Mi è difficile delineare in modo chiaro il percorso che mi ha portato verso il tè, che mi ha permesso di capire che questa era più di una semplice bevanda per me, era qualcosa che aveva in sé qualità artistiche degne di rispetto.
Una bevanda che ha cambiato il mondo, che ha influito sulla cultura e sulla storia occidentale, che ha costruito attorno a sé un mito e un culto laico detto “teismo” nell’estremo oriente. Una bevanda che per i cinesi definiva l’uomo stesso nelle sue qualità: certi uomini hanno troppo tè dentro di loro, altri troppo poco. Una bevanda verso cui si possono dedicare anni di studio anche solo dal punto di vista del mero consumatore.

Tutto ciò è vero, ma arrivare a comprenderlo al punto da volervisi dedicare è stato tutt’altro che facile. Ma in un certo senso ho sempre saputo di volermi interessare al tè: il suo richiamo nel corso degli anni riaffiorava… a sconfiggerlo erano i pessimi tè facilmente disponibili nella grande distribuzione.

La tazza idonea per tanti tè nei supermercati italiani.
La tazza idonea per tanti tè nei supermercati italiani.

Ma cominciamo dal principio.
Più in là che riesco ad andare, dove la memoria si fa così confusa che le ipotesi sono costrette a riempirne i vuoti. Giù giù fino ai tempi antichi, quando ancora il Duca non aveva la barba. Sì, so che molti tra voi lettori sono certi che io sia nato con la barba e il pickelhaube (e coglione a manovella), e non vi impedirò di crederlo, ma la verità è che mi ci è voluto un certo impegno a divenire così coglione un tempo avevo il volto glabro, proprio come i coniglietti appena nati. O le ragazzine. Ormai uso la presenza o meno della barba per distinguere il sesso negli adulti, funziona a meraviglia.

In casa mia si è sempre bevuto il tè, poco ma sempre. Soprattutto nei mesi freddi, tornando in casa, mia madre proponeva un tè caldo, sapendo che anche se io o i miei fratelli avessimo detto “no” di sicuro mio padre avrebbe detto “sì”.
E si è sempre bevuto in due modi: all’italiana con il limone e lo zucchero a stuprare il sapore del tè creando una limonata (ma tanto le bustine da supermercato quasi sempre facevano schifo), oppure con un po’ di latte. Mio padre lo prendeva quasi sempre col latte, come aveva imparato da giovane in visita nel Regno Unito quando viaggiava come ufficiale dello stato maggiore per scambi di vario genere con altri paesi amici.

Il mio interesse per il tè e le tisane comunque non iniziò prima del liceo. Terza o quarta liceo. Prima mi interessava bere solo il caffè, che consumavo al ritmo di due moka da 3 tazzine al giorno (una al mattino e una dopo pranzo) credo, più o meno dalla prima liceo (e qualche volta una terza se dovevo studiare a sera… non perché studiassi molto, non me ne fregava nulla, ma perché arrivavo a preparare le verifiche all’ultimo giorno). Non sono sicuro, ma forse in seconda e terza media prendevo solo mezza moka al pomeriggio e basta.

Ricordo chiaramente che in quarta liceo ero in fissa col karkadè (fiori di ibisco). Lo ricordo perché era l’anno in cui ci avevano fuso con un’altra classe smembrata e divisa in giro e c’era un ragazzo simpaticissimo (che però poi non è stato promosso, assieme a un altro) che stava uscendo di testa mentre lo martellavo di idiozie al ritorno da una gita in visita a una qualche mostra di stronzate a Milano. All’epoca non si cazzeggiava sugli smartphone come oggi… tipo perché non c’erano, i cellulari dell’epoca erano da morte anale, con giusto 2-3 giochetti scemi sopra. Ricordo la cosa perché visto che avevo una sete porca avevo anche questo pensiero martellante di volermene tornare a casa e farmi una caraffa di karkadè.

karkadèForse quel giorno stesso, o poco distante, alla professoressa d’arte (una professoressa fantastica, adoravo la sua materia e intimava rispetto con sguardi di disapprovazione stile Gamberetta + Kapò + la stazza di Bud Spencer in edizione più bassa) qualcuno chiese se le piaceva il tè verde – erano gli anni in cui alcuni marchi stavano spingendo per introdurlo in Italia in modo stabile accanto al tè nero – e lei disse che faceva bene, ma che il sapore era una mezza schifezza per cui non le piaceva.

Il che è assolutamente sensato: ne riparleremo più avanti, ma le pessime indicazioni dei venditori rendevano tremendo il primo impatto col tè verde, che infuso a 90+ gradi assumeva note amare e sgradevolissime. Ovviamente non sapendone nulla il consumatore normale da supermercato dava la colpa ai propri gusti, pensando fosse il sapore giusto che doveva avere.

Non ricordo se fu in terza o in quarta liceo che mia madre portò in casa, presa da qualche erboristeria o qualche altro negozietto, una confezione di bustine di un tè che non ricordo come si chiamasse (e mi è sempre rimasto in testa che volevo riscoprirlo) e che solo negli ultimi mesi penso di aver capito cosa fosse.
Considerate che all’epoca, per un consumatore da supermercato, “tè” indicava automaticamente il tè nero. Al massimo c’era quello verde, che iniziava a venire spinto un po’ seriamente con le pubblicità. Quindi si diceva “tè verde”, ma non era normale precisare “tè nero”. Cioè, dai, erano praticamente 15 anni fa: 15 anni più vicini agli anni ’70-’80 e alla larga diffusione dell’eroina, cioè, eravamo scusati a non capire un cazzo, eh!

