I primi anni del XXI secolo hanno visto riapparire sui giornali una storia di inizio XX secolo, il “giro del mondo” di Harry Bensley indossando un elmo. In particolare i giornali se ne interessarono con l’arrivo del centesimo anniversario della sua partenza (Telegraph, Daily Mail), avvenuta il primo gennaio 1908. Dato che non sono insensibile alle storie di persone che scoprono l’importanza di indossare il giusto copricapo, ecco qua un articoletto riassuntivo della vicenda.

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Copricapo ideale per lunghi viaggi, in ogni clima.

La vicenda come è stata tramandata.

Secondo la versione ufficiale della storia, quella che fece furore nel 1908 e che venne tramandata fino ai giorni nostri, anche grazie al lavoro dei suoi discendenti, Harry Bensley era un donnaiolo e un gentiluomo un po’ furfante che faceva la bella vita grazie a degli investimenti azzeccati in Russia che gli fruttavano 5000 sterline all’anno.

Una sera del 1907, al National Sporting Club di Londra, J. P. Morgan e il quinto Conte di Lonsdale stavano discutendo se fosse possibile per un uomo fare il giro del mondo senza essere mai riconosciuto e dalla discussione si arrivò alla scommessa, come in certi film a base di gentiluomini annoiati.
Già dai nomi dei personaggi coinvolti e dal tipo di discussione, saremmo stati più credibili io e Arthur Conan Doyle a scommettere sul colore delle mutandine della fatina che ci teneva compagnia al tavolo (questo è stato usato come spunto in Assault Fairies, così imparo a raccontare a Gamberetta certi ricordi imbarazzanti).

Harry sentì la discussione e l’ammontare del premio, 21.000 sterline a chi fosse riuscito, e si offrì per l’impresa. La scommessa prevedeva una serie di condizioni:

  1. Camminare per il mondo, mascherato, spingendo una carrozzina.
  2. Rimanere mascherato e non farsi riconoscere per tutto il viaggio.
  3. Vendere fotografie e pamphlet della scommessa durante il viaggio.
  4. Quattro.
  5. Spendere al massimo una sterlina, all’inizio, in fotografie e pamphlet da vendere.
  6. Partire da Trafalgar Square, a Londra, il primo gennaio 1908 alle 10:30 del mattino.
  7. Visitare il capoluogo e tre altre città indicate di ognuna delle Contee in Inghilterra.
  8. Ottenere un documento, firmato dal sindaco o da un altro responsabile, per certificare l’arrivo nel luogo prefissato e la data.
  9. Ottenere un timbro postale per ogni città attraversata.
  10. Tutte le spese del viaggio da coprire con le vendite di fotografie e pamphlet.
  11. Indossare sempre la maschera mentre cammina e in qualsiasi luogo pubblico.
  12. All’inizio del viaggio portare addosso solo un abito, un paio di calzini, una camicia, la canottiera, le mutande, un paio di stivali, un paio di fasce mollettiere, un jersey, un fazzoletto e una maschera.
  13. Trovare moglie durante il viaggio.
  14. Inviare un resoconto delle miglia percorse e della città visitate da ogni capoluogo di Contea (in Inghilterra), e da tutte le altre città indicate nella lista.
  15. Visitare i paesi stranieri nell’ordine indicato nella lista allegata.

Il viaggio prevedeva di passare in 169 tra città e cittadine inglesi più altre 125 località in 18 paesi stranieri (la lista). Harry poteva portare con sé solo un ricambio di intimo e doveva essere accompagnato, per garantire la correttezza del proprio operato, da un assistente che avrebbe dovuto pagare lui stesso (sempre con i soldi racimolati vendendo foto). Un cartellino sopra l’elmo e un cartello sulla carrozzina descrivevano l’impresa mentre un espositore con due pannelli disposti ad A sopra la carrozzina mostrava le foto in vendita.

