Dopo nove anni sarà meglio cambiare

Il tempo delle vacanze estive è ormai passato quasi per tutti. Per me di sicuro è passato ed è durato il meno possibile, ovvero quattro giorni inclusi i due di partenza e ritorno. D’altronde prendersi una vacanza implica un “da che cosa” e se il lavoro che fai è la cosa che ti piace di più fare, è ben poco allettante l’idea di lasciarla da parte. Nel mio caso adoro occuparmi degli autori che seguo, quasi tutti per la collana Vaporteppa che dirigo grazie all’aiuto di Antonio Tombolini Editore, che mi paga per trovare e formare nuovi autori.

Però producono grandi classici che un giorno verranno letti accanto a “Il processo” o a “La morte di Ivan Il’ic”. Forse.

Adoro insegnare loro le basi di scrittura, di strutturazione delle storie, aiutarli ad afferrare meccanismi narrativi che fanno parte dell’ABC  della drammaturgia e che anche uno scrittore dovrebbe conoscere (e pochi conoscono) per occuparsi di narrativa con cognizione di causa. Adoro aggiornarli con nuove idee che li potrebbero aiutare, per esempio con l’ultimo ciclo di incontri che ho attivato con alcuni autori per aiutarli a rendere il loro cervello un “amico”, e non un nemico che causa il fantomatico blocco delle scrittore, e aiutare il cervello ad aiutarli ad apprendere più facilmente, ricordare meglio i sogni e favorire la creatività (e la parola chiave di tutto questo è: usare l’olfatto, rilassarsi, e magari farsi una birra).
Col cervello spesso si tratta solo di fargli capire, col suo modo di operare, di cosa si ha bisogno: lui provvederà a dare un mano, se sa cosa vogliamo e se non lo si confonde con richieste opposte e inconciliabili.

Adoro aiutarli a lavorare sulle loro storie, soprattutto quando le progettano atto dopo atto, per far sì che non si confondano e riescano a dire esattamente ciò che vogliono dire, ma non sanno con precisione di volerlo dire. Aiutarli a capire cosa la loro storia vuole raccontare e organizzare ogni personaggio chiave e ogni scena principale (a livello di struttura) in modo che comunichino la storia con coerenza (tutto al servizio del messaggio pensato, nulla contro), eleganza (mancanza di elementi inutili) e fantasia (il già visto va ridotto al minimo).

Aiutarli a capire l’essenza di cosa è importante per loro, in modo che le storie contengano un significato che dica qualcosa al lettore e si connettano a livello più profondo con lui. Si tratta di semplice buon senso scoprire cosa davvero ci importa (quelle uno, due, massimo tre cose principali che per noi contano davvero nella vita), perché sarà quello che in modo istintivo sapremo comunicare con più forza e meno fatica in una storia. Arrivare a capire perché pur essendo all’apparenza opere totalmente diverse, Up, il primo Rambo e La Marcia di Radetzky ci parlano tutte della stessa cosa. In modo diverso, con conclusioni diverse, ma tutti della stessa cosa. Forse ne parleremo un’altra volta: non è di questo che si occupa questo post.

Separati alla nascita.

Queste attività più appaganti competono col tempo da dedicare al blog. Un tempo il blog, ai tempi in cui Facebook non era quasi l’unico posto in cui la massa delle persone comunica, era un modo per divulgare conoscenza su argomenti che mi interessavano e scrivere articoli rielaborando conoscenza accumulate nel corso dei mesi o anni mi permetteva di ricordare meglio ciò che avevo studiato.

Ora invece, avendo costruito una rete di autori che vanno per forza di cose seguiti singolarmente, trovo molto più gratificante studiare e diffondere le cose che mi interessano (analisi di film, chiacchiere su opere, ragionamenti su fantasy/scifi ecc.) in incontri 1-a-1. In pratica sfrutto ogni cosa che può tornare comoda per gli autori che seguo, in base al caso. Per diversificare e ampliare l’apprendimento.

Diffondere informazioni a chi ne ha bisogno e che le userà per migliorare il proprio lavoro, dà più soddisfazione di buttarle a caso sul web sapendo che la quasi totalità del lettori, per mancanza delle basi teoriche necessarie o per false conoscenze pregresse (einstellung) che danneggiano l’apprendimento, non potrà farne granché uso.
Ricordate quell’aneddoto zen sui problemi della conoscenza pregressa? Quello con il professore e la tazza di tè? Ecco, magari parleremo di einstellung, di bias e di apertura mentale in futuro. Anche questo argomento non riguarda davvero questo post.

È un bias confirmativo anche essere convinti che altri abbiano un bias confirmativo solo perché non ti piace quello che loro pensano.

