Il Duca si lucida la “spada”

Il Duca oggi ha lucidato la “spada”.
Un intenso lavoro di mano, su e giù con forza. Abbondanti liquidi annessi, prima e dopo.

Foto dettagliate, senza veli. Alcune molto sporche. Anche questo post è sconsigliato alle fanciulle in età da marito, il cui sguardo è ancora innocente, e che desiderano preservare in ogni aspetto la purezza virginale fino al matrimonio. Le mie lettrici non saranno mica donnacce, no?

Se non siete pronti a vedere, non scendete a leggere il resto del post dopo i puntini qui sotto.

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Oggi vi mostrerò la mia nuova “spada”, copia cinese economica sulla cui lama non è riportato nemmeno il tipo di acciaio usato (sulla tipica katana da 50 euro c’è scritto “440 stainless steel”). Sarà un acciaio economico da due soldi: un 1020 al carbonio o un 440 inox. Entrambi troppo teneri per tenere a lungo l’affilatura. Con gli inox tentare un indurimento dell’acciaio porta a un aumento degli stress interni dovuti alla separazione tra il cromo e il ferro. Questo è il motivo per cui si possono fare eccellenti pugnali da combattimento in acciaio 440, ma le lame sopra i 30 cm risultano fragili a causa degli stress interni e propense alla rottura perché, essendo poco flessibili, le vibrazioni dei colpi e delle parate le riempono di microfratture. Sono pressoché certo che sia un acciaio inox 440, data la ridotta flessibilità.

Per questo motivo ho scritto “spada”: ne ha la forma e anche una discreta pericolosità, ma non è certo una vera spada dato che la fragilità ne impedisce l’uso in combattimento. La forma senza l’uso trasforma un fucile vero in un fucile giocattolo e questo vale anche per le spade. Un solido bokken ben fatto è più “spada” del mio giocattolone.

Ecco come si presentava dopo averla estratta dall’imballaggio e aver dato una sommaria ripulita con uno straccio per togliere il grasso protettivo che ungeva il fodero e la guardia:

Un attrezzo duro. Sporco. Lurido. Come un tubo di stufa.
Il Duchino lo stringe in mano e si sente uno sporcaccione. Urge una ripulita.

Oggi ho provveduto a pulire gli ottoni con un prodotto apposito. Non era un prodotto a secco (ho cercato all’Iper e al Bricko, ma li avevano solo di questo tipo), richiedeva risciacquo. Non è un problema con le lame al carbonio, men che meno con una pentola inox a forma di spada. Lo straccio per asciugare però si era sporcato con un po’ del liquido per la pulizia dell’ottone e quando l’ho passato sulla lama questa si è riempita di aloni maculati in grigio chiaro e grigio scuro. Uno schifo. Rispettando la sua natura di arnese da cucina nato con una forma diversa, ho ripulito la lama con una polvere per le pentole in acciaio inox. Risultato eccellente. Lucida come prima.


Qualche dato sulla pentola spada.
La spada pesa 1020-1030 grammi, usando un bilancino da cucina in grado di pesare al massimo 1,1 kg e con tacche ogni 10 grammi. Un kg di peso è adeguato per una spada da combattimento per cavalleria del XIX secolo. Il fodero pesa 480 grammi. La lama è lunga 75 cm ed è bilanciata a 13,5 cm dopo la guardia. Non le quattro dita di una spada da punta: con 5,3 pollici ha il bilanciamento da fendente di una sciabola da cavalleria o di una katana.

A giudicare dalla forma dovrebbe essere una imitazione di una spada per ufficiale dei corazzieri tra Ottocento e primo Novecento. La guardia personalizzata con la decorazione a croce greca rende più difficile identificare la fonte dell’ispirazione dei cinesi (o pakistani o chissà chi) che l’hanno fabbricata. Il doppio sguscio ricorda quello delle spade da corazziere prussiano, come in questa illustrazione di Anton von Werner del 1882:

Ha un bel forte robusto (largo 2,6 cm, spesso 6 mm dietro e 4 mm davanti, lungo 7,5 cm), adatto a reggere le violente parate statiche di sesta e quinta (intese con le numerazioni della sciabola ottocentesca, non della spada da lato) che intaccherebbero il filo e contribuirebbero al rischio di spezzare in due una lama meno solida. In più se si deve bloccare la spada nemica, invece di cedere di piatto e deviarla per impostare al meglio il proprio contrattacco, è giusto incassare il colpo il più vicino possibile alla mano: alla massima leva dell’attaccante (impatto col punto di percussione) si risponde con la massima capacità di resistere del difensore (scarico laterale della forza ridotto al minimo, leva minima) e così, quanto meno, non si perde del tutto la capacità di rispondere al colpo.

La lama ha il filo, ma non è affilata. In realtà essendo tutto acciaio omogeneo e mancando pure l’affilatura, ha il filo solo nel senso che ha una parte più sottile nel punto di congiungimento dei due lati. Non ha un filo in senso metallurgico, ovvero uno spaghetto di materiale indurito allo scopo di mantenere l’affilatura, troppo fragile per resistere in modo adeguato agli impatti contro bersagli rigidi e quindi inadatto a parare indenne altre spade. Non ha quel filo vero e proprio.