Come maschera scelse un elmo da cavaliere di circa 2 kg (4,5 libbre): la comodità barattata per attirare i curiosi e vendere facilmente le foto. Bensley aveva 31 anni quando partì da Trafalgar Square, il primo gennaio 1908, acclamato da una folla entusiasta per la bizzarria dell’evento.
I giornalisti per tutto il primo anno si interessarono alla vicenda.
L’elmo aiutò sicuramente la vicenda a divenire virale.

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Una coppia saluta Bensley e il suo assistente.
La condizione più bizzarra era quella di dover trovare moglie durante il viaggio: una donna che lo volesse sposare senza averlo mai visto in volto. Secondo la storia ricevette oltre 200 offerte di matrimonio, incluse di nobildonne, da varie parti del mondo e le rifiutò tutte. Infatti Bensley era già sposato dal 1898 con Kate Green e avevano due bambini.

I pamphlet ufficiali però indicavano anche che la condizione del matrimonio era “già stata soddisfatta”. Tutto ciò mi pare un colossale non-sense, quasi al livello del Conte e di J. P. Morgan che scommettono al club e Bensey che origlia. Se fosse ancora meno credibile, sarebbe una vicenda giudiziaria italiana.

Del viaggio di Bensley esistono pochi dettagli. Si sa che un giornale offrì 1000 sterline a chiunque scoprisse l’identità del tizio con l’elmo e che una domestica si nascose sotto il suo letto per vederlo in faccia, ma venne scoperta. Alcune foto mostrano una donna (talvolta con un bambino piccolo) assieme a Bensley e al suo assistente, ma non si sa con certezza chi fosse, né alcun articolo di giornale noto ne parla. Forse è Mabel Reed, bisnonna del creatore del sito su Bensley.

Un paio di episodi che tradizionalmente vengono collegati alla vicenda.

Bensley all’inizio del suo viaggio venne arrestato da un sergente di polizia di Bexleyheath, nel Kent, con l’accusa di vendere cartoline senza averne la licenza. Harry si presentò davanti al giudice con indosso l’elmo e si rifiutò di toglierlo. Vennero spiegati i dettagli dell’impresa e, di fronte a qualcosa di importante come una scommessa tra gentiluomini, il giudice permise a Bensley di tenere addosso l’elmo: lo multò di mezza corona (due scellini e mezzo) a nome “l’uomo con la maschera di ferro” e lo lasciò andare.

Al celebre ippodromo di Newmarket incontrò Re Edoardo VII e gli vendette una cartolina per cinque sterline. La storia ha due versione: nella prima il Re, divertito, chiese l’autografo di Bensley che rifiutò per non rivelare la propria identità; nella seconda Bensley chiese l’autografo, ma Edoardo VII rifiutò di farlo. Per quel che ne sappiamo magari non ha nemmeno mai incontrato il Re: l’episodio è narrato da varie fonti, incluso il Readers Digest of Interesting Facts del 1975 (pare), ma le fonti dell’epoca non dicono che Re Edoardo VII abbia assistito alle corse del 1908 (se ci fosse andato, lo avrebbero detto).

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Da “The Penny Illustrated Paper”, pagina 29, 11 gennaio 1908. La didascalia conferma l’episodio dell’arresto per la vendita delle cartoline, del giudice che permette di tenere addosso l’elmo e della multa (mezza corona).

Conclusione della storia e vicende successive.

Sempre secondo la storia ufficiale, dopo sei anni, 30.000 miglia e aver visitato dodici nazioni straniere, con soltanto sei nazioni e 7000 miglia da percorrere, l’impresa si interruppe. Mentre Bensley si trovava a Genova, nell’agosto del 1914, ultima tappa del suo tour italiano, scoppiò la Grande Guerra. Su cosa accadde dopo ci sono due versioni molto diverse: Bensley, un vero patriota, mandò al diavolo la scommessa e tornò subito in Inghilterra per arruolarsi; J. P. Morgan, preoccupato per i propri affari e non più in vena di stupidaggini, si ritirò dalla scommessa e Bensley ne fu così devastato che tornò in Inghilterra e non lasciò più l’isola. Morgan ricompensò con 4000 sterline Bensley e lui le usò per fare carità. Come vedremo dopo, questo è impossibile.

