Armi da Fuoco

Fucili Elettrici del Lungo XIX Secolo

Oggi un piccolo articolo dedicato alle prime armi da fuoco con accensione elettrica. Penso che possa essere una curiosità carina per gli appassionati di armi e uno spunto Steampunk per chi cerca invenzioni bizzarre che non si sono affermate, un po’ come la mitragliatrice a vapore di Perkins. La differenza sostanziale con la mitragliatrice a vapore è che quell’arma offriva un notevole vantaggio, pur con dei grossi limiti che la rendevano un’arma da sola fortificazione (e quindi facile bersaglio per l’artiglieria), mentre i fucili elettrici… beh, a essere gentili si può dire che aggiungono solo complicazioni senza alcun beneficio.

Non c’è da stupirsi che siano morti nell’istante in cui sono nati.

Tutto cominciò quando Volta presentò la sua pila all’Institut de France a Parigi, il 7 novembre 1801, di fronte a Napoleone Bonaparte. La febbre elettrica era scoppiata e cominciarono i primi tentativi di realizzare armi elettriche. Già dieci anni dopo apparve il primo fucile elettrico. Ancora non avevano inventato la capsula a percussione e qualcuno cercava di sostituire le scintille delle pietre focaie, che da un secolo e mezzo fornivano l’accensione dei moschetti, con le scintille dell’elettricità. Non si sa niente di quel primo tentativo, ma evidentemente non fregò molto a nessuno o, più probabilmente, funzionò male.

Volta mostra a Napoleone il nuovo “apparato elettromotore” o pila voltaica, capostipite di una lunga serie di pile e accumulatori che popoleranno l’Ottocento: pila a secco Zamboni (1810); pila a tazze Wollaston (1816); pila Daniell (1836); pila Grove (1838); pila Bunsen (1840); accumulatore Planté (1859); pila a secco Gassner (1886); pila Weston (1893).

Un altro tentativo (fonte William Reid) lo fece Thomas Beningfield nel 1854, presentando il suo fucile ad accensione elettrica al British Ordnance Select Committee, la commissione che si occupava di scegliere gli armamenti inglesi. Non ci è giunta alcuna documentazione né descrizione accurata perché l’inventore decise di non brevettarlo e, possiamo intuirlo da soli, questo significa che fu un fallimento tale da non renderlo buono nemmeno per il mercato civile, spesso di bocca molto più buona e molto più disponibile alle innovazioni di quello militare. Non sappiamo nemmeno se impiegasse una cartuccia, come i fucili elettrici che vedremo tra poco, o se fosse ad avancarica.

Più interessante fu il fucile di brevettato negli anni 1850-1860 a Praga (Greener dice “circa 40 anni fa” nell’edizione del 1897) da un barone francese. In questo caso l’arma è ad avancarica e accende la polvere con una scintilla, come avviene con le candele nei motori a scoppio. Erroneamente William Reid nel suo libro attribuisce l’idea a due inventori, “Le Baron e Delmas” (sic), e dice che l’arma utilizza un bossolo metallico (falso). I due inventori sono probabilmente un sola persona, ovvero “Le Baron Delmas”, il barone francese di cui parla Greener (a quanto risulta qui esisteva il barone Louis Delmas al tempo di Napoleone: questo sarà un figlio o un nipote, immagino).

Il fucile del barone Delmas. Cliccare per ingrandire.

La batteria A è alloggiata nel calcio. Per accedere bisogna estrarre il tappo B e rimuovere la piastra C sul fondo del calcio. Un rocchetto a induzione D (un trasformatore per produrre impulsi ad alta tensione partendo da una sorgente di corrente continua a bassa tensione) è collegato alla batteria A. Dato che i solenoidi vibrano molto durante l’uso, un piccolo magnete F è collocato all’interno del rocchetto per ridurre le vibrazioni. Quando si preme il grilletto K questo fa ruotare in parte la noce Jche estrae la bacchetta H dalla guida L e la poggia nel punto d’arresto O. Il circuito OPR è completo: R genera una scintilla che incendia la polvere di primino che a sua volta incendia la carica principale e spara il proiettile.

Come la candela di un’automobile.
Possiamo immaginare che il caricamento avvenisse in tre fasi: versare nella canna la polvere di primino (polvere finissima, FFFFg, molto sensibile alle scintille); versare la carica principale di polvere (FFg per un fucile, in modo da rendere la combustione progressiva lungo tutta la canna); far scivolare all’interno la pallottola a espansione Minié o equivalenti (Lorenz a compressione o Peeter con anello, vedere qui).
La sicura N copre il grilletto a bottone K e va ruotata (come nel disegno) per poter sparare. Dopo lo sparo la molla M spinge il grilletto K verso il basso, interrompendo la produzione di scintille di R.

