Fare il tè è facile, giusto? Acqua bollente, una tazza, una bustina del nuovo tè verde appena comprato, una manciata di minuti a occhio e… argh, che schifo, è amarissimo!
Oppure prepararsi un bel English Breakfast e trovarsi in tazza un sapore fiacco (o aspro e amaro), con una patina oleosa percorsa da fratture che galleggia sul liquido. Non ci siamo.

Va bene, non era poi tanto semplice. Perlomeno non se si vuole fare il tè bene, nei limiti della qualità del tè che si sta usando. La tecnica corretta permette di ridurre al minimo la perdita di qualità del tè, fondamentale sia quando si impiegano tè pregiati che quando si tracannano discutibili bustine da supermercato italiano.

Reazione normale: il mix di cattivi tè e cattiva preparazione spiega la scarsa diffusione in Italia.
Tè di scarso pregio dei supermercati e cattiva preparazione spiegano la scarsa diffusione del tè in Italia.

Cominciamo domandandoci quali sono i parametri di una buona infusione, senza considerare le foglie di tè (buone o meno che siano). Dei molti tipi di tè parleremo un’altra volta. L’ingrediente principale per fare il tè è l’acqua, a una certa temperatura, in cui le foglie vengono messe per un certo tempo.

  • Acqua.
  • Temperatura.
  • Tempo.

Direi che abbiamo i tre criteri su cui ragionare. Gli ultimi due variano di tè in tè, anche se possiamo trovare una regola generale per le diverse tipologie, mentre il primo è uguale per tutti.

Do per scontato che sappiate di cos’altro avete bisogno per un buon tè: bollitore, teiera (a meno di non fare l’infusione in tazza), tazza per poter bere, bustine di tè oppure filtri/infusori per il tè sciolto. Infusori larghi, più spazio il tè ha per espandersi e meglio è: evitate le palline di rete metallica da 3 cm, anche solo per 3 grammi di tè servono perlomeno quelle da 5 cm. Meglio ancora infusori tronco-conici in nylon (dopo ne segnalo uno).

L’acqua giusta per il tè.

Quando si prepara il tè l’acqua è l’ingrediente principale, ma qual è l’acqua migliore per fare il tè? Un’acqua poco dura, meglio ancora se morbida, e con un PH neutro. Dopo vedremo come leggere l’etichetta dell’acqua in bottiglia.
Se parliamo di acqua di rubinetto ovviamente non deve avere odori propri: se puzza di cloro o di zolfo o di ferro, non va bene. E vale lo stesso discorso delle acqua in bottiglia: se ha molto calcare non va bene (in zona Aversa mi dicono che l’acqua è così calcarea che macchia di bianco i vestiti e non è consumabile senza abbonarsi ai calcoli renali).

Ma “poco” e “molto” non significano niente, non sono parametri misurabili. Traduciamoli. Ecco quattro valori ideali da cercare nell’acqua da usare per il tè:

  • Residuo fisso a 180 °C: 150 mg/L o inferiore.
  • PH: 6,5-7,5, idealmente 7 preciso.
  • Magnesio: 10 mg/L o inferiore.
  • Calcio: 10 mg/L o inferiore.

Ci sono altri parametri nelle analisi dell’acqua, ma per il tè questi quattro sono sufficienti. Soprattutto i primi due. Di solito l’acqua dei rubinetti ha un residuo troppo alto, troppo calcare, e spesso puzza. Il problema più tipico è il cloro, usato per purificarla.
Chi ha la fortuna di ottenere l’acqua dai monti, magari tramite vecchi sistemi di acquedotti, come avviene a Bergamo, può di solito godere di acque buone. Le città in pianura che devono succhiare l’acqua dal sottosuolo con i pozzi di solito ce l’hanno piena di schifezze. La realtà è più complicata di così, ma diciamo che questa è una semplificazione comprensibile.

Anche Lu Yu apprezzava l’acqua montana e scrive nel suo Canone del Tè (Cha Jing):

Il tè fatto con l’acqua dei torrenti montani è il migliore, l’acqua di fiume è adeguata, ma l’acqua dei pozzi è molto inferiore.

E se proprio bisogna prenderla dal fiume, meglio farlo dal centro tumultuoso e non dalle rive frequentate da uomini e animali, dove l’acqua ristagna. Poi fa un discorso su geni maligni nell’acqua che ribolle naturalmente (calcare anche lì? Zolfo? Boh?) e attribuisce ad alcuni tipi di acqua i malanni alla gola.
Ok, sorvoliamo, è pur sempre un autore di 1300 anni fa (periodo della Dinastia Tang in Cina) e se iniziamo a fargli le pulci finisce come con Aristotele quando parla di fisica. Apprezziamo il suo discorso che alla fine ci parla di calcare nell’acqua in modo empirico… al palato fino di Lu Yu la differenza tra acqua e acqua era immediata.

Lu Yu (733-804 d.C.), conosciuto come il Santo (o Dio) del Tè, scrisse il primo trattato sul tè nel 758 d.C.
Lu Yu (733-804 d.C.), conosciuto come il Santo (o Dio) del Tè, scrisse il primo trattato sul tè nel 758 d.C.

Com’è l’acqua dei rubinetti? Se la vostra non puzza e non vi macchia di calcare i vestiti, cercate online e sul sito del vostro comune o altrove troverete le analisi (spero) aggiornate. Occhio in particolare al residuo fisso.

Facciamo due esempi di acque molto diverse:

  • Bergamo, la migliore d’Italia, senza odori, analisi del 30 giugno 2015 della Circoscrizione 1: residuo fisso 231 mg/L – PH 8,1 – calcio 51 mg/L – magnesio 17 mg/L.
  • Bologna, analisi del 9 marzo 2013: residuo fisso 396 mg/L – PH 7,4 – calcio 92 mg/L – magnesio 18 mg/L.

Mentre l’acqua di Bergamo ha un PH un pochino troppo sbilanciato verso il basico, mentre quella di Bologna è molto più bilanciata, va rilevata la grossa differenza di sali minerali disciolti. Con un residuo di 231 mg/L a Bergamo il tè viene ancora bene, tant’è che passando alle acqua in bottiglia migliori ho notato solo un leggero miglioramento sui tè di qualità, con aromi più distinti tra loro e un’eleganza di fondo migliore. Una differenza così piccola che sto usando l’acqua in bottiglia solo per i tè migliori, e continuo a usare quella dei rubinetto per quei tè che comunque non hanno alcun beneficio dal cambio. Qui qualche informazione sui valori delle acque.

Devo dire che, curiosamente, anche l’acqua di rubinetto di Porretta Terme, in albergo, era idonea al tè. Ricordo una differenza così lieve tra le bustine di Ceylon di Mlesna consumate con l’acqua locale (mi ero portato un piccolo bollitore da viaggio) e quelle preparate a Bergamo, e comunque non sgradevole, da essere non significativa. Non erano tè pregiati, ma erano comunque tè buoni.
Forse l’albergo aveva un qualche sistema per abbattere il residuo filtrando ulteriormente l’acqua, non so… comunque a quanto leggo i comuni montani della provincia di Bologna, in questo caso a due passi dalla Toscana, pare abbiano un residuo fisso molto inferiore ai comuni in pianura (309 contro 445). Come diceva Lu Yu, no?

Che acqua in bottiglia usare?

Come detto, non sono tutte uguali. Acqua in bottiglia non vuol dire niente: ho visto acque all’Iper, di marchi non economici, arrivare a 800 mg/L di residuo. Autentiche schifezze calcaree ammazza tè. Io uso l’acqua Fonte Caudana Guizza, che è la più economica (0,09 euro al litro) e ha parametri molto validi (74 mg/L di residuo fisso e PH 7,2).
Spesso leggo in giro della leggerissima e costosa acqua Lauretana (0,37 euro al litro), ma ho i miei dubbi sulla sua superiorità, sia guardando i dati che per prova diretta nel confronto con la Caudana. L’acqua Lete, famosa per i suoi spot atroci con la particella di sodio solitaria, è un’acquaccia pessima per il tè con un residuo di ben 860 mg/L (vedi etichette sotto) e poi è naturalmente effervescente, per cui non è idonea, ma mica ve lo devo dire io che l’acqua frizzante non va bene, no?

Ciò che mi insospettisce della Lauretana è che il residuo fisso è fin troppo basso, forse, ma soprattutto il PH 6 è troppo acido. Non va bene, un 6 è sbagliato come un 8. Tra le acqua migliori in commercio la San Bernardo (PH 7 e residuo 34,5 mg/L) e la Sant’Anna di Vinadio (PH 7,4 e residuo 43,2 mg/L).

Il residuo non deve essere zero. Un po’ di sali minerali servono al tè per sprigionare i suoi aromi, per cui se pensavate di usare acqua distillata o del tutto demineralizzata vi consiglio di cambiare idea: il tè avrebbe sapori chiusi, piatti, poco interessanti. Un tè cattivo.

Se impiegate sistemi di depurazione dell’acqua casalinghi, per esempio a osmosi inversa, e non semplici caraffe filtranti che abbattono solo in parte il calcare, l’acqua quasi sicuramente non sarà idonea al tè: servirebbe un’acqua davvero tremenda per conservare ancora sufficienti minerali per il tè dopo il passaggio nel depuratore.

Il valore di residuo perfetto, secondo me, è 30-40 mg/L. Io mi trovo benissimo con la mia Fonte Caudana Guizza da 74,8 mg/L per cui non spenderò di sicuro il quadruplo per un’acqua come la Lauretana, ma se potete procurarvi la San Bernardo ve la consiglio caldamente. Anche l’ossigeno libero disciolto nell’acqua aiuta a ottenere un buon tè, ma non è un parametro che vedo sulle bottiglie per cui amen.

Come capire al volo se state usando un’acqua con troppo calcare? Appariranno sul tè delle crosticine sottilissime, una patina di figure spezzate: il calcare che ha rubato sapore al tè. Per ottenerla con l’acqua di Bergamo devo usare del tè all’ultima infusione: qui un tè nero alla terza infusione, per far sì che il calcare (non molto) riesca a legare con i pochi olii rimasti nelle foglie ormai prosciugate.

Dopo l’acqua… la temperatura.

Ne avevamo già accennato nell’articolo sul mio percorso verso il tè: tipologie diverse richiedono temperatura diverse. Se il tè verde ti viene amarissimo è perché usi acqua troppo calda. Se il tè nero ti viene fiacco è perché l’acqua era troppo fredda. Dopo parleremo anche del tempo di infusione e di infusioni successive riutilizzando le foglie.

La temperatura dell’acqua in cui il tè deve trovarsi quando inizia l’infusione è variabile. Se il venditore include la temperatura, prova prima a rispettare quella. Se non va bene, tenta i consigli generali qui sotto. Con “nero” intendo anche quelli cinesi, che loro chiamano “rossi” (es: Keemun). Ho dedicato più spazio ai tè verdi giapponesi (maccha/matcha escluso, perché non si usa il metodo di infusione occidentale descritto in questo articoli) perché li preferisco ai cinesi e perché sono pochi, mentre distinguere col nome tutti i verdi cinesi (una miriade) avrebbe richiesto un lavoro troppo grosso:

  • Nero: 95 °C o più
  • Oolong: 95 °C o più
  • Pu’er: 95 °C o più
  • Nero più delicato (alcuni Yunnan e alcuni Ceylon o i Darjeeling First Flush): 90 °C
  • Oolong delicati (Nai Xiang, aromatizzati di Taiwan): 80-85 °C
  • Verde cinese: 75-85 °C
  • Giallo: 75-85 °C
  • Bianco: 70-80 °C
  • Verde giapponese (Genmaicha): 85-90 °C
  • Verde giapponese (Bancha, Sencha, Maccha Genmai): 75-80 °C
  • Verde giapponese (Kabusecha): 70-75 °C
  • Verde giapponese (Gyokuro): 60-65 °C

Lista troppo generale, ma è una base di inizio. Dovrai imparare dai tuoi tè cosa fare di volta in volta: ho provato tè neri di Ceylon che reggevano perfettamente temperature oltre i 95 gradi, con acqua bollente versata sopra le foglie, e ho provato altri Ceylon i cui sapori sopra i 90 gradi si appiattivano e chiudevano (e addirittura, se aromatizzati ai frutti, lasciavano note sgradevole e pungenti). Consiglio: se senti note sgradevole, amare, pungenti… ritenta la prossima volta, con nuove foglie, con 5-10 gradi in meno. 🙂

Col coniglio meglio non superare i 40 °C.
Col coniglio meglio non superare i 40 °C.

