Oggi niente articoli sugli eBook e niente tristi constatazioni sul Fantasy in Italia. Oggi voglio parlare di balistica applicata a un evento realmente accaduto. Ricordate il vecchio articolo sulla nonnina con la pistola? Qualcosa di simile.

Non ho ancora scritto né un articolo specifico sulla balistica dei proiettili sferici né uno di introduzione dal punto di vista balistico (non medico) sulle ferite da armi da fuoco, ma penso che cominciare con un caso concreto per introdurre elementi che poi verranno trattati nei futuri articoli dedicati possa essere un modo divertente per entrare nell’ottica che tutta questa roba matematicosa può avere una qualche utilità pratica.

Utilità che si manifesta in più ambiti:

  • Per progettare regole per giochi: io stesso ho creato una gestione della penetrazione e delle ferite per GURPS interamente basata sui risultati reali e sulle formule.
  • Come supporto per la narrativa e i ragionamenti fantastici: il Gewehr 1898 impiegando proiettili a punta tonda del 1901 può trapassare da parte a parte un Ent e colpire l’Hobbit nascosto dietro? Un soldato italiano del 1915 proiettato col suo Carcano nel 1540, fino a che distanza può perforare le corazze più pesanti utilizzate dai cavalieri dell’epoca?
  • E per dare risposte a casi storici e dubbi forensi: un proiettile da 7,65 Browning può perforare da parte a parte un cranio a 100 metri di distanza o l’assassino era più vicino?

Affrontiamo un caso storico che ha fatto discutere per due secoli gli appassionati di tiro di precisione ad avancarica. Vediamo come la balistica esterna e la balistica terminale possano essere utilizzate nell’analisi della morte del generale Auguste François-Marie de Colbert-Chabanais.

Il generale Colbert (1777-1809)
Il generale Colbert (1777-1809)

La domanda a cui voglio rispondere è: qual era la distanza massima possibile a cui poteva trovarsi Thomas Plunkett quando sparò col fucile rigato Baker per uccidere Colbert?

La morte di Colbert: i fatti noti

Sintetizzo visto che non è l’intera vicenda storica in sé a interessare, ma il solo sparo.

Thomas Plunkett (o Plunket) è un fuciliere nel primo battaglione del 95esimo reggimento, uno dei due reggimenti di Giubbe Verdi. È il 3 gennaio 1809 e siamo nel pieno della disastrosa ritirata inglese iniziata nel Natale del 1808. Gli inglesi sono imbottigliati su un ponte presso il villaggio di Cacabelos, sulla strada per Corunna. Il giorno prima a Villafranca del Bierzo le truppe, centinaia di analfabeti ubriachi e affamati, si sono rivoltate: hanno saccheggiato i magazzini e distrutto la cittadina.

Siamo in una situazione in cui un attacco francese potrebbe mandare in rotta quel che resta dell’esercito inglese, ormai prossimo al collasso. Ai fucilieri del primo battaglione del 95esimo, essendo considerati tra i più disciplinati di fronte al nemico, viene assegnata la retroguardia: sono schierati su una collina a protezione dell’esercito mentre attraversa il ponte.

I francesi incalzano. Attaccati del 15esimo Cacciatori a Cavallo e dal terzo Ussari, le Giubbe Verdi scendono dalla collina e si ritirano verso il ponte. I francesi li inseguono, ma incontrano la compagnia leggera del 28esimo reggimento e il 15esimo Ussari, rimasti indietro per proteggere il passaggio di sei cannoni della Reale Artiglieria a Cavallo. Gli inglesi, affamati, incazzati e disperati, respingono l’attacco francese.

A questo punto entra in gioco il generale Colbert, un bel gentiluomo francese su un cavallo bianco. Colbert cavalca su e giù tra le truppe, cercando di riorganizzarle per tentare un secondo attacco e massacrare gli inglesi prima che possano completare la ritirata. Colbert è coraggioso, ma non è pazzo: è a circa 400-500 metri dagli inglesi per cui è sicuro che le Giubbe Verdi, che hanno un debole per l’uccisione degli ufficiali, non possano colpirlo.

Thomas Plunkett si è accorto di quello che sta succedendo, rompe i ranghi e si avvicina senza essere visto ai francesi. È molto distante da Colbert, secondo alcune fonti 700 metri (una distanza impossibile, come vedremo dopo), secondo altre meno di 200 (in fondo uccidere il generale nemico e salvare tutti è un gran cosa anche a 180 metri, no?). Colbert continua a riunire la cavalleria per lanciarsi sugli inglesi in un assalto che permetta di catturare i sei cannoni.

Plunkett si sdraia tra il fango e la neve, assumendo la peculiare posizione inglese per il tiro di precisione dell’epoca: sulla schiena, con il piede destro che scavalca la gamba sinistra e tende la cinghia del fucile, il calcio sotto l’ascella destra. Una posizione bizzarra e scomoda, ma che pare funzionare bene per stabilizzare l’arma come se fosse montata su un affusto.

Plunkett uccide il generale Colbert. Notate la posizione di tiro supina o “ortodossa”.

Il tiro di Plunkett

Plunkett è uno dei migliori tiratori del 95esimo. Nel 1807, a Buenos Aires, si è piazzato sul tetto del convento di Santo Domingo e ha ucciso da solo venti soldati spagnoli e un ufficiale (l’ufficiale sventolava una bandiera per chiedere la tregua, ma Plunkett non conosceva il significato delle bandiere). Plunkett prende la mira e spara. Colbert crolla da cavallo, morto o moribondo.

Plunkett sta già ricaricando il fucile, forse usando la scomoda procedura per la ricarica da sdraiati, mentre un aiutante di campo cerca di soccorrere il generale. I francesi sono in allerta: sparare ora equivale e indicare la propria posizione con una bella nuvoletta bianca e trovarsi addosso la cavalleria. Plunkett se ne fotte: prende la mira e uccide anche il secondo ufficiale.

Questo dovrebbe bastare a dimostrare che il primo centro non era stato solo un colpo di fortuna. Il suo prestigio di tiratore vale più del rischio di farsi ammazzare. La cavalleria francese lo individua e lo insegue, ma Plunkett riesce a tornare sano e salvo tra i suoi compagni che lo acclamano. Senza Colbert i francesi non saranno in grado di massacrarli!

La vicenda non è riportata da tutte le fonti storiche, dato che alcuni contemporanei che hanno parlato della ritirata non si trovavano su quel lato del fiume e quindi hanno raccontato la schermaglia coi francesi da un altro punto di vista. Non è nemmeno sempre specificato dove sia stato colpito Colbert. Io immaginavo nel petto, data la dispersione dei colpi di un fucile come il Baker sulle lunghe distanze, ma altre fonti indicano la testa (sopra l’occhio sinistro, pare).

Anche Napoleon’s Commanders (1) 1792-1809 di Philip J. Haythornthwaite segnala un colpo in testa. Seppur difficile da colpire con un fucile simile, è una locazione perfetta per uccidere all’istante. Nella sezione dell’articolo dedicata al calcolo della distanza, considererò che il proiettile abbia colpito il cranio.

Il fucile Baker

Avevamo già parlato delle armi a pietra focaia tre anni fa. Non spiegherò di nuovo il funzionamento generale per cui se proprio non sapete cosa sia un fucile a pietra focaia, leggetevi il vecchio articolo.

Il fucile Baker è un eccellente fucile rigato a pietra con acciarino alla moderna (l’eccellente acciarino militare a collo di cigno usato da francesi e inglesi). Quando la Board of Ordnance fece i test nel 1800 per scegliere un fucile per le Giubbe Verdi, il fucile di Ezekiel Barker sconfisse senza problemi la concorrenza. Un’arma in grado di rivaleggiare con i migliori fucili da caccia tedeschi, come quelli copiati e impiegati da certi ribelli americani durante la guerra di indipendenza.

Pesa 9 libbre (4 kg) e ha una canna da 30 pollici (76 cm) con sette solchi di rigatura e un passo piuttosto lento, appena un quarto di giro (le prove del 1803 in cui venne confrontato con un fucile rivale da mezzo giro mostrò che il passo più rapido rendeva meno stabile il proiettile sferico).

Fucile Baker con la sua lunga spada-baionetta.
La lunga spada-baionetta serve a compensare la minore lunghezza della canna quando si forma un quadrato di fanteria per respingere la cavalleria nemica.

La canna ha un calibro di 0,625 pollici (15,9 mm), ma per semplicità nella logistica delle munizioni venne fabbricato a partire dal 1809 anche in calibro 0,75 (19 mm) in modo da poter impiegare nel tiro rapido le cartucce sottodimensionate del fucile Brown Bess usato dal resto della fanteria inglese (e anche le palle francesi, circa 1,5 mm più piccole: un vantaggio che faceva sempre piacere agli inglesi). Il fucile Baker in questo caso non era ovviamente un modello 1809, ma uno dei precedenti in calibro 0,625.

