Fucile a Vento Girandoni

Oggi voglio parlare di un’arma diversa dal solito e a suo modo bizzarra: il fucile Girandoni. Fin dal Cinquecento gli armaioli tedeschi avevano provato a costruire armi ad aria compressa, ma da quel che è giunto fino a noi pare che fossero tutti delle bizzarrie prive di valore per l’ambito militare e al più utilizzate in quello venatorio dai ricchi eccentrici in grado di permettersele.

Breve parentesi sulle armi ad aria compressa.

Le armi ad aria compressa nacquero per risolvere i molti problemi delle armi da fuoco: togliere il rinculo, che rovina la mira; togliere il fumo, che irrita gli occhi e nasconde il bersaglio; togliere il rumore eccessivo, che terrorizza la selvaggina e la fa fuggire; togliere il bisogno di usare polvere da sparo, che sporca, ingombra, puzza e può anche esploderti in mano con tutta l’arma; permettere la rigatura dell’arma e un comodo sistema di retrocarica.

Tutti questi problemi affliggevano i ricchi cacciatori e non i soldati, che dietro il puzzolente fumo degli spari potevano perfino trovare un riparo durante la ricarica e si avvantaggiavano del rumore prodotto per far innervosire i cavalli nemici. Quanto al rinculo non era un problema: gli eserciti dell’epoca ambivano al fuoco rapido, non alla precisione individuale, e si sparavano salve di massa a distanze piuttosto brevi. Se infatti ricordate quanto detto nell’articolo sui focili, di norma i moschetti nel Seicento-Settecento non avevano nemmeno il mirino posteriore, ma solo la tacca di mira frontale.

Le armi ad aria compressa erano quindi gingilli per i ricchi cacciatori e anche in questo caso di successo limitato: le balestre rimasero in voga come armi silenziose e precise ad uso venatorio per tutto il Cinquecento e il Seicento, sopravvivendo così all’invasione delle armi da fuoco che le espulsero dal mercato militare.

Il fucile a vento Girandoni.

L’inventore del fucile Girandoni è Bartholomäus Girandoni, un inventore originario del Sud Tirolo trasferitosi a Vienna. Questo nuovo fucile ad aria compressa è chiamato anche Windbüchse (fucile a vento) e venne realizzato nel 1779 o forse nel 1780, attirando subito l’attenzione del governo Austriaco che lo adottò in gran segreto per armare alcuni reparti di Jager (fanteria leggera) fin dal 1787-1791.

Per una serie di problemi che vedremo, l’arma fu abbandonata definitivamente nel 1815. La produzione di armi ispirate al fucile Girandoni proseguì dopo il 1815 grazie ad armaioli come Joseph Lowenz e Joseph Contriner di Vienna o come Samuel Staudenmayer che nel suo negozio di Londra ne costruì versioni modificate, ma estremamente costose, fino al 1832.

Il fucile Girandoni è lungo 1,2 metri e pesa 4,5 kg. Il calibro reale nel modello esaminato è di 0,464 pollici (11,75 mm), ma altre fonti ne dichiarano 0,51. Ha un serbatoio tubolare affiancato alla canna che contiene 22 palle da 11,75 mm (20 secondo altre fonti: forse era quanto poteva contenere con il calibro maggiore previsto in origine?).

Peso a misure non lo rendono molto diverso dalle altre armi dell’epoca, come il fucile rigato Baker di inizio Ottocento (4 kg, 1,16 metri, colpo singolo ad avancarica) o il moschetto ad anima liscia Brown Bess (4-5 kg in base al modello, 1,5 metri circa, colpo singolo ad avancarica) diffuso fin dall’inizio del Settecento. Il calibro è piuttosto ridotto, rispetto agli 0,62 pollici del Baker e agli 0,75 del Brown Bess, per cui le palle di piombo sono più leggere e scavano ferite meno devastanti.

Dispone di un ingegnoso meccanismo di retrocarica: si inclina la canna verso l’alto e poi premendo il bottone di metallo che sporge dalla sinistra dell’arma si muove il “selettore” che riceve la palla in caduta dal serbatoio per forza di gravità e, dopo aver rilasciato il bottone, torna nella posizione iniziale di riposo grazie alla molla posta sulla destra, allineando così la palla con la canna.

La canna è rigata e l’arma dispone sia di un mirino fisso che di una tacca di mira, similarmente al fucile rigato Baker che armò le Giubbe Verdi inglesi. La bacchetta posta sotto la canna non serviva per comprimere la palla sulla carica di polvere (che non c’è!), ma solo come strumento per la pulizia.