Come fare a ottenere queste temperature?

Tre metodi principali. Dopo vedremo anche come capire la temperatura dell’acqua mentre sta riscaldando, senza usare un termometro, e come i contenitori in cui si versa l’acqua influiscono nel raffreddarla.

Nel primo metodo si riscalda la teiera o la tazza da infusione con acqua bollente, in modo che divenga più calda possibile. Io riempio la tazza o la teiera, altri ne mettono di meno e poi girano l’acqua su tutta la superficie. Intanto si prepara l’acqua alla giusta temperatura: quando è pronta si butta via l’acqua del pre-riscaldamento, si infilano le foglie o le bustine e si versa l’acqua alla giusta temperatura che incontrando un contenitore già caldo non perderà temperatura in modo rilevante (se 95+ gradi) o per nulla (se inferiore).

Metodo perfetto per i tè che richiedono 95 o più gradi: senza pre-riscaldare la tazza o la teiera è impossibile avere quella temperatura dopo aver versato l’acqua. Ideale anche se avete un bollitore figo che vi permette di decidere la temperatura. Dopo analizzeremo i crolli di temperatura in diversi contenitori freddi. Per il pre-riscaldamento io uso sempre l’acqua di rubinetto, tanto non puzza.

Nel secondo metodo si fa acqua bollente e la si versa nel contenitore freddo, ma meno di quella richiesta. Con dell’acqua a temperatura ambiente si corregge la temperatura. Quando è ok si aggiungono le foglie. Qui l’unico modo per far giusto è usare un termometro (e seguire l’andamento, correggendo con caldo o freddo) oppure pesare prima l’acqua, conoscere la temperatura in tazza/teiera e, con un paio di calcoli matematici, stimare l’acqua a temperatura ambiente necessaria da aggiungere. Io uso il termometro. Ottimo metodo per i tè verdi e bianchi.

Per esempio nella mia teiera da due tazze in vetro borosilicato so che se la riempo con 0,6 litri fa 93-94 gradi (a 20 gradi ambientali), mentre se la riempo con solo 0,45 fa 90 gradi. Se aggiungo il resto, 0,15 litri, a 20 gradi ambiente ottengo circa 77 gradi. Se è una seconda o terza infusione di un tè che chiede 70-75 gradi siamo già a posto: le foglie ancora umide e ormai fredde 2-4 gradi in più li richiederanno per compensare. Facile, no?

Nel terzo metodo si versa acqua bollente nel contenitore freddo e si aspettano un po’ di minuti finché non scende di temperatura. Il metodo più comune ancora oggi, in Cina o altrove, ma non ideale. Richiede un termometro oppure, perlomeno, una conoscenza esatta del comportamento dei propri contenitori, misurando la perdita di temperatura tipica minuto per minuto e registrandola. Meglio il termometro, tanto costano pochi euro nei negozi di tè o online. Una variante è quella di versare in contenitori a temperatura ambiente l’acqua e travasarla per accelerare il raffreddamento (anche qui è richiesta una conoscenza empirica dei propri contenitori).

La sintesi grafica di Hitler in un bollitore.
La sintesi grafica di Hitler in un bollitore.

Considerate, riguardo al terzo metodo, che l’ossigeno libero in acqua se ne va sempre di più al superamento dei 40 °C, per cui portare a 90 o 100 gradi un’acqua da usare a 70 ha poco senso, perché si perde molto più ossigeno, mentre se la correggi con acqua a temperatura ambiente (e con più ossigeno libero) il risultato è migliore.

Per lo stesso motivo è sapere comune tra gli amanti del tè (lo dicono anche i britannici) che l’acqua che ha già bollito non deve bollire di nuovo, e che in generale l’acqua per il tè deve bollire tumultuosamente (100 gradi) al massimo pochi secondi, meglio ancora se la si ferma a 98 gradi prima che inizi a ribollire.

Visto che non è sempre caviale disponibile un termometro, vediamo come calcolare a occhio la temperatura sia nel riscaldamento dell’acqua su fiamma o bollitore elettrico che dopo, quando è versata. Sconsiglio di fare tutto a occhio: foglie pesate a occhio, temperatura a occhio, tempo a occhio… si finisce come quell’ingegnere che misurava col righello, segnava col gessetto e tagliava con una scure. 😉

Valutare a occhio l’acqua che si scalda.

Come faceva Lu Yu a capire che l’acqua era pronta per il tè, nell’ottavo secolo? Non aveva un termometro da tè sottomano, probabilmente, e di sicuro non aveva un bollitore regolabile. Ecco cosa ci dice nel Canone del Tè:

Quanto alla bollitura, quella con bolle come occhi di pesce e suono debole è considerata la prima bollitura. Quella in cui le bolle, simili a perle di una collana, si raccolgono lungo il bordo del recipiente come in una sorgente gorgogliante è considerata la seconda bollitura. Quella simile a marosi che montano e onde che s’infrangono è considerata la terza bollitura. Superata la terza bollitura, l’acqua invecchia e non la si può più bere.

Dalle considerazioni di Lu Yu nascono i cinque stadi dell’acqua, il sistema tradizionale cinese per valutare la temperatura osservandola. Ovviamente non vale per l’acqua scaldata al microonde, ma tanto usarla sarebbe comunque una cattiva idea: è meglio (si dice) che l’acqua riceva il calore, a fiamma o elettrico, dal basso portando a quel naturale ricambio alto-basso di acqua più calda e più fredda nel bollitore. Con un po’ di pratica potrai riconoscere la temperatura con uno sguardo:

  • Occhi del gamberetto (71-78 °C): il vapore è appena visibile e le bolle sono piccine come capocchie di spillo, sul fondo del bollitore. Idonea per molti tè giapponesi e alcuni bianchi, se la teiera è stata già riscaldata.
  • Occhi di granchio (78-82 °C): vapore sale dritto e visibile, le bollicine aumentano di dimensione. Questa è la temperatura per i verdi cinesi.
  • Occhi di pesce (83-89 °C): bollicine ancora più grandi, che iniziano a staccarsi dal fondo e andare in cima, prima sono poche e poi sono sempre più veloci e numerose.
  • Collana di perle (90-96 °C): il flusso di bolle dal fondo alla cima è costante e molto rapido.
  • Torrente impetuoso (100 °C): l’acqua ribolle tumultuosa, da spegnere entro pochi secondi prima che sprechi troppo ossigeno ulteriore. Adatta per i Pu’er, mentre per i neri andrebbe interrotta subito prima, al confine tra qui e la fase precedente, 97-99 °C.
L'interno di un blindato britannico.
L’interno di un blindato britannico.

Ricorda sempre che la temperatura indicata per il tè è quella di infusione. Se il contenitore è freddo e quindi l’acqua perderà subito parecchi gradi, devi o usare acqua ancora più calda per contrastare oppure scaldare prima il contenitore (teiera o tazza che sia) con acqua bollente o perlomeno molto calda.

Per esempio potete scaldare un litro d’acqua per fare 0,75 litri di tè nero e quando arriva a 90 gradi versarne un quarto nella teiera, rimettere il resto a continuare la bollitura e far girare per bene quel quarto di litro per scaldare tutta la teiera. Se invece usate un bollitore che è anche teiera, con filtro estraibile, non vi resta che lasciar cadere dentro il filtro da infusione col tè appena la temperatura è giusta. Con la mia bella tetsubin giapponese un tempo facevo così.

Come versare l’acqua dal bollitore alla teiera? In base al metodo scelto per ottenere la temperatura sarà possibile versarla sopra le foglie, accelerando il rilascio di sostanze, oppure immergere le foglie col loro infusore nell’acqua dopo aver versato. Sui tè neri o sui pu’er va bene anche versare sopra, mentre sugli oolong, un po’ più delicati, è meglio colpire la teiera lateralmente e fare sì che il torrente sciacqui e mescoli le foglie, senza schiacciarle giù con la forza della cascata d’acqua.

Stimare il crollo delle temperature.

Non è possibile stimare il crollo in modo esatto senza conoscere il comportamento di ogni singolo contenitore, misurarlo e annotarselo per uso futuro, ma è possibile usare delle regole generali. Una regola famosa dice che una tazza di acqua calda perde 10 gradi a ogni travaso. Non è esatto, ma è una stima ragionevole. Vediamolo assieme usando le mie attrezzature.

Prima di tutto ragioniamo che un contenitore assorbirà più o meno calore in base alla sua massa, alla superficie di scambio e ai materiali di cui è composto. E ovviamente più acqua calda viene messa e meglio potrà tenere alta la propria temperatura, visto che l’acqua giunta dopo scalda l’acqua di prima. Per questo le micro tazzine da gong fu cha cinese da 30-40 ml permettono di avere un tè subito bevibile appena versato, mentre una tazza da 280 ml avrà un tè caldissimo su cui soffiare a lungo.

Tutti i valori sono stati registrati in una stanza a 20 gradi, usando attrezzature a temperatura ambiente. Nel primo test acqua bollente è stata versata in quattro tazze, secondo la loro capienza d’uso massima confortevole (1 cm di acqua dal bordo).

Le tazze che uso di solito: quella di AgenziaDuca e coi coniglietti le uso quasi sempre, quella con le rose è per quando mi sento allegro (o se mi viene a trovare Gamberetta) e quella in vetro trasparente è per una migliore analisi del tè (colore incluso).
Le tazze che uso di solito: quella di Agenzia Duca e quella coi coniglietti le uso quasi sempre; quella con le rose è per quando mi sento allegro (o se passa Gamberetta per un tè e non usiamo il servizio pregiato); e quella in vetro trasparente è per una migliore analisi del tè (colore incluso).
  • Agenzia Duca (peso 335 grammi, 280 ml usati): 88 °C
  • Conigli (peso 315 grammi, 260 ml usati): 86 °C
  • Rose (peso 230 grammi, 280 ml usati): 86-87 °C
  • Vetro (peso 140 grammi, 280 ml usati): 92-93 °C

Prendiamo ora la tazza coi conigli, che nonostante la massa e la capienza leggermente inferiore ha dimostrato una tenuta quasi uguale a quella molto più leggera con le rose. Qual è la velocità di raffreddamento dell’acqua? Quanto impiegherà a raggiungere gli 80 gradi o i 70 gradi?
Ecco la temperatura minuto per minuto, dal primo al nono: 82, 80, 78, 77, 75, 74, 72, 71, 70. Crollo veloce all’inizio, 8 gradi in 2 minuti (pronta per il tè verde). Passati i 75 gradi la discesa si riduce a circa 1 grado al minuto.

Ora ragioniamo di pre-riscaldamento.
La tazza Agenzia Duca ha l’acqua del pre-riscaldamento che crolla a 88 gradi, se si mette a bollire acqua nuova subito e si svuota la tazza pochi secondi prima di versare l’acqua nuova, il risultato sarà di 95-96 gradi. La tazza di vetro da 92-93 gradi passa anche lei a 95 gradi. La teiera in vetro borosilicato da due tazze pre-riscaldata in primavera, con circa 24 gradi in casa, arriva a 95 gradi (98 con l’acqua dell’infusione) e ora con 20 gradi fa prima 93 e poi 96-97 gradi.

La mia teiera giapponese col manico, la kyusu, con 300 ml d’acqua ha 86 gradi durante il riscaldamento e 91 con l’acqua bollente nuova dopo il riscaldamento. Visto che la uso solo con i tè giapponesi, non è che mi serva granché pre-riscaldarla. Come ottenere subito 75 gradi? Facile. Teiera fredda, verso i 300 ml in due tazze (Agenzia Duca e conigli) ottenendo due mezze tazze a 82 gradi, poi verso il tutto nella teiera e ho 76 gradi. Se aspetto 4 minuti arrivo a 70 gradi.

E se invece travaso l’acqua usando un solo contenitore alla volta? Prendiamo 260 ml d’acqua a temperatura massima, la verso nella tazza coi conigli e ottengo 86 gradi. La verso subito in Agenzia Duca e ottengo 77 gradi. Un passaggio tra le rose e siamo a 72 gradi (28 gradi persi in tre passaggi). Verso nella kyusu, fredda, e ho 65 gradi. Pronta per un pregiato Gyokuro.

La mia kyusu, dedicata ai tè giapponesi.
La mia kyusu, dedicata ai tè giapponesi.

Per quanto tempo?