Vantaggi? Nessuno.
La maggiore quantità di componenti costosi non offre alcun vantaggio. La durata della batteria impiegata non è nota. L’accensione elettrica non offre nulla di più di quanto si può ottenere con le capsule di fulminato di mercurio, all’epoca lo standard per le armi militari. In più le capsule di fulminato non richiedono l’impiego del polverino per cui si può ottenere un’ottima affidabilità dell’arma usando solo la polvere di grana maggiore posta nella cartuccia assieme al proiettile.
Questo tipo di arma avrebbe avuto un minimo senso per l’ambito sportivo 50 anni prima: la scintilla elettrica non soffrendo dell’umidità ambientale quanto la pietra focaia e non causando altrettanto rumore avrebbe risolto il problema di Forsyth, il sacerdote con la passione per la caccia alle anatre che inventò i primi sistemi a percussione “con la boccetta” (se non ve li ricordate andate qui). Dopo la scoperta del fulminato di mercurio e la sua applicazione nelle capsule, l’accensione elettrica per armi ad avancarica non aveva più alcuna utilità.

Un ulteriore passo avanti venne fatto da Henri Pieper di Liegi nel 1883 che impiegò un fucile a retrocarica con bossolo metallico. Dai disegni si direbbe una doppietta o un monocolpo basculante, ovvero con canna (o canne) incernierata alla culatta (la bascula) poco prima del fondo e che si aprono ruotando (ovvero basculando) verso il basso.

Fucile elettrico di Pieper: due versioni operanti con lo stesso principio.
Clicca sul secondo per ingrandire.

Le cartucce del fucile elettrico hanno il bossolo in metallo. Alla base del bossolo, all’interno, c’è un batuffolo B da cui si estende un chiodo. Sulla parete del bossolo c’è un altro chiodo, A. Tra i due chiodi passa un filo C. Quando si preme il grilletto la corrente passa tra i chiodi, il filo sprizza scintille e si accende la carica di polvere da sparo.
I due chiodi si possono paragonare all’elettrodo centrale e all’elettrodo di massa di una candela d’automobile.

Bossolo per il fucile elettrico Pieper.

La batteria impiegata era di tipo tascabile, in modo da facilitare la sostituzione e da permettere di portare l’arma carica senza rischio di sparo accidentale: rimuovendo la placca nel calcio ed estraendo la batteria, l’arma diventa incapace di sparare. Si potrebbe costruire una versione dell’arma con un accumulatore di maggiore dimensioni dentro la canna, come avveniva nel fucile del barone Delmas, ma si perderebbe il vantaggio (scarso) di poter inserire e togliere con gran facilità la batteria. Pare che la batteria avesse una durata di due settimane (uh?) o mille colpi (non sarà tanto?).

Come potete facilmente intuire questo sistema di accensione aggiunge complicazioni all’arma senza apportare alcun vantaggio rispetto ai bossoli a percussione centrale o a percussione anulare, più semplici da produrre, più economici e più affidabili. In più le scintille non sarebbero sufficienti per accendere la polvere infume arrivata pochi anni dopo (dal 1886): la fiammata dell’esplosivo detonante posto nell’innesco dei bossoli moderni è fondamentale.

La passione elettrica di Pieper non si spense con il flop del fucile. Nel 1900 progettava macchine elettriche, all’epoca il principale tipo di automobile a fianco dei modelli con motore a vapore (in particolare Stanley). Solo con la scoperta dei giacimenti in Texas (che abbattè il costo del petrolio) e con l’invenzione del motorino d’accensione (che rese meno pericoloso il veicolo), il motore a scoppio riuscì a battere la concorrenza e a plasmare una nuova civiltà americana basata sull’automobile.

Qualche spunto elettrico per lo Steampunk
Come abbiamo visto in passato con Cruto, il geniale inventore italiano della lampadina a filamento di carbonio, l’elettricità è un elemento tipico dell’alta tecnologia dell’Ottocento. E anche della fantascienza: in pratica “elettrico” e “magico” erano sinonimi perché l’elettricità era vista come qualcosa in grado di permettere qualsiasi diavoleria futura (il Novecento sarebbe stato il secolo elettrico sia per Robida che per Salgari, solo per citare due autori). Su questo torneremo in futuro con Edison’s Conquest of Mars e altre opere.
L’elettricità è quindi un elemento perfetto, se lo si desidera, anche per lo Steampunk. Non esiste alcun ragionevole motivo di escluderla dalle proprie fantasie retrofuturistiche.

