduti. Il romanzo a 2,99$ ha venduto circa 1,5 volte più copie della raccolta di tre racconti a 0,99$. È vero che il prezzo basso aiuta, ma in un duello già tra prezzi bassissimi (e senza mai entrare nella Top 100 di Amazon nonostante il prezzo bassissimo) e con il discriminante che il più economico era una raccolta di racconti minuscola, non c’è da stupirsi. Anche Konrath ha venduto raccolte di racconti e rendono molto meno bene dei romanzi, anche quando sono ben più corposi di tre raccontini.
Niente male per un autore sconosciuto, no?

Se il marchio dell’editore, al di fuori della saggistica dove farà da garante per la qualità delle informazioni, non sarà più un vantaggio, perché l’autore di narrativa dovrebbe scegliere di avere un editore?
Semplice. Gli editori possono essere aggregatori di servizi. Perso il ruolo di “rendere pubbliche” le opere, gli rimane quello di fare tutto ciò che possono per migliorarle e di selezionare solo prodotti su cui pensano che valga la pena investire.

Per un autore novello può essere difficile trovare un bravo editor (la stessa Amanda Hocking se ne è lamentata in una intervista), un esperto in grado di produrre un eBook validato e con tutti i metadati scelti al meglio, una buona copertina (Derek le sue le ha pagate 400-500$) e magari anche un traduttore per immettere l’opera sul mercato anglosassone. D’altronde non si è sempre detto che quello inglese è il vero mercato degli autori di successo? Presto sarà accessibile a tutti.

L’editore può fornire tutti questi servizi in cambio di una percentuale. Molti autori accetteranno anche solo per paura di investire 1000-2000 euro in un editing decente, senza parlare dei costi delle traduzioni.

Ma l’editore non deve operare come fa ora, prendendosi tutti i diritti che può e trattando l’autore come un sottoposto. L’autore non ha davvero bisogno dell’editore. L’autore sarà sempre più consapevole dell’importanza di tenersi i diritti sul libro. Se l’editore non intende tradurre subito l’opera per immetterla sul mercato inglese (o tedesco o giapponese ecc…), l’autore può voler imporre di tenersi i diritti di farla tradurre lui e venderla lui. Gli autori non sono tutti idioti: impiegheranno poco a capire che i veri guadagni e la massima diffusione sono tutti nel mercato in lingua inglese. Se l’offerta non è buona, l’autore potrà decidere di fare da solo.

Con un po’ di intelligenza gli editori potranno prendersi la fetta che meritano del nuovo mercato.

Non fatevi fregare la vostra fetta del mercato!

L’editore deve diventare un socio alla pari con l’autore, non un Capo che quando gli gira dice quante vendite ci sono state e l’autore non può aprir bocca per contestarle. Ad esempio, un account di vendita condiviso per ogni libro/autore pubblicato permetterà il completo controllo delle vendite da parte di entrambi. O altre soluzioni simili che rispettino l’autore come professionista indipendente, senza farlo sentire un sottoposto.

Gli editori hanno, o dovrebbero avere, tutti i mezzi per sopravvivere al passaggio al digitale: se non sono solo stampatori di carta, devono già ora disporre di tutte le figure professionali necessarie agli autori del futuro. Un aggregatore di servizi che coltiva la qualità del proprio marchio, dandogli prestigio con l’accurata scelta dei testi migliori, per attirare i clienti e legarli a sé. Una rinascita del concetto di marchio editoriale. Sarà costoso, sarà difficile, bisognerà passare alcuni anni duri prima che il digitale si affermi per davvero in tutto il suo potenziale e permetta di far leva con il “marchio”, ma l’altra opzione sarà solo la morte. Affrontare sacrifici a partire da oggi, per non morire dopodomani.

Dato che gli editor dovranno avere competenze specifiche su campi specifici, agli editori converrà specializzarsi: fantascienza, paranormal romance, rosa, fantasy, thriller, bizarro fiction ecc…
Puntare su ciò che si sa fare meglio a livello di copertine, di editing e di selezione. Non esistono nicchie troppo piccole, esistono solo nicchie non ancora sfruttate. Imparate a scoprire da soli ciò che può piacere al pubblico e dateglielo con la maggior cura possibile. Non come si fa spesso ora, con editing indecenti e storie schifose scritte da amichetti e lecchini, solo per cavalcare con pratiche banditesche la moda del momento.

Il mercato del futuro sarà più ricco, più vario e migliore per tutti, autori e lettori. Sarà peggiore solo per i grandi editori privati del controllo degli scaffali e abituati a trattare come merdacce i propri clienti. E forse per gli incompetenti. Ma non sarebbe meglio se un po’ di incompetenti venissero espulsi dal mercato?