Cosa accadde dopo?
Sappiamo per certo che Bensley si arruolò nel 1915, di questo esiste un documento. Venne ferito dopo un anno (o forse pochi mesi) e sopravvisse alla guerra. I suoi investimenti in Russia andarono in rovina con la Rivoluzione e lui divenne un poveraccio: fece un sacco di lavori diversi per campare e durante la Seconda Guerra Mondiale lavorò in una fabbrica di munizioni. Rimase il resto della sua vita con Kate Green, la donna che aveva sposato nel 1898 (e abbandonato per altre donne almeno due volte, come vedremo).
Dopo una grave malattia morì a Brighton il 21 maggio 1956. Aveva 79 anni.

Army Service recordI sospetti dei discendenti su come andarono davvero le cose…

Prima di tutto chiariamo chi sono i discendenti di cui si parla: sono quelli che provengono (a quanto dicono, c’è solo la loro parola) non dalla linea del matrimonio con Kate Green, ma quelli della relazione con Mabel Reed (la donna nelle foto del viaggio) che ebbe da Bensley un figlio illegittimo di nome Jim Beasley (vi fu una corruzione del cognome nei documenti). E fu Jim, che incontrò il padre alcune volte tre mesi prima che morisse, a ricevere una nuova versione della storia da cui nascono alcuni primi dubbi sulla veridicità dei dettagli dell’impresa.

Il “segreto” che Bensley raccontò in ospedale, secondo il figlio Jim, fu sulla natura della scommessa. Bensley non aveva accettato la sfida per spirito di avventura: dopo una serata giocando d’azzardo con J. P. Morgan e col Conte aveva perso così tanti soldi che per recuperarli mise sul piatto i suoi investimenti in Russia… e perse! Trovandosi all’improvviso miserabile, implorò i due amici di dargli una chance per cancellare il debito. I due concordarono di punirlo con il viaggio in giro per il mondo, alle condizioni viste prima; un ricco donnaiolo abituato a non fare nulla nella vita divenne un poveraccio ambulante che racimolava spiccioli vendendo foto.

Venne inventata la storia della scommessa per difendere il buon nome di Bensley al ritorno dall’impresa, visto che perdere tutto quello che aveva come un imbecille lo avrebbe reso un paria nella buona società dell’epoca.

Questo presunto “segreto” però non cancella alcun dubbio.

Prima di tutto non esiste alcuna prova che abbia mai lasciato l’Inghilterra. Gli stessi discendenti da anni cercando foto o messaggi che lo provino. Non c’è niente. Probabilmente non lasciò mai il paese e lasciò perdere l’impresa: questo spiega bene il motivo per cui i giornali smisero di occuparsi di lui. Ma come poté lasciar perdere l’impresa nonostante l’accordo preso? Perché non ci fu mai alcun accordo con J. P. Morgan o col Conte.

In particolare il finale per cui J. P. Morgan avrebbe ritirato la scommessa e avrebbe premiato con 4000 sterline Bensley dopo lo scoppio della Grande Guerra, non sta né in Cielo né in Terra: era morto il 31 marzo 1913, più di un anno prima! Tant’è, giusto per completezza, che il nome di J. P. Morgan uscì solo in versione successive della storia: nei primi articoli d’epoca si parla solo di un generico milionario americano.
Anche l’attuale Lord Lonsdale è stato interrogato sulla vicenda e dopo aver verificato le memorie di famiglia, non gli risulta nessuna scommessa così grande (21.000 sterline!) da parte del suo antenato. Tutte le prove cercate dai discendenti per verificare la scommessa vanno contro la sua esistenza.

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Foto con Mabel Reed, durante l’impresa.
Per chi è curioso sul nome dell’accompagnatore di Bensley, ce lo dice un articolo del 1908.

 

Come “forse” andarono davvero le cose.

