Editoria ed eBook

Sconfiggere il formato proprietario di Amazon: “salva ePub, salva l’editoria”

Nell’articolo sui nuovi Kindle avevo fatto una lunga riflessione sui pericoli che in futuro Amazon, in quanto azienda sostenitrice di un formato proprietario (.azw/.mobi — vedi qui per il KF8) dentro cui chiude i contenuti culturali dei libri, potrebbe rappresentare per la salvaguardia dei testi pubblicati e, in secondo luogo, per la diffusione delle cultura nel caso decidesse di non ammettere “certi testi” quando sarà il punto di riferimento mondiale per l’acquisto dei libri (e magari pure per il prestito in biblioteca).

Non è un problema che si presenterà ora.
Al momento Amazon sarà un semi-monopolio utile, propositivo, in grado di creare dal (quasi) nulla una mercato fiorente dell’editoria digitale. Un buon semi-monopolio di quelli utili, che stanno alla base del capitalismo descritto da Immanuel Wallerstein. Ma ciò che di buono farà ora, se non verrà privato di certi aspetti negativi di contorno che al momento non sembrano “così pericolosi”, potrà diventare di punto in bianco disastroso in futuro.

Come avevo commentato nell’articolo linkato prima:

Il punto di forza di Amazon è comportarsi molto meglio coi clienti quando si tratta di beni fisici di quanto faccia qualsiasi altra azienda concorrente. Ne parlava già Doctorow in Content.

Ma non lo fa perché è il Gigante Buono, immagine che si è costruita negli USA. Lo fa perché così guadagna di più, costruendo un nome e un rapporto coi clienti. Come già spiegato. Non è meno carogna dei sui colleghi Apple o simili, è solo meno idiota e sa portare dalla sua il pubblico mentre guadagna (il che è meglio di niente, ovviamente! Finché dura).

Oggi è “buona”, ovvero persegue il proprio interesse egoista tramite atteggiamenti altruisti (perché gli avversari sono così scemi da non saperlo fare anche loro). Quando questo spreco di forze per rimanere buona non sarà più necessario, se vorrà, potrà smettere di esserlo.

Se smetterà di esserlo, saranno cazzi.
Magari non smetterà con Bezos, magari smetterà quando al suo posto (se vogliamo immaginarlo come “un po’ idealista” – nonostante il modo in cui tratta i dipendenti) ci sarà solo un consiglio di manager interessati esclusivamente a predare più profitti possibili subito, come successo a tantissime altre aziende.

Questo diceva l’articolo.
Il problema non è ora, ora Amazon è fantastica: il problema è dopo, in un eventuale cambio di rotta quando sarà diventata il monopolio dell’intrattenimento.

Per impedire un disastro bisogna agire prima che avvenga: agire dopo che è avvenuto, quando finalmente tutti si accorgeranno di ciò di cui una minoranza di corvacci del malaugurio li ammoniva da anni, significa solo riparare i danni già causati. Si dice che il problema non è cadere da un palazzo, ma l’atterraggio. Il ragionamento vale per Amazon: il problema non è portare una bomba atomica in volo con un bombardiere; il problema non è neanche armarla; non è un problema nemmeno mentre cade; quando esplode ecco che c’è il problema. Ma dopo che è esplosa ci si può domandare se non sarebbe stato meglio evitare di armarla e lanciarla (il giretto in aereo invece può pure farlo).

Ma come agire?
Ovviamente i consumatori armati col cliché delle torce e dei forconi (sigh) non possono nulla, al solito. Belle chiacchiere tipo “boicottiamo i prodotti con il chip Fritz” o “boicottiamo Amazon” non hanno alcun effetto. Avete visto il boicottaggio sui libri Mondadori? Vi pare fallita? E Intel è fallita perché un pugno di esperti giustamente preoccupati accusava il Trusted Computing di essere una minaccia letale per la libertà?

Tutte lotte “giuste”, ma fondamentalmente l’effetto economico è stato irrisorio. Nel secondo caso almeno sensibilizzare la clientela ha l’effetto di ridurre il rischio che le aziende possano scegliere davvero la strada della blindatura informatica. Il primo caso rimane solo ridicolo: gli editori sopravvissuti al passaggio al digitale crolleranno quando i lettori inizieranno a far pagar loro, per decisione individuale e non per invito collettivo di terzi, la cattiva qualità dei prodotti venduti (ovvero forse mai: il pubblico tipico che ancora legge, accuratamente selezionato dagli editori cacciando per decenni chi aveva pretese di qualità, non è capace di distinguere nulla, se non la merda peggiore come Unika e Amon).