25 Replies to “Ebook Lab Italia 2011: articolo-guida per Libroshima”

  1. Adoro il tuo ottimismo, questa sensazione di essere sull’orlo di un precipizio, caduta inevitabile e atterraggio nel migliore dei mondi possibili.
    Sono davvero curioso di vedere qui in Italia cosa succederà.
    Comunque, ottimo intervento, come sempre.
    Carraronan vuol dire fiducia :)

  2. Nulla di nuovo per chi segue abitualmente il tuo blog, ma un’ottima sintesi dei punti salienti.
    L’ultima immagine è deliziosa.

  3. Quoto i commenti precedenti.
    Ormai leggerti equivale a seguire un ragionamento che fila via liscio come l’olio! Tutto semplice, chiaro, diretto. Niente cazzeggi o eccessi fuorvianti, solo informazioni concrete e documentate.
    Amanda Hocking è il mio mito da un po’ di tempo. Da quando un amico mi ha parlato di lei ponendola come esempio della nuova diffusione dei “libri”.
    Questo processo di trasformazione non si potrà fermare. In Notre-Dame de Paris Hugo racconta come la stampa abbia ucciso la pietra, ovvero la cultura diffusa attraverso le cattedrali e le scene istoriate. Usa il termine “uccide” ma in realtà non ha una visione negativa del cambiamento.
    L’evoluzione non uccide un bel nulla.
    Noi ci evolviamo. L’editoria si evolve.
    E non è nemmeno l’ultimo step. Chissà cosa soppianterà gli e-book in futuro e quanti grideranno allo scandalo!
    Peccato, noi non ci saremo. :'(

  4. La parte su Derek Canyon è molto interessante. Per gli autopubblicati che abbiano intenzione di gettarsi nel mercato ebook angloamericano si stanno aprendo delle autostrade enormi. E’ ora di fare il pieno e affittare una taurus.

  5. è un po che seguo il blog ma questo è il primo intervento che faccio. Articolo fantastico e utilissimo per chi come me vuole avere una panoramica sul futuro dell’editoria e spera un giorno di essere letto. Complimenti davvero!
    Riflettevo anche su un’altra cosa: oggi abbiamo you tube e molti modi di publicizzarsi se una persona ha un minimo di estro creativo e voglia di fare. Mi torna in mente Dark Resurrection, un film tributo/sequel realizzato con 10000 euro da un dentista genovese con i fan italiani dei film di Star Wars. Effetti speciali fatti in casa di alto livello e attori presi dalla strada con un risultato però di tutto rispetto. Con tante possibilità e un pò di talento chi vale davvero potrebbe emergere escogitando poi modi diversi per farsi notare, sarà tutto nelle nostre mani e chissà che un giorno non si avrà quella tanto agogniata meritocrazia che manca nell’editoria come in altri campi lavorativi.

  6. Come sempre ottimo articolo. Ora attendo il video della conferenza, per farmi ipnotizarre dalla camminata ossessiva del Duca! :)
    Speriamo che le idee abbiano attecchito nelle teste presenti all’Ebook Lab che avevano bisogno di un po’ di aria nuova, il contrario sarebbe l’ennesima delusione e prova che c’è troppa gente sul lato sbagliato della gaussiana =_=

  7. Molto schematico, ma gli spunti sono tanti e interessanti; il potenziale dell’intervento traspare, ora aspetto il video per vedere lo sviluppo che gli hai dato. Sono decisamente fiducioso.

  8. Lurkavo già da un pò questo blog e dopo circa due anni il coniglio esce dalla tana. Un articolo davvero ottimo, chiaro e preciso. Se prima avevo ancora delle riserve sugli e-book leggendo i tuoi articoli mi sono resa conto di tutti i suoi vantaggi, Sono quasi ottimista: vuoi che finalmente si rompa l’indegna coalizione degli editori ai danni dei lettori?

  9. @Cairy
    Perlomeno ci sarà libero mercato, ovvero la possibilità per gli autori di nicchia di soddisfare i bisogni delle nicchie senza che qualche pseudo esperto del marketing farlocco debba dire “Non possiamo investire in un romanzo di fantascienza così e così perché non ci sono dati di romanzi precedenti così e così che possano assicurarci che venderà a sufficienza”.