Il calcio è un serbatoio per l’aria compressa in metallo ricoperto di cuoio che si riempe sfruttando una pompa e poi si avvita al fucile. La forma poco anatomica non è un problema, considerando che l’arma è priva di un rinculo capace di rovinare la mira.

Il fucile Girandoni dispone di un cane che non percuote alcunché, ma arma un meccanismo interno che reagisce alla pressione del grilletto aprendo per poco tempo la valvola all’imboccatura del serbatoio.

Il serbatoio privo della copertura in cuoio, intero e smontato
Valvola del calcio-serbatoio, smontata: a sinistra l’originale e a destra una copia da museo

L’aria compressa disponibile permette di sparare trenta colpi: i primi dieci fino alla distanza utile di 120 metri, i dieci successivi fino a 90 metri e gli ultimi dieci fino a 75 metri. La velocità a carica massima è paragonabile a quella di un .45 ACP ovvero, possiamo ipotizzare, circa 250-300 m/s, fornendo così appena 300-400 Joule.

Se i proiettili fossero più veloci, per ipotesi, e quindi più letali sarebbero anche più rumorosi: sopra i 320 m/s si infrange il muro del suono! BANG, Mach 1. In più pressioni maggiori dell’aria per ottenere spinte maggiori causerebbero un incremento notevole del suono prodotto dall’aria che si espande di colpo uscendo dalla canna.

La gittata è scarsa per un’arma rigata di precisione, in particolare rispetto al Baker o ad altri fucili rigati da caccia (come il Kentucky della Guerra d’Indipendenza americana) che arrivavano a 300-400 metri, con casi accertati di tiri fino a 700 metri da parte di tiratori straordinari. L’energia cinetica alla bocca è infima, messa a paragone con i 3700 Joule del Brown Bess o coi 1800 Joule del Baker che hanno pure calibri maggiori capaci di generare ferite ancora più devastanti.
Il rapido sistema di retrocarica permette di svuotare l’intero caricatore da 22 colpi in meno di un minuto.

Funzionamento del fucile a vento Girandoni.

Seguendo il principio sempre valido dello Show, Don’t Tell eviterò le descrizioni troppo accurate delle fasi di arretramento del cane (scandite da tre click) e mostrerò invece l’azione dello sparo fase per fase sfruttando gli eccellenti disegni di Geoffrey Baker.

Fucile Girandoni a riposo, con cane abbassato, come dopo aver sparato
Il cane viene tirato indietro, producendo tre click:
il primo a inizio corsa, il secondo a mezza corsa e il terzo quando è completamente armato
Il grilletto è stato premuto: il cane viene rilasciato e aggancia il meccanismo del percussore
Il cane spinge costringendo il percussore a premere sulla valvola che si apre e fa uscire l’aria sotto pressione del serbatoio (blu nel disegno)
La valvola è completamente aperta e l’aria spinge la palla lungo la canna. Il cane torna in posizione di riposo e la valvola potrà richiudersi spingendo il percussore in avanti grazie alla molla d’acciaio. Si torna alla prima immagine.

Problemi e abbandono del fucile Girandoni.

Il fucile Girandoni, oltre alla scarsa gittata e alla poca energia cinetica, ha una serie di problemi che lo rendono poco pratico per l’uso militare.

Il serbatoio d’aria da 30 colpi richiede ben 1500 pompaggi con la pompa a mano d’ordinanza (una mezz’ora di lavoro intenso e faticoso). Durante la battaglia un tipico fuciliere armato di moschetto tradizionale porta con sé 50-60 cartucce tra cartucciera e zaino e, talvolta, possono anche non bastargli. Il fuciliere armato col Girandoni porta con sé due cilindri d’aria di riserva, dato che ricaricarli sul campo è impensabile, e quattro tubi di proiettili extra per il caricamento rapido del serbatoio.

Il carico di “munizioni” che deve portare su di sé non è quindi inferiore a quello del fuciliere tradizionale con le cartucce già pronte. I serbatoi vuoti (o semivuoti) vengono consegnati a una staffetta che corre fino ai carri delle munizioni, in grado di ospitare fino a mille cilindri d’aria l’uno, per sostituirli o per ricaricarli presso le più potenti pompe su ruote (più rapide della piccola pompa manuale).