Quel tè portato era curioso perché diceva di essere un tè che in Cina chiamano “tè nero” mentre gli altri tè che noi diremmo neri sono chiamati rossi (e già qui non ci avevo capito niente, ma ok, wow, figo). E aveva un nome strano che a posteriori ho ricostruito, anche grazie al dettaglio, essere Pu’er, il tè fermentato. L’ho ricostruito a posteriori dal dettaglio di definirsi “tè nero in Cina”, dal luogo di provenienza (i monti dello Yunnan) e dal liquore scurissimo che sembrava una cosa a metà tra caffè e tè, con note molto tostate. Poteva essere solo Pu’er. Uno di sicuro dozzinale, come se ne trova a 2-3 euro pure nei supermercatini cinesi, ma Pu’er.

Mi piacque molto e lo usai quasi solo io, ma poi non venne ricomprato e cadde nel dimenticatoio… riscoprire cosa fosse fu impossibile, visto che l’indizio “tè nero” e “tè rossi” era inutile, visto che “tè nero” per noi (mia madre ha sempre avuto una buona cultura di erbe, tisane ecc. ma non sul tè) è il tè normale e con tè rosso al massimo indichiamo (a cavolo, come se tè e tisana fossero sinonimi) la tisana di rooibos. Avendolo comprato chissà dove, finì che fu impossibile ritrovarlo.

Salve anni '80
Salve anni ’80

E così a fasi alterne proseguii con le mie tisane, le classiche bustine di menta piperita, di rosa canina (ah, questa mi piaceva molto fin a bambino) e di karkadè. Raramente tè, assieme mi attirava e mi allontanava: unite il non sapere nulla sull’importanza dei tempi di infusione con il pessimo English Breakfast di Twinings e avete la ricetta per uccidere la possibilità che un nuovo cliente nasca.
Un po’ come è accaduto col Fantasy in Italia, quando gli anni del boom sono stati sprecati da grossi editori idioti e incompetenti che hanno ucciso il settore, invece di farlo espandere, a furia di libracci pessimi.

Feci un nuovo tentativo col tè nel 2008, ispirato da un anime, Rozen Maiden. Lo avevo visto in ritardo (era del 2004), e lo avevo scoperto incuriosito dal fatto che era il periodo in cui su board come 4chan (che stavo frequentato parecchio nel 2008, appunto) spopolavano i meme a base di una tizia vestita di verde che completava ogni frase con “desu”… cercando un po’ si scopriva subito che quella era Suiseiseki e l’anime era Rozen Maiden. Uno degli altri personaggi invece era una bionda rompiballe che obbligava il protagonista a fare il tè correttamente, facendogli comprare pure una teiera decente e stando attento a temperatura e minuti.
Solito problema col tè: mollai dopo un paio di settimane a causa del lerciume disponibile nei supermercati. All’epoca la voglia di cercarmi tè buono su internet non l’avevo, per cui mollai lì e basta.

L’interesse vero per il tè tornò nell’estate 2012, dopo qualche altro tira e molla di breve durata tra 2009 e 2011. Ed è rimasto fino a oggi, solo che ho avuto modo di approfondire seriamente solo nel corso dell’ultimo anno. Dal 2012 ho cominciato a interessarmi di più di tè, complice l’aver provato un paio di tè decenti degni di farsi bere: prendevo in erboristeria due tè, un banalissimo Pai Mu Tan bianco e una miscela di tè nero, tè verde, petali di girasole, boccioli di rosa e aromatizzazione alla pesca/albicocca venduta come Rosa d’Inverno. Due mediocri tè da 5 euro l’etto, del tipo che tiene un’erboristeria per niente interessata al tè sfuso.

Fu un cambio radicale. Quello era tè. Ok, lo facevo con l’acqua alla temperatura sbagliata (troppo calda) e l’infusione andava un po’ troppo a occhio (ma presto iniziai a conteggiare i minuti con precisioni, dopo poche tazze di sapore alterno), ma perfino così era così superiore da non poterlo scambiare per l’aspro, amaro e assieme di corpo modesto (nemmeno la dignità della struttura dietro il saporaccio!) English Breakfast di Twinings venduto per il mercato italiano (di quella marca sopporto gli altri in bustina come bianco, alla pesca ecc., solo questo qui mi fa cagare nonostante io adori in generale i Breakfast).

Dall’erborista preferito da mia madre presi tè nero cinese al gelsomino e del buon Ceylon Orange Pekoe dal tipico sentore agrumato. Lì c’era pure un Gunpowder (verde cinee) più che adeguato. Con cinque tè sfusi più le bustine da supermercato (incluse le tisane cannellose di Yogi Tea), per un consumatore blando come me ero più che a posto per ruotare i sapori e farmi una piacevole tazza tre o quattro volte a settimana.
Le bustine le mischiavo pure per fare “blend”, usando 6 bustine per un litro e combinando tè diversi per ottenere miscele dai sapori nuovi: un bianco aggiunto per dare floreale e ammorbidire, un nero forte per dare intensità, uno di tisana alla fragola per aromatizzare… cose così. :-)

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Ho ancora un fondo di “Rosa d’Inverno”, saranno 40 grammi scarsi. :-)

Ma fu anche il periodo in cui iniziai, quell’autunno, il corso per Sommelier.
Lo feci anche con l’intenzione di imparare tramite il vino qualcosa sulla degustazione spendibile anche per il tè. Quando nel 2014 ho deciso di dedicarmi seriamente al tè, devo dire che quel corso che impiega il “vino” come base comune è stato un’eccellente introduzione alla degustazione in generale. Olio, birra, distillati, sake, tè… si può andare ovunque a espandere il proprio interesse dopo quel corso perché aver appreso le basi della degustazione con la facilità permessa dal vino aiuta tantissimo. Riconoscere gli aromi nel vino è una sciocchezza rispetto ad altre bevande con troppo alcool che offusca o profumi troppo blandi/confusi: il vino ha profumi chiari, nitidi, distinti e spesso forti.