    I ragionamenti fondati sui dati passati sono l’impossibilità di qualsiasi evoluzione perché il passato, per definizione, non contiene informazioni sul futuro. È una pratica di somma idiozia usare dati sul mercato passato per progettare il business del futuro: lo scopo di studiare il passato e il presente è di PREVEDERE come CAMBIERA’ il futuro, non di forzare il Futuro a uniformarsi secondo l’andamento del passato.
    Prima di Twilight, non c’era Twilight. Prima di Harry Potter, non c’era Harry Potter. Solo un idiota rinuncerebbe a tutti i soldi di quei titoli perché “prima non esistevano e quindi non è lecito che esistano in futuro”. Eppure i ragionamenti dei marketingpompinari sono quasi sempre questi. Non sanno niente del mondo, della vita o del pubblico per cui si aggrappano a pseudo-stronzate camuffate da raccolte storiche di dati di gradimento/vendita. Ciò che dovrebbe essere normale in editoria, aprire nuovi sotto-generi e nuove strade narrative, ci appare invece come un “successo del grande intuito del tal editore o tal altro” perché la norma degli editori è non accendere mai il cervello. Vedasi il YA senza violenza o sangue o sesso perché “è per i giovani!” (Cristo, ma hanno provato a vedere che tipo di videogiochi piacevano agli adolescenti ieri e oggi? La roba YA che gira avrebbe fatto schifo anche a me 15 anni fa! Lo YA è una stronzata di categoria commerciale priva di corrispettivo reale nel pubblico!): no, così non è per i giovani, è per il MOIGE!

    Il mondo dei videogiochi ha sofferto abbastanza, ma ora ha la distribuzione online che ha dato un po’ di respiro a chi vuol fare cose diverse. La narrativa è molto meno costosa e impegnativa dei videogiochi e tra poco anche lei sarà svincolata dagli scaffali espositivi a spazio limitato.

    Alla fine, però (e questo si è notato meglio a Rimini perché qui non l’ho detto), quello che venderà ieri, oggi e domani saranno sempre i romanzi d’amore coi Vampiri. Punto. ^___^

  10. Lode al Duca, scrivo solo per segnalarti che il feed degli articoli dev’essersi rotto (quello dei commenti invece va), e non mi è giunto questo articolo e il successivo. Se mi censuri fai bene, ma te lo volevo segnalare ^^

  11. Quello degli articoli va a caso da quando l’ho appoggiato a Feed Burner. Spesso non si collega. Da mesi, ovvero. Non ho idea del motivo: consultandolo direttamente funzionava sempre… ma ora no. Se vado su http://feeds.feedburner.com/BaionetteLibrarie vedo solo l’ultimo articolo. Dovrebbe mostrarmene dieci, come ha sempre fatto.
    Boh.

    Proverò a vedere in futuro cosa ha che va indigesto al mongolobruciatore. Forse file di RSS too old (ovvero con un errore di qualche tipo nei file adibiti dentro wp-includes), come una 15enne per PedoBear?

  12. Con Google Reader non ci sono problemi, finora sono stati segnalati tutti gli articoli.

  13. Risolto il problema. Non era il solito problema di cattiva risposta di Servage, a cui FeedBurner ogni tanto mi rispondeva mandando un allarme FeedMedic, ma un problema nuovo (da cui anche l’errore nuovo che avevo notato): quando ho importato il testo di Libroshima, alcuni caratteri si sono trascinati da Word qualcosa dietro che non era visibile nel riquadro di scrittura di WP, ma era stato inserito con l’incolla.
    Erano caratteri non accettabili da XML, che apparivano nelle codifiche di pezzi sotto le immagini quando c’era il [br /] degli accapo, sul primo < (lì raffigurato come [ per non chiamare il codice).

    Non ho idea del perché sia successo. Ho cancellato i caratteri incriminati, salvato l’articolo, riscritto il pezzetto e risalvato. Ogni volta il pezzo precedente diventava XML valido e mi indicava quindi l’errore dopo. Dopo 4 errori così erano finiti e FeedBurner ha segnato pure lui RSS Valido.

    Non copierò mai più qualcosa da Word. Solo TXT, al massimo.

  14. Non posso esimermi dal dire: bel lavoro davvero. Chiaro, sintetico, documentato e propositivo.
    Applauso strappato, commento inutile ma dovuto.