Come sempre dipende da tè a tè, ma ci sono delle regole generali. Per esempio sappiamo che i tè neri e i tè verdi hanno tannini amari, sgradevoli, che dopo un certo tempo saranno usciti fuori in quantità eccessiva dando un sapore amaro al liquore (il tè liquido si chiama liquore). Con i tè neri di solito diventano fastidiosi dopo i 5 minuti, con i verdi dopo 4-5 minuti. Più è alta la temperatura, meglio si estraggono i tannini amarognoli.

I bianchi hanno un sapore delicatissimo e non hanno preoccupazioni verso i tannini, anche perché la bassa temperatura non favorisce l’estrazione dei sapori amari. Sui tè bianchi ci sono due correnti di pensiero principali: chi fa infusioni brevissime anche col metodo occidentale, 2-3 minuti, che però non sanno di niente… e chi dice “Ehi, ma se il tempo NON è un problema, perché non ci diamo dentro e lo facciamo saporito?” e vanno sui 5-7 minuti. Io sono di quest’ultima corrente, come lo è anche il libro (bellissimo) che citerò in fondo all’articolo, mentre il negozio Teaway.it è della prima corrente (e potete trovare parecchi commenti di clienti che consigliano tempi molto superiori).

Ecco i miei consigli di tempo per la prima infusione, ma ricordatevi che ogni tè è un caso a parte e di dare retta, almeno la prima volta, alle indicazioni del venditore:

  • Nero: 3-5 minuti
  • Darjeeling First Flush: 2-3 minuti
  • Verde: 2-4 minuti
  • Bianco: 5-7 minuti
  • Oolong: 5 minuti
  • Gialli: 4-5 minuti
  • Pu’er: 5 minuti

Nel caso dei tè neri Darjeeling meglio stare sui 3 minuti. Idem con i Ceylon più delicati, soprattutto se foglie molto piccole o polvere (più è piccola la pezzatura e più rapido è il rilascio di sostanze). Io di solito faccio 4 minuti con gli altri neri, a meno che il produttore non consigli di meno. Con i neri non arrivo mai a 5 minuti, non mi piace diventino così aspri o esca l’amarognolo. Sui verdi sto a 3 minuti fisso quasi con tutti. Bianchi 7 minuti.

Come sempre si tratta di trovare il proprio gusto. C’è chi ama Assam fortissimi, violenti, da ammaestrare poi con una nuvola di latte e magari sceglie 5 minuti e chi invece cerca il maltato dell’Assam in versione addomesticata da bere al naturale, con soli 3 minuti.

Se il tè indica di aver bisogno del lavaggio, procedete così: versate l’acqua per riscaldare la teiera sul tè e lasciatelo in infusione 5 secondi. Togliere il tè estraendo l’infusore e lasciate l’acqua a mantenere calda la teiera, come al solito. Perché alcuni pu’er e oolong appallottolati vanno lavati? Non è per motivi di igiene, una passaggio così breve non lava granché: il lavaggio serve a togliere alcuni sentori sgradevoli iniziali e ad aiutare le foglie ad aprirsi meglio fin dalla prima infusione, per rilasciare il proprio sapore nel modo migliore.

Ah, visto che siamo in argomento: un nuvola di latte nei tè neri idonei a gestirla è ok, è nello stile europeo sotto cui quei tè sono nati e per cui sono progettati. Lo zucchero invece non è una buona idea: un tempo, nel Settecento, si usava per mascherare il sapore del tè di scarsa qualità (che era poi il più diffuso anche tra i ricchi), ma ormai i tè sono buoni… stravolgerne il sapore non ha molto senso. Giusto i muratori (il cosiddetto Builder’s Tea) mettono latte e zucchero.

Sul limone spremuto dentro… sul serio, volete ammazzare il tè cancellandone il sapore reale? Una barbarie tutta italiana, legata al dovere cancellare il saporaccio dei pessimi tè in vendita da noi. Al massimo una fettina di limone, non spremuta, può galleggiare in un tè già agrumato di suo come un Ceylon al naturale o un Earl Grey aromatizzato al bergamotto.

Latte e zucchero per dare l'energia necessaria a demolire i campi rom con la verde ruspa della giustizia.
Latte e zucchero per dare l’energia necessaria a demolire i campi rom con la verde ruspa della giustizia.

Infusioni successive.

Perché sì, il tè non va buttato dopo la prima infusione, si può rifare. In diversi casi si deve rifare, perché il meglio arriva dopo. E poi si risparmiano un sacco di soldi e questo è bene perché non è sempre caviale a nessuno escono dalle chiappe, no? L’importante è buttare le foglie entro 12-24 ore, perché poi pare che sviluppino troppi batteri (non sono un biologo o simili, non so dire se è vero).

Con i tè neri la seconda infusione è per forza più debole, anche per la mancanza di tannini (che davano corpo in bocca, voluminosità al liquido), per cui puoi valutare di usare la metà dell’acqua: prima fai 0,6 litri con 6 grammi, poi con quelle foglie fai solo 0,3 litri. Verrà ottimo così (io di solito non riduco l’acqua e mi piace lo stesso, anche se è più delicato, oppure ci aggiungo una bustina di foglie di menta o di melissa e faccio un infuso misto).

Come calcolare il tempo delle infusioni successive? Fai così, con questo metodo facile che uso io. Non sarà perfetto, ma è buono e lo uso ormai da quasi un annetto: aggiungi 2 minuti al tempo di infusione a meno che non sia l’ultima infusione, se è l’ultima (sai che le foglie non possono dare di più) vai “a volontà”. Lasciale dentro e bene così, calcolando comunque di non consumare il tè prima di 4-5 minuti dopo l’ultimo tempo di infusione usato.

Le foglie bagnate, se ormai si sono raffreddate, avranno dentro dell’acqua a temperatura ambiente che ridurrà la temperatura a cui si svolgerà l’infusione successiva: valuta se farla con 2-4 gradi al massimo in più prima di aggiungere le foglie.

Quante infusioni fare? Ecco i miei consigli:

  • Nero: 2 infusioni.
  • Verde: 3 infusioni.
  • Pu’er: 3 infusioni.
  • Giallo: 3 infusioni.
  • Bianco: 3-4 infusioni.
  • Oolong: 4-5 infusioni.

Valuta comunque se ti sembra che ci sia ancora sapore da estrarre. Da un tè di pregio maggiore, magari con foglie più grandi, è facile tirare fuori infusioni in più. Da uno di pregio minore, di meno. Un oolong Dea di Ferro della Misericordia scadente, economico, magari fa solo 3 infusioni buone e dopo sono deboli, uno normale farà 4 infusioni buone e poi 2-3 deboli ma bevibili, mentre uno di altissima qualità ne farà 5 ottime e poi 2-3 buone ma deboline. Devi imparare a conoscere i tuoi tè, ognuno di loro, in base al tuo gusto, ti farà sapere quando fermarti.

Calcolando i tempi col mio metodo un sencha giapponese farebbe la prima infusione a 3 minuti, la seconda a 5 minuti e non berrei la terza prima di 9-10 minuti. Un sencha di altissima qualità però potrebbe fare una terza a 7 minuti e una quarta, finale, a 11-12 minuti (con foglie lasciate a oltranza).

"Tè. Earl Grey. Caldo." La monotonia di Picard.
“Tè. Earl Grey. Caldo.”
La monotonia di Picard.

E per ultime le foglie.

Quante usarne? Certi venditori forniscono dosi molto diverse di tè in tè, in alcuni casi impossibili da rispettare a meno di non usare l’infusione alla cinese (gong fu cha, la vedremo in futuro), tipo 20-25 grammi per litro. Altri danno indicazioni senza granché senso come “un cucchiaino e mezzo per tazza”… cucchiaini che possono caricare in base al tè e alla pescata da 1 a 2 grammi, da usare in tazze che possono agevolmente spaziare da 150 ml a 300 ml. Sul serio, dai… facciamo le cose con un pochino più di precisione, se vogliamo che il tè sia un piacere e non una roulette russa dei risultati.

Io mi trovo bene con 1-1,2 grammi per ogni 100 ml di acqua posta in infusione. Regola facile: quando uso la mia teiera preferita la carico con 0,6 litri precisi o poco meno e uso 6-6,5 grammi di foglie (minimo 6 grammi: di solito si sfora di poco sopra, tipo 6,1 o 6,2). Quando uso le tazze da 250-280 ml metto 3 grammi di foglie. Vedremo poi, in futuro, come regolarsi con l’infusione concentrata alla russa, con il gong fu cha cinese e con il senchado giapponese. Qui siamo rimasti sul semplice: infusione occidentale con poche foglie, tanta acqua e tanto tempo.

EDIT Novembre 2019: Nell’ultimo anno mi sono orientato su quantità di foglie maggiori e sapori più intensi, soprattutto con i tè di pregio minore, e tendenzialmente oggi faccio almeno 7 grammi per 600 ml o più spesso arrivo a toccare gli 8 grammi. Dipende da tè a tè se fare 6,5 grammi o arrivare a 7 o 7,5 oppure 8. Come per le infusioni successive, sta a voi conoscere il tè e i vostri gusti: attenti a non eccedere con le dosi per non “danneggiare” il profilo aromatico del tè, per cui al primo tentativo magari rimane sui 1-1,2 grammi per 100 ml e poi sperimentate al rialzo.

Se avete bisogno di un filtro/infusore per le foglie, da usare anche nelle singole tazze, vi consiglio molto i modelli in nylon (non passa niente, solo qualche granello dei fanning più sottili) come il Fackelmann. Io ne ho tre, costa solo 7,99 euro e fa il suo lavoro molto bene. Evitate infusori a corpo pieno con grossi buchi, robaccia inadatta se non a foglie giganti e per alcune tisane.

Qual è il metodo migliore per misurare il tè? Usare un bilancino da spacciatore sensibile ai centesimi di grammo, per quando vorrete realizzare i vostri blend ideali. Ci poggi sopra il filtro estraibili, premi “tara” per azzerarlo e poi inizi a caricare le foglie. Inizialmente ne usavo uno sensibile ai decimi di grammo (che si è rotto dopo 8 mesi di onorato servizio), ma coi blend realizzati per una singola tazza non era l’ideale. Potete trovare i bilancini a pochi euro, spedizione inclusa entro i 10 euro. Questa è proprio quella che uso io.

Una tabella utilissima che ho trovato in un libro fantastico, Tea: History, Terroirs, Varieties, è allegata qui sotto. Quando siete in dubbio seguitela, le indicazioni sono quasi identiche a quelle che avete letto nel mio articolo. Alcuni tempi sono un po’ diversi: io suggerisco un minuto extra per i neri e uno in meno per i verdi. La uso come guida quando le indicazioni dei venditori mi lasciano perplesso e la sto facendo girare tra le amiche appassionate di tè.

E ora che sapete come fare al meglio il vostro tè non avete più scuse per tracannare Assam dal sapore  appiattito o Gunpowder divenuto aspro. E rabbrividirete di fronte a quelli che riescono a tramutare un bel Ceylon Orange Pekoe in un tè amarissimo: “quanto poco tè c’è in lui”, direbbe Okakuro Kakuzo di chi è così insensibile col tè da maltrattarlo in tal modo. 😉

68 Replies to “Fare un buon tè, guida per principianti”

  1. La Guizza è sempre stata la mia acqua in bottiglia favorita, proprio da bere come acqua. A quanto pare c’era una ragione.
    Ah, bellissimo post in complesso. Se e quando le mie finanze me lo permetteranno, applicherò con piacere questi principi.

  2. È venuto un po’ lungo, ma ci tenevo a mettere tutte le cose di base in un posto solo. ^^ Tanto poi i concetti più utili verranno ripetuti in futuro quando necessario in altri articoli (come evitare che il tè sia amaro, il lavaggio, le infusioni successive ecc.).