Polvere e palle

In base alla fonte ho trovato pesi diversi per le cariche di polvere nera del fucile Baker. Nel test del 1803 vennero usati 84 grani (5,44 grammi) di polvere per una palla da 1/20 di libbra (22,5 grammi circa), che è una dose un pochino bassa per gli standard dell’epoca (24%).

Vi ricordo che i fucili Brown Bess impiegavano cariche pari a metà del peso della palla, con botte sulla spalla così forti da portare i soldati a buttare in terra parte della polvere (nonostante il rischio di fustigazione) pur di ridurle, e nei test austriaci vennero velocità molto elevate anche usando cariche da appena un terzo del peso della palla. Queste cariche sembrano enormi rispetto a quelle per i proiettili cilindro-conici di metà Ottocento, ma come vedremo nel futuro articolo sulla balistica delle palle sferiche (e un pochettino anche in questo) è tutta colpa della “palla tonda”.

Su The King’s German Legion di Mike Chappell vengono indicati 4 dram (109-110 grani, 7 grammi) per il tiro con palla e pezzuola, ovvero per il tiro di precisione, e 6 dram (164-165 grani, 10,5 grammi) per il tiro rapido usando cartucce con carica pronta e palla sottodimensionata (1/22 di libbra, 20,5 grammi), come se il Baker fosse un moschetto ad anima liscia.

Altre fonti indicano anche la presenza di cartucce rapide di sola polvere, da usare al posto della fiaschetta, con 2,5 o 3 dram. I soldati portavano di solito due fiaschette di polvere, infilate in tasca: una con ottima polvere da fucileria, in grani uniformi (di dimensione FFg o forse perfino FFFg), l’altra con polverino fine per lo scodellino (FFFFg immagino) in modo da assicurare l’accensione certa.

Una fonte indicava due cariche diverse per il tiro di precisione: 2 dram entro le 150 iarde (135 metri) e 4 dram oltre. Mi pare ragionevole che si risparmi polvere quando non serve chissà quale velocità alla bocca, anche se 55 grani sono davvero pochini per una palla da 350 grani.

Se il dosatore della fiaschetta fa di base 2 dram non c’è nessun problema a calcolare una dose singola o una doppia. Mi paiono cariche ragionevoli, in particolare quella da 110 grani per il tiro lungo che equivale a quasi un terzo del peso della palla.

Lo stesso Ezekiel Baker in Twenty-three Years Practice and Observations with Rifle Guns del 1804, in riferimento alle cariche che ha impiegato per fare ottime rosate a 200 iarde (180 metri), dice:

The charge of good powder I have found to be nearly equal to one-third the weight of the ball, priming included

Che con palle da 350 grani equivale proprio a 110-120 grani di polvere, inclusa quella per lo scodellino. Facendo un po’ di conti, con l’ausilio di dati di altri test con cariche note, mi viene una velocità alla bocca di circa 470-500 m/s, perfetta per tirare (e ferire il bersaglio) entro le 400 yarde.

Il caricamento con la pezzuola

Nel caricamento a palla forzata si usa una palla sferica dal diametro poco inferiore a quello interno della canna (0,615 pollici per una canna da 0,625, nel caso del fucile Baker) che con l’aiuto della pezzuola unta (spessore 0,010 pollici), che agisce sia come lubrificante che come sabot, aderisce alla rigatura senza permettere il passaggio dell’aria.

Questo è il sistema di caricamento usato dalle Giubbe Verdi inglesi durante le guerre napoleoniche e dai miliziani americani della Guerra d’Indipendenza che usavano i temibili fucili da caccia Kentucky (derivati dai fucili da caccia tedeschi) in calibro 0,40-0,50 pollici.

Con canne rigate e pezzuola è preferibile usare proiettili in piombo morbido al posto di quelli standard militari in piombo indurito col 5% di antimonio, in modo che possano seguire al meglio la rigatura anche quando inizia a riempirsi di feccia.

  1. Si versa la polvere nella canna con una fiaschetta, un corno dosatore oppure una cartuccia senza palla.
  2. Si poggia al centro della bocca dell’arma la pezzuola, un quadratino (o un tondino, nel caso del Baker) di cuoio ben lubrificato con olio vegetale, cera o grasso animale.
  3. Si poggia la palla sopra la pezzuola e si spinge dentro col pollice: la pezzuola deve essere abbastanza grande da coprire più di metà della palla (in modo che aderisca sui lati contro la rigatura), ma non più dei due terzi (per non interferire con la traiettoria ed essere “scartata” agevolmente all’uscita dalla canna, come se fosse un sabot).
  4. Quattro.
  5. Con la bacchetta si spinge la palla giù per la canna, fino a farla poggiare contro la polvere (distanza nota, registrata per comodità con un segno sulla bacchetta): la palla, per quanto aderente grazie alla pezzuola, scivolerà aiutata dal lubrificante senza costringere a sforzi sovrumani. Lo sforzo e il tempo di caricamento diventano sempre maggiori a mano a mano che le rigature della canna si riempono di “feccia”, ovvero polvere da sparo mal combusta, piombo e residui di pezzuole bruciate. Non bisogna spingere di più perché altrimenti la palla per scendere spezza i grani di polvere, modificandone le proprietà esplosive e quindi il comportamento balistico della palla. La spinta deve essere lenta, per piccoli tratti, tramite colpetti.
  6. Se a circa dieci centimetri dalla polvere la palla offre una maggiore resistenza alla discesa bisogna fermarsi subito. Il focone potrebbe essersi otturato, impedendo all’aria di fuoriuscire. Se si spinge con forza l’aria verrà compressa aumentando la pressione e la temperatura fino a far esplodere la carica di polvere (e infatti la bacchetta si maneggia per sicurezza tenendola di lato e non spingendo da sopra, così se viene “sparata” non colpisce la mano). Bisogna prendere lo spillo (che fa parte del set di pulizia dell’arma) e scrostare il canale che collega lo scodellino alla canna prima di proseguire il caricamento.
  7. Finito: ora si carica lo scodellino con 10 grani circa di polvere fine (minimo FFFg, preferibilmente FFFFg).

Se la canna non è troppo sporca e non oppone resistenza al caricamento, un soldato ben addestrato può fare tutto in 30 secondi o poco meno.

Il caricamento con palle sottodimensionate e cartucce richiede invece dai 12 ai 20 secondi. Con un minimo di esperienza tutti i soldati devono poter caricare un Brown Bess in 20 secondi, arrivando a 12-15 secondi quando diventano degli esperti di ricarica veloce.

Il tempo di ricarica per un soldato esperto è quindi il doppio, o poco meno del doppio, del tempo necessario per caricare un moschetto ad anima liscia con palle sottodimensionate (o un fucile rigato con palle minié, che arriveranno mezzo secolo dopo).

Due posizioni per il tiro da sdraiati tratte dal libro di Baker. Quella a pancia sotto era criticata perché, non disponendo di un bipiede o di un caricatore sporgente sotto l’arma, mancava un solido appoggio fornito invece dai piedi e dalla cinghia nella posizione “ortodossa” (qui mostrata nella variante con entrambe le gambe distese). Interessante l’idea di usare il pesante copricapo in cuoio bollito come appoggio.

La precisione dell’arma

L’accuratezza dipende, come sottolinea lo stesso Baker nel suo libro (e come veniva detto nel manuale sulla carabina dei Bersaglieri), dalla capacità del tiratore di calcolare con estrema precisione la distanza del bersaglio e compensare il tiro verticalmente di conseguenza. E ovviamente, è implicito, dalla capacità di tirare per colpire proprio dove si desidera, senza introdurre errore umano.

Baker dice che per la carabina rigata c’è una tacca di mira fissa azzerata a 200 yarde: per tiri prima o dopo quella distanza bisogna compensare mirando più in basso o più in alto rispetto al punto che si vuole colpire (oltre alla correzione verso il basso per compensare il rilevamento della canna, se necessaria).

Sulla precisione, ovvero la dispersione dei colpi attorno al punto mirato, il tiratore non può fare nulla. Il tiratore migliore del mondo è quello che azzera l’errore umano, lasciando solo l’errore della combinazione arma-munizione scelta. La dispersione dei colpi al giorno d’oggi si misura in MOA.

Un singolo MOA, usando la definizione più semplice, equivale a un cerchio largo 1 pollice (1,047, per precisione) entro cui ricadono tutti i colpi sparati (in gruppi di 5 o 10) alla distanza di 100 iarde (91,4 metri), ovvero una dispersione di tutti colpi sparati entro un cerchio di diametro di 2,908 cm a 100 metri.