L’Italia era all’avanguardia negli “studi elettrici” e la famosa Esposizione di Torino del 1884 venne proprio dedicata all’elettricità. A Milano nel 1883 venne inaugurata la prima centrale elettrica della città, un impianto a corrente continua (sistema Edison) posto a fianco del Duomo, in via Santa Radegonda, dove prima sorgeva un teatro. Fu la prima centrale elettrica dell’Europa continentale e le quattro dinamo installate garantivano una potenza di 350 kW (parecchi per l’epoca), sufficienti per 4800 lampadine da 16 candele a 100-110 V.

Fucili elettrici, ma in questo caso che usavano direttamente l’elettricità per uccidere, ci sono anche nella narrativa del Lungo XIX Secolo. Il Capitano Nemo utilizzò un fucile elettrico subacqueo per difendere Ned e Conseil dall’attacco di uno squalo: nella descrizione di Verne l’arma sparava una sfera di vetro colma di elettricità. Qui una ricostruzione gradevolmente Steampunk della versione presente nel film della Disney.
Un fucile elettrico appare anche in L’Isola Misteriosa e Nemo lo usa contro i pirati che vogliono trasformare l’isola di Lincoln nel loro nascondiglio.

Ancora più famoso è il fucile elettrico di Tom Swift, protagonista di una serie di edisonate dedicate a un pubblico per ragazzi (dopo il 1896 le edisonate si divisero in due: per adulti/istruiti, come Edison’s Conquest of Mars, e per ragazzi/ignoranti, come la serie di Tom Swift). L’arma appare in Tom Swift and His Electric Rifle (1911), un romanzo così ricco di intelligenza Ottocentesca da meritare un accenno alla trama.

“Sono in via d’estinzione! Ammazziamoli tutti noi prima che li ammazzi qualcun altro!”
(Lo spirito pratico del Grande Cacciatore Bianco)

Tom Swift sta completando la sua nuova invenzione, il fucile elettrico, quando sente le storie di un esperto di safari e rimane affascinato. Esistono bestie così grosse da ammazzare? Uao! Tom e i suoi amici partono per l’Africa, desiderosi di sperimentare la nuova arma su più specie in via d’estinzione possibili. Rinoceronti ed elefanti cadono morti, investiti dalle sfere di elettricità (fulmini globulari?), e Tom si riempe le tasche d’avorio.
I pigmei rossi, feroce popolazione di selvaggi, ha però rapito dei vecchi amici di Tom. Penso che i nanerottoli avessero il crudele intento di fermare lo sterminio indiscriminato di specie a due passi dall’estinzione. Che crudeltà ingiustificabile privare l’uomo bianco dell’avorio che merita in virtù della sua superiorità tecnologica!
Tom libera gli amici e frigge pigmei a profusione. ^__^

Ho detto che è ancora più famoso del fucile elettrico di Nemo: forse non lo sapete, ma il nome TASER è l’acronimo di Thomas A. Swift’s Electric Rifle (la A. venne aggiunta per dare un suono decente, non era nel nome ufficiale di Tom Swift, e ricorda la A. del famoso Thomas Alva Edison a cui il personaggio di Tom Swift era ispirato). Jack Cover, il ricercatore della NASA che brevettò il TASER nel 1974, da bambino era un fan di quelle porcate: se fosse stato un fan di Nihal avrebbe probabilmente progettato inutili spade in cristallo nero (sigh).
La fantascienza, anche la più idiota, batte ancora il mongol-fantasy. ^_^

Fortunatamente l’infanzia di Jack Cover venne stimolata dalla fantascienza e non lobotomizzata dal fantasy per rincoglioniti che spopola ora in Italia.


Fonti principali:
The Gun and Its Development, William Greener (sesta edizione 1897, nona edizione 1910)
Storia delle armi, William Reid, editore Odoya.

 

Il Duca di Baionette

Sono appassionato di storia, neuroscienze e storytelling. Per lavoro gestisco corsi, online e dal vivo, di scrittura creativa e progettazione delle storie. Dal 2006 mi occupo in modo costante di narrativa fantastica e tecniche di scrittura. Nel 2007 ho fondato Baionette Librarie e nel gennaio 2012 ho avviato AgenziaDuca.it per trovare bravi autori e aiutarli a migliorare con corsi di scrittura mirati. Dal 2014 sono ideatore e direttore editoriale della collana di narrativa fantastica Vaporteppa. Nel gennaio 2017 ho avviato un canale YouTube.

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