Le cose cambiano agendo sul meccanismo che le causa, non reagendo al risultato (cioè alle “cose”). Questo principio gira appena da una manciata di millenni: dall’economia alla strategia alla metallurgia, tutto si basa su questo concetto. Eppure ancora molti pensano che agire sempre e solo sulla conseguenza e non sulla causa sia il modo giusto di ragionare: misteri dei meccanismi evolutivi che hanno reso la Stupidità il vero marchio di fabbrica che distingue l’uomo dall’animale “inferiore”.

Chi ha la capacità di agire ORA sono gli editori, difendendo i propri interessi mentre proteggono quelli dei lettori. Egoismo altruista che genera vantaggi collettivi, ovvero fare ad Amazon quello che Amazon ha fatto ai concorrenti negli anni scorsi: usare l’attenzione al benessere del cliente come arma, come predicava già mezzo secolo fa Ray Kroc, il fondatore di McDonald’s:

“Prenditi cura del cliente e gli affari si prenderanno cura di sé da soli.”

È sempre un buon motto. Tra le aziende italiane, Simplicissimus Book Farm lo ha adottato: l’attenzione al cliente è massima, sia per gli eReader che per la vendita di eBook. Quando si accede al negozio è possibile contattare il libraio online, Ciccio Rigoli, per chiedere consigli al volo per gli acquisti o aiuto tecnico. Il tutto senza dover inviare scomodi ticket all’assistenza come invece avviene su IBS: quando ho avuto problemi con un acquisto, Rigoli mi ha risposto in meno di un minuto e ha pure verificato che l’addebito via Paypal non fosse avvenuto più di una volta (cosa a cui non avevo pensato, ma tanto non era successo).

Taotor mi aveva chiesto nei commenti all’articolo sui nuovi Kindle:

Duca, se voi foste nella Barnes & Noble come rispondereste all’attacco Amazon?

E avevo risposto:

L’unica risposta possibile a un supercapitalista che basa il suo potere sui prezzi infimi e sui DRM proprietari…
… è adottare una campagna di terrorismo contro i DRM, rinunciare ai DRM in proprio, convincendo gli editori a seguirti, e puntare sui libri davvero liberi su dispositivi liberi. Abbassando poi il prezzo del Nook nuovo di altri 10 dollari o, se si riesce, fino a 99 dollari.

Il problema di una decisione che richiede più persone per essere presa è, ovviamente, la presenza fissa X di idioti come ci ricorda Cipolla.
B&N potrebbe anche avere qualcuno dentro con grafici, studi ecc… che dimostrano che sarebbe la Vera Mossa che Amazon non si aspetta e a cui non saprebbe ribattere, la denuncia dei libri cancellati, il terrorismo puro contro ciò che sarebbe un mondo di cultura in formati “non Open” e il presentarsi come paladini della libertà dei consumatori, ma poi convincere gli editori a rinunciare ai DRM di Adobe è impossibile. ^_^

Quando Amazon sceglie un nuova strategia, non deve farla digerire ad altri. La sceglie e basta. È la forza di una monarchia illuminata contro un parlamento: rapide decisioni. Ed è solo due millenni e passa che viene ripetuto ossessivamente che le decisioni vanno prese all’istante e senza tentennamenti, eh…

Mentre a Roma si discute, Sagunto viene espugnata.
(Tito Livio)

La risposta come potete notare è dal punto di vista di una libreria, non degli editori.
Il sistema dal punto di vista della libreria funzionerebbe perfettamente, permettendogli di accentrare pubblico su di sé (più che sui concorrenti) mentre si indebolisce l’avversario principale. In più sarebbe un tipo di egoismo positivo per la società, perché per favorire il proprio bene si fa anche il bene della collettività. E il tutto senza dover dire nemmeno una menzogna: la forza della verità e del pericolo dei formati proprietari porterebbe esperti da ogni parte del mondo (Stallman e il sito TeleRead inclusi) a sostenere B&N nella sua campagna contro Amazon.
Amazon alla fine sarebbe costretta a cedere, adottando gli ePub senza DRM.

Amazon manterrebbe gli enormi vantaggi del suo essere un accentratore con un grande pubblico di riferimento. Perderebbe solo la capacità di incatenare il pubblico col formato, ma è un vantaggio che può perdere: non ne aveva bisogno con gli altri prodotti fisici, quando ha costruito la propria fama con l’onestà verso i clienti e la difesa dei loro diritti, quindi perché dovrebbe averne bisogno con gli eBook?