  3. Ottimo articolo.
    Per le miscele sono abbastanza a posto giacché ho trovato un paio di negozi adeguati.
    Le bustine del supermercato? Bleach! Sanno di bustina e per niente di tè.
    Ho usato una volta sola tè in bustine, ma erano di mussola. Una roba costosissima da “sboroni delle infusioni”. 😉
    Anche con l’acqua sono a posto. Quella della mia città è sorgiva ed è abbastanza buona e conosco persino una fonte segreta (sic), ottima e gratis.
    Sono però fortemente carente di accessori, perciò credo che butterò un po’ di ciarpame per acquistare strumenti più appropriati.
    Volevo acquistare anche un termometro anche per fare l’arrosto. Mi hanno detto che è indispensabile.
    Sarà adatto lo stesso termometro per entrambi gli usi? (ovviamente si intente opportunamente deterso tra un uso e l’altro).
    PS:
    Le palline piccine per le infusioni sono pessime, concordo, ma alcune sono così carine! *_*

  4. Grazie per l’apprezzamento! Presto arriveranno nuovi articoli sul tè.
    In casa non ho termometri per arrosti o per dolci. Se ne prendessi uno (l’idea di titilla da un po’), lo prenderei col display che si può appendere distante dal cibo e la lunga sonda da inserire, così la lettura è più agevole. Credo.
    A proposito: dovrei smetterla di fare combinazioni diverse di hamburger e tornare a fare dolci… una bella tea cake con le prugne secche e tanta uvetta, per dire… ^__^
    Per le bustine dipende dal tè. I tè Mlesna hanno bustine valide, quadrate larghe che permettono abbondante espansione, e non ho notato differenze tra i prodotti in bustina e quelli comprati sfusi da loro: loolecondera, english breakfast o alcuni aromatizzati alla frutta (a me piace molto la mela).
    Volendo comunque si può anche aprire la bustina e versare dentro un infusore più ampio, come mi consigliò in passato Nicoletta Tul (delle cui attività nel campo del tè parleremo in futuro). ^_^

  5. Duca, nell’articolo citi le temperature necessarie per i vari tipi di te, presi singolarmente… ma nel caso di miscele “miste” (verde+nero, verde+bianco, pu’ar+giallo, eccetera) come ci si regola?

  6. Con le miscele di tè con diverse temperature è un problema. Per esempio il “rosa d’inverno” che prendevo in erboristeria era nero + verde + petali di girasole + boccioli di rosa + aromatizzazione di pesca.
    Un verde da 80 gradi più un nero e i fiori che richiedono temperatura massima. Facendo tutto a temperatura massima lo trovavo un po’ amaro, di sottofondo. Forse l’ideale in quei casi è una temperatura di compromesso: 90 gradi (come un Ceylon delicato).
    Quando la miscela ha una propria indicazioni segui quella, altrimenti io sperimenterei partendo dalla temperatura intermedia e correggendo verso l’alto se ha poco sapore e verso il basso se è amaro. Se la combinazione era pessima, ovvero dei tè che non possono stare assieme, ti troverai bloccato che sarà per forza o amaro o insipido perché non potrai averlo saporito senza averlo amaro (temperatura troppo alta) o averlo dolce senza averlo insipido (temperatura troppo bassa).

  7. Ottima guida, davvero utile e divertente da leggere.sono riuscito a far sprigionare un bel colore e odore al mio Royal british blend, applicando solo alcuni dei consigli. Bravo Duca

  8. @Dario
    Grazie! Sto raccogliendo un po’ di dubbi comuni (e un mio piccolo trucco per risparmiare acqua, tempo e corrente con due tè diversi e due tazze) per un articoletto di aggiunte spicciole extra. 🙂

  9. articolo molto interessante, l’ho letto con attenzione anche se ammetto di essere una persona da tè in bustina con limone, molto zucchero e biscotti (in genere i ritornelli mulino bianco).
    farò più attenzione all’acqua, alla bollitura e al tempo di infusione d’ora in poi, magari a piccoli passi potrò essere recuperato alla società. 😀

  10. @Zave
    Vedrai che è possibile bere tè molto buoni spendendo poco. In futuro un articolo su come bere tè in foglia di tanti tipi diversi, per avere diciamo un tè diverso ogni giorno della settimana, con una cifra molto contenuta. Ho già costruito il mio set di tè da consigliare.
    Ti dimenticherai le bustine di tè cattivi da nascondere col limone (a parte a colazione coi biscotti, magari) quando vedrai cosa si può ottenere con foglie buone. 😉

  11. Questo articolo è una vera enciclopedia!
    Complimenti Duca.
    Devo dire che non avevo mia considerato di fare il thè con l’acqua gassata, ma questo mi apre un mondo, non particolarmente bello, ma cmq un mondo.

  12. Ciao LG, ottime domande.
    Acqua frizzante.
    La prima non ha una risposta intuibile facilmente. Qual è il problema dell’acqua frizzante? È la CO2 ottenuta per carbonazione (o più raramente “naturale”) o è altro?
    Verrebbe da dire che è la CO2, ma non è esatto… o almeno, non è il problema principale: salendo di temperatura o addirittura arrivando per poco a bollire, tutta la CO2 se ne volerà via lasciando un’acqua sgasata.
    Quindi, qual è il problema?
    Il problema è che le acque gassate sono quasi sempre acqua minerali, ovvero acqua con un residuo fisso tra 500 e 1500 mg/L che, come avrai visto, è TROPPO per il tè. Verrebbe un tè piatto, col sapore intrappolato dai minerali. Magari con la patina di calcare che galleggia in cima.
    Un’acqua idonea al tè è un’acqua minimamente minerale (50 mg/L o meno) o cmq al confine tra minimamente minerale e oligominerali (50-500 mg/L): 150 mg/L o meno, ma comunque anche le acque a 200-250 sono abbastanza valide (se prese dal rubinetto come a Bergamo; se invece e state pagando care non fatevi fregare, non meritano 8+ centesimi al litro).
    La Ferrarelle per esempio è quasi 1300 mg/L. Non va bene, fa schifo.
    L’Alpe Guizza Fonte Caudana frizzante invece ha solo 74,8 mg/L all’origine addizionati con 5 mg/L di CO2. Se la CO2 vola via tutta scaldandosi, sembrerebbe ancora ottima (d’altronde è sempre la Fonte Caudana). Nel dubbio si può provare e poi annusarla: se l’acqua scaldata, pronta per il tè, ha un leggero odore ancora di “stanza chiusa” (la CO2 ha un po’ quell’odore lì, di ambiente chiuso, di posto in cui l’ossigeno è poco e la CO2 della respirazione è alta) allora non va bene perché l’acqua del tè deve essere priva di odori sgradevoli (di odori qualsiasi, possibilmente).
    Per il latte…
    Gli inglesi dicono che ci va una nuvola o un batuffolo di latte. Ovvero poco. Ma poco quanto? Il vero indicatore è il proprio gusto: deve essere sufficiente per unirsi esaltando in un cocktail unico gli aromi di cereali (perché tipicamente il latte va su Assam e blend con Assam, per esempio Assam + Kenya o Assam + Ceylon). Se il latte inizia a coprire invece di fondersi in un unico nuovo, è troppo. Ma alla fine conta il proprio gusto, per questo è importante che sia il cliente (o comunque la persona a cui si serve il tè) a poterlo dosare da solo dalla lattiera. Se uno vuole versarlo per lui, deve farlo lentamente e permettendo alla persona di dire quando basta.
    Se invece vuoi una cifra indicativa ideale, il riferimento usato di solito è il documento ISO 3103:1980 sulla preparazione del tè nero al fine di degustazione. Vedrai che è pochissimo, si parla di 2,5 ml per 150 ml di tè. Nota anche la grossa quantità di tè usata: 2 grammi per 100 ml, circa il doppio di quella normalmente indicata.
    Più di 20 anni dopo, nel 2003, la Royal Society of Chemistry ha rilasciato nuove indicazioni con il documento How to make a Perfect Cup of Tea. Qui indicano che 2 grammi bastano per un tazza (200-250 ml circa), si tornano a quantità più normali, forse pure un po’ bassine. Però parla di Assam, che spesso hanno sapori intensi, robusti, per cui ok.
    E ricorda: solo latte fresco, possibilmente parzialmente scremato e non intero, perché il latte a lunga conservazione con trattamento UHT quando sottoposto al calore del tè dà un sapore strano, leggermente sgradevole… sì può bere, eh, non muore nessuno, ma pure io prima di scoprire il problema sentivo che era peggiore, che aveva come una nota di polvere nel gusto. Poi ho scoperto che era vero in generale, non era solo una mia idea. 🙂
    Quel documento non dà dosi sul latte, ma fornisce un consiglio utile: è vero che dosare il latte nel tè è più facile (ed è come facevano le persone di ceto elevato un tempo), ma idealmente va prima messo il latte e poi il tè (come facevano invece i proletari, le cui tazze non avrebbero sopportato il calore). Perché? Perché se il tè è molto caldo, a 80-90 gradi, cuocerà le prime gocce di latte dando loro un sapore sbagliato (non proprio come l’UHT, ma in quella direzione). Mentre se il latte è presente prima, lui potrà raffreddare il tè in ingresso e disporre di temperatura leggermente minori (niente picco cuoci-latte).
    Spero di essere stato di aiuto!
    Ciao!

  13. Prego!
    Non sono un massimo esperto del tè, ma qualcosina ho imparato studiando e provando un sacco di tè diversi.
    Al momento attuale la mia lista di schede promemoria è arrivata a 255 tè provati, più una dozzina di mie blend (con 2-3-4-5-6 prove diverse ognuno fino al bilanciamento “minimo” che cercavo)… più le tisane, ma non contano. 🙂

  14. Articolo stupendo! Mi sono già procurato i filtri che hai consigliato, un bilancino e un termometro da cucina.
    Ho messo in infusione un Darjeeling a 95°C per tre minuti in un Mug da 250 ml preriscaldato . Ho misurato la temperatura del tè finita l’infusione ed era scesa di qualche grado. Volevo chiederti se è giusto così o si devono mantenere i 95°per tutta la durata dell’infusione?
    Attendo con impazienza i tuoi prossimi articoli. Grazie.

  15. Va benissimo che scenda. Anche un sacco di dubbi strani sulle temperature quando ero agli inizi! ^^
    I tempi indicati vanno considerati validi per un contenitore in cui la temperatura scenderà, indicativamente, di 1-2 gradi al minuto. Come una teiera o una tazza, appunto.
    Se la temperatura rimanesse sempre al massimo iniziale tramite riscaldamento esterno, credo che i tempi andrebbero leggermente accorciati (di pochissimo, si parla di pochi gradi di differenza).
    Come è venuto con 95 gradi il Darjeeling? Se ti pare un po’ aggressivo o aspro tenta 90.
    Arriveranno presto nuovi articoli sul tè! ^^

  16. Credo proprio che seguirò il tuo consiglio di provare a 90° perchè in effetti mi è sembrato un pò aspro. Grazie .
    Leggerò i tuoi articoli moooolto volentieri.

  17. Ottimo. ^^
    Se ti piacciono i neri più delicati e particolari, ti consiglio i Ceylon di alta quota (non quelli di quota minore, più agrumati) perché ricordano le note muschiate e d’uva dei Darjeeling. In particolare il Lovers Leap, produzione del distretto di Nuwara-Eliya in Ceylon legato alla leggenda di un principe e di una fanciulla di casta inferiore che si suicidarono presso la cascata (che dà il nome all’area di quel tè) per non dover tradire il proprio amore reso impossibile dalla società. I Romeo e Giulietta dello Sri Lanka, insomma.
    Ne vende uno Twinings, oppure puoi trovarlo presso Bettys.com sotto il marchio Taylors of Harrogate. E anche l’Orange Pekoe in bustine di Mlesna in realtà viene da quella zona. Lo trovi anche su altri venditori, ovviamente, ma io ho provato solo questi. ^^
    Rimanendo a tema di tè neri particolari, delicati, meno aggressivi… il mio africano preferito è il tè Rwandese che con i suoi sbalzi climatici (colline con mattine nebbiose e fresche, seguite da pomeriggi luminosi e caldi) offre un prodotto particolarissimo, molto diverso dai classici tè neri del Kenya più ruvidi e classici (i tè del Kenya vengono regolarmente uniti agli Assam per fare gli English Breakfast: l’Assam dà le note maltate, il Kenya il colore luminoso, entrambi un corpo ricco e un gusto tradizionale da tè a cui aggiungere latte). Sia il Rukeri venduto su teaway.it che il tè del Rwanda offerto da Fortnum & Mason sono ricchi di profumi di limone e di cereali, che a me ricordano una impanatura bagnata dal succo. ^^
    Il Rwanda è un paese meraviglioso uscito a testa alta dalla guerra civile legata a problemi demografici. Un paese di gente che lavora e attira investimenti. L’Africa non è solo le brutture che ci propongono i media, è molto molto meglio di così. ^^
    E vorrei provare prima o poi un buon tè del Sud Africa, di cui ho sentito buone cose…

  18. Leggo con interesse questi articoli anche se non bevo né tè né caffè (anche se visto l’articolo comincio a dubitare di aver mai assaggiato tè decente, quindi magari mi fa schifo perché era mal preparato/di pessima qualità/ecc). L’ho passato a un paio di amici che amano il tè :).
    Volevo chiedere: ma le foglioline, dopo la prima infusione, come vanno conservate? Nell’infusore, in frigo o avvolte in qualcosa, o “sciolte”? O va bene la qualsiasi basta che si lascino fuori dall’acqua?
    Thanks!