  • Un moschetto come il Brown Bess o il Charleville sta sopra i 20 MOA. Non è una bella cosa, se stai sparando a un bersaglio molto oltre i 50 metri.
  • Una pistole Beretta 34 usata dagli ufficiali italiani a metà Novecento aveva 20 MOA. Si, non è granché: è fatta per sparare con ottimi risultati entro i 25 metri.
  • Una pistola Colt M1911 stava sugli 8 MOA. Anche un AK-47 un po’ scassato, con munizioni raffazzonate artiginali, stile passo Khyber, può viaggiare su valori simili.
  • Un fucile da battaglia o d’assalto con munizioni standard militari ha circa 2-3 MOA.
  • Un vecchio fucile monocolpo del 1870-1880 (o un AK-47 in buone condizioni) stava sui 4-5 MOA.
  • Un fucile militare per tiratore scelto deve poter ottenere gruppi da 1,5 MOA o meno (lo standard è possibilmente 1 MOA) con munizioni match grade.

Riguardo alle munizioni match grade bisogna dire che quelle militari sono (erano?) delle schifezze rispetto a quelle commerciali di ultima generazione, per cui un civile col suo superfucile nuovo può ottenere anche 0,25 MOA in condizioni ideali. Avevo già parlato un po’ di questa cosa in passato.

Cosa significa in concreto una precisione di 2 MOA? Che a 400 metri i tuoi colpi finiranno tutti da qualche parte dentro un cerchio del diametro di 23-24 cm per cui non puoi colpire con adeguata sicurezza qualcuno in un occhio nemmeno se sei il miglior tiratore dell’Universo e hai un mirino telescopico per mirare con esattezza assoluta la pupilla. E se hai un Martini-Henry e tiri a 4,5 MOA entro la massima distanza utile, circa 800 metri, devi essere già estremamente contento se colpisci in generale un essere umano (dispersione dei colpi in un diametro di un metro).

Che dispersione aveva il fucile Baker?

Bella domanda. Ci sono alcuni test dell’epoca, ma riguardano combinazioni di canne e cariche di polvere diverse, per cui vanno valutati con le pinze. Nei test del 1800 dela Board of Ordnance, usando una canna da circa 0,75 pollici con palle da 31 grammi piazzò 11 colpi su 12 in un cerchio del diametro di 4,5 piedi a 300 iarde (consideriamoli come se fossero tutti i colpi sparati: il 12esimo non si sa che fine ha fatto, se era un tiro di prova o se era un malfunzionamento dello scodellino). Sarebbero 18 MOA. Forse un po’ troppo. Considerate che la pistola Beretta 34 faceva 20 MOA.

Cosa non mi convince in questo test? L’arma era immobile su un affusto, e questo azzera l’errore umano, ma la carica era inferiore a quella ideale testata da Baker: solo 110 grani per un proiettile da 480 grani, con una velocità alla bocca probabilmente pari o poco superiore a quella del suono (330 m/s). Dose decisamente inadeguata.

Nonostante tutto fu il fucile che si comportò meglio, battendo armi americane e tedesche che usavano un passo della rigatura più rapido (tre quarti di giro o un giro intero ogni quattro piedi… lui usava appena un quarto di giro per tutta la canna da due piedi e mezzo!), forse troppo rapido per delle palle sferiche con pezzuola.

Abbiamo anche altri test. Quello a 200 iarde per il Principe del Galles è inutile considerarlo: il Baker si comportò molto meglio del fucile concorrente Nock (non c’è paragone), ma l’arma usata era una versione stile carabina da cavalleria con canna da appena 20 pollici (invece dei 30 dei fucili usati dalle Giubbe Verdi) pensata per i Dragoni Leggeri, con carica ridotta di conseguenza ad appena 84 grani per palle da 350 grani. Inadeguato per rappresentare la vera precisione del fucile Baker (e infatti fece circa 20 MOA).
Altrettanto inutile è il test a 12 iarde, sempre per il Principe del Galles, in cui il Baker piazzò tre palle nello stesso foro.

Molto più interessante il test con l’eunuco. No, non ha sparato al custode castrato di un harem: l’eunuco è il nome tecnico di un tipo di bersaglio alto sei piedi (un metro e ottanta) con disegnato un uomo eretto i cui genitali sono proprio nel centro del bersaglio.

Baker sparò alla distanza di 200 iarde, con l’aiuto di un appoggio (ma senza un affusto, quindi un minimo di errore umano c’era), calcolando da solo come compensare la caduta in base alla distanza visto che le mire andavano ancora sistemate (i primi due colpi vennero belli affiancati, ma subito sopra i capelli dell’eunuco).

Dopo aver capito come compensare l’errore delle mire, piazzò 18 colpi dentro al torso e al braccio dell’eunuco, più altri due nella coscia, uno sopra l’occhio sinistro e uno nell’inguine al fianco dei genitali. Se non consideriamo i colpi mirati apposta (o per errore) più in basso o più in alto e consideriamo solo la dispersione orizzontale come indicatore, abbiamo ben 18 colpi in un cerchio del diametro di 1,8 piedi al massimo, pari a poco meno di 11 MOA. Con 11 MOA la fama di miglior fucile a pietra focaia per uso militare della storia è assolutamente meritata!

I risultati a 100 iarde però non sono altrettanto straordinari, visto che la dispersione non si mantiene di 11 MOA. Con 34 colpi piazzati si avvicina di più ai 15 MOA. Sempre ottima per un’arma del 1800 che usa palle sferiche, credo superiore a quella dei famosi fucili Kentucky, ma meno straordinaria. Risultati bizzarri comunque: la dispersione non può “aumentare” a distanze minori e “ridursi” dopo. Ritengo i risultati a 200 iarde più affidabili e ragionevoli.

Un’arma in grado di colpire con sicurezza un uomo a 200 iarde (182 metri) e con buone possibilità, in mano a un tiratore esperto, fino a 300 iarde (274 metri). Davvero buono per l’epoca! La stessa opinione è espressa anche da Ezekiel Baker che scriveva:

I have found 200 yards the greatest range I could fire to any certainty. At 300 yards I have fired very well at times, when the wind has been calm. At 4 and 500 yards I have frequently fired, and I have sometimes struck the object

L’analisi balistica del caso Colbert-Plunkett

Dopo aver visto qual è la dispersione dei colpi a 300 iarde penso che nessuno possa sostenere che il tiro di Plunkett sia avvenuto a 800 iarde, giusto? Lo scopo dei conti che seguiranno è valutare qual è la massima distanza possibile a cui potrebbe essere avvenuto il tiro.

Immaginiamo che i due colpi consecutivi a segno siano dipesi da una notevole fortuna, ovvero che Plunkett abbiamo calcolato la distanza con un errore ridottissimo (meno di 10 iarde) ed effettuato un tiro perfetto, azzerando l’errore umano. Anche se si azzera l’errore umano, rimane presente l’errore dell’arma.

Colpire un bersaglio quando la dispersione dei colpi, pur mirando perfettamente nel centro, è maggiore del bersaglio stesso, non è questione di abilità nel centrare o meno: entra in gioco anche il “culo”, ovvero tutte le variabili del volo del proiettile non governabili dall’uomo. Valutiamo la distanza massima possibile a partire quindi dalla ferita inflitta: se poi dovesse rimanere una distanza molto lunga, daremo per scontato il fattore “culo”.

Io però, a quanto so delle palle sferiche (come ricorderete dagli articoli precedenti, perdono circa metà dell’energia nei primi cento metri e dimezzano la velocità entro i duecento), scommetto che non avremo bisogno di appellarci a nessuna distanza estrema. ^_^

Calcolare la distanza massima del tiro

Come procedere? Semplice. Valutiamo la perdita di velocità della palla nel bersaglio (cervello, ossa del cranio, pelle) per sapere a che velocità minima deve averlo colpito, poi calcoliamo qual è la distanza massima a cui può essere arrivata la palla per possedere ancora quella velocità.

Non è difficile. Per la ferita utilizzeremo le formule di Sellier per la velocità limite sulla cute, la velocità residua dopo la penetrazione di uno strato noto di osso e la penetrazione nel cervello (tessuti molli). Per la distanza utilizzeremo la tavola di decelerazione di Journée (quello famoso per il calcolo della gittata massima dei pallettoni).

Non avete bisogno di spulciare complicati libri di balistica pieni di formule strambe (quello di Sellier e Kneubuehl, Wound ballistics and the scientific background, è introvabile a quanto so): le formule per la penetrazione nel corpo sono descritte qui e quelle per la decelerazione sono invece qui. Ringrazio Edoardo Mori per le ottime spiegazioni fornite.

Schermata dal sito earmi.it di Edoardo Mori

www.earmi.it di Edoardo Mori, uno dei miei siti preferiti: le nuove generazioni di appassionati di oplologia sono cresciute con lui.