Una situazione di liberi eBook in libero formato è una situazione dove tutti vincono. Anche Amazon, vincerebbe solo un po’ meno di prima: invece di essere un Bandito Intelligente, citando la suddivisione di Cipolla, sarebbe Intelligente-e-basta assieme agli altri.

Quindi, data la presenza allarmante dell’infezione detta Stupidità, questa è una prospettiva impossibile. Sì, la stupidità si diffonde “infettando” altri individui: Livraghi ha dato validi motivi per sostenere questa idea citando i casi della televisione e simili. Bastano pochi Stupidi che non aderiscono per demolire un piano ben fatto, anche se la maggioranza Intelligente è d’accordo. E sto parlando con fin troppo ottimismo: di norma la maggioranza è Stupida, ovvero legata al passato e a schemi di ragionamento obsoleti incapaci di fornire risposte efficaci, mentre solo una minoranza è Intelligente, ovvero capace di reagire in modo efficace al nuovo ambiente e salvare la baracca per tutti (colleghi Stupidi nell’azienda inclusi).

Se ancora il concetto di Stupidità vi lascia perplessi, liberatevi dell’Ignoranza (fedele amica e collega della Stupidità) leggendo questo e questo.

[…] la stupidità è contagiosa. E, poiché chi ne è infetto non lo sa, l’epidemia è difficilmente curabile. Questo è uno dei motivi per cui il potere della stupidità è pernicioso – e le difese sono spesso inadeguate. Più la consideriamo “innocua” (e più ci illudiamo di esserne indenni) più aumenta la sua pericolosità.
(Giancarlo Livraghi, “La stupidità non è innocua”)

A fine settembre avevo lanciato quell’allarme sui possibili guai futuri, facendo rimbalzare l’idea di pericolosità a lungo termine di Amazon che già i siti di settore discutevano nel 2009 al tempo dei primi dati sul successo di Konrath (se ne discutevano ancora prima non so dirlo, ma l’incidente con l’edizione illegale di 1984 cancellata senza l’esplicito permesso degli acquirenti da tutti i Kindle risale al 2009).
Cosa è accaduto nel frattempo?

Nel frattempo, come è ovvio, le cose sono andate nel modo già previsto da molti esperti da molto tempo. Ovvero Amazon ha continuato con il suo piano, in piena luce del sole, per sostituirsi agli editori. Ha fatto accordi di pubblicazione con degli autori, garantendo in cambio il genere di servizi che di solito fornisce (o dovrebbe fornire) un editore: copertina, formattazione, pubblicità ecc…

Paga i servizi al posto dell’autore, assumendosi il rischio di impresa in cambio di una fetta dei proventi. Un editore, appunto. E si è messa perfino a tradurre i romanzi stranieri più promettenti in inglese, prerogativa dei veri editori fino a poco tempo fa: The Hangman’s Daughter, romanzo storico originariamente in tedesco, è stato tradotto da Amazon in accordo con l’autore e ha venduto, pare, 250mila copie.
Stupore! Articoli scandalizzati qua e là! Allarme rosso!

Seriamente, ma scendere dal pero prima no?
È un pezzo che si dice che Amazon stia portando avanti questo progetto, ha pure fondato marchi specializzati su vari generi nel 2010-2011. E stava assumendo apposta editor e affidando il lavoro ad agenti professionisti (non a degli sprovveduti del mercato editoriale, insomma, si spera). È banalmente ovvio che se stava ancora portando avanti lo stesso progetto, come era già noto a tutti, prima o poi avrebbe avvicinato degli altri scrittori trasformandosi da “fornitore di un servizio di vendita eBook e POD” a “editore vero e proprio”.

Ve ne avevo parlato perfino io, che non sono certo un pozzo di scienza o di informazioni, nel maggio scorso quando era già una notizia vecchia e stravecchia:

Giusto per curiosità vi ricordo che Amazon è sempre più convinta di voler operare come editore che seleziona, cura e pubblica opere. Hanno assunto Laurence Kirshbaum (ex Amministratore Delegato della Hachette Book Group USA e agente letterario, 40 anni di esperienza nel settore) per comandare l’ufficio di New York. La missione di Kirshbaum è di fondare un marchio editoriale sotto il controllo di Amazon, focalizzato sull’acquisizione di testi di Literary Fiction e di saggistica di alta qualità (di preferenza quelli, ma non snobbano la narrativa commerciale). Dopo Amazon Encore (marchio per autopubblicati di qualità), AmazonCrossing (libri stranieri tradotti in inglese), The Domino Project (una roba di Seth Godin), Montlake Romance (rosa) e Thomas & Mercer (misteri e thriller), Amazon lancia un nuovo marchio specializzato.