L’esperienza col vino fu totalizzante, dovevo continuamente provare vini nuovi e schedarli tutti, imparando a farlo sempre meglio. Con i soli vini provati al corso sarebbe stato un suicidio passare l’esame e comunque io volevo imparare davvero, espandendo il più possibile le mie conoscenze. Così tutto il 2013 fu dedicato al vino assieme ai primi due mesi del 2014. Non c’era tempo per approfondire il tè, che pure continuavo a bere.

E così arriviamo al 2014. Ero di nuovo pronto ad approfondire il tè. Iniziai esplorando tutti i tè che trovai nei diversi supermercati che frequentavo. Gli sfusi rimanevano meglio, ma ebbi comunque una infatuazione per una porcata della Lipton: i tè in piramide aromatizzati per ricordare dolcetti (pera e cioccolato, muffin al mirtillo, macaron al limone e pasticcino alla fragola). Roba che è tè come Licia Troisi è Gamberetta, dicendolo terra-terra.
Non sapendo che bustine portarmi dietro, per evitare il caffè in camper (non lo prendevo più da agosto), mi portai quei gusti strani al Lucca Comics 2014 pure. Angra e la sua fidanzata dovrebbero ricordarselo. :-)

L’autunno del 2014 fu anche il periodo in cui scoprii che mi piaceva l’Assam, grazie prima alle bustine Twinings (mi attirava l’idea di un sentore maltato) e poi all’Assam comprato su Lateteria.org (molto meglio delle bustine!), un negozio di tè che avevo iniziato a utilizzare proprio quell’anno. Trovare dove comprare tè non era facile e dove lo compravo di solito non c’era Assam, per cui mi capitava raramente di provarlo.
Ancora non sapevo che il mio amico Tommaso, proprietario del winebar-ristorante Trex a Bergamo, vendeva anche tè sfuso ai clienti (ero ancora orientato al vino, in caso di uscite serali). In più prima di dicembre 2014 non ero ancora abituato a comprare abitualmente tè online, era una cosa molto sporadica (del maccha/matcha in un posto, del verde diverso in un altro ecc.).

13 febbraio 2015, arriva il mio primo acquisto da TeaWay.it
13 febbraio 2015, arriva il mio primo acquisto da TeaWay.it

Il cambio grosso arrivò quando trovai un negozio che mostrava la varietà del tè in purezza, mono-origine e talvolta pure mono-piantagione, che mi aprì davanti qualcosa che prima conoscevo solo “in teoria”: l’ampiezza e la complessità del mondo del tè, pari a quella del vino.

E qui un enorme grazie va a Silvia Orizio che su facebook mi consigliò caldamente quel negozio di cui sono un entusiasta cliente, Teaway.it. Il mio primo ordine lo ricordo ancora, sei cofanetti di degustazioni: il mio primo lotto di tè davvero seri da provare (ben 36), incluso il mio primo impatto con la Dea di Ferro della Misericordia. Fu amore al primo sorso. D’altronde cosa aspettarsi da un tè che ha così tante somiglianze concettuali con Chiara Gamberetta? E non fui io il primo a dirlo tra chi bazzica il nostro ambiente online! L’immagine tra un paio di paragrafi lo testimonia!

Un altro cambio che mi sorprese avvenne sempre nell’autunno 2014 quando decisi di sbarazzarmi di un pessimo Earl Grey in bustina a marchio Iper comprato più di un anno prima, scolandomelo tutto. Erano ancora 30 bustine circa su 50 iniziali (sì, come un coglione presi il pacco grosso più “conveniente”). Non mi era piaciuto per niente. Avevo provato anche un Earl Grey fatto meglio, dell’Equo & Solidale (di cui apprezzavo molto il tè nero aromatizzato al miele e limone) e mi aveva confermato che l’Earl Grey non era per me, mi faceva schifo.

Sorpresa del 2014: dopo un anno circa che non bevevo nemmeno un sorso di Earl Grey, lo riprovai e mi piacque! Certe volte si parla di gusti che si adattano continuando a consumare qualcosa, come quando inizi che non sopporti lo zenzero e mangiando un po’ alla volta quello candito finisci per adorarlo e a mangiarlo pure al naturale quando te lo danno al ristorante giapponese
Ma io qui non avevo più toccato l’Earl Grey in un anno e l’ultima esperienza era stata pessima! Come faceva a piacermi? Per un po’ fu il mio tè preferito (ancora non compravo online, fu subito prima di iniziare) e feci fuori in fretta anche la latta di Earl Grey sfuso di Twinings. L’unico tè in foglia decente presente all’Iper di Orio Center. No, non tengono altre latte di Twinings, degli altri prodotti ci sono solo le bustine. Solo l’Earl Grey da anni ha la sua latta lì: forse qualcuno è fan di Picard nell’ufficio ordini? :-)

Non sono solo io a pensare cose simili!
Non sono solo io a pensare cose simili!