Balistica della ferita

La prima cosa che il proiettile incontrerà è la pelle, un materiale molto elastico e resistente in grado di ammaccarsi senza perforarsi contro proiettili arrotondati a bassa velocità. La formula per calcolare la perforazione della pelle considera solo la densità sezionale per cui non importa qual è la velocità di impatto della palla (a differenza della formula per la penetrazione dei tessuti molli, dove più sei veloce e più bruscamente deceleri nei primi centimetri). L’unica cosa che conta è la densità sezionale. Facendo due conti viene 32,65 m/s che possiamo arrotondare a 33 m/s per semplicità.

Dopo la pelle c’è il cranio. Un cranio maschile adulto è spesso mediamente 6,5 mm. Per motivi un po’ lunghi da spiegare, magari ci tornerò un giorno con un articolo di introduzione sulla balistica delle ferite, ho considerato lo spessore dell’osso da penetrare maggiore di quanto fosse.

L’ho fatto  per simulare il’impiego di palle in piombo morbido invece di proiettili blindati (ho usato come guida la diversa costante presente nell’altra formula per la penetrazione in osso). Invece di 6,5 mm di osso ho stimato 9,5 mm. Non è cambiato praticamente niente: la formula pare tarata su ossa umane di spessore ridotto, non più spesse delle vertebre, per cui la differenza tra bucare 5 mm o 2 cm è di pochi metri al secondo (si vedano gli esempi di Mori sul sito).

Credo dipenda dal crack che si trasmette nell’osso, come un vetro che si frantuma. Dato che questo forse può rendere problematico fare i conti con la formula della velocità residua in caso di grandi spessori (vengono cose strane, IHMO, come un 9×19 che perfora 32 cm di osso!), ovvero spessori molto superiori a quelli umani per cui pare tarata, penso che in futuro manderò una mail a Mori per chiedere consigli: altrimenti come faccio a simulare il tiro di una Luger 08 contro il cranio di un drago lungo venti metri? ^_^

Per sapere con che velocità dobbiamo colpire il cranio, dobbiamo prima sapere che velocità vogliamo avere dopo averlo perforato. Andiamo sul sicuro: circa 12 cm di penetrazione nel cervello. A meno di un miracolo dovrebbe assicurare una ferita mortale. Per ottenere questa penetrazione, come spiegherò in futuro quando parlerò della balistica delle ferite, basta che la formula dei tessuti molli ci dia 6 cm di penetrazione.

Spiego in breve il problema. La formula prevede che il risultato venga moltiplicato per la densità sezionale, ma gli studi di Fackler hanno dimostrato che proiettili del peso di “una sola palla di quel calibro” penetrano il doppio di quanto la formula preveda. Fackler ha effettuato esperimenti di tiro nella gelatina balistica sia con una palla grossa e pesante (17,5 mm a 165 m/s, in piombo) che con una palla piccola e veloce (6 mm per 1031 m/s, in acciaio), in entrambi i casi la penetrazione è stata doppia rispetto al previsto.

La cosa dipende dal fatto che la formula è tarata per mostrare la maggiore penetrazione di proiettili ad alta densità sezionale, avvantaggiati nello scavarsi una via nell’aria o nei tessuti molli, senza però tenere conto che al di sotto di un peso pari a “due palle dello stesso materiale di quel calibro” non vi è però alcuno svantaggio per il proiettile.

Correggere il conto per le palle sferiche è molto semplice. Basta saperlo. La velocità necessaria risultante è quindi di 95 m/s per 5,96 cm di penetrazione, pelle inclusa. Dato che la pelle l’abbiamo calcolata prima, non va conteggiata due volte. Sono quindi 62 m/s per il solo cervello.

Ok, ora possiamo usare la formula per la penetrazione nelle ossa. Vogliamo una velocità finale di 62 m/s circa. Con 133 m/s otteniamo una velocità residua poco inferiore a quanto richiesto. Con 134 m/s otteniamo una velocità poco superiore, con 71 m/s per sfondare il cranio e 63 m/s per spappolare il cervello.
Sommiamo il tutto: 33 m/s per la pelle più 71 m/s per il cranio più 63 m/s per il cervello, ovvero un totale di 167 m/s.

La distanza del tiro di Plunkett

A quale distanza massima la palla del Baker poteva ancora disporre di 167 m/s? Le velocità alla bocca la stimiamo di 500 m/s quindi possiamo perdere al massimo 333 m/s. Facendo due conti possiamo notare che la massima distanza a cui possiamo disporre ancora di 167 m/s è quella in cui la somma dei due valori (R e il coefficiente balistico Cb moltiplicato per la distanza stessa) è circa 5,2446. Con 500 m/s otteniamo un valore R di 0,8240 per cui rimane solo 4,4106 da sommare. Questo equivale a una distanza di 334 metri (365 iarde).

Dal punto di vista della dispersione è una gittata che richiede una grossa quantità di culo per permettere un bel centro nel cranio. Fate due conti voi: un bersaglio cranico largo 20-25 cm quando i colpi si disperdono a caso in un cerchio del diametro di 100-150 cm? Sembra molto più ragionevole delle fantomatiche 800 iarde, ma se dovessi valutare la vicenda solo dal punto di vista della dispersione considererei molto più credibile una distanza di 200 iarde.

L’eroismo dell’azione sta nell’essere avanzato a metà strada tra le proprie forze e i nemici per abbattere il generale avversario, non in cento metri in più o cento metri in meno di tiro. A 200 iarde ci vorrebbe meno culo e più coraggio: non sarebbe un brutto scambio. Non credi?

Comunque non si stava parlando di quale fosse la gittata più probabile dal punto di vista della dispersione dei colpi, ma solo quale era quella massima a cui si poteva uccidere Colbert ed è 334 metri.

Se consideriamo l’uso di cariche maggiori, magari una dose maggiorata del 50% di polvere, si può guadagnare ulteriore gittata, ma l’ampiezza della dispersione e la caduta verticale del proiettile diventano sempre più ridicole e diventa eccessivo poter ipotizzare due colpi mortali di seguito (il secondo, quello sull’aiutante, non si sa dove è finito: immagino nel torso).

Fine. Soprattutto per Colbert.

 


Approfondimenti.
The 95th Rifles & Royal Horse Artillery
Twenty-three Years Practice and Observations with Rifle Guns di Ezekiel Baker (1804)

 

47 Replies to “Il fucile Baker e la morte del generale Colbert”

  1. Non so se (grazie ai reader di Google) sono arrivato per primo a lasciare un commento, ma volevo comunque farti i complimenti per l’analisi balistica di questo famoso evento.
    Studi come questo sono utilissimi per comprendere l’impiego tattico (fondamentale, anche se molto specializzato) di truppe così ben addestrate ed equipaggiate, oltre che per sfatare qualche mito relativo al Baker che alcuni autori – peraltro a mio parere comunque validi – di historical fiction hanno contribuito (involontriamente?) a diffondere.
    D’altro canto, sull’impiego di un po’ tutte le armi leggere nel periodo napoleonico ci sono in giro molti preconcetti e malintesi dai quali sarebbe meglio liberarsi…
    Grazie ancora e, per quanto possa apparire superfluo, complimenti per il meraviglioso blog che lurko assiduamente ormai da un annetto!

    PS: Anche grazie a te ho deciso di acquistare il nuovo Kindle di Amazon. Se tutto va bene, mi arriva a metà della prossima settimana! ^__^

  2. Spero che ti possa trovare bene col Kindle 3.
    Se poi mi potessi mandare un commento via mail dopo averlo usato per un paio di settimane, così posso citarlo quando mi chiedono informazioni (ad esempio sul dizionario, sulla comodità del software ecc… o anche solo sul prezzo complessivo, spese di spedizione incluse, pagato), mi faresti un piacere. ^_^

  3. Guarda, per ora posso dirti che ho pagato sui 260 euro per: Kindle 3 3G da 6″, custodia figherrima con lucetta di lettura inclusa (so che è da sboroni, ma chissene!) ed adattatore EU. Il tutto, ivato e con corriere internazionale con consegna (si spera!) entro una settimana.
    Non appena so qualcosa in più, ti aggiorno!

  4. Articolo molto interessante; solo un dubbio: “I risultati a 100 iarde però non sono altrettanto straordinari, visto che la dispersione non si mantiene di 11 MOA. Con 34 colpi piazzati si avvicina di più ai 15 MOA”; i 15 MOA sono coerenti con i 18 citati in precedenza per le 300 iarde e indicati come eccessivi: si sono effettivamente avuti a 100 iarde, o doveva essere “300”?

    Duca:

    sul dizionario, sulla comodità del software ecc… o anche solo sul prezzo complessivo, spese di spedizione incluse, pagato

    212 Euro lettore 3G più spese di spedizione; il dizionario va anche sui PDF, e – ma qui passo sul sentito dire di un amico che lo ha – il servizio di conversione dei PDF è molto comodo, pur con i limiti di conversione del formato.