Alta qualità e marchi focalizzati in ambiti ben precisi.
Amazon deve aver intuito che in un mondo in cui la qualità media dei romanzi sarà pessima, grazie alla valanga di autopubblicati, l’unico modo per vincere sarà di distinguersi come marchio tramite la qualità, creando così un rapporto di fiducia con i forti lettori. Non so se funzionerà, ma è la stessa idea che avevo portato io a Ebook Lab. Non vedo altro modo di far sopravvivere i marchi editoriali, al di là della pura forza bruta dei Big per imporsi negli spazi pubblicitari (costosi) e in televisione (solo per i bestseller). Forse ci stiamo avviando verso l’apocalisse e la narrativa di qualità morirà per sempre, come sono morti i grandi RPG per PC di una volta come Fallout (quelli veri, non le porcate attuali) e Arcanum… o forse no. Non lo so. Ne parlerò in futuro.

Un pero.
Osservate bene le fronde.
È pieno di blogger, scrittori ed editori.

Poi, non so perché, un sacco di persone hanno trovato scandalose, rivelatrici, blasfeme, oscene e bla bla bla queste due frasi di Russell Grandinetti (un pezzo grosso di Amazon):

The only really necessary people in the publishing process now are the writer and reader. Everyone who stands between those two has both risk and opportunity.

Le uniche persone davvero necessarie nel processo editoriale sono lo scrittore e il lettore. Chiunque si trovi tra loro due ha sia rischi che opportunità.

La parola chiave è “necessarie”.
Se lo scrittore può fare da solo, se ha le competenze per creare l’eBook, scegliere la grafica, editare tutto ecc… senza bisogno di altri, perché non dovrebbe farlo? Perché dovrebbe vietarsi di pubblicare il proprio testo in attesa che un fantomatico ente burocratico, un Gatekeeper, decida se la pubblicazione va approvata o meno?

Autore e Lettore: il minimo sindacale. Ovvero il concetto di “necessario e sufficiente”, ma Grandetti in realtà ha detto solo “necessario” (possiamo immaginare intendesse anche “sufficiente”). Anzi, non serve nemmeno l’Autore: se schiatta le Opere rimangono e bastano loro a farsi leggere. Ma non si intendeva fare un discorso di questo genere, per cui la precisazione lascia il tempo che trova… ^_^

Se poi l’autore non ha le competenze per produrre qualcosa di buono da solo, dovrebbe rivolgersi ad altri professionisti (pagandoli) o agli amici (pagando pure loro, se necessario: amicizia non deve significare per forza gratis). Se non lo fa e il suo libro alla fine fa schifo, problemi suoi: i lettori che non lo compreranno dopo averne letto l’estratto gratuito oppure chiederanno un rimborso al negozio per lo schifo (lasciando pure commenti irosi e voti bassissimi) non sono esattamente ciò a cui un autore dovrebbe puntare. Ma su questo torneremo nell’articolo futuro a tema, ora è fuori luogo approfondire.

Passiamo al secondo pezzo della frase: chi si trova in mezzo ai due tizi necessari “ha rischi e opportunità”.
E quindi? Vi state strappando le vesti? È il concetto di editore: qualcuno che investe (rischio) sperando di guadagnare più di quanto speso (opportunità). Potete interpretarlo in altri modi: un editor freelance ha rischi e opportunità, perché nel nuovo mercato ci sono più clienti possibili, ma è un macello riuscire a convincerli che hanno bisogno di fare un editing serio (e che l’editor è in grado di farlo, cosa che a meno di non essere già ben istruiti sulla scrittura è molto difficile valutare). Rischi e opportunità: come mai il concetto di “impresa”, uguale a come è sempre stato, a certuni sembra così alieno?