Però anche il blog è importante. Tanti di questi contatti, di questi nuovi autori, li ho potuti conoscere proprio perché grazie al mio blog, magari arrivando qui da quello di Gamberetta quando ancora scriveva, hanno saputo di Vaporteppa e della visione editoriale che esprime. Dedicare così poco tempo al blog, anche se continuo a produrre ogni qualche mese quei grossi post ad alto contenuto informativo (questo, questo e questo, per esempio) che da sempre mi hanno portato la maggior parte dei visitatori (come questo, questo o questo), non va bene.

Trascurando il blog riduco le chance di costruire nuovi contatti. I visitatori sono molti meno di una volta, a occhio ho visto che rispetto al periodo d’oro del 2011-2012 sono ridotti del 40-50%, ma anche pressoché dimezzati sono diverse centinaia al giorno (qualche rara volta il migliaio al giorno di visite uniche – non di pagine, quelle sono circa 2-2,5 volte tante – si fa ancora)… però questi visitatori trovano un blog poco aggiornato e con pochi post recenti che parlino di editoria o di narrativa (in tutte le sue forme) fantastica. Basta confrontare le due triplette di link sopra per vedere la deriva “alimentare” dei miei interessi.

Dei pochi commenti non mi preoccupo, a differenza di quanto vedo accadere in altri blog: non bisogna illudersi che oggi sia come il 2008, ormai la norma è commentare su Facebook e rinchiudere lì le discussioni che prima si facevano sui blog. Anche quando riguardano un post. Disperdendo tutto, spesso perdendolo nel calderone di Facebook che favorisce l’oblio delle vecchie discussioni (a meno che non ti sia salvato il link).
Anzi, sono contento che nonostante questo cambiamento generale del web ancora capitino commenti di “pregio” che permettono discussioni con cui ampliare il contenuto informativo dell’articolo. Col tè è capitato più volte, ma è successo anche parlando di scrittura su Vaporteppa (per esempio qui e qui).

Non è proprio così, ma quasi.

Sono sempre stato dell’idea di Heinlein, quella sua visione dell’uomo “rinascimentale” che sa fare un po’ di tutto e non si blocca specializzando tutta la sua vita in una sola competenza:

Un essere umano deve essere in grado di cambiare un pannolino, pianificare un’invasione, macellare un maiale, guidare una nave, progettare un edificio, scrivere un sonetto, tenere la contabilità, costruire un muro, aggiustare un osso rotto, confortare i moribondi, prendere ordini, dare ordini, collaborare, agire da solo, risolvere equazioni, analizzare un problema nuovo, raccogliere il letame, programmare un computer, cucinare un pasto saporito, battersi con efficienza, morire valorosamente. La specializzazione va bene per gli insetti.

(Lazarus Long l’Immortale, Robert Heinlein)

Ho sempre creduto nei blog come luoghi di espressione, secondo l’idea originale per cui erano nati e che ora pare presa da Facebook in versione amplificata (si posta roba che nemmeno dei peggiori blog di una volta). Non solo come CMS minimali per realizzare siti monotematici specialistici che nulla hanno a che fare col concetto originale di blog. Per questo non mi sono fatto mai problemi a parlare su Baionette Librarie di ciò di cui mi interessavo al momento: armi, armature, editoria digitale, fantasy, scrittura, coniglietti, vino, tè, caffè, hamburger ecc.

Il problema è la mia eccessiva propensione a fare gli articoli “completi”. Non ha senso che ogni articolo su un argomento nuovo sia un mattone di migliaia e migliaia di parole, con dieci libri di bibliografia o più dietro. Alla fine gli articoli che preferisco nei siti altrui non mi spiegano lo stato dell’arte di qualcosa, ma mi informano che qualcosa esiste e mi incuriosiscono a esplorare l’argomento. Perché non imparare a fare più spesso articoli così? Già li facevo prima, ma ne facevo troppi pochi e mi perdevo dietro sogni di articoli giganti grossi come capitoli di libri… e talvolta come diversi capitoli assieme….

Ricordate che io tengo attivi molti interessi per volta, e l’interesse al primo posto dopo qualche mese di studio, quando lo ritengo approfondito a sufficienza, va poi al secondo posto per dare priorità all’interesse nuovo, e altri mesi dopo va al terzo e poi finisce nello sfondo delle cose normali della mia vita che approfondisco solo saltuariamente… e intanto l’articolo, a furia di posticipare, poi non mi va più di farlo. Che senso ha voler fare un articolo troppo approfondito su un argomento, se poi ci si blocca e non lo si fa proprio? Come il bell’articoletto che avevo in mente in difesa della cultura napoletana del caffè… o quello sui metodi alternativi di infusione del tè…
Meglio allora fare di meno, ma farlo per certo. No?

Interessi sportivi che si fa figura migliore a non dire di avere.