  15. Grazie a entrambi per la segnalazione; appena ‘sto computer a carbonella l’avrà scaricato, lo guarderò.

  16. Ho visto il video: molto illuminante e hai saputo farti valere, bravo ^_^

    Due cose, però, mi hanno un poco deluso:
    1) Perché non hai tenuto il discorso con il pickelhaube in testa?
    2) La tua voce me l’immaginavo un pò più “duchesca” (tipo Mario Zucca, doppiatore italiano di Alex Louis Armstrong di Fullmetal Alchemist)

  17. Non male la presentazione, un peccato che non sia stato possibile farla tutta.

    Già solo “sfogliatina di alberi morti” meritava il prezzo massimo per partecipare

  18. Ottimo intervento, credo che avrebbe convinto anche il me stesso di qualche tempo fa, quando ero ancora giovine e (più) iniorante e difendevo parzialmente i DRM (“Ciao, sono Mauro e difendevo i DRM” “Ciao, Mauro”; mi consolo con quel “parzialmente”). Più una summa degli articoli che altro, come avevi preannunciato, ma comunque incisivo.

  19. Complimenti, ottimo articolo.
    Condivido a pieno l’entusiasmo per gli ebook.
    Aggiungo un elemento: leggendo moltissimi manuali tecnici che per ovvie ragioni sono sottoposti spesso ad aggiornamenti oppure – abbandonati – diventano obsoleti trovo che un e-reader abbia ancora più senso.


    Mario Falco

  20. Eccellente diagnosi (e prognosi).
    Rimango con un solo dubbio: su Internet si trovano decine di migliaia (letteralmente) di ebook gratis in formati vari (doc, pdf, epub, ecc. Per inciso, le eventuali conversioni sono diventate semplicissime ed efficaci.) e in futuro, penso, saranno ancora di più. Talvolta già comodamente aggregati in un file unico zippato.
    Quanto influirà la “copia non autorizzata” sulle vendite?
    Non potrebbe a breve-brevissimo termine “tarpare le ali” al mercato degli ebook?
    Grazie.

  21. A breve termine no, perché per quell’ambito abbiamo già come riferimento il mercato USA in cui, giunti a quota 20% circa di totale del mercato trade coperto dagli eBook (grazie a dei cali anomali del cartaceo a inizio anno, poi risaliti), ancora i pochi test per scoprire l’influenza della pirateria mostrano sempre un effetto positivo sulle vendite o, mal che vada, nullo.

    Sul medio e lungo termine, quando gli eBook saranno la norma e il cartaceo l’anomalia, e a mano a mano che aumenteranno le persone disposta a convertire i libri e a scaricarli (sono tantissimi che dicono “emule non funziona / non so come scaricarli” perché sono troppo pigri per imparare a far carburare la rete Kad), bisognerà iniziare a pensare a un modo diverso di vendere i libri.

    Non si vede la copia fisica, si vende altro… ma cosa è quell’altro che la copia pirata non dà? Un archivio permanente, magari un interfaccia online sempre accessibile dai vari dipositivi con sistemi di note, ricerche, sincronizzazione, scambi, contatto con l’autore o con community di supporto, possibilità di scaricare nuove copie aggiornate (typo corretti o capitoli alternativi bonus tagliati nella prima versione) con un avviso appena escono ecc… (elementi aggiuntivi che appaiono col tempo e che chi scarica la copia pirata non può avere con altrettanta semplicità, dovrebbe riscaricarli a parte e venire avvertito da qualcuno che esistono).

    Comunque queste sono idee che riguardano gli editori e il marketing. E comunque non sono fondamentali per il lancio del mercato nei prossimi tre anni. Gli USA sono arrivati benissimo al 20% vendendo l’ebook e basta, non vendendo servizi aggiuntivi per convincere ad acquistare l’ebook.
    Io mi occupo di narrativa, non di vendite… proprio il genere di cose di cui gli editori hanno smesso di occuparsi, ormai disinteressati a “cosa” vendono e ridotti a occuparsi solo di aspetti commerciali. Se diventasse legale vendere cocaina, si lancerebbero su quella invece che sui libri.

  22. In effetti vedere come si è comportata Mondadori nella “querelle” Urania con i testi tagliati del 15% all’insaputa dell’autore è letteralmente incredibile.
    Una persona considerata da molti (nell’ambiente fantascientifico) una vera e propria istituzione (Lippi) che fa una figuraccia del genere è estremamente sorprendente. Non sono però sicuro che i “piccoli” editori possano prosperare con gli ebook grazie (anche e/o sopratutto)al passaparola: forse solo nei settori di nicchia (come la sf). L’esempio di Urania è, purtroppo, però preoccupante: a quanto ne so le vendite e il “prestigio” della collana non hanno risentito della “truffa”. Gli utenti dimenticano (quelli “polli” e sono la grande maggioranza), io personalmente da allora acquisto solo opere di cui sono ragionevolmente certo sia stata effettuata una traduzione/editing integrale.

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