L’arma è molto delicata ed è completamente inadatta al corpo a corpo a differenza del fucile rigato Baker che era solido e robusto, perfetto sia come clava che come falcione (montava infatti una spada corta come baionetta, in modo da compensare la minore lunghezza rispetto ai moschetti). Il calcio del Girandoni è inadatto per fungere da clava e un colpo violento, anche in parata, può rovinarlo facendo fuggire di colpo tutta l’aria. Questo è un limite enorme per il tipo di combattimento dell’epoca in cui, prima o poi, al corpo a corpo si arrivava (e con solo 120 metri di gittata era praticamente certo che ci si arrivava!). Immagino che non sia molto piacevole farsi saltare in mano una bombola di aria compressa…

Video fornito dal Carlisle Military History Institute

Il fucile Girandoni non è facile da usare e richiede un addestramento specifico, e forse troppo complesso per il soldato tipico, per mantenere l’arma nelle migliori condizioni, come scrisse lo stesso Imperatore Giuseppe II: “E’ necessario che il semplice soldato, la cui intelligenza è generalmente piuttosto limitata, sia addestrato appena riceve l’arma e che questo addestramento sia fornito in singole parti e non tutte in una sola volta.”
In sintesi: i soldati sono scemi e con questo fucile ci sono troppe cose da fare per curarne la manutenzione!

La delicatezza dell’arma è notata anche dal Duca di Colloredo, Direttore Generale d’Artiglieria, che il 21 luglio 1789 scrisse:

A causa del modo in cui sono state costruite, queste armi erano molto più difficili da usare di quelle normali, cosicché andavano maneggiate con molta più cautela e attenzione. Inoltre i soldati che le usavano andavano supervisionati con estrema cura, essendo poco sicuri sulle operazioni da compiere. Queste armi divennero inservibili dopo pochissimo tempo – tanto che in breve non più di un terzo di queste erano ancora utilizzabili. Abbiamo bisogno dell’intero inverno per ripararle e sostituirle.

L’ultimo ordine dell’Imperatore, prima di morire, fu di “selezionare i soldati più abili e promettenti per usare queste armi.

Riguardo al comportamento sul campo sappiamo solo, dai documenti dei Tiratori Scelti del Tirolo, che “queste armi furono molto precise ed efficaci” nella Guerra contro i Turchi e in quella contro la Prussia del 1790. Contrariamente a quanto riferito da alcune fonti, il fucile a vento non venne mai usato contro le truppe napoleoniche.

E le pistole ad aria compressa?

E per concludere, ecco una pistola a ripetizione Girandoni. Un’arma particolarissima, decorata in oro per un cliente forse di “stirpe reale”. E’ stata realizzata da Johann Girandoni presso il negozio di Joseph Contriner, subito dopo la morte del padre Bartholomäus nel 1799. Calibro dell’arma: 9 mm. Nessun altro dato disponibile.
Sembra un’arma interessante per un assassino che non vuole fare troppo rumore, no?

NO, mi rispondo da solo, probabilmente non lo è: con 9 mm di calibro sparerebbe palle di piombo da 4,35 grammi che a 200 m/s circa (considerando la canna più corta e la bombola meno robusta) fanno appena 87 Joule! E’ come il .22 Long Rifle (91 J), un calibro infimo per armi da tiro al bersaglio, con in più la differenza che il .22 LR essendo più piccolo può penetrare più a fondo e magari colpire l’aorta o un organo importante molto più facilmente di questo.

Anche scaricando tutto il caricatore (otto colpi, forse, con l’energia cinetica che decresce costantemente) si potrebbe non riuscire a uccidere il bersaglio a meno di non prenderlo negli occhi o forargli per pura fortuna la carotide devastandogli il collo un colpo dopo l’altro.

Se pure la velocità fosse 250 m/s si raschierebbero appena i 135 Joule, che sono il limite minimo della decenza… e pure qui l’assassino non potrebbe accontentarsi di un singolo colpo a bruciapelo per uccidere, ma dovrebbe spararne anche un secondo e un terzo! Che fetenzia di arma!

Ringrazio il dottor Robert D. Beeman, una delle principali fonti di informazioni riguardo le armi ad aria compressa che ho trovato.

Il Duca di Baionette

Sono appassionato di storia, neuroscienze e storytelling. Per lavoro gestisco corsi, online e dal vivo, di scrittura creativa e progettazione delle storie. Dal 2006 mi occupo in modo costante di narrativa fantastica e tecniche di scrittura. Nel 2007 ho fondato Baionette Librarie e nel gennaio 2012 ho avviato AgenziaDuca.it per trovare bravi autori e aiutarli a migliorare con corsi di scrittura mirati. Dal 2014 sono ideatore e direttore editoriale della collana di narrativa fantastica Vaporteppa. Nel gennaio 2017 ho avviato un canale YouTube.

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