Grazie al sito The Big Retort sono state raccolte ulteriori prove interessanti tra 2008 e 2013 per fare maggior chiarezza sui dettagli della vicenda, tornata in auge sui giornali per via del centenario. C’è anche un articolo che riguarda i discendenti e l’identità incerta di Jim Beasley.

Per prima cosa ripercorriamo il passato di Harry Bensley.

Nel 1904 apparve di fronte al giudice per aver ottenuto denaro con l’inganno (“false affermazioni”). La vicenda apparve sul Times varie volte tra settembre e novembre e Bensley viene descritto come un manovale di 29 anni, figlio di un operaio di una segheria. Non proprio un ricco sfaccendato con ricchi investimenti in Russia, insomma.

Bensley raccontava di essere il figlio di tale Sir Robert Burrell ed erede di grandi tenute nel Norfolk sia da parte del padre che della madrina, la signora Holland. Il giorno del suo trentesimo compleanno (immagino perché il padre era morto, boh!) venne rivelato a Bensley che avrebbe presto ottenuto l’eredità, ma c’era un problema: se avesse ottenuto prestiti promettendo di ripagarli quando avesse ottenuto la sua eredità, le terre (secondo quanto previsto dal testamento) sarebbero cadute nelle mani degli amministratori attuali! E gli amministratori ovviamente volevano farlo cadere in tentazione visto che Bensley aveva bisogno di soldi ora!

Bensley, rivelando la sua sventurata situazione di “riccone in futuro e gentiluomo nei guai ora”, mostrò alla sua prima vittima, il signor Jordan, il telegramma di un tale (signor King) che si offriva di prestargli 200 sterline da ripagare con la sua futura eredità. Subito dopo il signor Jordan ricevette due telegrammi da parte del signor King (che spiava tutto, come se fosse il KGB o l’amministrazione Obama?): avrebbe ricompensato il signor Jordan con 50 sterline e con 100 sterline se avesse convinto Bensley ad accettare sia l’offerta precedente che una seconda da 1000 sterline. Ma come fare a convincerlo?

Qui entra in gioco la “sorella” di Bensley! Aveva bisogno che Bensley ottenesse 200 sterline per andare in crociera assieme (che scusa ritardata è? LOL!). Bensley raccontò l’accaduto a Jordan e al signor Bradley, la seconda vittima, disperandosi di non poter andare in crociera con la sorella senza quei soldi. Come fare? E qui scattò la trappola: se Jordan e Bradley avessero prestato i soldi a Bensley senza scrivere nessun documento a riguardo e senza tirare in ballo l’eredità con una fideiussione, il vincolo testamentario non sarebbe stato violato!
Quando Bensley non si fece più sentire, i due si rivolsero alla polizia.

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Due delle cartoline in vendita.
Il retro della prima e della seconda.

“Jordan e Bradley erano stati defraudati dei risparmi di una vita e del necessario per i loro figli,” riportò il Times. Nulla di ciò che Bensley aveva detto era vero: non esisteva nessun signor King che mandava offerte e non era in alcun rapporto col signor Robert Burrell che, seppur ricco (l’unica cosa vera), non era però un cavaliere. La più classica delle truffe.

Bensley, che Jordan e Bradley conoscevano col nome di “Harry Barker”, aveva preparato questa truffa fin dal 1903 e con i soldi ottenuti dal primo prestito di Jordan aveva comprato i biglietti per partire in nave per Sydney il 17 maggio 1904… ovviamente non con la sorella, in crociera, ma per scappare con la moglie e il figlio! Una truffa pianificata con cura nel corso di un anno. Più o meno la durata della truffa successiva, quella del giro per il mondo con l’elmo!

Ma con quale moglie e con quale figlio?

Ovviamente Bensley non si fece mancare un altro simpatico reato. Nel luglio del 1902 Bensley aveva abbandonato la moglie e il figlio, lasciandoli senza niente a Thefton, e si era messo con una barista di Norwood chiamata Lily Chapman fingendo di essere erede di un grosso appezzamento nel Norfolk (l’erede di Burrell, appunto!). Bensley sposò Lily il 5 febbraio 1903, commettendo il reato di bigamia visto che Kate Green era ancora viva!