Ed eccoci qui, oggi.
Nel momento in cui il tè è divenuto il mio passatempo degustativo preferito, soppiantando al 90% il vino, ho iniziato a trattarlo con la serietà con cui tratto i miei passatempi. In pratica negli ultimi 10 mesi lo sto studiando come se dovessi dare un altro esame da sommelier: ho macinato un libro sul tè dopo l’altro, acquistato testi da consultazione, comprato teiere extra e pure un adorabile gaiwan per il gong fu cha (che però non pratico quasi mai, preferisco le infusioni occidentali) e fatto le schede di ogni tè che provavo. E ogni volta che riprovo un tè rifaccio la scheda a mente e verifico, notando di norma con grande soddisfazione la corrispondenza quasi perfetta anche dei voti “numerici” che uso come promemoria per futuri acquisti.

Al 4 settembre sono arrivato a 186 schede. Quelle del vino prima dell’esame a inizio 2014 erano state, tra vini fermi e spumanti (incluse quelle fatte a lezione), solo 223. Quasi raggiunte. :-)

E ho sempre più voglia di esplorare il tè e studiarlo… peccato anche che a furia di scatoloni di tè tra Mlesna, Fortnum & Mason, TeaWay e altri negozi vari ho accumulato scorte per un anno abbondante! E considerate che è un anno calcolato con il ritmo da cloaca con cui tracanno io, 3 litri al giorno circa! XD

E a te piace il tè? E le tisane? Come ti ci sei avvicinato?
Questo è un post di ricordi e chiacchiere: raccontami la tua storia qui o parlane nel tuo blog e linkamelo! ^.^

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La Dea approva. Credo. Spero.

Bustina? Fogli sfuse? Tutti i principali consigli su acqua, tempo e temperatura per fare un buon tè li trovi qui.

E se tutto questo parlare di tè ti ha fatto venir fame oltre che sete, che ne dici di cucinare una facile teacake alle amarene? ^_^

23 Replies to “Il mio percorso verso il tè”

  1. Me li ricordo quei terribili tè col filtro a piramide, li avevano portati pure a me! XD ricordo che avevano un gusto pessimo ma al contempo assuefacente, a metà tra lo zucchero e il cartone.

    Per il resto, da quando la coinquilina mi ha fatto scoprire le meraviglie del bollitore elettrico, io bevo troppissimo te. Viaggio sulle 4-5 tazze al giorno, ma non sono minimamente raffinata come te: prendo le bustine al supermercato e cerco di tenermi lontana dai gusti troppo pessimi, come l’orribile “Frutti Misti” della Pompadour.
    La zia di una mia amica alla Pompadour ci lavora, e a volte mi arrivano in regalo bustine di gusti “rari”. Lo scorso Natale ad esempio ho avuto quello al lampone e peperoncino ** era molto buono, ma non l’ho mai rivisto in giro; penso sia distribuito soltanto nel Südtirol.

    Di solito prediligo gli infusi alla frutta, il té verde/nero mi ha sempre fatto schifo… Ma come hai notato tu, potrebbe essere una questione di tempi di infusione sbagliati.

  2. La roba in bustina da supermercato è proprio pessima. Di buono, a parte le tisane, ho trovato solo le bustine di Mlesna, che già conoscevo per i tè sfusi. Il loro Cream Earl Grey è fantastico (corposo, ricco, cremoso con note di vaniglia… qui il bergamotto non è aggressivo, è più un agrumato generico) e il loro English Breakfast è assieme elegante e potente (struttura solida), un tè forte senza essere scuro e aggressivo come troppe miscele di Africani e Assam (miscele che comunque a me piacciono molto).

  3. Oddio, e io che credevo di essere l’unico weeaboo inveterato che cominciò a studiare e rispettare temperature e tempi di infusione dopo aver guardato Rozen Maiden!

    Passai i mesi successivi ordinando tè e strumenti dall’oriente, anche se alla fine mi assestai su tè verdi economici giapponesi (dato che ne consumo in quantità industriali). Mi piacerebbe ritrovare il sito da cui comprai 1 kg di buon matcha a un prezzo stracciato.
    Invece i blend non sono mai riuscito ad apprezzarli, vuoi perché confondono troppo i sapori, vuoi perché forse non ne ho mai assaggiato uno decente.

    Leggere questo articolo è stato davvero come fare un viaggio nel passato. L’Earl Grey è stato anche il mio tè preferito per un buon arco di tempo. Ora non lo assaggio da anni. E diamine, i filtri a piramide! Mi ero completamente scordato di loro. Ricordo che ne provai diversi tipi, ma finito “l’effetto novità” li trovai essere niente di speciale.

    Tra parentesi, felice di vedere nuovamente il Duca scrivere di cose interessanti al di là della letteratura, dopo anni di coniglietti e messaggi promozionali, ma capisco come il progetto Vaporteppa possa non lasciare troppo tempo per bloggare dei cazzi propri personali.

  4. I blend sono un’arte, anche molto divertente, per creare sapori distinti che si inseguono a catena. Vedremo in futuro ricette classiche e nuove per evocare sensazioni diverse secondo dettami di progettazioni iniziali diversi. :-)

    Oddio, e io che credevo di essere l’unico weeaboo inveterato che cominciò a studiare e rispettare temperature e tempi di infusione dopo aver guardato Rozen Maiden!

    “Siamo Legione.”
    (Cit. da quella quadrilogia fantatrash che piace ai cristiani e di cui mi sfugge il nome)

    Tra parentesi, felice di vedere nuovamente il Duca scrivere di cose interessanti al di là della letteratura, dopo anni di coniglietti

    Nulla è più interessante dei coniglietti. A parte altri coniglietti. Altri coniglietti che prendono il tè. Kawaii!!! ^___^

  5. L’Italia, per un qualche bizzarro motivo, pare avversa all’idea di creare consumatori di tè che spendano cifre considerevoli nei loro prodotti. Io vivo da qualche anno invece a Weimar, 63k abitanti, e ci sono almeno 4 negozi che vendono solo tè, tisane e teiere, e su richiesta ordinano anche piccole quantità di prodotti rari.
    Per il resto consumo quantità considerevoli di tè, ma mi manca il know-how da degustatore. Almeno non ho più tè in bustina in casa.