  19. Io le lascio nell’infusore, lo faccio sgocciolare bene (o se è una bustina la schiaccio bene con due cucchiai) e poi lo appoggio in un pentolino (ormai dedicato solo a quel ruolo, lol) in attesa dell’uso successivo. Niente frigo.
    Vanno comunque usate entro la giornata, non penso serva a nulla il frigo (a parte renderle fredde…). Prima di dormire se qualcosa ancora è utilizzabile, io butto comunque tutto (ma accade molto raramente di buttare foglie ancora utilizzabili… sarà stato 2 volte in un anno, al massimo, nel senso che ne ricordo solo 1 per certo).
    A proposito di caffè: parlerò dell’argomento in un post futuro. Non mi interessa nemmeno lontanamente quanto il tè, ma qualcosina ho studiato e assaggiato (e l’argomento mi sta simpatico di suo). Ho provato pochissimi caffè rispetto al tè, ma penso valga la pena parlarne perché bastano davvero pochi accorgimenti (e pochi soldi in più di spesa) per trasformare il caffè da tortura a piacere. ^_^

  20. L’idea del frigo in effetti mi suonava stupida mentre la concepivo ^^’…
    Grazie della risposta, la giro ai miei amici di cui sopra! Mi hanno regalato delle bustine di tè, proverò a farne una seguendo la guida ^^!

  21. Seguirò sicuramente i tuoi consigli compresi quelli dell’articolo “fare un buon tè spendendo poco”. Per il momento tra i tè che ho in casa ho un Earl grey in foglie della Taylors of Harrogate . Puoi consigliarmi indicativamente temperatura e quantità di foglie da utilizzare perchè il bergamotto non lo sento proprio. Grazie e complimenti per i tuoi bellissimi articoli.

  22. Di Taylors of Harrogate non ho mai provato l’Earl Grey. Ho provato il loro Special Rare Assam (che al tempo in cui l’ho preso io era una selezione da Hajua), lo Scottish Breakfast, lo Special Rare Ceylon (che quando l’ho preso io era un Lovers Leap molto buono), quello con petali di rose e infine il loro Tea Room Blend. E dell’azienda in generale ho provato anche qualcosa di Bettys e i due principali di Yorkshire Tea.
    Senza conoscerlo, così a occhio, tenterei due possibili strade… vediamo…
    1. Tazza o meglio ancora teiera da 2 tazze pre-riscaldata (più volume d’acqua c’è e meglio la temperatura regge), poi versare acqua bollente sopra le foglie nel filtro estraibile.
    Tempo: 3 minuti di partenza, 4 se il sapore non esce.
    Ma se vengono sensazioni pungenti, sgradevoli, dall’olio di bergamotto…
    2. Sempre preriscaldata come prima, poi versi acqua bollente e dopo infili filtro (se puoi misurare la temperatura valuta se metterlo a 92-94 quel che è gradi come sarà appena versata oppure se aspettare 1-2 minuti e usare 90 gradi).
    Tempo: 3 minuti di base, 4 se il sapore non esce.
    In entrambi i casi userei 3 grammi per 200-250 ml di acqua. E se il sapore proprio non esce, verifica per sicurezza il residuo dell’acqua usata… magari quella di rubinetto sembrava buona, ma invece era troppo minerale e ha inglobato gli aromi. Nel dubbio: acqua in bottiglia, ma sempre attento al residuo e al PH neutro.

  23. Ciao Duca, ho alcune domande.
    1 Perché si devono usare tazze preriscaldate? Non si può fare l’infusione direttamente nel bricco (o teiera) con l’acqua una volta arrivata alla temperatura giusta?
    2 Come vedresti una goccia di caffè nel tè? Qualche tempo fa, dopo aver ottenuto un pessimo risultato con del tè nero ho provato a metterci veramente un’anima di caffè, e non era venuto (a mio barbaro avviso) così male: l’amarezza non era aumentata e i due sapori sembravano complementari, si mescolavano bene.
    3 Del miele nel tè valgono le stesse considerazioni dello zucchero?
    4 Quattro
    5 Un mio zio, dopo un viaggio in Turchia, ha portato un pacco di té nero turco tipico (da loro c’è una cultura del tè ovviamente molto maggiore che qua da noi). Conosci qualcosa sui tè neri turchi?

  24. Ciao!
    1. il preriscaldamento serve solo se il contenitore che farà da teiera non è lo stesso in cui l’acqua ha raggiunto la temperatura. Se inveci usi un bollitore che è anche teiera, con filtro estraibile, non ti resta che lasciar cadere dentro il filtro da infusione col tè appena la temperatura è giusta (era indicato nell’articolo: per un po’ di mesi nel 2012 io ho fatto così con la mia tetsubin giapponese ^^).
    Consiglio di usare teiere distinte dai bollitori perché metalli e altri materiali (vetro escluso) tendono ad acquisire col tempo gli odori dei tè. A furia di fare certi tè nel bollitore-teiera, ti potresti trovare un bollitore leggermente aromatizzato che potrebbe interferire con i tè bianchi più delicati.
    2. Sembra un cocktail strano. Non ho mai provato. Il caffè sarebbe estratto con percolazione tramite moka, tramite napoletana, con filtro a V, o prodotto per infusione con pressofiltro, oppure espresso?
    Dovendo tentare… io userei un pu’er molto terroso, molto tostato, il tipico tè che può piacere a chi viene dal caffè… e tentare una goccia di espresso. 🙂
    3. Sì, diciamo che almeno essendo “floreale” tende a donare sapori più coerenti con quelli tipici dei tè. Lo zucchero bianco è meglio evitarlo, sia col tè che, peggio ancora, con l’espresso (non ricordo dove l’ho letto, ma pare dia un sapore strano al caffè: meglio lo zucchero di canna scuro… però lo zucchero in sé non è sbagliato nell’espresso perché lo bilancia favorendo un’analisi organolettica più precisa e completa… ci torneremo quando parlerò di caffè, in futuro).
    4. Quattro!
    5. Essendo tè coltivati nell’area del Mar Nero, mi aspetterei qualcosa di simile ai tè neri russi. Ho pochissima esperienza, ma quel paio di tè di stile russo come si sono consumati a lungo in URSS (tè della Georgia in realtà, non Russia) avevano caratteristiche che mi ricordavano un po’ i Ceylon di alta quota o, citando il Georgia OP di Mariage Freres, un incrocio tra il muschiato del Darjeeling e l’agrumato del Ceylon. Molto buono.
    Da prendere ovviamente senza latte… non solo perché i turchi lo prendono così, ma perché il carattere del tè, se fosse simile a quelli georgiani, non si sposerebbe bene. 🙂

  25. Grazie mille, tempestivo e esaustivo come sempre!
    (il caffè prodotto tramite Moka comunque)

  26. Bell’articolo, si vede la grande dedizione con cui hai affrontato questo argomento, mi ci rispecchio molto. Da appassionato amatoriale di tè, mi ha incuriosito molto la tua recensione positiva del libro che citi, e ho provveduto ad acquistarlo. Effettivamente mi sta piacendo molto, anche se secondo me pecca un po’ dal punto di vista del lato tecnico (a questo proposito sto aspettando di ricevere il libro di Gianluigi Storto, che dovrebbe approfondire la chimica dell’infusione in maniera più precisa e dettagliata, lo conosci? ). Tuttavia, leggendo il libro sono incappato nel solito problema che mi affligge da quando ho cominciato ad appassionarmi di tè in maniera più seria, cioè la carenza di chiarezza nei tempi di infusione e nelle quantità di acqua e foglie quando si parla di metodo occidentale e metodo orientale. Premetto che sono un avido bevitore di quasi tutti i tipi di tè cinesi, giapponesi e taiwanesi, ma vorrei affinare al meglio la tecnica per la famiglia dei sencha. Per i sencha utilizzo una kyusu da circa 250 ml che ho acquistato quando stavo in Giappone. Usando le indicazioni medie fornite dai negozi online e/o dai venditori qui a Milano, ho sempre ottenuto un liquore troppo amaro (anche variando la temperatura in un intervallo tra i 70 e gli 80 gradi) . Per ottenere il gusto a cui mi ero abituato quando ero in Giappone, ho dovuto sperimentare fino a ridurre di molto il tempo di infusione o il rapporto foglie/acqua. Leggendo il libro consigliato da te, nella tabella riassuntiva il sencha (che in maniera assai opinabile è inserito nella stessa riga del gyokuro, le cui temperature di infusione sono assai ) è associato alla dose di 1g di foglie per 100 ml di acqua, con un tempo di infusione pari a 3-5 minuti. Ma nei commenti della tabella si raccomanda per questa classe di tè la tecnica del senchado, in cui si parla di una prima infusione pari a circa 30 secondi, ovviamente c’é qualcosa che non torna! Purtroppo, nella sezione relativa al senchado, il libro non fornisce alcuna informazione utile relativamente alle dosi (parla di generici cucchiaini da 5-10 ml, senza fare riferimento alla quantità d’acqua). Tu che cosa ne pensi? Naturalmente ognuno può prediligere gusti differenti, ma mi pare strano che le indicazioni fornite dai venditori non funzionino mai con la mia kyusu, mentre per ottenere il sapore a cui mi ero abituato in Giappone devo sempre ridurre i tempi di infusione e/o la quantità di foglie!

  27. Per sencha e bancha, in generale, puoi seguire questa indicazioni. Io di solito uso il metodo occidentale di infusione.
    Occidentale:
    Dose: 1-1,2 grammi ogni 100 ml (al solito basati sul tuo gusto)
    Temperatura: 70-80 gradi (dipende dalle foglie)
    Tempo: 2 minuti (io alla seconda faccio 2 minuti extra, spesso)
    Eventualmente tenta anche 60-65 gradi e 2,5-3 minuti, non ho idea di come sia il sapore che cerchi…
    Cinese:
    Seguiamo la regola generale: il doppio delle foglie tipiche, la metà dell’acqua tipica, tempo compensato in base al nuovo rapporto che è quadruplicato. Ok? Poi ne parlerò in un futuro articolo, qui riassumiamo molto.
    Dose: 2-2,5 grammi ogni 50 ml (quindi 10-12 grammi per 250 ml)
    Temperatura: 70-80 gradi (dipende dalle foglie)
    Tempo: 30 secondi (+15 o +30 a ogni successiva infusione)
    E ora un “terzo metodo” giapponese…
    Qui Nicoletta consiglia di usare temperature maggiori e tempi leggermente minori nel senchado: https://www.youtube.com/watch?v=WKwdsMEwbtg (parla di acqua quasi bollente e 20-30 secondi di prima infusione per sencha/bancha/genmaicha di qualità normale, con 10-12 grammi).
    Quindi la tecnica sencha (senchado) si differenzierebbe dalla normale infusione cinese perché si alza la temperatura, mentre con la cinese di solito cambiamo rispetto all’occidentale solo il rapporto foglie-acqua e il tempo senza variare la temperatura.

  28. Grazie mille per la risposta, alla fine il gusto che mi piaceva lo avevo raggiunto a forza di esperimenti proprio con le quantità ed i tempi indicati da te come metodo cinese. Domani proverò di sicuro il terzo metodo, temperature così alte non le ho mai osate, ma con una ventina di secondi di infusione ci può stare… Vedremo!
    Grazie ancora!