Grazie ai soldi estorti ai due fessi, Bensley pagò le 64 sterline di differenza per trasformare i tre biglietti da 10 sterline in biglietti di prima classe e partì con la nuova moglie e il nuovo figlio avuto nel frattempo.

La nave arrivò a Città del Capo il 4 giugno 1904 e la polizia salì ad arrestare Bensley. Forse non aveva pensato che i due truffati si sarebbero mossi così in fretta o che la polizia sarebbe stata in grado di ordinare la sua cattura prima dell’arrivo a Sydney. Meraviglie della modernità, inviare ordini d’arresto col telegrafo a mezzo mondo di distanza! Venne condannato a quattro anni di carcere per i diversi reati commessi e pare che Bensley abbia detto al giudice “Grazie, Signore. Me lo merito.”

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Ed eccoci arrivati alla “vera” storia dietro il giro per il mondo.

Secondo The Big Retort la verità si trova in un articolo apparso su Answers to Correspondents on Every Subject under the sun (comunemente chiamata Answers, 19 dicembre 1908, pagina 63), intitolato The Great Masked Man Hoax. Di questo articolo non è disponibile alcuna copia online (ho mandato una mail al gestore del sito per sapere se aveva delle foto o se sapeva dove recuperarlo), ma è accessibile andando fisicamente alla British Library o, forse, chiedendo di farselo inviare in PDF a pagamento.
[Edit 10 dicembre 2013: il gestore del sito, John Paul Morgan, su mia sollecitazione ha provveduto a fornire la pagina tratta da Answers. Puoi vederla anche cliccando qui.]

L’uomo con la maschera di ferro era sparito all’improvviso, nell’autunno del 1908 (ultima foto con data certa: 22 settembre 1908), e la rivista Answers domandò ai lettori dove fosse finito. Arrivò una lettera in risposta da parte di un anonimo che affermava di essere quel tizio e, conoscendo la storia di Harry Bensley, è talmente precisa nei dettagli e credibile da essere quasi sicuramente stata scritta da Bensley. Una confessione anonima, per togliersi il peso dell’ultima truffa dal petto.

Dichiarò che la vicenda della maschera di ferro era un’invenzione. Si trovava in galera e stavano per rilasciarlo (probabilmente ci fu uno sconto di pena visto che uscì per la fine del 1907 e in teoria doveva scontare quattro anni dal 1904), però lui non aveva alcun modo per mantenersi ed era disperato: in quel momento un libro in prigione attirò la sua attenzione, Il Mistero della Maschera di Ferro (si, la stessa storia da cui hanno tratto il film con DiCaprio). Era l’ispirazione di cui aveva bisogno.

Nelle periodo rimasto da scontare passò le giornate riflettendo su come sviluppare la truffa e scrisse e riscrisse i dettagli della storia, tra cui l’idea dei due filantropi (J. P. Morgan, che non conosceva, e un “nobiluomo” di sua conoscenza). Quando venne rilasciato nel novembre 1907, con soltanto 30 scellini in tasca (premio di rilascio dal carcere), si mise subito al lavoro. Si comprò una grossa mappa delle isole britanniche e in un negozio di costumi cercò la maschera ideale. L’elmo da cavaliere costava troppo per cui all’inizio lasciò perdere e prese il treno per tornare dalla moglie, Kate Green.

Sfruttando la balla della scommessa, ottenne da un vicino di casa (da ricompensare dopo la vittoria) un passeggino. Il resto dei soldi per avviare la truffa li mise il “nobiluomo” di sua conoscenza, un ex-truffatore ben informato della storia ideata. Si sa solo che era “tedesco – un uomo di notevole istruzione e evidentemente di buona condizione sociale […] Con mia sorpresa si offrì di finanziarmi, e aggiunse la volontà di aiutarmi in altri modi.”