  6. L’Italia, per un qualche bizzarro motivo, pare avversa all’idea di creare consumatori di tè che spendano cifre considerevoli nei loro prodotti.

    Già! E trovo inspiegabile che aziende come Twinings invece di mantenere lo stesso standard qualitativo che hanno in UK, con cui potrebbero conquistare il mercato di massa in un attimo (varrebbero il prezzo speso), si abbassino al livello “so’ selvaggi ‘n capiscono un cazzo” e ci diano robaccia. La fidanzata di mio fratello deve importate perfino le bustine di Twinings dall’Inghilterra, il contenuto è completamente diverso.

    Va bene che tè di qualità inferiori permettono comunque di rimanere sul mercato italiano, ma perché non puntare a espandere il mercato a danno di tisane e caffè? Perché rimanere pigri, capaci solo di fare pubblicità in tv (per quanto con un adorabile coniglietto bianco) invece di migliorare i prodotti di terz’ordine inviati da noi, scarsi consumatori di tè, mentre nei paesi forti danno i prodotti validi? Stessi nomi dei prodotti, ma a noi la cacca e agli altri il tè vero.

    io trovo brand economicissimi (in UK) come Typhoo, Yorkshire Tea o Make mine a Builders perfettamente adatti come tè semplici, per il mattino, e li bevo con piacere quasi tutti i giorni. Yorkshire Tea poi ha quella leggera nota agrumata che lo rende un pelo meno monotono degli altri due. Poi dal pomeriggio a notte passo a tè di pregio e prezzo molto superiori. ^__^

  7. Il

    Tè. Earl Gray. Caldo.

    È il mio tè preferito ^__^ e aromatizzato alla rosa è ancora più buono!

    Solo che dopo aver assaggiato quello della Whittard tutti quelli delle altre marche mi fanno schifo.

  8. Nel mio caso, l’avvicinamento al the “serio” è in buona parte colpa tua.
    Ho sempre consumato the, anche se per anni mi sono limitata al the in bustina. Odiavo cordialmente il the verde e non andavo mai oltre qualche thè nero aromatizzato trovato al supermercato.
    Poi sei arrivato tu, a riempirmi la bacheca di Facebook di foglie e fogliette di mille forme e colori. Parlavi di the, sempre e comunque, con passione e (per quanto ne capissi e ne capisca ancora oggi) competenza. Così mi sono fatta contagiare e ho ordinato i miei primi the in foglie.
    Devo dire che mi ha aiutato in un periodo un po’ complicato: mi alzavo la mattina e avevo il mio bel rituale, con le foglie da pesare, l’acqua da riscaldare alla temperatura giusta, la sveglietta per i tempi di infusione. Versavo due tazze, chiamavo mio fratello e sorseggiavamo insieme, commentando.
    Per quanto possa sembrare stupido, il the mi ha permesso di stare meglio.
    Grazie.

  9. Il tè un’esperienza di vita, un rito e un modo di esplorare gusti nuovi.

    Ho difficoltà a capire i consumatori che usano un solo tè (come era il consumatore popolano britannico di una volta, che usava praticamente solo Engish Breakfast con poche differenze di miscele in miscela) o quelli che tirano fuori battute (sentita in un video che parlava di tè!) “quello migliore è quello fatto dagli altri”.

    Il tè è come il vino, è varietà!
    In più la preparazione è parte integrante della sua esperienza mentale e sensoriale: pesare, guardare e annusare le foglie secche (anche se l’aspetto delle foglie è più importante per la cultura cinese, i giapponesi lo ritengono irrilevante), decidere i gradi esatti miscelando acqua bollente e acqua fresca nella teiera (se inferiori a 95°), seguire la temperatura estraendo al momento esatto e valutando le future correzioni se non si è già trovato il bilanciamento perfetto peso-temperatura-tempo ecc.

    Il tè è piacere anche nel realizzarlo partendo dalle foglie, non solo nel consumo. E questo secondo me lo pone sopra il vino nettamente come ampiezza e strutturazione dell’esperienza. :-)

  10. Ho sempre bevuto i tè in bustina, e stranamente mi piacevano, anche i più beceri, fin da quanto ero piccola. Poi ho scoperto i tè in foglia (anche nel mio caso il primo incontro è stato con un Pu’er, assaggiato perché dicevano facesse dimagrire XD) e mi si è aperto un mondo.
    Non sono ancora molto ferrata nella preparazione, non uso il termometro e non so riconoscere molti aromi, ma ho intenzione di imparare e sperimentare nuovi tè, anche se prima devo finire tutte le miscele natalizie che ho in casa ^^’

  11. In genere Assam. Ho una certa predilezione per le miscele presenti sul mercato irlandese, ogni volta che vado a Dublino o dintorni torno con i pacchi. In genere son anche i soli tè che riesco a bere in bustina, useranno una carta differente… Tempo fa ero cliente di un negozio che vendeva solo tè e tisane, purtroppo da un po’ di tempo chiuso, e ora mi rifornisco ad un negozio vicino casa che ha le miscele sfuse, per quanto a prezzi non concorrenziali.
    Una nota curiosa è che mi piace, alle volte, pasteggiare col lapsang souchong. Assolutamente da evitarsi a colazione, a meno che uno non la faccia normalmente salata, e non deve vedere lo zucchero neppure in fotografia, ma va da sé.