Anche se non è affilata si può usare senza problemi per tagliare il salame (fatto). Non ha un “filo” spesso 1-2 mm come quelle delle spade da addestramento: è abbastanza sottile da rendere difficile misurarlo… credo sia al massimo 1/4 di mm e a toccarlo si sente che manca poco a tagliarsi. Con un po’ di lavoro (usando la pietra del mio KA-BAR, anche lui venduto senza affilatura) potrei renderla affilata senza problemi, ma data la morbidezza di un acciaio dolce o la fragilità degli acciai inox, alla fine sarebbe comunque una porcata di arma incapace di eseguire in sicurezza violente parate e fendenti. E perderebbe l’affilatura in pochi colpi, visto che il filo è troppo morbido. In ogni caso non me ne faccio niente di una spada da arredamento con cui ci si tagli al solo sfiorarla: preferisco prenderla in mano senza perdere una falange!

In più, ben più importante della qualità dell’acciaio (che in fondo se fosse un 1020 o un 1040, e non un inox, potrebbe pure andare bene per combattere, eh… perderebbe solo molto più in fretta l’affilatura!), è il codolo il vero problema. Maneggiandola un attimo si sente subito una cosa: è molto più “pesante” nel movimento di quanto il suo peso,  che come detto pesa solo 1 kg, faccia immaginare. La mia spada da lato realizzata da Marek, che uso davvero negli allenamenti di scherma in sala contro altre spade non affilate “vere”, pesa 1,4 kg (di cui 4 etti sono la guardia fin troppo protettiva e avvolgente sulla mano, infatti non mi ci trovo benissimo) ed è una piuma nei movimenti rispetto a questa qui.

Il codolo leggerissimo, tipico delle spade da esporre e basta,  rende instabile la sensazione della lama, come se “sfuggisse” col proprio peso dalla nostra mano. In pratica se tiri un fendente senti la lama procedere e devi usare la forza fisica per trattenerla oppure ridirigere il movimento, un po’ come se fosse una mazza, non puoi subito saettare in una posizione difensiva, non è come una spada da lato che puoi tirare un taglio al volto per spazzare la lama nemica e saettare subito in terza posizione (di spada da lato, intendo) per parare la reazione.

In più il codolo leggerissimo, e sento che lì dentro lo è anche se non l’ho smontata per scoprirlo (temo di scassare tutto), subisce le vibrazioni dei colpi e se non è robusto… si spezza: questa spada se parasse un bel taglio di una vera sciabola, probabilmente la lama reggerebbe senza alcun problema, ma poi scivolerebbe fuori dall’impugnatura perché il codolo si sarebbe spezzato subito per le vibrazioni subite.

La punta è lunga 7 cm e non è niente male. Non è acuta come nelle spade Oakeshott XVII o nelle strisce: è sui 40-45 gradi, come è giusto che sia per una spada militare dritta del XIX secolo. La punta pizzica a sfiorarla, come quella di un buon taglierino. C’è il filo da entrambe le parti e una volta affilata immagino che penetrerebbe molto bene. Già così ha un’adeguata pericolosità: spingendola lentamente, usando in pratica solo l’inerzia della massa della spada, perfora 3 o 4 strati di cartone da imballaggio. Con una minima aggiunta di forza ne perfora sei, facendo piegare leggermente il sesto strato. Non ho provato con più cartone (era già un centimetro e mezzo abbondante) perché credo che questo sia il massimo che possa bucare senza tirare un vero colpo, solo sfruttando la punta aguzza e la blanda inerzia. Sempre senza sforzo fora da parte a parte le lattine di birra. Con un colpo dato seriamente penso che trapasserebbe un torso umano. Sicuramente ce la farebbe dopo averla affilata da entrambi i lati (e forse pure il codolo reggerebbe lo stress, di punta).

La lama è larga 2,3 cm subito prima della punta e ha il dorso spesso 3 mm. Nel medio, dove dovrebbe in teoria trovarsi il punto di percussione visto che il peso e il bilanciamento sono corretti, è ancora larga tra i 2,5 e i 2,4 cm e spessa 4 mm. Non male.

Foto con la bandiera:

Cliccare per ingrandire.
Notate la bandiera riflessa nella lama.

Ha un aspetto un po’ vissuto ed è piacevole da guardare.
Il tipo di spada che avrei voluto avere se fossi vissuto in quel tempo merdoso, senza antibiotici, internet e frigoriferi, chiamato Lungo XIX Secolo. Meglio vivere ora, anche se è pieno di donnacce che non preservano la propria virtù e non ci sono più gli Imperi Centrali. La metterò esposta alla parete, coi ganci, sopra la mensola dei pickelhaube.

Spero di non aver turbato l’innocenza delle mie giovani lettrici con queste foto lerce e con l’implicito invito a prendere in mano la “spada” del duchino. Invito ancora valido.

La giusta reazione di una fanciulla per bene di fronte alle foto.

Il Duca di Baionette

Sono appassionato di storia, neuroscienze e storytelling. Per lavoro gestisco corsi, online e dal vivo, di scrittura creativa e progettazione delle storie. Dal 2006 mi occupo in modo costante di narrativa fantastica e tecniche di scrittura. Nel 2007 ho fondato Baionette Librarie e nel gennaio 2012 ho avviato AgenziaDuca.it per trovare bravi autori e aiutarli a migliorare con corsi di scrittura mirati. Dal 2014 sono ideatore e direttore editoriale della collana di narrativa fantastica Vaporteppa. Nel gennaio 2017 ho avviato un canale YouTube.

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