Ho parlato di interessi personali e blog di una volta, ma questo non vuol dire che mi metterò a postare foto fatte allo specchio come le ragazzine in pieno sconvolgimento ormonale. Ok, magari una sì, in albergo a Porretta Terme, per testimoniare lo stato pietoso da cicciomerda fuori dieta. Facciamo due, la seconda col petto in fuori a casa. A mia discolpa posso dire che le ho realizzate per Zweilawyer al fine di guarirne l’abietta condizione eterosessuale e sedurlo. Ok, forse non suona bene come scusa…

Mi capita spesso di leggere libri che mi lasciano spunti interessanti che meriterebbero segnalazione e commento. Le ultime due volte è capitato proprio a luglio, con due romanzi di Robert Heinlein. Mi sono già pentito di non aver scritto subito due brevi articoli per parlarne (anche se uno richiede grossi spoiler per parlarne in modo inutile). Posso sempre rimediare, ma il problema di fondo è aver rimandato il blog: ho usato quei romanzi come esempi nel lavoro con i miei autori, ma non ho scritto gli articoli!

Da gennaio ho deciso di approfondire seriamente il mondo delle birre. Sì, più o meno in contemporanea alla voglia di approfondire sul serio il caffè, ma avevo dato priorità massima a quest’ultimo e il secondo posto alla birra. Nel frattempo, anche se non ho scritto più nulla, ho continuato a provare ricette nuove per torte, biscotti e hamburger. Ho letto parecchi saggi di divulgazione scientifica interessanti, ho letto manuali per aiutare gli sceneggiatori a sbloccare le idee, ho seguito un corso per “imparare ad apprendere”… e ho usato quanto imparato sul cervello per migliorare la creatività mia (anche se non scrivo) e dei miei autori (che invece dovrebbero scrivere).

Questo intendo con argomenti da trattare con articoli brevi. Piccoli spunti, curiosità, consigli di lettura. Niente di troppo organizzato o complicato, anche perché il tempo è poco se considero anche i tre allenamenti di pesi settimanali in palestra (e il quarto facoltativo a casa, che ho iniziato da poco ad aggiungere). Non è che ora mi metterò a parlare di cazzate qualsiasi, tipo del mio nuovo attrezzo ginnico per rinforzare la stretta della mano che ho preso per sostituire sui carichi più bassi il mio buon vecchio Super Gripper Ivanko..

Ivanko Super Gripper e attrezzo del Decathlon più “normale”.

L’Ivanko è una meraviglia che può andare dai 20 ai 155 kg, ma in mano è doloroso e scomodo: nonostante il nastro antiscivolo che avevo avvolto, dovevo usarlo comunque con un fazzoletto per fare imbottitura in mano o con addosso dei guantini molto spessi. Mi ci voleva un hand grip nuovo, facile e compatto, seppur adatto solo a esercizi non troppo intensi (dai 10 ai 40 kg). Ma in fondo per la mano mi importa di più fare set ad alto numero di ripetizioni, e comunque 35-40 kg è un carico che mi va bene anche per i primi set pesanti per cui… ehi, ma non avevo detto che NON avrei parlato del nuovo attrezzo? Torniamo in carreggiata!

Parecchie volte ho pensato di dedicare un post alle serie di anime della stagione che intendevo provare a seguire, dopo aver visto il primo episodio. Poi aspettavo il secondo per conferma e per dire qualcosa di più preciso. Poi il terzo. Poi si arrivava al sesto in men che non si dica e che senso aveva più segnalarle, non erano più serie davvero nuove! Capito il meccanismo di blocco?

Tristemente, mi capita spesso di dare la priorità a Facebook. Lo uso pochissimo, in pratica solo per lavoro, ma se seguite la mia pagina troverete spesso mini-recensioni di birre, citazioni e altra roba che non ho mai usato sul blog. Perché non ho sfruttato quegli spunti per degli articoli qui? Lo stesso malcostume citato a inizio post è anche un mio malcostume.

Relax, don’t worry, have an homebrew.

(Il motto dal sapore zen di Charlie Papazian)

Vediamo se riesco a sbloccarmi un po’ e a ricominciare a pompare spunti e materiale curioso per chi sa apprezzare la libertà di dire che due e due fanno quattro. Dopo nove anni (fondazione: ottobre 2007) questo blog merita più attenzioni e un approccio più snello. ^_^

A presto!

Il Duca di Baionette

Sono appassionato di storia, neuroscienze e storytelling. Per lavoro gestisco corsi, online e dal vivo, di scrittura creativa e progettazione delle storie. Dal 2006 mi occupo in modo costante di narrativa fantastica e tecniche di scrittura. Nel 2007 ho fondato Baionette Librarie e nel gennaio 2012 ho avviato AgenziaDuca.it per trovare bravi autori e aiutarli a migliorare con corsi di scrittura mirati. Dal 2014 sono ideatore e direttore editoriale della collana di narrativa fantastica Vaporteppa. Nel gennaio 2017 ho avviato un canale YouTube.

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