  12. Il lapsang souchong, e il suo collega taiwanese tarry souchong, si sposa bene con piatti al barbecue, pesce saporito grigliato, o anche solo bacon molto croccante con le uova.

    Ma a me non dispiace nemmeno con del salmone affumicato, in particolare se parliamo di una versione di lapsang non troppo economica, non quelle che sanno di fumo e basta (ne ho bevuta una mesi fa, deludente… poi da Teaway e da Dammann invece solo soddisfazioni): un bel lapsang o tarry con note importanti di resina, fumo intenso ma elegante, tabacco dolce, magari vaniglia ecc. o anche solo una nota balsamica, quasi di liquirizia, sul finale dopo aver deglutito, per variare il gusto intenso un po’ speck-oso. Pulisce bene dal leggero unto che lascia il salmone e ne intensifica l’affumicato in bocca.
    A me piace anche con una bella pizza grassa, tipo una “bergamasca” con taleggio e salame. :-)

    Io lo preferisco bere da meditazione, senza accompagnarci nulla. Soprattutto il Zheng Shan Xiao Zhong, grande lapsang souchong. Mi piace molto. :-)

    E con la pizza zola e noci senza pomodoro, un Keemun dalle intense noti di noci abbrustolite e crema di noci, unite a una struttura forte e morbida, sta da dio.

  13. Perlopiù bevo tè sfusi aromatizzati con vaniglia o cannella, Darjeeling e vari Oolong ma sto affinando i gusti anche per merito tue segnalazioni, Duca.
    Un ringraziamento in particolare per la raccomandazione del Guan Yin, che conoscevo solo di nome prima di convincermi a provarlo.
    Il Pu’er lo consumo più di rado ma ha sempre esercitato su di me un discreto fascino fin dai tempi in cui la provai in bustina. Emblematiche quasi sempre le reazioni della gente a cui ho cercato di propinarlo per la prima volta (“Cazzo, ma sa di terra!”).

    Sono sempre stato un avido consumatore di tè in bustina, ma la ‘folgorazione’, per così dire, l’ho avuta all’inizio della quarta superiore. Al termine dell’anno precedente una delle tre sezioni della nostra leva doveva essere scorporata e divisa tra le altre due per ridurre il numero delle classi, dato che negli anni precedenti varie bocciature avevano sfoltito il novero degli studenti fino a livelli di guardia.
    Noi ci salvammo grazie a due nostri compagni che, recuperando per tempo alcuni debiti dietro minaccia di un linciaggio collettivo, evitarono la bocciatura, condannando invece la sezione rimasta in maggior inferiorità numerica.
    Metà della classe D, a cui in passato eravamo stati varie volte accorpati nelle ore di ginnastica e in qualche gita, venne così unita alla nostra, tra cui una ragazza piuttosto… uhm… eccentrica che già avevo avuto modo di conoscere per essere capitata nella mia classe di inglese durante la vacanza-studio a Londra dell’anno prima e per fare parte del gruppo di teatro della scuola.
    Il padre era un chimico con l’hobby di distillare grappe e altre personali varietà di liquori distruggi-fegato che teneva orgogliosamente esposte in sala in bottiglioni di vetro muniti di poco rassicuranti etichette scritte a mano recanti annata di produzione e descrizione sommaria del loro venefico contenuto, dei quali peraltro avremmo fatto varie volte (ab)uso nei tempi a venire. Lei prediligeva invece lo sperimentare nuovi tipi di tè, di cui aveva un’impressionante scorta nella propria dispensa, spaziando dalle più improbabili e becere varietà di tè in bustina a varie tipologie di tè in foglie all’epoca a me pressoché sconosciute, accumulate a seguito di varie spedizioni tra erboristerie di fiducia, negozi equi e solidali falliti o sul punto di esserlo e stand delle Fiere dell’Artigianato.
    La prima volta che sono stato da lei a bere un tè, pressappoco è andata così XD.
    Long story short, da allora, seguendo anche i suoi consigli, ho iniziato a provare tipologie di tè diverse dalle comuni varietà da supermercato e negli anni seguenti sono progressivamente passato, una volta procuratomi degli attrezzi decenti, alla preparazione dei tè sfusi, comprando ormai prevalentemente da Internet ciò che mi serve. Mi accorgo però di essere ancora lontano dal livello di un intenditore anche solo mediamente competente, motivo per cui ho particolarmente apprezzato i contenuti didattici ma al tempo stesso molto accessibili dell’articolo, per quanto non sia il genere di materiale che ci si aspetterebbe di solito di trovare su Baionette (ma già ci stanno i coniglietti, quindi…).

    Di recente sono stato in Giappone e a Kyoto ho fatto qualche acquisto all’Ippodo Tea Shop, tornando a casa con una buona scorta di Matcha e del Gyokuro varietà Rinpo, che pare essere un buon compromesso qualità/prezzo per i neofiti che vi si avvicinano. Non ho ancora avuto modo di testarlo, ma la mia kyusu è pronta a cimentarsi al collaudo alla prima occasione.

  14. In generale il Gyokuro mi piace molto. Ho visto il negozio online legato a Ippodo Tea Shop. Adorabile la kyusu color avorio, sono tentato (ne ho già una da 300 ml circa, per cui non è che sia urgente).

    Non ho mai capito se posso comprare alimenti/tè dal Giappone verso l’Italia senza problemi: vado a cazzo di cane e per ora la dogana non ha mai fermato niente tra umeboshi, tè, preparati per il curry… XD

    Hai altri negozi di tè da consigliare online, sia giapponesi che altrove?