  29. Prego, se non ci si aiuta tra appassionati… ^___^
    Volendo c’è pure un quarto metodo… quello consigliato sui prodotti dalla Lupicia, azienda francese che però è di tutto rispetto sull’ambito giapponese (e io adoro i loro prodotti, prova il sencha aromatizzato alla mela tsugaru o il mix Belle Journée di sencha e roobois africano verde, aromatizzato con pesca e pompelmo… sembra un intruglio, ma è buonissimo (e la lattina è decorata con un’opera di Junichi Nakahara). Nicoletta Tul, che è l’esperta del tè di fiducia per me, ne aveva visitato un punto vendita a Kyoto e ricordo anche da altri articoli che aveva ottime opinioni dei loro prodotti.
    In pratica indicano sempre acqua bollente (mah…) e i tempi sono solo poco inferiori a quelli soliti occidentali (non sempre: talvolta sono molto più corti) e le dosi grossomodo un 50-100% maggiori di quelle tipiche.
    Esempio di tempi solo poco inferiori ai 2-3 minuti:
    http://en.lupicia.fr/s/29792_178096_tsugaru-green
    2,5-3 grammi per 150 ml di acqua bollente
    1 minuto e mezzo la prima infusione
    2 minuti la seconda
    (Io ho fatto 3 minuti la prima, 5 la seconda e forse pure una terza a volontà, usando 3 grammi per 250 ml a 80 gradi e a me è piaciuto molto)
    Secondo esempio con tempi bassissimi e dose forte ma NON quanto nel senchado:
    http://en.lupicia.fr/s/29792_178155_genmaicha-fugen
    questa ha un ottimo rapporto qualità prezzo e l’ho fatto comprare a un’amica che adora i genmaicha ^-^
    3-4 grammi per 150 ml di acqua bollente
    30 secondi prima infusione
    1 minuto seconda infusione
    (Io ho fatto, mi pare, 4 grammi per 250 ml a 80 gradi, con 2 minuti prima infusione, 4 la seconda e poi ho buttato… mi piace, ho quasi finito la confezione da 50 grammi)
    Io però questi consigli qui di Lupicia non li ho mai seguiti, come indicato ho sempre fatto coi miei soliti metodi e tempi all’occidentale.
    Ciao!

  30. wow, grazie, quanti spunti interessanti, mi divertirò a provare tutti questi metodi.
    Nel futuro mi farò sentire di sicuro, è veramente un piacere condividere impressioni con un appassionato del tuo calibro!

  31. A presto! Se ti dovesse interessare anche il caffè, qui ho fatto un primo post in cui ne parlo:
    http://www.steamfantasy.it/blog/2016/03/29/caffe-miscele-cattive-espressi-rancidi/
    È tutto sbilanciato sull’ambito espresso, ma presto parlerò dei metodi di preparazione che preferisco: infusione, aeropress, percolazione in stile napoletano (o vietnamita, vedremo che è praticamente uguale) ecc.
    E in un futuro post storico sul caffè mi piacerebbe parlare anche del caffè in Giappone tra periodo Meiji e Taisho, giusto una piccola sezione… è una bevanda che divenne propria della cultura giapponese già negli anni 1880 circa (sto leggendo un libro molto interessante sulla cultura del caffè e il ruolo sociale delle caffetterie in Giappone).

  32. Buonasera!
    Guarda, non sono un bevitore di caffè ma il tuo articolo lo avevo già letto lo stesso, e trovato molto interessante! 🙂
    Per quanto riguarda la questione tempi/dosi delle preparazioni cinesi ed occidentali, giusto stasera sono stato ad una degustazione guidata di wulóng, e si è discusso molto sulle differenze dei due metodi. Se ti interessa ti posso passare qualche dato, io trovo sempre utile confrontare tra loro fonti diverse per farsi un’idea migliore…

  33. Premessa: sono stati trattati solo wulóng, di diverso tipo e con uno spettro di ossidazione molto variegato.
    Per il metodo occidentale sono stati usati infusori di vetro, mentre per il metodo cinese tradizionale sono stati usati gaiwan di porcellana. In entrambi i metodi l’attrezzatura è stata scaldata con acqua bollente. Per il lavaggio delle foglie, in entrambi i metodi è stata utilizzata acqua bollente in quantità tale da coprire appena le foglie, acqua che poi è stata eliminata immediatamente (parliamo di 2 secondi al massimo).
    Veniamo ora ai parametri di infusione. Dunque, per prima cosa hanno tracciato delle linee generali, poi, caso per caso ci sono state delle variazioni in funzione dei tipi di tè utilizzati. Ovviamente hanno ribadito il fatto che ognuno può a sua volta calibrare ancora i parametri secondo il gusto personale.
    PREPARAZIONE OCCIDENTALE
    – infusione singola o sequenza di 2-3 infusioni: 5-6g/500ml; 90°C; da 4’30” (prima infusione) a 5′ (ultima infusione).
    – sequenza di 4-5 infusioni: 8-10g/500ml; 90°; da 2′ (prima infusione) a 3′ (ultima infusione)
    PREPARAZIONE CINESE TRADIZIONALE
    – sequenza di 3 infusioni: 4g/100ml; 90°C; da 1′ (prima infusione) a 1’30” (ultima infusione).
    – sequenza di 4-6 infusioni: 7-8g/100ml; 90°; da 10” (prima infusione) a 15” (ultima infusione)

  34. Alzavano i tempi molto poco, nonostante l’estrazione fosse avvenuta già in parte. Di solito consigliano incrementi molto superiori. Andare solo da 10 a 15 secondi nell’arco di 4-6 infusioni, ovvero un solo secondo in più per volta, è molto fuori dagli schemi tipici.
    Come mai il secondo metodo, sia occidentale che cinese, riduce così tanto il rapporto tra tempo e foglie? Era per oolong diversi, quindi le regole del secondo metodo vanno applicati ad alcuni e quelli del primo metodo ad altri?
    Suona strano altrimenti fare +60% foglie, ma poi ridurre a meno di metà il tempo (2 minuti contro 4,5 minuti) iniziale. Nel cinese è ancora più estremo, ha raddoppiato le foglie ma ha ridotto a 1/6 il tempo…. il rapporto di estrazione dei sapori sarà circa un terzo o forse la metà (considerando l’estrazione violenta iniziale quando l’acqua fa vorticare le foglie, coi primi secondi quindi più performanti degli ultimi).
    Com’erano i risultati?

  35. Ciao, domanda forse un po’ niubba, magari spiegata già su testi di riferimento:
    ci sono differenze nel tempo di infusione o nella resa del gusto fra foglie libere in un filtro molto ampio e/o rigido e le bustine?
    E ci sono differenze fra lasciarle in infusione ferme, mescolare per movimentare l’acqua o far fare su e giù al filtro/bustina dentro il recipiente?

  36. Ciao! Mi ero dimenticato di risponderti.

    ci sono differenze nel tempo di infusione o nella resa del gusto fra foglie libere in un filtro molto ampio e/o rigido e le bustine?

    Le foglie hanno bisogno di spazio per aprirsi, gonfiarsi assorbendo acqua, e una bustina molto stretta oppure un filtro metallico a palla troppo stretto possono limitare l’apertura. Con le bustine di solito non c”è un problema significativo di dilatamento delle foglie (i filtri ripiegati doppi, quelli fatti coi macchinari Constanta… i più comuni in Italia… sono ottimi, ma pure i filtri a piramide lo sono), ma c’è di mezzo la carta che “bloccherà” assorbendo una piccola parte dei sapori rilasciati, quindi non è una condizione ideale.
    Devi vedere caso per caso se un tè che valuti bene infuso a 4 minuti nella palla troppo stretta, magari se liberato e posto in un filtro con maglie meno fitte richiederà 3 minuti e mezzo (e avrà profumi meglio liberati per l’assenza di carta).

    E ci sono differenze fra lasciarle in infusione ferme, mescolare per movimentare l’acqua o far fare su e giù al filtro/bustina dentro il recipiente?

    La domanda richiede una risposta un po’ complicata, che magari è meglio che venga affrontata in un articolo, per cui qui ti do la versione breve: probabilmente non cambia nulla, perché le varie variabili in gioco si compensano tra loro, in particolare se pensiamo al tè come a una dissoluzione di sostanze in acqua che segue l’equazione di Noyes – Whitney (ovvero in cui la diffusione è maggiore dove la concentrazione è minore – il motivo per cui muovere la bustina può aiutare – ma in cui anche altri elementi in gioco vanno tenuti in considerazione e rendono meno scontata la risposta). Vedrò di analizzare meglio la questione con un articoletto.

  37. Ciao,
    mi sono reso conto di non avere risposto ad un commento vecchissimo di aprile, chiedo venia, ho avuto un periodo molto tosto, e mi è passato di mente. Mi dispiace molto, sei stato così gentile a rispondere alle mie domande…
    Dunque, vediamo di riprendere il discorso interrotto: si stava parlando di tempi di infusione di oolong, eri molto dubbioso sui tempi che mi avevano indicato alla degustazione guidata a cui avevo partecipato a suo tempo.
    Tieni conto che ci sono andato per semplice curiosità, da neofita del tè. In realtà a me piace approcciare le cose con attenzione ed impegno. Ho deciso di iniziare a “studiare” i vari tipi di tè cominciando da quelli più vicini ai miei gusti attuali, ovvero i verdi giapponesi. In particolare, in questo periodo sto dedicandomi ai vari tipi di gyokuro, ed ovviamente ai sincha, visto il periodo dell’anno. Tra l’altro, sto provando a fare esperimenti sull’infusione a temperatura ambiente con pochissima acqua, cosa che mi sta dando molte soddisfazioni!
    Chiusa la parentesi, per tornare al discorso degli oolong, in linea di massima sono d’accordo con le tue considerazioni e con i tuoi dubbi sui tempi che mi sono stati indicati, ma per ora preferisco non sbilanciarmi, ci sarà il tempo più avanti, quando passerò ad approcciare seriamente gli oolong.
    In ogni caso, ti copio qui di seguito un pò di dati sperimentali presi durante quella degustazione, relativi ai tè che mi sono piaciuti di più.
    1) Fenghuang Zhi Xiang:
    – 4 grammi per 100 ml in gaiwan
    – prima infusione: 90°, 1’30”. si inizia con una nota legnosa, per poi sfumare in qualcosa di floreale
    – seconda infusione: 90°, 2′. molto + dole ed aromatico della prima infusione, mi è piaciuta molto!
    – terza infusione: 90°, 2’30”. la nota legnosa è scomparsa del tutto
    2) Fenghuang Song Zhong Dan Cong
    – 4,5 grammi per 100 ml in gaiwan
    – prima infusione 90° 1’30”. dolce, vegetale, non tannico, questa mi è piaciuta molto!
    – seconda infusione 90° 2′. anche in questo caso la dolcezza è aumentata nella seconda infuzione
    – terza infusione 90° 2’20”.
    3) Hong oolong
    – qui mi sono dimenticato di segnare la quantità di grammi usati 🙁
    – prima infusione 90° 1’10” nota dolce (tipo caramello) mischiata a note di frutta secca. buonissimo!
    – seconda infusione 90° 1’15”
    – terza infusione: 85° 1’20” l’effetto delle note dolci e di fruttacontinua ad essere molto intenso e persistente anche alla terza infusione

  38. Molto interessante, grazie!
    L’Hong oolong era per caso un oolong scuro/rosso, con foglie molto lunghe ma appallottolate in sferette così piccine che uno si stupisce quando si aprono del tutto?
    Forse sto capendo come mai abbia bisogno di così poca differenza tra le varie infusioni per rilasciare aromi: si sta aprendo un po’ per volta partendo da una posizione ancora più serrata di, per dire, un tipico Dea di Ferro poco ossidato, per cui il rilascio di sapori non è solo dagli strati più interni della foglia ma anche da quelli esterni che si dispiegano poco per volta.