Ma non era un finanziamento disinteressato e il tedesco pretendeva di tanto in tanto “una pesante tassa sui miei guadagni”, scrive Bensley. Con questo primo finanziamento Bensley comprò l’elmo che desiderava, del costo di 25 scellini, e una buona scorta di pamphlet e cartoline. Dovendosi pagare un assistente, ideò una truffa nella truffa: offrì un terzo del premio finale, in caso di vittoria, ai giovanotti che avessero accettato di assisterlo; per indicare la propria buona volontà dovevano dare in pegno 5 sterline di assicurazione e se avessero abbandonato la missione prima di sei mesi, avrebbero perso le 5 sterline. Lavoro gratis più soldi, una situazione perfetta!

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Harry Bensley da giovane (seduto) e negli ultimi anni.

 

Fin dal primo giorno di viaggio si trovò circondato da una folla di curiosi alla stazione dei treni di Charing Cross. Bensley ne approfittò per vendere le prime cartoline dell’evento. I giornalisti si accorsero della strana apparizione e segnalarono nei giornali che alle 10 del mattino era sceso dal treno un uomo con una maschera di ferro, uno del Daily Mirror gli fece perfino una foto.
Il lungo viaggio in mezzo alla folla entusiasta che comprava le cartoline, letteralmente tirava dietro i soldi a Bensley, fu faticoso. Arrivato alle 21:30, non aveva ancora avuto tempo di mangiare qualcosa dopo la colazione. Il viaggio era appena iniziato e non sembrava una truffa “facile” come quella della volta precedente.

Dopo dieci mesi non aveva ancora lasciato le coste inglesi. La gente cominciò a domandarsi quando sarebbe partito per il resto del mondo, un viaggio niente affatto breve. Bensley era sfinito: tutti i giorni routine di marcia, viaggi in treno e apparizioni pubbliche sfiancanti, raccontando sempre le stesse balle a sindaci e a folle entusiaste, inventando storie per l’ennesimo curioso in grado di pagargli la cena, con l’elmo che era ormai divenuto una prigione fuori dalla prigione nel gelo dell’inverno e nell’afa estiva. “Mi facevano male gli occhi e soffrivo di dolori esasperanti alla testa”. Bensley non ce la faceva più a portare avanti l’inganno: dopo circa 2400 miglia di viaggio e 10 mesi, giunto a Wolverhamptom, gettò la spugna.

Unica soddisfazione fu che in quei dieci mesi non solo non venne mai riconosciuto, ma rispettò anche il vincolo di vivere delle vendite: “In conclusione, posso affermare senza paura di venire contraddetto che ho pagato i miei spostamenti, ho mantenuto me stesso, mia moglie e il mio assistente, i cavalli e gli aiutanti che ho impiegato, solo con le vendite delle mie cartoline e dei pamphlet, senza mai aver ricevuto alcuna carità dal primo giorno del mio itinerario.”
Sulla moglie mantenuta, visto che girava con la sua nuova amante, e sull’assistente, visto che li truffava, avrei qualcosa da ridire, ma comunque il senso della presunta scommessa era stato rispettato.

A suo modo, con la geniale idea di creare un simile inganno di tale potenza virale, fu un piccolo truffatore che si scavò un posto nella storia e merita di venire ricordato più di tanti ricconi il cui unico pregio è di essere nati ricchi e di ereditare posizioni di prestigio. E ora indosserò il pickelhaube e andrò in giro per il mondo con Angra come scudiero, affrontando minacciose torri eoliche e volando a cavallo di ogive d’artiglieria, e millanterò per conquistare Gamberetta di essere un Duca e di aspettare di ereditare le mie terre e il mio castello. Dite che funzionerà? ^_^

 

Fonti principali:

20 Replies to “Il giro del mondo indossando un elmo”

  1. Articolo bellixximo ^_^
    Giusto per aggiornare i termini dell’impresa, consiglio di passare da Neviano, città natale di Giuseppe Simone, e farsi intervistare dall’avvocato Diprè!