  5. Articolo davvero interessante. Avevo scoperto questo intrigante episodio storico quando mi era capitata sott’occhio la lista dei dieci cecchini migliori della storia. In testa c’era tale Simo Häyhä, dal simpatico soprannome “La Morte bianca”; più di 500 russi sdraiati in cento giorni. Con un Mosin-Nagant a canna corta. Senza telescopio.

  6. Il MOA non è il diametro della dispersione in sé: è il valore che ti permette di calcolare la dispersione alla distanza desiderata (nel caso di armi moderne rigate a 700+ m/s bisognerebbe non scendere sotto la velocità transonica perché dopo il comportamento del proiettile cambia, ma non è questo il caso).
    Un fucile da 10 MOA (un ferrovecchio indegno?) usato a 100 metri, a 200 metri e a 500 metri avrà dispersioni di 29 cm, 58 cm e 150 cm.
    Non sono sicuro di capire quindi quale sia il dubbio.

    A 300 iarde con una canna DIVERSA (0,75) e un carica di polvere INFERIORE si è comportato diversamente (peggio: 18 MOA) rispetto ai test a 200 e a 100 iarde con carica a 1/3 del peso e canna da 0,625 (11-15 MOA).

    Allo stesso tempo, però, a 100 iarde la dispersione pare essere stata di circa 15 MOA, il che potrebbe significare che forse gli 11 MOA a 200 iarde sono stati una serie di colpi “fortunata” (presente quando commentavo come non particolarmente rilevanti gli 0,099 MOA del fucile da cecchino che di solito faceva invece 0,25 MOA?).

    Oppure, ma la cosa non è precisata, forse a 100 iarde Baker ha tirato a braccio sciolto, senza appoggio. Può essere. In altri test che non ho citato Baker sparava proprio a braccio sciolto a quella distanza ravvicinata. In tal caso l’errore umano spiegherebbe la dispersione maggiore ottenuta.

  7. @Mauro
    212 euro, ok. Good.
    I PDF (con il testo, ovviamente, non le foto di pagine piratate) è vero che vengono convertiti in un formato con reflow se uno abilita l’apposita opzione? Sembra una gran bella cosa.

    Qualcuno lo ha comprato anche in versione solo Wi-Fi?

  8. Ciao.
    Posso suggerire, se riprenderai a parlare più spesso di balistica e armi, la creazione di un piccolo glossario?

    Andarsi a rivedere articoli di 10.000 parole di 2 anni fa per ricordarsi cos’è il “passo” è un po’ macchinoso.

    Per il resto, gran bella riconstruzione. La posizione ortodossa è una scoperta per me!

  9. Eppure,mi ricordo un servizio su History Channel di alcuni anni fa,in cui tutto le armi leggere del periodo napoleonico venivano liquidate come tanto poco necessario da rendere ancora assolutamente indispensabili sia le baionette per i fanti che le sciabole per i cavalieri.Secondo quella ricostruzione di Waterloo,bastavano persino le nude giacche per fermare le palle dei moschetti!
    Il fucile Baker era una mosca bianca?

  10. No. Basta usare le formule e calcolare gli effetti alle varie distanze dei proiettili. O vedere i risultati di Fackler sulla gelatina balistica con la palla grossa e lenta, 165 m/s, che è penetrata per più di mezzo metro in roba che simula con buona approssimazione i tessuti molli “misti” del corpo umano.

    Se davvero hanno fatto affermazioni simili, sono deficienti. Tranne per le baionette, ma il loro scopo non è uccidere: è far ottenere la vittoria con la fuga del nemico. Solo i soldati meglio addestrati, o disperati, resistono a un assalto all’arma bianca invece di fuggire.

  11. Risolto il dubbio sul MOA, avevo equivocato il concetto; ora ho tutto chiaro, grazie.

    Duca:

    I PDF (con il testo, ovviamente, non le foto di pagine piratate) è vero che vengono convertiti in un formato con reflow se uno abilita l’apposita opzione?

    Esiste un servizio Amazon che ti converte PDF (e altri) nel loro formato (gratis se si scarica il file convertito col wifi, a pagamento – 0,99 $/MB – con 3G), ma l’opzione del lettore non mi risulta (riferisco quanto dettomi da un amico; non so quando potrò controllare direttamente).
    Magari si riferivano ad altro: per il Kindle 2 era stato portato il motore di Calibre per usarlo in locale; ma un amico col Kindle 3 ha provato il servizio di Amazon e Calibre con tre libri, e il primo dà risultati migliori.

  12. Se davvero hanno fatto affermazioni simili, sono deficienti.

    Non solo le hanno fatte,ma le hanno fatte pure vedere!
    La scena dell’ussaro francese,che respinge col suo virile petto almeno cinque o sei scariche di fucileria tipo Superman,è stata (giustamente) accolta in famiglia fra frizzi e lazzi…
    ^_^

  13. Sul Kindle ti posso dare qualche impressione in diretta, visto che mi è arrivato proprio oggi pomeriggio (ma come CAVOLO ha fatto a coprire il tragitto Phoenix-Roma in DUE GIORNI!?! Complimentoni a UPS!!!).
    Anche se è il mio primo ereader e quindi non posso fare paragoni con altri modelli, sono rimasto positivamente stupito dalla qualità dello schermo. E’ veramente impressionante, ben definito e refresh davvero rapido.
    L’interfaccia è buona (qualcosina da sistemare c’è… le collezioni me le mette in ordine di creazione e non di nome, con buon pace di tutte le belle siglette che mi ero inventato per metterle in fila come volevo… sigh!) ma non velocissima.
    Migliore è la situazione degli scarichi dei libri, effettivamente celeri in Wi-Fi e ragionevoli in 3G. Un po’ difficoltoso navigare nel catalogone Amazon, operazione senz’altro più facile se fatta da computer. L’interfaccia sito-kindle-altri lettori (io ho anche l’app sull’iPhone) è davvero ben fatta e si risincronizza continuamente da un dispositivo all’altro.
    Dizionario notevole, come anche la possibilità di consultare Wiki “on the run”, anche se ovviamente è di default limitato a quello americano. Divertente il “text to speech”, con le classiche vocine automatizzate ma comunque decenti. Peccato anche qui che sia tarato sulla pronuncia anglosassone!
    Peso contenutissimo (mi pesa più la custodia!), schermo abbastanza grande, dimensioni molto ridotte con spessore quasi trascurabile.
    Non so dirti nulla sulla conversione dei PDF perché ancora non l’ho provata, ma ti confermo i dettagli sul loro servizio automatico. In caso, anche io utilizzerò il buon Calibre.
    Infine, menzione d’onore per il modulo sperimentale di browsing su Internet. Ha ancora MOLTA strada da fare, ma promette bene pur se con le limitazioni dell’eInk e della mancanza di un dispositivo di puntamento vero e proprio.
    Spero di essere stato utile!

  14. Mi dispiace,il nome del documentario su History non me lo ricordo.Però la scena mi ricordo d’averla già vista anche in una puntata di ‘Superquark’,forse la puntata dedicata al 190° di Waterloo,mentre il documentario credo sia o una produzione BBC o TF1.Francamente non so dire se lo si trova sul Mulo o meno…
    Spero d’esser stato utile!
    =)

  15. E io che pensavo che la balistica fosse un’arcana arte per pochi iniziati da CSI!
    Bell’articolo Duca. Soprattutto molto utile.

  16. A proposito di balistica, Duca. Sono entrato causualmente in possesso di un “Armi E Tiro” n.6 del Giugno 2010. Sulla copertina di questa bellicosa rivista, oltre alla disamina tecnica di numerosi tipi di armi moderne, si promette anche un’accurata verifica del mito della “Palla Rovescita”. Trattasi non di una malformazione urologica (come io credevo) quanto piuttosto dell’ingegnosa usanza, da parte di molti militi della Grande Guerra, di “afferrare saldamente la cartuccia, inserire la palla nella bocca della canna, fare un po’ di gioco allentando così il colletto del bossolo, estrarre la palla e reinserirla al contrario”. Il tutto al fine di potenziare il colpo e squarciare corazze ed elmetti come fossero burro.
    Segue anche una prova empirica con materiali dell’epoca o adattati. A me che sono un profano è sembrato molto interessante. Poi magari possibile che a te che mangi libri di cibernetica e insalate di matematica suoni tutto come molto ovvio o risaputo.
    Comunque se interessa ti mando le scan dell’articolo ^^

  17. Si, manda pure.
    Lo leggo volentieri.

    Dal punto di vista tecnico la cosa si può spiegare senza troppi problemi: la palla girata dovrebbe tagliare meno bene l’aria per via del profilo piatto (stile wadcutter), perdendo gittata, ma al tempo stesso l’assenza del profilo spitzer riduce l’influenza negativa di un colpo non perpendicolare (che può dipendere anche dallo scodinzolare in volo del proiettile, il yaw).