  15. In generale il Gyokuro mi piace molto.

    Oh bene, mi rassicuri sulla scelta. Però adesso son curioso di berlo….

    Non ho mai capito se posso comprare alimenti/tè dal Giappone verso l’Italia senza problemi: vado a cazzo di cane e per ora la dogana non ha mai fermato niente tra umeboshi, tè, preparati per il curry… XD

    Non mi risulta vi siano specifiche restrizioni italiane all’importazione di generi alimentari dal Giappone, ma dall’incidente di Fukushima sono state adottate in merito delle regulations comunitarie.
    Le più recenti, tutt’ora in essere, dovrebbero essere contenute nela Commission Implementing Regulation (EU) No 322/2014 del 28 marzo 2014, emendata solo per aspetti marginali dalla No 328/2015 del 2 marzo 2016.

    Come tutta la normativa comunitaria non è il testo di più agevole lettura del mondo, ma a ben guardare la 322/2014 in materia di tè considera innanzitutto in premessa (punto n. 10) come:

    Non si sono riscontrati casi di contaminazione da radioattività per il tè del terzo periodo vegetativo. È quindi opportuno abrogare l’obbligo di campionamento e analisi, prima dell’esportazione nell’Unione, del tè originario di prefetture diverse da quella di Fukushima. In questa prefettura si producono solo quantità modeste di tè destinato al consumo locale e non all’esportazione. Nel caso estremamente improbabile che tè proveniente da Fukushima sia esportato nell’Unione, le autorità giapponesi hanno fornito garanzie che le partite in questione verranno campionate ed analizzate e corredate di una dichiarazione che dimostri che la partita è stata campionata, analizzata e riscontrata conforme ai livelli massimi applicabili. Le partite di tè originarie di prefetture diverse da quella di Fukushima dovrebbero di norma essere corredate di una dichiarazione che attesti che il tè è originario di una prefettura diversa da quella di Fukushima. Poiché da tali altre prefetture si hanno esportazioni periodiche di tè nell’Unione, ciò costituisce un notevole onere amministrativo. Considerando che non si sono riscontrati casi di tè contaminato nel terzo periodo di crescita successivo all’incidente, che l’esportazione di tè da Fukushima è improbabile e che esistono garanzie delle autorità giapponesi, è opportuno, al fine di ridurre l’onere amministrativo, non richiedere più una dichiarazione d’origine per il tè originario di prefetture diverse da quella di Fukushima.

    Coerentemente, l’art. 5 co. 1 del corpus normativo dispone che determinare tipologie di tè non originari della prefettura di Fukushima siano esentati dal dover essere accompagnati da una specifica dichiarazione d’origine sicura delle autorità giapponesi di cui al successivo articolo 6, il cui modello è rinvenibile all’allegato I:

    Ogni partita di prodotti, ad eccezione del tè corrispondente ai codici NC 0902, 2101 20 e 2202 90 10 originario di prefetture diverse da quella di Fukushima, è accompagnata da una dichiarazione valida redatta e firmata secondo quanto stabilito dall’articolo 6.

    Come se ce ne fosse bisogno, l’art. 9 co. 1 esonera poi i predetti carichi di tè dal dover essere preceduti da preventiva comunicazione circa l’arrivo delle partite:

    Gli operatori del settore degli alimenti per animali e prodotti alimentari o i loro rappresentanti notificano anticipatamente l’arrivo di ogni partita di prodotti, ad eccezione del tè proveniente da prefetture diverse da quella di Fukushima, almeno due giorni lavorativi prima dell’arrivo fisico della partita, alle autorità competenti del posto d’ispezione frontaliero o del punto di entrata designato.

    Per gli altri alimenti….è un po’ più complicato XD

  16. .. ho iniziato a bere tè sin da piccolina, principalmente per differenziarmi da mio padre (caffè nero) e mia madre (latte caldo). Per loro il tè sapeva di “erba e, bè…acquetta. Si, insomma, come fa a piacerti tanto?”.
    Io invece ero affascinata dalle differenze di gusto, di aroma e di colore. Come era possibile che quella bustina rilasciasse a volte elisir soavi ed a volte delle schifezze immonde?
    Ovviamente ho imparato presto come si serve una buona tazza di tè, i cosidetti “trucchi di base”.. la temperatura, la dosa a persona (più uno per la teiera), i tempi di infusione, le porcellane riscaldate, etc. Per carità, non mi considero una esperta, sopratutto perchè sono approdata relativamente tardi al tè sfuso (ed il magico mondo dei negozi online).

    Inoltre devo confessare che il mio palato non è raffinato come si potrebbe pensare: nel tè io cerco la novità, non il rituale. Amo i neri aromatizzati nelle maniere più strane, i verdi floreali o freschi, i bianchi leggeri. Sono ipnotizata dalle mille declinazioni offerte dal mercato e quindi un occhio agli scaffali del supermercato lo butto sempre.. e se una marca mi è sconosciuta più la guarda affascinata. Sono la pazza che non ha alcuna remora a fiutare le scatolette sigillate una per una per scegliere quelle che profumano di più nonostante il cellophan che l’imprigona..

    Quello che mi è sempre mancato è il dialogo con altri degustatori di tè: il parere, le prove, le condivisioni delle ultime scoperte, il linguaggio per descrivere i sapori, le sensazioni, l’entusiasmo.
    Per questo motivo spero che la rubrica sul tè (e sui dolci da accompagnare al tè) diventi un appuntamento fisso su queste pagine del blog: anche solo sapere “oggi tre tazze di nome-di-tè-esotico-di-cui-devo-scoprire-di -più-ora” mi fa simpatia.

    ps: grazie per avermi fatto scoprire la Mlsna. Io ed il mio nuovo amore Soursop Green Tea te ne siamo riconoscenti.