  2. L’idea che risulti impossibile ricostruire una vicenda accaduta in Gran Bretagna nel 1908 getta una meravigliosa luce sul Nuovo Testamento.

  3. O grandissimo, se posso permettermi, perfezionerei il suo infallibile piano con 4 (Quattro) accorgimenti:

    1 Fare almeno un paio di comparsate pubbliche in televisione. meglio se dalla Durso.
    2 Durante le comparsate in televisione promettere al volgo almeno un milione di posti di lavoro e di sconfiggere il cancro a sciabolate entro l’anno.
    3 girare sempre con un puccioso coniglietto al guinzaglio. Fa tanto chic…
    4 Quattro.

    Mi faccia sapere dell’andamento del suo disegno, in particolare se La Dea cederà alle sue sincere lusinghe

  4. Articolo molto bello.

    Il tuo piano potrebbe funzionare.
    In Italia tutti millantano su tutto.

  5. Duca, come fanno notare Andrea e Reno, abbiamo creduto per 20 anni alle balle di Berlusconi… essendo tu molto più intelligente e serio, non potrai fallire.

  6. MattoMatteo, giusto per precisare, io non ho creduto nemmeno per un istante alle balle del cainano. nemmeno con vent’anni di meno sul groppone. la mia fatina personale mi ha sempre aperto gli occhi al momento giusto.

    Gioioso Quattro a tutti comunque!

  7. Bellissima storia!
    Tra l’altro le truffe messe su prima di quella dell’elmo mi hanno ricordato molto le truffe alla nigeriana… non è che quando era in Africa ha spiegato a boveri negri come gabulare l’uomo bianco?

  8. E se uno ha sfortuna con la fatina personale, è per infilare un ago dentro l’iride. ^_^””

    Come non essere d’accordo con lei o Sommo! per fortuna La mia Fatina personale è tanto buona: l’ultima volta che sono stato bravo mi ha dato solo 45 frustate per salutarmi, invece che le solite 90. le allego l’ultima foto che le ho fatto, purtroppo non si vede la frusta: non ci stava nell’inquadratura.

  9. MattoMatteo, giusto per precisare, io non ho creduto nemmeno per un istante alle balle del cainano. nemmeno con vent’anni di meno sul groppone.

    Tranquillo Andrea, nemmeno io ho mai creduto a (o votato per) lo “psiconano malefico” (soprannome che gli hanno affibiato da qualche parte, e che ho prontamente copiato)… era un “noi” generico, indicante quella parte di italiani (perchè, per quanto possa dispiacerci, anche noi che non l’abbiamo votato siamo comunque italiani) che si sono lasciati fregare dalle sue fregnacce da imbonitore televisivo.

  10. Tranquillo Andrea, nemmeno io ho mai creduto a (o votato per) lo “psiconano malefico”

    MattoMatteo avevi anche tu una fatina che ti ha aperto gli occhi al momento giusto?

  11. Duca, che ne diresti di un articolo su Carlo Ponzi? c’è di tutto: lo stereotipo deell’ItaGliano all’estero (con tanto di baffi neri), una truffa colossale e demenziale, il truffatore che si dimostra più allocco dei truffati e la morale finale.

  12. È che lo schema Ponzi è troppo noto… non so, se trovo dettagli interessanti a sufficienza da qualche parte lo faccio, se no ne hanno già parlato in tanti di Carlo Ponzi…

  13. Tutto ciò è bellissimo – e sembra anche sfatare il mito del gentleman 800esco-inizio ‘900, un po’ come nell’epoca moderna si è sfatato il Medioevo cavalleresco rivelandone i suol vero volto zozzo.
    L’imbroglio di Bensley, oggi, sarebbe diventato un reality seguitissimo.

  14. MattoMatteo avevi anche tu una fatina che ti ha aperto gli occhi al momento giusto?

    Si Andrea, peccato che la mia fatina abbia usato una spada molto affilata, per convincermi… sai com’è, sentirsi minacciare di essere sbarbati e castrati, sortisce questo effetto alle volte. ^_^’

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