    In pratica, facendo un po’ di conti con munizioni note e colpi angolati noti, ho visto che grossomodo un tiro angolato con proiettile spitzer moltiplica per due l’influenza dell’angolo sull’energia necessaria alla penetrazione (ovvero: un colpo a 30 gradi spitzer richiede energia come se fosse un colpo tondeggiante a 60 gradi e uno a 45, beh, tendenzialmente dai 40 in su rimbalzano, no?).
    Non puoi rendere migliore il proiettile di quanto non sia (la formula di Krupp rimane quella), ma puoi ridurre lo svantaggio dell’essere appuntito quando il colpo non è perfettamente perpendicolare.

    Sui proiettili a punta tonda invece non credo serva a nulla. Un 6,5 carcano girato da un verso o dall’altro dovrebbe cambiar poco.

  18. Infatti mi sembra ci si riferisca soprattutto ai fucili teuonici. Tra l’altro, pare sia stata una pratica presto vietata, perchè se da una parte “upgradava” il colpo, dall’altra rovinava irrimediabilmente l’arma.
    Mail inviata. Dimmi se è arrivata.

  19. Di nulla. Sappimi dire solo se è attendibile o è fatto alla pene di segugio. Dopo l’articolo specializzato di Fantasy Magazine ho iniziato a diffidare alquanto dei divulgatori di mestiere.

  20. Oddio… LOL!
    Hanno fatto il test con 6,5×52 a punta tonda! E a quanto sto leggendo si stupiscono che non è cambiato granché… mio dio…

    No. Non ci credo. Armi & Tiro non era così anni fa. La ricordo!
    Ok, dopo lo leggo bene tutto dall’inizio alla fine e poi commento. Non può essere vero quello che credo di aver visto. Non voglio che sia vero.

  21. TI ODIO!
    Amavo Armi & Tiro anni fa. Non puoi dirmi che ora è così.
    ç______ç

    Lo rileggo con calma tutto dopo. Bella la citazione d’epoca sui sacchi di sabbia. È corretta perché la questione del ribaltamento vale sia in carne che sabbia che legno. Un proiettile già girato penetra davvero molta più sabbia perché non riduce drasticamente la propria densità sezionale (mentre assieme triplica-quadruplica l’area da scavare) nell’atto del girarsi dentro l’oggetto.

    Magari se val la pena faccio un articoletto dedicato nei prossimi giorni…

    Ah, nel caso non lo avessi letto la prima volta:
    TI ODIO!

  22. Ok, alla fine spiegano (ma non spiegano la questione dell’angolo di impatto, che è un elemento fondamentale visto che può significare un 20-30% di energia richiesta in più).

    Peccato che l’intero esperimento col Carcano sia completamente idiota. E non è vero che non potevano testare con un fucile diverso a palla spitzer, perché gli bastava ridurre la carica per evitare la compressione e ottenere uguale velocità e pressione in modo da valutare solo la differenza tra un colpo angolato e l’altro (es: un colpo a 15 o 20 gradi).

  23. Non ti odio più. L’articolo è fatta abbastanza male per via della completa incomprensione del concetto di colpo angolato, ma non era orrendo come sembrava. Resta da domandarsi come mai paghino gente per fare test dal risultato noto a priori e non collegato con la questione in esame… :-/

  24. Piuttosto Duca, mi sconfinferava molto l’idea iniziale di applicare le formule della balistica alla mongolfuffa fantasy di cui ogni tanto tu e Gamberetta trattate. Potrebbero uscirne cose molto sfiziose.
    Faccio un esempio: siamo nel 1916, e il fronte della Grande Guerra è pressoché immobile. Ma in realtà il comando francese ha in serbo un ambizioso piano alternativo: una spedizione punitiva contro il Regno delle Fiabe, colpevole di parteggiare troppo apertamente per gli invisi teutoni (fatine docet).
    Ecco allora una poderosa flotta da guerra cannoneggiare senza sosta l’Isola Che non C’E’, mentre un agguerrito Corpo D’armata invade il regno di Far Far Away e avanza in direzione del castello del Principe Azzurro, onde destituirlo e mettere sul trono un sovrano fantoccio (probabilmente Pinocchio).
    I difensori, presi di sorpresa, subito buttano via spade fatate e frecce di luce. Dappertutto una fiumana di orchetti, troll, elfi e nani si riversa sulle poche e malmesse strade disponibili, intasandole ed esponendosi ancora di più agli attacchi dei transalpini.
    Gli unici a non desistere sono i draghi. Queste superbe creature sfruttano la loro mole, la loro velocità e il loro soffio infuocato per proteggere la ritirata dei compagni ed impegnare gli invasori (sprovvisti dell’adeguata copertura anti-aerea) in continui raid diversivi.

    Il caso specifico: un drago adulto, appartenente al II Stormo Fatato, sta tornando da un attacco a un comando divisionale francese. Avendo abbrustolito molti mangiarane, ha lo stomaco quasi privo di gas (i draghi, è risaputo, usano un gas infiammabile per volare e produrre fiammate), ed è perciò costretto ad atterrare.
    Spossato, non si accorge di essersi portato proprio nei pressi di un 75 mm francese (ho scelto un pezzo ultrafamoso per semplificarti la vita).
    I poveri artiglieri non credono ai propri occhi. Un mastodonte scaglioso a precisamente 50 metri dal loro pezzo.
    Essendo che gli preme la pelle, non perdono tempo: caricano il cannone, puntano, e fanno fuoco.
    Sono le 11.30 del 18 Ottobre, ci sono precisamente 12°, con un coefficiente di umidità del 100% e un vento da Est-Sud Est a 10 km/h.
    Il proiettile viaggia in linea retta, e colpisce il sauro sul dorso, al di sopra dell’ala. Incredibilmente, il colpo non disintegra la bestia, ma la ferisce solo lievemente, producendo quella che per un umano sarebbe considerata una lussazione. Il drago ringhia di rabbia e dolore, volgendosi poi verso gli incauti assalitori.
    Ora, le domande:

    1- Quanto dura e resistente si deve supporre che sia la pelle del drago, per resistere come detto al colpo del 75?
    2- Quanto velocemente se la daranno a gambe i coraggiosi artiglieri?
    3- Quanto inquinata dev’essere l’acqua che bevo, per spingermi a porre certi quesiti?

    Se riesci a rispondere diventi il mio mito del mese (sostituendo così Ivan il Serbo)

  25. 1- Quanto dura e resistente si deve supporre che sia la pelle del drago, per resistere come detto al colpo del 75?

    La durezza è un fattore irrilevante, visto che imponi che si pieghi sotto il colpo e l’unico motivo per domandarsi la vicinanza tra i punti di inizio deformazione e frattura è per sapere SE si deformerà… tu invece lo poni a priori. Possiamo dire che è abbastanza poco dura da piegarsi e abbastanza resistente da non bucarsi, fine. Nessuna altra possibile risposta sussiste sulla questione durezza.

    Anche la questione resistenza come proprietà del materiale (tensile strength) non può avere risposta. Senza definire lo spessore non è possibile definire la resistenza disponendo solo del risultato finale. Inoltre il fatto che abbia respinto il colpo la pone da “il minimo per riuscirci a più infinito”.

    — Tenterò comunque anche di rispondere a questi due dubbi alla fine della risposta —

    La resistenza minima per resistere al colpo come combinazione di proprietà del materiale e di spessore combinati può invece essere calcolata con l’ausilio dell’Armatura Equivalente. In questo caso, come si faceva fino a pochi decenni fa, userò come Armatura Equivalente del normale acciaio 1010-1020.

    Il giorno è irrilevante. Il vento e l’umidità pure, sono cose che riguardano la traiettoria, e di certo non la influenzano in forme così blande a gittate così corte.
    La decelerazione nei primi 50 metri non conteggiamola direttamente: con la densità sezionale mostruosa del proiettile (molto superiore a quella di un 7,62×51) la decelerazione sarà molto modesta. Ed è già modesta pure in un proiettile da fucile a distanze così ridotte.
    Altra cosa che contribuisce a rendere modesta la decelerazione è la basse velocità del proiettile alla bocca: più vai veloce e più l’aria ti frena.

    Ipotizziamo che il pezzo sia il solito 75 mm Modello 1897 usato come artiglieria da campo all’epoca. Potrebbe impiegare due ogive: shrapnel o alto potenziale (HE).
    Immaginiamo che dovendo affrontare un mostro enorme non pensino di bombardarlo di sfere di metallo (anche perché è a due passi), ma gli tirino direttamente una bordata HE addosso.