Quando sento che quella definizione non include l’editor, mi scatta un facepalm così forte da crollare svenuto: su che pianeta vivono? È dal 1987 che gli editor e i critici statunitensi si lamentano che non si fa più editing decente sui testi e ogni anno va sempre peggio. Anche nell’aMMeriga che tanti sognano. La situazione è già una tale porcata sovraffollata e con crumiri dietro ogni angolo pronti a vendere due cambi di virgola per 100 euro che peggio di così si prospetta solo l’autocombustione.
Giusto chi ha già posizioni nel settore consolidate e legami con gli editori ha da temere (e infatti frignano, es: il buon Rich Adin) e solo gli ignoranti possono pensare che ora vada tutto bene (parecchi caproni col sogno dell’aMMeriga e dell’editore che fa l’editing trasformando oscene storielle in capolavori), ma chi si avvicina da novello editor al settore sa già che peggio di così non potrebbe diventare. ^_^

Il fatto che qualcuno trovi scandaloso il semplice buon senso della “necessità di autori e lettori” è di per sé interessante, ma il fatto che un sacco di persone abbiano criticato quella frase pubblicando il proprio articolo di costernazione su dei blog che, guarda caso, sono proprio della piattaforme di pubblicazione in cui l’Autore incontra il Lettore senza che un Gatekeeper debba approvare la cosa, è una delle migliori prove possibili all’idea di Cipolla e Livraghi che gli Stupidi siano molto più di quanti sembrino.

“Qual è il tuo nome, Stupido?”
“Il mio nome è Legione perché sì perché è fantasy!”

Questo comunque non vuol dire che Amazon non sia in malafede: nel modello attuale c’è spesso un terzo agente, il “negozio” che prende la percentuale… non è un agente necessario (Gamberetta con Assault Fairies ha raggiunto più pubblico di molti libri pubblicati su carta), ma per guadagnare qualcosina al momento è praticamente obbligatorio. Superare questa situazione trasformando il negozio da “praticamente obbligatorio” a “molto utile” è necessario per mettere la ciliegina sulla torta del futuro. Sperando che non sia una crostata alla cacca.

Quel che volevo far notare è che frignare per quella frase è da ignoranti.
Pure su dei siti italiani ho visto proporre discorsi sul ruolo dell’editore come fornitore di servizi all’autore, come se fossero discorsi su qualcosa di nuovo. Santo cielo, è tutta roba vecchissima. Se avete letto qualche articolo così, potrete facilmente notare che quello era il tema del mio intervento a Ebook Lab Italia del marzo 2011, e già all’epoca mi pareva un discorso vecchio e stravecchio (ma necessario e utile da fare), tanto per dire quanto cavolo è vecchia quella roba.

Ecco un pezzo tratto dall’articolo-guida per l’intervento, che vi consiglio di leggere se non lo avete già letto:

Se il marchio dell’editore, al di fuori della saggistica dove farà da garante per la qualità delle informazioni, non sarà più un vantaggio, perché l’autore di narrativa dovrebbe scegliere di avere un editore?
Semplice. Gli editori possono essere aggregatori di servizi. Perso il ruolo di “rendere pubbliche” le opere, gli rimane quello di fare tutto ciò che possono per migliorarle e di selezionare solo prodotti su cui pensano che valga la pena investire.

Per un autore novello può essere difficile trovare un bravo editor (la stessa Amanda Hocking se ne è lamentata in una intervista), un esperto in grado di produrre un eBook validato e con tutti i metadati scelti al meglio, una buona copertina (Derek le sue le ha pagate 400-500$) e magari anche un traduttore per immettere l’opera sul mercato anglosassone. D’altronde non si è sempre detto che quello inglese è il vero mercato degli autori di successo? Presto sarà accessibile a tutti.

L’editore può fornire tutti questi servizi in cambio di una percentuale. Molti autori accetteranno anche solo per paura di investire 1000-2000 euro in un editing decente, senza parlare dei costi delle traduzioni.

Ma l’editore non deve operare come fa ora, prendendosi tutti i diritti che può e trattando l’autore come un sottoposto. L’autore non ha davvero bisogno dell’editore. L’autore sarà sempre più consapevole dell’importanza di tenersi i diritti sul libro. Se l’editore non intende tradurre subito l’opera per immetterla sul mercato inglese (o tedesco o giapponese ecc…), l’autore può voler imporre di tenersi i diritti di farla tradurre lui e venderla lui. Gli autori non sono tutti idioti: impiegheranno poco a capire che i veri guadagni e la massima diffusione sono tutti nel mercato in lingua inglese. Se l’offerta non è buona, l’autore potrà decidere di fare da solo.

Con un po’ di intelligenza gli editori potranno prendersi la fetta che meritano del nuovo mercato.