  39. purtroppo non mi ricordo esattamente il colore e la forma delle foglie! è passato molto tempo, e, come ti ho detto, per me era stata una esperienza estemporanea, non avendo ancora affrontato in modo serio quella tipologia di tè. magari posso andare a vedere se avevo già iniziato a catalogare i tè assaggiati con le foto.
    concludo con una curiosità ed una domanda.
    – mesi fa ti avevo scritto parlando dei miei problemi a fare le infusioni coi sencha, mi ritrovavo sempre con un liquore amaro e molto sgradevole. alla fine ho scoperto l’arcano, per “farmi un piacere” la mia donna delle pulizie un paio di volte la settimana mi puliva con quantità veramente abbondanti di aceto il bollitore elettrico che uso esclusivamente per scaldare l’acqua per il tè!!! una volta ribonificato il bollitore, tutto è tornato nella norma.
    – per caso sai qualcosa sulla questione relativa all’ossidazione del liquore DOPO l’infusione? ho notato che se preparo due tazze dalla stessa infusione, e le bevo a distanza di tempo in modo da avere una sufficiente differenza di temperatura, il sapore cambia sensibilmente (dipende però anche dal tipo di tè). mi chiedo: il cambio di sapore è dovuto solo alla variazione di temperatura (sicuramente a temperature diverse noi recepiamo gusti diversi), oppure c’entra in qualche modo anche la fantomatica “ossidazione post infusione” di cui ogni tanto si sente qualcosa in rete, ma della quale non ho informazioni precise? (io non sono un chimico, quindi non so benissimo come avvenga il processo di ossidazione con il liquido)

  40. LOL, il bollitore acetizzato è fantastico! XD
    Io due volte all’anno lavo il mio, e lo raschio per bene per togliere ogni scaglietta di calcare, con il classico bicarbonato di sodio. Una volta al mese pulisco il filtro extra che si aggancia al beccuccio. L’ultima pulizia del corpo del bollitore è stata a Natale e noto che sta ancora benissimo.
    Per l’ossidazione non ho informazioni e non me ne preoccuperei perché:
    1. il cambio di temperatura modifica i sapori e l’essere a temperatura ambiente o freddo li chiude;
    2. col passare del tempo cambia la temperatura;
    3. applicare ulteriore calore (scaldarlo) pare peggio il sapore del tè (o del caffè infuso) per cui non si può riportarlo alle condizioni di partenza;
    4. quattro.
    Quindi, in pratica, che sia cambiato il sapore anche per l’ossidazione o meno, non possiamo farci nulla dopo che si è raffreddato. A parte quattro, quello possiamo sempre.
    Aggiungo però che l’ossidazione probabilmente non è così rilevante se consideriamo che il tè in infusione a freddo macera le foglie per 8-16 ore prima di essere pronto e si consiglia di consumarlo entro 24-48 ore da quando è pronto. E viene molto bene, a patto di accettare che l’infusione a freddo tende ad aprire meno i profumi e a valorizzare quelli fruttati a scapito di note più delicate o complesse, appiattendo un po’ il prodotto finale (ma basta usare tè di fascia media e medio-bassa idonei: semplici Ceylon di bassa quota, semplici verdi, tè aromatizzati alla frutta ecc.).
    Nel caso del tè in termos, quindi temperatura alta rimasta fissa per ore (invece di fredda da frigo), non so quanto peggiori nel tempo: se pensiamo che il termos pieno è praticamente senza aria, un po’ come la bottiglia di vino ancora chiusa, l’ossidazione non dovrebbe essere un problema proprio come non lo è coi vini (perlomeno per un paio di annetti coi vini di basso livello o molto giovani, molti di più coi vini di pregio e di struttura).
    Insomma, mi preoccuperei più che da freddo ha sapori meno gradevoli che non dell’ossidazione.
    Ci sono diversi tè che appena fatti, molto caldi, mi piacciono meno e quando la temperatura diventa al confine tra caldo e tiepido ne sento i sapori e profumi in modo molto più chiaro, senza la distrazione della temperatura (però quando diventano tiepidi peggiorano, per cui ho una finestra di tempo ideali per berli ristretta).

  41. Mi stavo chiedendo se il tè caldo lo bevi con la stessa frequenza anche d’estate e se in questa stagione preferisci una tipologia di tè in particolare.

  42. Sto consumando molto di più i tè di Ceylon aromatizzati alla frutta, di cui ho ancora belle scorte prese qui un anno fa: http://www.teacaramelshop.it/it/products-page/sfusi/te-aromatizzati/
    Sono ancora ottimi dopo un anno.
    Anzi, ora che ci penso sto finendo le bustine di Cream Earl Grey: mi prendo il pacco da mezzo kg di foglie al prossimo ordine, tanto è il mio Earl Grey preferito tra tutti, inclusi quelli di F&M.
    Sto usando di più quei tè semplici, aromatizzati, perché hanno sentori che si chiudono meno e danno ancora un sapore molto piacevole bevuti a temperatura ambiente o freschi di frigo. In generale sto bevendo più tè, sia freddo/ambiente che caldo: con l’arrivo del caldo ho più sete e quando ho sete il tè caldo mi piace comunque.
    Diciamo che consumo al momento 15 grammi di foglie circa di due gusti diversi di tè alla frutta (con cui ricavo due prime e due seconde infusioni, totale 2,5 litri circa), più una bustina di altri tè (o 3 grammi di qualcosa in filtro di nylon) o due (due infusioni, un altro mezzo litro totale).
    Diciamo che ora i 3 litri li faccio senza problemi. Con i primi mesi e l’avvento dello studio del caffè ero sceso a poco più di 1 litro circa al giorno, con perfino un giorno in cui ho bevuto solo due tazze di tè… 🙁 Ora un caffè infuso lungo e un paio di doppi espressi al giorno non mi fermano dall’assumere la giusta e sana dose quotidiana di civiltà liquida. ^_^

  43. I Ceylon alla frutta per il tè freddo mi ispirano …li prendo! Le infusioni le farei a freddo. Puoi darmi qualche consiglio su dosaggi e tempi per favore? Grazie!

  44. Ho provato a fare le infusioni a freddo, circa 8-12 ore in frigo, dose su litro solita come per il caldo, ma non mi hanno mai convinto come sapori. Li sentivo poco espressi, un po’ chiusi. Non so come mai, forse è solo una mia impressione. In teoria dovrebbero venire bene (pur sacrificando gli aromi più complessi a favore di quelli semplici, e questi Ceylon aromatizzati dovrebbero essere ideali per il caso).
    Preferisco farle a caldo (90 gradi, 3 minuti con questi tè prima infusione… non superare i 92 gradi o escono note amare/aspre, sono Ceylon delicati), poi raffreddo il tè col contenitore a bagno nell’acqua o aspettando. Quando è tiepido/ambiente, va in frigo.
    Comunque, Nicoletta ha un articolo e un video a tema: http://nicolettatul.it/come-preparare-un-ottimo-te-freddo/

  45. Ho trovato in uno spaccio Galbusera vicino a dove lavoro il Cream Earl Grey in bustine della Mlesna . Hai ragione, è spettacolare! Immagino che in foglie sia ancora meglio , lo ordinerò presto anche io su Tea & Caramel.

  46. Ho appena ordinato il bustone da mezzo kg, assieme al Earl Grey con base però di tè verde. ^_^
    Anni fa gli Earl Grey non li sopportavo. Poi il disgusto per il bergamotto è passato e non mi dispiacevano. Poi hanno cominciato a piacermi. Da 8-10 mesi ormai mi piacciono moltissimo e ogni 2-3 giorni il richiamo dell’Earl Grey arriva e sento che è quello l’unico tipo di tè che voglio in quel momento (di solito il Cream, ma anche altri tipi di altre marche). ^-^

  47. Non ho capito una cosa. Perchè il tè in bustina della Mlesna è cosi buono ? Ero convinto che le bustine contenessero generalmente tè scadenti e per questo le evitavo. Forse non è sempre cosl. 🙂

  48. Di solito i tè in bustina sono prodotti da supermercato di scarso pregio, soprattutto in Italia. In parte è dovuto alla pezzatura modesta, talvolta addirittura fanning/dust (polvere) più che broken molto piccoli. Questo non vuole dire la pezzatura in automatico determini la qualità, soprattutto nel caso di tè all’inglese da colazione, ma spesso viene usata in prodotti economici o di scarso livello.
    Il Loolecondera di Mlesna è in polvere finissima perché così veniva prodotto fin dall’età vittoriana, e vuole riproporre il tè storico, ma è fantastico.
    Mlesna usa pezzature piccole e rotte per le bustine per favorire l’infusione nonostante la carta attorno, ma il prodotto di base è molto valido, solo un pelino inferiore alle foglie a quando ho visto confrontando il Cream Earl Grey nelle due versioni. ^_^

  49. Grazie davvero. Da quando ho scoperto il tè sto cercando di documentarmi in ogni modo e quello che scrivi è per me davvero prezioso. Spero non ti dispiaccia se qualche volta ti chiederò qualche consiglio. Grazie ancora !

  50. Buongiorno,
    con la mia abituale solerzia, rispondo ad una domanda che mi hai fatto lo scorso giugno: si, l’hong oolong che avevo provato (e che sto bevendo giusto in questo momento) si presenta sotto forma di piccole palline di colore molto scuro (questo tè viene chiamato anche “perle nere”). Una volta aperte completamente rivelano invece la loro sorprendente lunghezza!
    Ma ora ritorniamo ai tè giapponesi. Dunque, sono tornato da un soggiorno di un paio di mesi in Giappone, durante il quale ho visitato decine di sale da tè, e parlato con molti maestri, e accumulato un pò di dati, scoprendo metodi di preparazione “sorprendenti” di cui non avevo mai sentito parlare, ma che sembra siano molto in voga in alcune delle sale da tè giapponesi di un certo livello (almeno, così ho dedotto dal campione testato nei due mesi). Se ti interessa ti posso fornire un paio di metodi interessanti che ho trovato molto buoni, ma non voglio intasare la sezione commenti con cose che potrebbero non interessare a tutti! 🙂

  51. Grazie, se riesci a passarmi un po’ di informazioni qui nei commenti poi provo volentieri. Quando farò un articolo con altri metodi di infusione magari integro e aggiungo di nuovo le stesse informazioni. ^^

  52. Bene! Allora comincio con il gyokuro, perchè è il mio tè preferito, ed è quello che ho bevuto di più.
    Come punto di riferimento (ognuno alla fine ha i propri gusti personali), prima di partire, qui in Italia, il gyokuro lo preparavo in questo modo:
    – per gyokuro “normali”, 2 grammi di foglie per 100 ml di acqua, con temperature di prima infusione che si aggiravano sui 60 gradi e tempi di prima infusione sui 2 minuti
    – per gyokuro “superiori”, dai 3 ai 4 grammi circa di foglie per 100 ml di acqua, con temperature di prima infusioni un pelino più basse (50-55 gradi) e tempi di prima infusione tra i 3 e 4 minuti, in funzione del tipo di gyokuro.
    In Giappone ho subito notato una prima differenza sostanziale: praticamente tutti utilizzano temperature inferiori! Praticamente si usa come standard una temperatura di 50 gradi, e raramente si raggiungono i 60. Naturalmente la temperatura da sola non basta, servono altri parametri (quantità e durata), che variano in funzione del tipo di tè e di chi lo prepara, ma comunque, i 50° erano la norma, non l’eccezione! Questo già mi aveva un pò colpito, perchè su internet, e nei negozi online che utilizzo, la norma per il gyokuro sono i 60°.
    Ho invece trovato molto ma molto interessante un metodo di preparazione che, sebbene all’inizio ho pensato fosse una peculiarità di una particolare sala da tè, mi sono visto riproporre in altre sale da tè in regioni differenti. Questo metodo l’ho visto utilizzare solamente con gyokuro di “fascia alta” (almeno nel prezzo). Prevede le seguenti fasi:
    1) Dopo avere bevuto un biccheire d’acqua per preparare la bocca, viene servito un piccolo contenitore con un paio di foglie ancora secche di gyokuro (2 aghetti). Le foglie vanno messe in bocca e masticate secche!! Sono abituato ad assaggiare le foglie dopo l’ultima infusione, ma a mangiarle secche non mi era mai venuto in mente! Per me, questa parte introduttiva potrebbe essere anche saltata, parliamoci chiaro!. Effettivamente, messe in bocca, anche da secche si sentono le differenze tra i vari tipi di gyokuro, ma il “sapore a secco” non lo trovo particolarmente piacevole, eh!
    2) La prima infusione prevede l’utilizzo di poca acqua a temperature di poco superiori alla temperatura ambiente. Ad esempio, le foglie vengono poste in un apposito contenitore molto piatto o nella classica houhin in maniera uniforme, e viene versata acqua tra i 30 e 35 gradi fino a coprire di poco le foglie. La durata può variare tra i 2 ed i 3 minuti (di solito 3 minuti). Il (poco) liquore estratto è molto denso e trasparente, tendente al giallo. Dolce, corposo e soprattuto molto umami!
    3) La seconda infusione è la cosa più strana di tutte: per 4 grammi di foglie (pesate a secco, ovviamente), circa 100 ml … a 90 gradi (!!!) per 10-20 secondi . Il liquore estratto è molto più verde e torbido. La dolcezza quasi esagerata della prima infusione è scomparsa (anche se ne rimane traccia nella bocca), ma la nota di umami si mantiene fortemente in uno sfondo più amaro e deciso.
    4) A partire dalla terza, si procede con parametri più classici, cioè temperature tra i 50 e 60, con tempi via via più lunghi.
    Personalmente, reputo che gran parte della particolarità di questo metodo stia nel contrasto tra la prima e seconda infusione, contrasto che il mio palato trova decisamente interessante e piacevole. Tuttavia, non so se questo metodo si possa applicare a tutti i tipi di gyokuro, per ora ho provato epr curiosità ad utilizzarlo solo con un paio di gyokuro di alto livello (vedi: costosi), vedrò come si comporta con altri tipi di gyokuro! In ogni caso, lo reputo un metodo interessante da provare ogni tanto al posto del metodo più “classico”, ma che comunque non diventerà la mia prima scelta (anche perchè, è particolarmente scomodo arrivare alla fine della seconda infusione con un bollitore pieno di acqua così calda, visto che poi va raffreddata di molto per le infuzioni seguenti).