    L’ogiva HE è appuntita, come un proiettile da fucile, ed è formata da un involucro di acciaio pieno di esplosivo.
    Dovrebbe pesare 5,3 Kg e viaggiare a 500 m/s. Non dispone di un penetratore ad alta densità né di una carica cava anticarro. Le sue capacità di penetrare sono modeste, di conseguenza, dato che dovrà farsi largo “spingendo” col suo naso per frantumare il bersaglio, lacerare la pelle del drago o, in caso di un carro armato, ritagliare un disco di metallo dall’armatura più piccolo del proprio calibro e poi infilarsi aprendo il resto a spinta.
    Possiamo quindi considerarlo come se fosse un proiettile navale da sfondamento di fine Ottocento e usare la formula di Krupp.

    La pelle del drago non è indeformabile, tant’è che si piega per muoversi e si piega abbastanza da ottenere la lussazione dell’arto. Ipotizziamo quindi che sia sufficiente morbida da non opporre un qualche fattore forma che possa deviare il proiettile in caso di colpo angolato. Anzi, meglio, diciamo direttamente che il colpo atterra bello a perpendicolo.

    Con quella velocità, peso e dimensioni è in grado di traforare 37 mm di acciaio. Non è molto. Può distruggere senza problemi un carro armato dell’epoca, anche colpendo nelle zone meglio protette, ma non è decisamente un granché. D’altronde il proiettile è relativamente leggero per essere un 75 mm e non è nemmeno molto veloce, oltre al fatto che il proiettile usato non è un penetratore anticarro. Un vero 75 mm anticarro figo, con il penetratore, è 7.5 cm Panzerabwehrkanone 40 della Germania Nazista: parte a quasi 800 m/s e a 500 metri se prende a 90 gradi, difficile ma possibile, sfonda 13 cm di armatura (data l’epoca credo che sia ancora calcolata in acciaio dolce, come si faceva fino a pochi decenni fa).’Sticazzi. Ma è anche un attrezzo con un bossolo per la carica di lancio due volte più lungo, non c’è confronto con il 75 francese di primo Novecento.

    Dato che la pelle non si è lacerata più che tanto, causando solo la lussazione, definiamo la pelle del drago come equivalente a 40 mm di acciaio dolce: quanto basta per non lacerarsi fino alla carne, ottenendo assieme un violento piegamento che giustifichi la bruttissima botta debilitante che gli ha dislocato l’articolazione della zampa.

    Se, per ipotesi, la pelle del drago fosse stata spessa 20 mm questo equivarrebbe una Tensile strength 2,5 volte maggiore, pari a circa 1.000 MPa. L’acciaio al manganese degli elmetti americani e inglesi era da 965 MPa di T.S. e 379 MPa di yield strength (inizio deformazione), e infatti si piegava molto prima di rompersi.
    Possiamo dire che le scaglie del drago sono equivalenti ad acciaio Hadfield al 12% di manganese con durezza alla frattura di 500HB.
    Il che risponde anche ai due punti inizialmente privi di risposta.

    2- Quanto velocemente se la daranno a gambe i coraggiosi artiglieri?

    Al massimo delle loro capacità, ma devi tenere conto delle condizioni del terreno su cui correranno, inciamperanno, scivoleranno ecc…

    3- Quanto inquinata dev’essere l’acqua che bevo, per spingermi a porre certi quesiti?

    Non farti domande. Già il fatto di seguire il mio sito, dato che io sono notoriamente un tronista in cerca di attenzione che scrive solo articoli per insultare FantasyMagazine (come hanno sapientemente fatto notare Muspeling e un paio di ritardati del WD, se ricordo giusto), ti pone ai più bassi livelli della scala delle forme di vita rispettabili. ^___^

  26. Oltre a complimentarmi per l’ennesimo splendido post, ti ringrazio per aver risolto un piccolo enigma della mia infanzia.

    Quand’ero bimbo (ma mica tanto) acquistai una scatola di soldatini Airfix di fucilieri di linea inglesi d’epoca napoleonica (sempre Vive l’Empereur, a proposito). Ebbene: c’era un figurino in quella buffa posizione di tiro, ma non riuscivo a comprendere il senso di quella posa; lo scambiai per un “ferito”. Avessi saputo che si trattava di un cazzutissimo cecchino sarebbe stato l’eroe della mia collezione! :-)

  27. Duca, non vorrei tediarti troppo e rovinare il tuo teutonico week-end, ma a questo punto si potrebbe rispolverare l’annoso dibattito “Come funziona il lucertolone sputa-fuoco?”.
    (chi risponde “non importa, tanto è fEntasI” è pregato di andare a incularsi il Monte Fato)

    Qui:
    http://forumtgmonline.futuregamer.it/showthread.php?t=204417

    io e un’altra manica di NerZ avevamo affrontato la questione, ma senza raggiungere una soluzione apprezzabile.
    Forse non è propriamente il tuo campo, ma se vuoi dacci un’occhiata.

  28. No, niente, rileggevo l’analisi del Duca sullo scenario Artiglieri Mangiarane Vs Sputafuoco Scaglioso, e a distanza di mesi devo ammettere che la cosa è ancora AWESOME ^_^

  29. Ma si dai, voglio fare al Duca una domanda mongolretard delle mie. Tanto è domenica.
    Duca, data la sù dedotta resistenza ai colpi dei demoni scagliosi, e dato lo stereotipo sulla loro capacità di volare ed emettere fiamme ad altissime temperature, avrebbe senso per dei coraggiosi granatieri prussiani affrontarne uno a colpi di panzerfaust?

  30. Usando quanto detto prima:

    Dato che la pelle non si è lacerata più che tanto, causando solo la lussazione, definiamo la pelle del drago come equivalente a 40 mm di acciaio dolce: quanto basta per non lacerarsi fino alla carne, ottenendo assieme un violento piegamento che giustifichi la bruttissima botta debilitante che gli ha dislocato l’articolazione della zampa.

    E considerando che i panzerfaust potevano penetrare 140-300 mm di acciaio, in base al modello, grazie alla ogiva a carica cava HEAT (High explosive anti-tank: sfrutta l’effetto Munroe per, dicendola in modo mongolosamente semplice, sfonda il metallo con un’onda d’urto ipersonica perché concentra tutta l’esplosione del proiettile, che di per sé è solo supersonico, in un piccolo punto invece che sprecarla in ogni direzione)…

    …lo buca, lo penetra a fondo nel torso ed esplode facendo pappetta di tutti gli organi interni.
    Gittata utile: 100-150 metri, sugli ultimi modelli. Più che sufficiente. Molto di più.

    Tecnologia batte mongolate fantasy, di nuovo.

  31. Ma è fucking awesome *___*

    Adesso mi verrebbe da buttar giù un raccontino diesel-mongol-punk, una rivisitazione della vecchia, abusata scenetta del prode cavaliere che in sella al suo eburneo destiero e coperto dalla lucida cotta va incontro al drago furioso. Qui si fa passare la fida lancia dall’imberbe scudiero e carica il rettile onde abbatterlo e ricoperto dell’immondo sangue gridare “Deus Vult”

    Solo che in questo caso il prode cavaliere e il relativo scudiero arriverebbero in sidecar, coperti di pickelhaube, uniforme prussiana e maschera antigas.
    Indi i due smonterebbero dal mezzo, si appiattirebbero al suolo, e il Feldwebel, vecchia pellaccia inacidita, si farebbe passare dal timido ed ecciato Schütze un panzefaust nuovo di zecca. Poi, con tutta calma, un attimo prima di essere investiti dalla fiammata del mostro, il nostro mirerebbe al ventre scaglioso e farebbe fuoco.

    BUM!!

    Sangue e budella di rettile che volano da tutte le parti.
    E mentre lo scudiero osserva eccitato lo spettacolo, il prode cavaliere rimonterebbe in sella al sauro meccanico, ed accendendolo esclamerebbe indifferente:
    “Un giorno in meno al merdoso congedo!”

    No, non vi preoccupate, non lo scriverò mai ^__^

    O forse si *___*

  32. Che bello, stavo giusto cercando questo articolo per fare un’aggiunta.

    Duca:

    I PDF (con il testo, ovviamente, non le foto di pagine piratate) è vero che vengono convertiti in un formato con reflow se uno abilita l’apposita opzione? Sembra una gran bella cosa

    Con Duokan si può fare.

  33. Ah, Duca, permetti l’obiezione (una o due B, non ricordo). Se il lucertolone spicca il volo, lo si può ancora beccare col “tubo da stufa”?

  34. Risponditi da solo.
    Se è realisticamente goffo, senza problemi: o mentre ondeggia per alzarsi o mentre punta per soffiare. E se lui soffia 10 metri e tu spari a 100, non ci vuole un genio a capire chi colpisce per primo.

  35. No, io chiedevo se fosse possibile fotterlo mentre è già in volo, considerato che il panzerfaust non è propriamente un’arma antiaerea.