Non fatevi fregare la vostra fetta del mercato!

L’editore deve diventare un socio alla pari con l’autore, non un Capo che quando gli gira dice quante vendite ci sono state e l’autore non può aprir bocca per contestarle. Ad esempio, un account di vendita condiviso per ogni libro/autore pubblicato permetterà il completo controllo delle vendite da parte di entrambi. O altre soluzioni simili che rispettino l’autore come professionista indipendente, senza farlo sentire un sottoposto.

Le attuali azioni di Amazon confermano che la mia (e di molti altri) visione era quella giusta.
O gli editori inizieranno a fare la differenza o Amazon la farà al posto loro. Se gli editori non diventeranno aggregatori di servizi mentre Amazon lo diventerà, il pubblico si potrà rivolgere solo ad Amazon. Fine. Ma un editore che non diventerà un aggregatore di servizi, invece di un semplice stampatore e succhiatore di soldi, non è un Vero Editore… quindi che crepi pure, il bastardo!

Anche la questione dell’essere soci alla pari, con l’editore che dice (ad esempio) quante copie l’autore ha venduto e dove, è stata affrontata parecchie volte.
E infatti Amazon ha promesso di fare così coi suoi autori. Io ve l’avevo detto che questo era un elemento importante, ma qualsiasi imbecille (io, appunto) poteva arrivarci, siamo onesti.
Questo che parrebbe il minimo, dire all’autore quanto ha venduto, gli editori cartacei spesso non lo fanno. Di regola non lo fanno. E non parlo solo dei ritardi di mesi e mesi a scoprire il numero reale delle copie vendute: intendo proprio che se ne sbattono allegramente! ^_^

Alcuni autori ne sono rimasti scottati a sufficienza da abbandonarli o da scrivere post rancorosi contro di loro. Il famoso post in cui un certo autore horror per bambini, che ha pure un agente di tutto rispetto, accusava la Mondadori di non avergli pagato le royalties era un piccolo capolavoro: peccato che abbia cancellato il blog, si meritava un link.
Ma c’è sempre questo, contro la Marsilio:

Ci sono state promesse mai mantenute, rendiconti mai arrivati, royalties (forse: senza rendiconti, come faccio a saperlo?) non pagate, cose che ho trovato piuttosto gravi.
[…]
Serve mostrare agli editori che se davvero sono dei professionisti, allora devono comportarsi professionalmente; altrimenti, oggi più che mai, la loro funzione scompare. Troppi di loro pensano di vivere ancora in un mondo in cui possono permettersi di essere stampatori evoluti.

(Francesco Dimitri annuncia l’eBook autoprodotto di Pan)

Una recensione onesta del suo romanzo successivo, “Alice”, pubblicato con Salani (ovvero una casa editrice che fa selezione ed editing). Risultato? Una porcata indegna con un editing vergognoso (a quanto si può giudicare dai risultati). Se la Salani fosse una bandiera nazionale, Alice equivarrebbe a defecarci sopra e poi incendiarla.

Come mai sto scrivendo tutto questo papiro sconclusionato?
Durante la mattina ho letto questo articolo di Rich Adin: How Do You Do It? Amazon vs. Editors (I)

Presenta un formula che mi ha ricordato la mia soluzione impossibile per B&N, solo che è traslocata dal punto di vista della libreria a quella degli editori e diventa molto più fattibile (ma perde la campagna di terrorismo e ci mette un classico braccio di ferro collaudato). È applicabile e semplice. Merita di essere segnalato.

Amazon, come è noto, vende eBook. Ne consegue che ha bisogno di eBook da vendere, per venderli. Il problema di Amazon è che i signori a cui vuole fregare il ruolo, gli editori, sono anche i signori che al momento forniscono una fetta notevole degli eBook che permettono ad Amazon di guadagnare e costruire la propria grandezza come libreria digitale. Se avesse solo piccoli editori e autopubblicati, sarebbe costretta a correre in lacrime ad abbracciare le ginocchia dei Grandi Editori che nel frattempo continuerebbero a vendere i loro romanzi, con minimo danno, su B&N (basterebbe attrezzarlo per vendere anche i .mobi senza DRM ai Kindle) o su Smashwords (che già vende i .mobi assieme agli ePub).