  17. Prego!
    Il Soursop Green Tea devo ancora provarlo! Il tè alla vaniglia pur essendo più che dignitoso mi ha un po’ deluso (e quello all’ananas mi ha impressionato meno di quello alla mela, ma qui credo sia solo per motivi di gusto personale), mentre il Cream Earl Grey e l’English Breakfast di Mlesna rimangono i miei due preferiti. :-)

  18. La mia storia con il te non inizia nel migliore dei modi… in casa mia il te si beveva solo l’Earl Gray (credo fosse della Lipton), raramente, e solo in due occasioni: o per riscaldarsi (nei pomeriggi invernali), o quando uno stava male con lo stomaco (o te e fette biscottate, o riso in bianco).
    Come risultato, tuttora io non posso sopportare il gusto dell’Earl Gray, e mi sono per parecchio tempo allontanato dal te.

    Il mio riavvicinamento è avvenuto quanto sono andato all’università, e ho mangiato in ristoranti etnici, scoprendo così il te verde (ristorante giapponese) e il chai (ristorante indiano).
    Da quel momento ho provato vati tipi di te (e di tisane), di marche diverse (ho anche fatto il te freddo, per l’estate), ma ancora non sono arrivato al punto di comprare il te in foglia (sono ancora un pezzente che usa quello in bustina).

  19. A casa mia di té ce ne sono sempre stati tanti, ultimamente prendiamo spesso quelli del commercio equo e solidale. A me piace molto sia il té al gelsomino che quello al bergamotto, ma non so nulla sulle tempistiche di infusione e in generale sulle varietà di té.

    Quando studio mi piace moltissimo avere la tazza di té accanto, da quando ho pure un bollitore a casa arrivo anche a tre tazze in un pomeriggio di studio! Mi aiuta a mantenere la concentrazione ed è bello avere qualcosa di caldo con il freddo polare di casa mia.

    In generale bevo sempre té aromatizzati o té nero, gli altri mi piacciono di meno ma forse è perché non so prepararli a dovere ^^ Ed ero convintissima che il rooibos fosse un té.

    Mi hai fatto verire voglia di iniziare a preparare il té con le foglie…

  20. @MattoMatteo

    ho mangiato in ristoranti etnici, scoprendo così il te verde (ristorante giapponese) e il chai (ristorante indiano).

    Già, la prima esperienza con del tè decente spesso capita grazie ai ristoranti etnici, sì. Lì magari con un tè nero al gelsomino (dico “nero” ma è una semplificazione: tecnicamente la lavorazione del pouchong che poi diviene tè al gelsomino non è veramente da tè nero e non è nemmeno da oolong, è una cosa distinta tipica solo dei tradizionali scented cinesi ai fiori), o un pai mu tan o un bancha si scopre che, cavolo, non sa di tristezza ossidata come la bustina del discount che si riesuma quando si ha mal di pancia.

    Io apprezzo molto il chai. Con latte intero e zucchero è una bomba. Peccato che non posso metterci quasi mai lo zucchero e al naturale il tisanone di spezie e tè nero Assam rende meno bene, ma a me piace comunque molto. Fortnum & Mason fa una versione un po’ troppo ricca di anice stellato. Io lo preparato anche a modo mio, unendo il mix di spezie dell’equo e solidale (ricchissimo di cannella, che adoro) con un buon Assam tipo Oaklands o Hattialli.

    @Smilla

    Mi hai fatto verire voglia di iniziare a preparare il té con le foglie…

    Ogni lettore che si avvicina al consumo di tè in foglia, o ad ampliare il proprio consumo in generale tra bustine e foglie sfuse, è un successo in più per questi miei primi articoli sul tè! Fa venire voglia di continuare a scriverne, sapere che sono graditi! ^^

  21. @ Duca:

    Io apprezzo molto il chai. Con latte intero e zucchero è una bomba. Peccato che non posso metterci quasi mai lo zucchero e al naturale il tisanone di spezie e tè nero Assam rende meno bene, ma a me piace comunque molto. Fortnum & Mason fa una versione un po’ troppo ricca di anice stellato. Io lo preparato anche a modo mio, unendo il mix di spezie dell’equo e solidale (ricchissimo di cannella, che adoro) con un buon Assam tipo Oaklands o Hattialli.

    Anche a me il chai piace con zucchero (specialmente quello di canna… ne basta meno) e latte.
    Recentemente ho scoperto quello della Sir Winston… il migliore che abbia mai assaggiato, persino freddo al naturale (basta 1 cucchiano di zucchero per 1 litro d’acqua!)! E’ piaciuto persino a mia madre, il che è tutto dire.

  22. Ho trovato questi due articoli (1 e 2); non sò quanto siano professionali e/o interessanti, ma nel dubbio preferisco eccedere di prudenza; anche fossero fatti male, servirebbero comunque come esempio di cosa non fare. ;)

  23. Buongiorno. Sto conducendo un’ indagine sul té attraverso un questionario per la mia tesi di laurea in Sviluppo Rurale Tropicale presso l’Università di Firenze. Vi sarei molto grata se poteste condividerlo così da ottenere un maggior numero di risposte e condurre a dei risultati sempre più attendibili. GRAZIE!!! https://goo.gl/forms/XsGCX0IIJwLoZtp93

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