Ho indicato in un precedente articolo come i dogfight nello spazio siano ridicoli, siano privi di qualsiasi senso o credibilità, ancora di più quando si ragiona nell’ambito del fuoco di navi contro caccia o di navi contro navi come se fossero sul mare a pochi chilometri di distanza invece che nello spazio.

Se uno vuole metterli, come già spiegato nel link indicato prima, non li inserisce come elemento di credibilità fantascientifica che sostiene la storia, ma come feticcio non più credibile di un qualsiasi elemento “fantasy” (fatine, alieni tentacolari, burocrazia militare intelligente ecc.) rivolto a un pubblico che ama simili feticci. A me non dispiacciono.

Berlin, Zoo-Flakturm, Flak-Vierling

Non preoccupatevi, ancora un attimo e arriva la contraerea!

Un combattimento spaziale, se proprio vogliamo immaginare grossi veicoli che si sparano, assomiglierebbe probabilmente di più a un confronto di potenza tra i rispettivi calcolatori di tiro nel predire il comportamento altrui (e di qualità dei matematici che creano i modelli su cui si basano) a fine offensivo e difensivo, basandosi su efficaci sistemi di rilevazione in cui la vista umana non conterebbe nulla.
Non c’è niente da vedere per tempo o da schivare per tempo andando “a occhio”, non sarebbe come nelle serie di Gundam in cui urlano “Manovre evasive!” e il proiettile/razzo/raggio nemico scivola a passo d’uomo accanto alla nave che lo schiva.

Anche perché, nonostante gli appassionati di dogfight potranno esserne turbati, non era così “tutto a occhio e istinto” nemmeno nell’epoca dei dogfight. Ecco un istruttivo video del 1943, per l’addestramento dei piloti nelle forze armate statunitensi, in cui si spiegano i rudimenti del confronto con la contraerea nemica.

Settanta anni fa, a distanze molto modeste, già andare ad occhio cominciava a essere problematico: immaginate nello spazio, tra trecento anni, in scambi di colpi a milioni di chilometri di distanza (sembrerà strano, ma posizionarsi faccia a faccia come vascelli del Settecento potrebbe non essere una buona idea).

Se non vedete il video, per esempio in un feed reader, andate su archive.org

Ho già segnalato in passato due brutti romanzi che forniscono buoni esempi in tal senso, con i caccia nell’orbita del pianeta che si scontrano così veloci che invece che inseguirsi fanno prima a fare il giro del pianeta e incontrarsi di nuovo nell’altro emisfero: La Fiaccola dell’Onore e Le Potenze dello Spazio di Roger MacBride Allen, con l’eroe dalla mascella squadrata (nel primo) e i nazisti spaziali (in entrambi).

Quei due libri hanno personaggi un po’ troppo piatti/cliché, ma non più che in tanta altra buona fantascienza militare (mi dicono, anche perché è una convenzione del genere avere certi tipi di personaggi e i lettori non ne sono turbati), e secondo me meritano di venire letti sia per la credibilità dei (pochi) combattimenti spaziali che per l’eccellente idea, nel secondo volume, di una specie aliena che ha seguito un’evoluzione lamarckiana (e tutto ciò che ne consegue). Se vi capita l’occasione, leggeteli: li trovate anche uniti, in inglese, con il titolo Allies and Aliens.

 

7 Replies to “Rudimenti di contrarea per piloti (1943)”

  1. Spezzo una lancia a favore di Gundam, Star Wars e compagnia. Le giustificazioni possono essere almeno due, la prima, a cui accenni anche tu,è che il realismo possa essere piegato qui e là dalla “rule of cool” e dal senso dello spettacolo. La seconda è che, per giustificare il ricorso a tali espedienti esclusivamente scenografici spesso l’autore è abbastanza decente da inserire motivi che sono hard-coded direttamente nell’ambientazione. Riguardo all’ambientazione di Gundam, ad esempio, si specifica spesso la presenza di inquinamento dell’aria (o dello spazio!) causato dai motori delle navi stesse, per cui i dispositivi di puntamento oltre ad una breve distanza semplicemente non funzionano

  2. Impegni sociali richiedono la mia attenzione, invero mi dedicherò più tardi alla lettura che si prefigura interessante.
    In ogni caso l’incipit dell’articolo mi ha riportato alla mente un combattimento spaziale realistico alquanto, presente nel libro “guerra eterna” di Joe Haldemann.
    Libro fra l’altro estremamente pregevole per altre cose (scafandri/tute da combattimento, relatività applicata alla società, sindromi da stress post traumatico).

  3. Riguardo all’ambientazione di Gundam, ad esempio, si specifica spesso la presenza di inquinamento dell’aria (o dello spazio!) causato dai motori delle navi stesse, per cui i dispositivi di puntamento oltre ad una breve distanza semplicemente non funzionano

    Questo non giustifica né riguarda lo spararsi a bruciapelo né in Gundam Seed né negli scontri tra Mech in Gundam Victory: i Victory le particelle Minovsky causano disturbi radio (vedi primi 13 episodi, solo disturbi radio) e i mech devono avvicinarsi a pochissimi metri per comunicare… ma casualmente questo disturbo succede SOLO qualche volta, senza nessuna regola, e spesso i piloti parlano a centinaia di metri di distanza in pieno combattimento su un canale comune nemici-alleati, con motori e particelle emesse a manetta, SENZA problemi. E non c’entra nulla ovviamente le Minovsky con i raggi di energia che vengono VISTI a distanza ravvicinata e fanno in tempo a schivarli perché letteralmente vanno a passo d’uomo (basta guardarli mentre passano accanto alla nave che schiva).

    La spiegazione è più semplice: idioti al comando (delle scene da ideare) e il problema (reale) di mantenere tutto inquadrato e interessante per gli spettatori, perché una battaglia credibile sarebbe noiosa e l’assenza di fattore umano rilevante sarebbe opposto al bisogno di “controllo” che sta al centro della narrativa.

  4. Nella serie Star Carrier di Ian Douglas vi sono alcuni esempi di battaglie spaziali con scontri tra “caccia” che non dicono siano realistici, ma almeno non sono grossolanamente inverosimili. Se non altro l’autore si rende conto che quando i vari oggetti si spostano a velocità che rappresentano una significativa percentuale della velocità della luce, i tempi di reazione umani non sono adeguati. E infatti durante gli scontri i piloti passano in secondo piano rispetto alle intelligente artificiali che controllano ogni aspetto dei mezzi.
    Peccato che Ian Douglas non sia precisamente un genio e che dunque il livello generale delle sue opere sia mediocre. Tuttavia consiglio lo stesso la serie a chi è appassionato del genere, anche perché è un romanzo di guerra dove la guerra è sempre in primo piano: per esempio il volume 1 in pratica è composto da due lunghissime battaglie con solo una breve pausa politica/intimistica/sociologica nella parte centrale.

  5. Un po’ come in Guerra Eterna dove durante le battaglie gli umani stanno li a sperare che i computer abbiamo fatto bene i conti di contromossa per evitare i missili nemici, e poi vanno all’attacco sapendo che “il computer ha calcolato che le perdite sono accettabili rispetto alla probabilità di conquistare l’obiettivo”.

    Una bella guerra, ma un po’ noiosetta, poi a me piace, ma io sono ingegnere e non faccio testo.

  6. La spiegazione è più semplice: … e il problema (reale) di mantenere tutto inquadrato e interessante per gli spettatori, perché una battaglia credibile sarebbe noiosa e l’assenza di fattore umano rilevante sarebbe opposto al bisogno di “controllo” che sta al centro della narrativa.

    Sante parole Duca, sante parole.

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