Questo potere di ricatto è il motivo per cui Amazon, a cui piace l’idea di dominare il mondo futuro sotto il tacco di ferro del formato proprietario, vuole liberarsi degli editori. O perlomeno liberarsi a sufficienza da poter sopportare la loro scomparsa. Adesso Amazon è vulnerabile, ci dice Rich Adin, perché non può ancora rinunciare agli editori. Quando Amazon, tra uno-due-tre anni o quel che sarà, diventerà un editore affermato con grandi autori di bestseller nella sua scuderia, il ricatto non sarà più possibile. E allora, forse, sarà Amazon a voler mandar via gli editori scomodi che minacciano coi loro eBook i suoi eBook.

Su cosa ricattare Amazon?
Gli editori, per poter mantenere viva la concorrenza, hanno bisogno che il formato proprietario sparisca. Attualmente un proprietario di Kindle non può agevolmente (o legalmente) comprare e leggere ePub: la possibilità che acquisti su una libreria che vende ePub è quindi infima, rimane vincolato all’adorato Amazon. O al più può saltellare su Smashwords, dove però l’assenza di DRM tiene lontani gli editori importanti.
Gli editori possono impuntarsi e dire: “Da ora in poi vogliamo che vendi i nostri libri in ePub con i DRM che diciamo noi, senza trucchetti!” Quando questi idioti hanno preteso il modello agenzia al posto del modello grossista per autodanneggiarsi, facendo allo stesso tempo un grosso favore ad Amazon (che però non aveva subito capito che era un favore), Amazon ha lottato, lanciato maledizioni, ha perfino esiliato MacMillan dal catalogo, ma alla fine il fronte unito (e non erano nemmeno tutti i Big) ha trionfato con i catastrofici effetti che già conosciamo.

Un grande editore USA all’opera…
… no, non è un editore: se ne è accorto troppo presto!
(da The basic laws of human stupidity di Carlo Cipolla)

La soluzione è salva la cheerleader, salva il mondo “salva ePub, salva l’editoria”.
Se si impone di adottare ePub secondo lo standard fornito da IDPF senza ampliamenti, anche se lo si farà con un DRM che prima o poi si dovrà comunque abbandonare, si sarà scongiurato il rischio globale di rinchiudere tutta la cultura scritta di saggi, romanzi ecc… dentro una cassaforte la cui chiave è ottenuta solo su gentile concessione di Amazon (proprietaria di Mobipocket e ideatrice del nuovo KF8). Se Amazon non vorrà che si possano fare più lettori per leggere Mobipocket e KF8, non li potremmo più leggere. Inclusi quelli su cui fonderanno la loro distribuzione digitale le biblioteche pubbliche. Ed è tutto legale: cavoli nostri se saremo così scemi da accettarlo.

Ulteriore vantaggio di avere ePub su Amazon: gli editori potranno creare loro gli eBook, al meglio delle proprie possibilità, senza doversi affidare alle (dozzinali) conversioni in Mobipocket/altro del negozio.

Questo non risolverà il problema dell’eventuale monopolio futuro, ma aiuterà a costruire una concorrenza più sana che eviti ad Amazon di fare il grande salto da semi-monopolio a monopolio-all-atto-pratico.
E questo non cambia il fatto che ancora oggi Amazon faccia aderire i suoi clienti a un contratto di uso per cui può, in qualsiasi momento e per qualsiasi ragione, cancellare a piacimento i libri presenti sul Kindle del cliente. Ma un po’ di sana concorrenza li scoraggerà dal riprovarci per timore della smitragliata di calci nel culo da ogni direzione che ne deriverebbe.

Oh, certo, ha promesso che dopo il fattaccio del 2009 non lo avrebbe più fatto: ma allora perché continuare ad arrogarsi il diritto di farlo a piacimento? Eh già: non ci si tiene un diritto, soprattutto quando porta così tanta cattiva pubblicità tra gli appassionati, se non si pensa che prima o poi potrebbe tornare utile sfruttarlo. Se state facendo “Oh…” con la boccuccia, palpatevi la nuca e girate su ON la manopola del cervello. ^_^

Felicità random ingiustificata (con domanda retorica inclusa)

E fin qui ho ripetuto, in una versione meno scema (formati proprietari!), le stesse boiate che orde di blogger, scrittori e lettori più o meno sprovveduti già dicono.
Sì, boiate. Non perché la minaccia non sia reale, ma perché nei discorsi che leggo online (sopratutto in Italia, guarda caso, patria della disinformazione-per-ignoranza) il discorso dei formati proprietari e delle conseguenze collegate rimane di sfondo, come se non fosse il problema centrale. Sembra di leggere gente che è rimasta ferma a una lettura superficiale di testi di economia dell’Ottocento, senza capire che bisogna guardare la realtà effettiva e da quella trarne le conclusioni, non adattare la realtà restringendola alle conclusioni preconfezionate che ci pare di aver capito leggendo qualche barbuto crucco di 150 anni fa che non era nemmeno granché bravo con la matematica (si veda Mentire con le Statistiche di Darrel Huff).
Bisognerebbe fare come Aristotele e non come gli aristotelici, ammoniva l’altro ieri per cui siete scusati se non lo sapete quattro secoli fa Galileo.