  53. Buongiorno e complimenti per l’articolo, lo considero il vero e proprio “ABC” per preparare un’ottima tazza di tè!
    Ma veniamo al dunque: a casa ho a disposizione due tipi di acqua naturale oligominerale, entrambi considerati da me ottimi, ma non sono sicuro siano ideali per la preparazione del tè:
    – Acqua Santa Croce, con pH 7,7, residuo fisso di 180 mg/L, durezza di 18 ºF, ma una dose, secondo me, esagerata di calcio, di 58 mg/L;
    – Acqua Sant’Anna, con pH 6,9, residuo fisso di 22 mg/L e durezza di 0,9 ºF.
    Se da un lato la Santa Croce mi sembra eccessivamente dura, ricca di sali minerali e dal pH troppo basico per la preparaIone del tè, la Sant’Anna, la cui scheda, come puoi vedere, è cambiata sensibilmente rispetto alla data dell’articolo, rischia di essere al contrario eccessivamente poco dura e dal residuo fisso troppo basso. Con la Santa Croce, inoltre, noto lievemente la patina del calcio già dalla prima infusione.
    Tendenzialmente considero la Sant’Anna quella più idonea delle due, ma gradirei conoscere la tua opinione in merito, anche in termini assoluti, senza paragonare le due acque.
    Ti ringrazio in anticipo!

  54. Ciao!
    Qui sono in dubbio anche io: una ha troppo residuo, l’altra troppo poco. La prima è solo poco meno dura dell’acqua di rubinetto nella mia zona di Bergamo, per cui so che anche se non è perfetta va comunque bene per tutti i tè non particolarmente pregiati (quasi tutti quelli che uso). La secondo ha all’opposto pochi minerali per interagire con le foglie, creando così un problema di sapore simile per motivi opposti.
    Però, come noti anche tu, la Sant’Anna sembra migliore… e secondo me è per il PH più vicino a 7. Più equilibrata.
    Nel mondo delle birre esiste un problema simile: se uno deve estrarre l’amaro dai luppoli immersi in acqua bollente e lasciati a bollire per 60 minuti o meno, non può usare la sola acqua, perché alcune sostanze che si formerebbero nel bollire del luppolo dentro al mosto non si formerebbero… ma basta una piccola dose di estratto di malto, mezzo kg di estratto secco in 10 litri che bollono, ed ecco che il sapore torna giusto. È una cosa utile solo per chi lavora in partial mash o vuole aumentare l’amaro di un kit già pronto, ma è interessante.
    Il mio consiglio è di riequilibrare le due acque dando un po’ di PH e di minerali mancanti alla Sant’Anna: 2/3 Sant’Anna e 1/3 di Santa Croce, per sollevare i minerali a 70 circa e alzare il PH leggermente sopra il 7. ^_^ Se prepari le bottiglie miscelate prima, non è neanche scomodo da gestire quando poi fai il tè.

  55. Ti ringrazio per l’opinione e per il consiglio. Lo metterò in pratica non appena ne avrò l’occasione!

  56. Esito della prova: l’Acqua Sant’Anna ha un sapore molto forte, quasi “salato”, quindi temo possa alterare il sapore del tè più di quanto la composizione chimica possa farlo.
    Farò ulteriori test nei prossimi giorni, ma molto probabilmente la soluzione migliore sarebbe orientarsi su di un altro tipo di acqua.

  57. aiutooooooo…..
    salve alcuni dubbi sul te’ verde in foglie (non tanto grandi) :
    – mi pare di capire che dovrei stare sui 75-85 gradi vero ?
    – grande problema il tempo di infusione … alcuni dicono solo
    2 minuti dovrebbe essere ok, anche se il mitico prof. veronesi
    che pare era un gran epserto diceva per estarerre tutti i benefici
    di lasciarlo in infusione ben 10 minuti … che faccio 2 o 10 ?
    – quindi il colino in ACCIAIO INOX va bene , NON danneggia nulla
    degli elementi salutari del te o meglio uno in plastica ?
    al limite vedo che li fanno i COLINI anche in silicone (ma mi fido
    poco) o che dite meglio filtro in puro cotone ?
    – leggo che pare il limone potenzi alcuni effetti benefici del te’ verde
    vera questa cosa o no ?
    – se prendo il te’ verde earl grey al bergamotto , ques’ultimo puo’
    limitare qualche effetto benefico o non fa nulla al te ?
    grazie per aiuto e consigli, saluti Mery

  58. @Mery
    Ciao. Se è un tipico tè verde cinese cotto in padella, classico come quasi tutti i tè verdi in commercio facilmente trovabili, fai come indicato nell’articolo:
    – circa 80 gradi (se non puoi misurare: porta a ebollizione tumultuosa, poi versa in una tazza e aspetta 2 minuti, massimo 2 e mezzo, infine aggiungi le foglie;
    – prova 3 minuti, poi vedi se ti piace o se è meglio 4 minuti o 2 minuti (se ha foglie rotte in pezzetti piccolini è facile sia meglio 2 minuti, se sono foglie grandicelle è facile sia meglio 4);
    – va tutto bene, l’importante è che sia un filtro fitto (nylon o acciaio o cotone, va tutto bene) e non uno di quegli infusori con i buchi perché lì i pezzetti di tè più piccoli escono fuori (impossibili da usare versando i contenuti delle bustine dopo averle aperte, o con tanti Breakfast di pezzatura molto piccola);
    – non preoccuparti troppo dei “benefici” del tè: in buona parte sono miti, come quelli sui benefici medici dello champagne… la cosa principale che esce dalle foglie del tè e in dosi sufficienti a portare un qualche risultato apprezzabile concretamente è la caffeina (per le altre sostanze dovresti bere temo decine di litri di tè al giorno per ottenere qualche integrazione utile…. un po’ come col vino rosso che aiuterebbe contro certe malattie, ma la sostanza utile per averla in dosi accettabili richiede 300+ litri di vino al giorno ^_^).
    Ciao!

  59. Gentile Duca,
    sapresti consigliare una dotazione tecnica base per fare dei buoni tè? Vedo che c’è l’imbarazzo della scelta in fatto di prodotti e non si capisce che differenza ci sia tra i vari modelli (terracotta, ghisa, ecc..)
    Nello specifico, per uno come me che beve parecchio tè, alla buona e in velocità, sapresti consigliare una teiera decente con termometro e filtro inclusi? Qualcosa da poter usare in velocità magari anche a lavoro.

  60. La dotazione minima utile è:
    – bollitore elettrico perché lo metti dove ti pare e non si schiavo dei fornelli, per le dimensioni valuta tu se prenderlo da 1 o 1,5 o 1,7 litri tenendo conto della dose minima d’acqua che permette di usare (fondamentale in caso abbia un termometro incluso, se no non rilega la temperatura): io prima avevo uno da 1 litro senza termometro che permetteva un minimo di 0,3 e ora ho un 1,7 litri con minimo a 0,75 e termometro incluso;
    due filtri Fackelmann così puoi gestire due infusioni alternate nella stessa teiera, per bere prima un tè, poi un altro, poi fare le seconde infusioni, o in due tazze diverse, perfetti per contenere foglie fino a 1 litro di infusione circa (alcune quando sono bagnate diventano davvero grosse per cui meglio avere un filtro capiente classico);
    – io mi trovo bene con le classiche teierine a bolla in vetro e metallo da pochi euro, da 0,75 litri con capienza REALE dopo filtro e foglie e tenendo 1 cm circa dal bordo per non traboccare di 0,65 litri: di norma includono un filtro di metallo a trama stretta ma non stretta a sufficienza per la polvere fine (per quella hai i Fackelmann in nylon, che io uso per ogni cosa), ma dato che diventa caldissimo (i fackelmann in plastica non scottano) e spesso richiede un paio di secondi per staccarlo dalla teiera, io sconsiglio di usarlo.
    Fregatene delle teiere in terracotta porosa: danno un sapore meno neutro al tè e servono principalmente per imprimere alla terracotta un sapore specifico, per usarla con un solo tipo di tè (di solito un certo oolong) a vita.
    Può valer la pena procurarsi una piccola teiera col manico giapponese in terracotta (non porosa) se hai piacere di preparare i tè giapponese migliori con quella (da sencha buoni in su). Io la uso così, mentre i bancha. genmaicha e altri tè di pregio scarso li faccio con la teiera a bolla.
    Le tetsubin in ghisa sono bellissime, ma spesso il filtro è difficile da togliere: bisogna far leva col coltello e alla fine ti scotti un po’ le dita comunque. Puoi sempre ficcarci un Fackelmann di plastica sopra, comunque.
    Ne ho una in ghisa laccata di nero, da 1,2 litri, e l’ho usata negli ultimi mesi solo quando mi si è rotta la teiera a bolla da 0,75, in attesa che mi arrivasse quella nuova presa su Amazon (sono sempre una lotteria perché sono un prodotto super low cost e può arrivarti perfetta oppure mezza scassata ^_^ la mia ultima era tutta ok, meno filtro e tappo che si incastravano troppo stretti e li ho sostituiti con quelli della precedente di cui si era rotto il vetro.
    Su teaway.it trovi anche i termometri se ti servono oltre a un sacco di tè mono-origine di pregio. La cosa più importante è vedere la temperatura nel contenitore, per fare le proprie valutazioni di perdita di temperatura, più che nel bollitore.

  61. Ciao, ho letto l’articolo e mi complimento per la precisione e la vastità dei temi. Da neofita del tè ( per ora ho esplorato più che altro alcuni tè d’ombra giapponesi e qualche bianco) volevo chiederti cosa intendi quando dici di averne “schedati” molti.Insomma, come si scheda un tè? Ci sono dei criteri formali? Si va a caso ( ne dubito…)?

  62. Schedare è semplicemente appuntarsi i dati organolettici del prodotto, come per qualsiasi altra bevanda, indicando quelli di rilievo per il tipo specifico. Lo scopo è principalmente personale: ricordare cosa si è bevuto, di cosa sapeva e cosa è piaciuto. Se si entra nel dettaglio, ogni singola federazione di “qualcosa” avrà specifici valori che terrà in maggior conto: per esempio in ambito vino, per quanto simili, vi sono differenze nei parametri valutati dalla scheda ONAV e da quella AIS.
    Nella sua essenza una bevanda avrà un colore, dei profumi, del sapore, una persistenza del sapore dopo aver bevuto, e una consistenza in bocca. Se ci si attiene a queste basi, si avrà una scheda di appunti comunicabile senza bisogno di ulteriori conoscenze.
    Naturalmente la consistenza va valutata in relazione a quelle bevande… un Dea di Ferro piuttosto corposo è tutt’altro che corposo rispetto a un caffè fatto al 100% con dei Robusta pregiati, tipo i monsonati indiani o simili, non la merda vietnamita. Idem l’intensità dei profumi è relativa: un caffè o un vino di media intensità nei profumi sono più forti come botta olfattiva di un tè dal profumo intenso.
    Con i tè io segno:
    – Quantità di foglie e dose d’acqua
    – Temperatura iniziale acqua e tempo di infusione
    – Colore (non sempre: mi interessa poco)
    – Profumi
    – Sapore (in particolare verificando se c’è coerenza con i profumi iniziali)
    – Retrogusto (può essere diverso, e preferisco annotare se il sapore del retrogusto è diverso dal sapore iniziale) e Persistenza dello stesso (valutato in base alla persistenza media dei tè).
    – Note ulteriori: è tipico del suo stile di tè, ha sentori che ricordano altri tè di tipo diverso ecc. (es. ci sono dei Ceylon d’alta quota che sembrano identici a dei Darjeeling, e dei Ceylon di bassa quota così forti e cerealosi da ricordare degli Assam) e infine se mi è piaciuto (che riassumo con un voto numerico che ha senso solo per me, però).

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