Nelle possibilità che il futuro ci apre con la diffusione sugli eReader di pratiche e standard che già adottiamo nel “leggere” sul web, unita alla soluzione (che prima o poi arriverà) del problema dei micropagamenti, si trova quasi tutta la soluzione al problema.

La soluzione a (parte) del problema la potete trovare anche da soli, basta riflettere sul fatto che è probabile che tutto prosegua come sta proseguendo da quando c’è internet, unito alla soluzione di quei piccoli problemi sui pagamenti e a qualche altra semplice sciocchezzuola (tipo le percentuali tenute dai negozi ecc…).

Questi argomenti verranno affrontati nell’articolo sul futuro dell’editoria che pubblicherò prima di Natale. Il tema di fondo, recuperando un discorso iniziato nel lontano luglio 2008, sarà questo: l’eBook non è la soluzione ai problemi del mondo dell’editoria, ma solo una condizione necessaria a quel cambiamento di paradigma che non è detto che avvenga presto (né che avvenga in generale né che avvenga in modo completo).

I micropagamenti sono una parte rilevante del problema (ovvero il motivo misterioso per cui lo Stato ci ha dato fogli e monetine affinché ce li passassimo di mano in mano senza che venissero automaticamente tassati a ogni passaggio da un ente privato, ma non ha ancora fatto lo stesso con la valuta in digitale: dare 1 euro a qualcuno è molto più scomodo in digitale che di persona, al contrario di quanto avvenuto con le email rispetto alla posta cartacea), ma confido che si risolverà prima o poi.

La merda in cui si è nuotato fino a ieri sembra sempre meno densa di quella che ci aspetta domani, ma non è detto che lo sia stata davvero. ^_^
Per ora, in sintesi: siate ottimisti. Non vi dico “siate affamati”, perché quello accadrà solo se i peggiori incubi di dominio di Amazon si verificheranno.

EDIT 27/10/2011
Ho aggiunto una nota sul nuovo formato KF8 annunciato da Amazon, qui, e l’ho linkata due volte nel corpo dell’articolo. Il discorso non cambia. Ma il pericolo si concretizza, leggermente.

 

Il Duca di Baionette

Sono appassionato di storia, neuroscienze e storytelling. Per lavoro gestisco corsi, online e dal vivo, di scrittura creativa e progettazione delle storie. Dal 2006 mi occupo in modo costante di narrativa fantastica e tecniche di scrittura. Nel 2007 ho fondato Baionette Librarie e nel gennaio 2012 ho avviato AgenziaDuca.it per trovare bravi autori e aiutarli a migliorare con corsi di scrittura mirati. Dal 2014 sono ideatore e direttore editoriale della collana di narrativa fantastica Vaporteppa. Nel gennaio 2017 ho avviato un canale YouTube.

Recent Posts

Acheron Books ospita Vaporteppa

Acheron Books ha fatto a Vaporteppa un'offerta che non si può rifiutare: tutte le migliori…

5 anni ago

Adrian la serie: il ritardato è tornato (e ha portato un amico)

La trasmissione di Adrian la serie è proseguita nelle ultime due settimane, come previsto. Nessuna…

5 anni ago

Adrian: Celentano e gli ormoni impazziti da rinfanciullito

Adrian di Celentano è un'opera strana. Ero un po' combattuto se parlarne o meno perché…

5 anni ago

Ralph spacca Internet: analisi del film

Nuovo anno e nuova analisi: Ralph spacca Internet. Questa volta si tratta di un film…

5 anni ago

Bumblebee: un buon film dei Transformers

Bumblebee è un film della serie Transformers anomalo perché è fatto bene. Non benissimo, neanche…

5 anni ago

Macchine Mortali: la cicatrice fantasma

Ho visto Macchine Mortali al cinema e mi sono venuti in mente degli spunti di…

5 anni ago