    Cercavo un appoggio nel regno animale, e ho trovato questo

    http://en.wikipedia.org/wiki/Quetzalcoatlus

    che se non ho capito male era in grado di volare ad altezze di 4500 m. Roba da chiedere l’intervento della Flak.
    Anche se mi pare che quel genere di dinosauri era fatti praticamente solo di testa, membrane e ossa cave. Mentre un lucertolone sputafuoco è normalmente decritto come un grassone mica da poco.

    Sto dando i numeri *____*

  36. Duca, io continuo il mio delirio mongol-fantasy. Fermami tu quando ne hai abbastanza *___*

    Contando sempre lo stesso Dragone iperincazzato da far fuori, ma escludendo che i coraggiosi granatieri di prima abbiano l’ausilio di artiglieria, panzerfaust, bazuka, fucili anticarro (antidrago?), aviazione o altro, quale artifizio escogiterebbero secondo te per andare addosso al bestio (naturalmente mentre è al suolo)? Parlo di armi e/o trucchi fino al 1945 massimo.

    Considerato che (suppongo) neanche le bombe a mano avrebbero successo, sarebbe tanto insensato provare a fotterlo col metodo giappo della mina a bastoncello?

    http://cdn.armiespy.com/wp-content/uploads/2011/03/fig1_japanese_lunge_mine_antitank.jpg

    Naturalmente in questo caso non magnetica, ma -ritengo- adesiva.

    Oppure un’altro a venirmi in mente sarebbe il metodo dei cani-mina russi. Anche se questo sistema funzionava già poco coi carri armati, che hanno una visuale limitata. Probabilmente un drago, con una capacità visiva si suppone perfetta, non dovrebbe avere molti problemi ad individuarli e arrostirli uno a uno. Però chissà, magari se sono molti, e se attaccano da più direzioni, riescono a raggiungerlo. In fondo meglio perdere 100 cani che un fante esperto.

    Quanto sono mongol, da 1 a 10?? *____*

  37. Meglio tardi che mai, vorrei precisare una cosa riguardo alle “palle girate”: ovvio che un proiettile del ’91 o del Mannlicher’95, girati alla rovescia, non cambino in maniera rilevate il comportamento balistico in volo, stante il profilo round-nose, ben diversa è invece la balistica terminale! Sono proiettili FMJ, totalmente camiciati… SALVO SUL FONDELLO, dove un’ampia finestratura circolare scopre il piombo del nucleo! Questo significa avere a disposizione una munizione con palla espansiva, proibitissima per le devastanti conseguenze del suo “affungamento” all’interno del resistente! Altro che spaccare scudi ed elmetti, cosa che sicuramente faceva peggio della palla “dritta”, quella “girata” procurava ferite devastanti, con tragitti intra-tissutali e fori d’uscita incompatibili con la sopravvivenza del bersaglio colpito…

  38. Questo significa avere a disposizione una munizione con palla espansiva, proibitissima per le devastanti conseguenze del suo “affungamento” all’interno del resistente! Altro che spaccare scudi ed elmetti, cosa che sicuramente faceva peggio della palla “dritta”, quella “girata” procurava ferite devastanti, con tragitti intra-tissutali e fori d’uscita incompatibili con la sopravvivenza del bersaglio colpito…

    Corretto, ma c’è da aggiungere qualcos’altro per chiarire la questione.

    L’espansione, preciso per chi è poco familiare, non avviene “per miracolo perché sì”, ma solo in virtù del possedere un’adeguata velocità minima all’impatto con la carne, legata al design del proiettile stesso. Una palla di Carcano 91 girata è piatta, incamiciata senza linee di frattura, senza concavità accentuate per facilitare l’apertura.
    La velocità per proiettili JSP (che tendenzialmente esplodono per la decelerazione) e JHP per espandersi è circa 360 m/s… oltre 400-420 m/s se si tiene contro di eventuali vestiti pesanti (divise invernali con cappotti).

    Se sparandola girata perfori sufficienti materiali altamente resistenti (non sabbia o carne: qualcosa che in pochi mm deceleri di moltissimo il colpo, come Kevlar o acciaio), o dopo un tragitto sufficientemente lungo, da ridurre la sua velocità a 200 m/s appena, non si aprirà affatto.

    Se invece la velocità si abbassa ancora, se insomma passa la corazzatura “per un pelo”, possono verificarsi fenomeni di deformazione anche marcati che la appiattiscono e ne aumentano il calibro (senza farla esplodere)… ma questo avviene anche ai proiettili blindati a punta tonda. Motivo per cui si dice sempre che un Giubbotto antiproiettile che non ferma il proiettile “per un pelo” può essere ben peggio di non averlo affatto: invece di un 9 mm nel corpo che entra ed esce fuori… magari ti trovi un 15-16 mm spiaccicato che affonda per 20 cm e rimane dentro! XD

    L’unico modo per essere certi che un proiettile predisposto a espandersi si espanda è sparare nell’ambito ravvicinato del combattimento in trincea contro bersagli privi di corazzature spesse come “tombini”.
    Ma in queste condizioni una palla spitzer si ribalta che è un piacere, trasformando un forellino di 7,7 mm in una stoccata di sciabolone da 3 x 0,7 cm nel punto in cui si è ribaltata dando completamente il fianco. Con, per chi le gradisce, pure una bella cavità temporanea di vaste dimensioni che non sarà letale come un cratere di microschegge di piombo che hanno lacerato e distaccato pezzi di muscoli, ma comunque schifo non fa (giusto nel caso vi siano reni o fegato, nelle vicinanze, visto che loro apprezzano di farsi spaccare dalla pressione temporanea, mentre gli altri organi se ne fregano abbastanza… a parte eventuali necrosi nelle 72 ore successive la ferita, ma non riguardano il combattimento sul momento e sono molto meno affidabili e pericolose di una vera e propria esplosione interna).

    Non è devastante come una 7,7 JSP da caccia che esplode, in stile 5,56 Nato (ma la prima è illegale, questa no, LOL!), ma è comunque sufficientemente letale da non aver mai causato “dubbi” sulla sua validità in combattimento.

    Quindi un vantaggio SIGNIFICATIVO a usare la palla girata ci sarebbe, esclusivamente antiuomo (e illecito nell’uso tra militari di nazioni firmatarie il trattato del 1899), se si ragiona con palle da fucile a punta tonda incapaci di ribaltarsi nel corpo…. come il nostro Carcano o con il calibro austriaco.

    Col 7,92 dei crucchi meh: con le ferite che fa di suo, quel 8,2 mm dal nome camuffato, se la cava già più che bene senza bisogno di diventare una scavacrateri in stile 5,56 Nato.

  39. Stavo riflettendo ancora sull’ipotetica frase detta morendo da Colbert.
    Un momento di autentico lulz. Ho chiesto a Clio di tradurmi questo pezzo da Wikipedia francese:

    Ce succès fut le dernier qu’il obtint ; car dans la même journée, le 3 janvier 1809, au combat de Cacabelos, comme il faisait une reconnaissance avec quelques tirailleurs d’infanterie, il reçut une balle au front et tomba en s’écriant :

    « Je suis bien jeune encore pour mourir ; mais au moins ma mort est celle d’un soldat de la grande armée, puisqu’en mourant je vois fuir les derniers et les éternels ennemis de ma patrie ! »

    Che dice così, confermando il colpo in fronte:

    Questo successo fu l’ultimo che ottenne, dacché lo stesso giorno, il 3 gennaio 1809, alla battaglia di Cacabelos, mentre eseguiva una ricognizione con alcuni tirailleurs (cacciatori), fu colpito da un proiettile in fronte e cadde gridando:
    “Sono ancora giovane per morire, ma almeno la mia morte è quella di un soldato del grande esercito, poiché morendo vedo fuggire gli ultimi ed eterni nemici della mia Patria!”

    Ripensate alla scena…
    Colbert è con un ufficiale abbastanza vicino da soccorrerlo e beccarsi un colpo pure lui… viene A SORPRESA colpito in fronte da una grossa palla di piombo che lo uccide in poco tempo… mentre cade di sella con una fetta del cervello esplosa inventa e pronuncia una complessa dichiarazione simil-poetica… no, sul serio, provate a pensarla e a pronunciarla: quanto ha impiegato a cadere sbalzato dal proiettile?

    Lo immagino come nei combattimenti degli anime giapponesi: scena al rallentatore, dialoghi però a velocità normale, caduta di cavallo di 10 secondi (Clio suggerisce petali di rosa svolazzanti e zoom sull’occhio azzurro dell’eroe martire, possibilmente Marsigliese in aggiunta), dichiarazione prima di toccare il suolo…
    … ma quello che l’ha sentito declamare e ha tentato il soccorso, l’ufficiale accanto, non è mica morto appena si è avvicinato? E gli altri Tirailleurs vicini, che nel frattempo saranno sfrecciati via, giù a trascrivere la dichiarazione? Hanno gonfiato un po’ quel “Aaaarrgh”… ^___^

    Quando si drogano i mangiarane! XD

  40. Secondo me il secondo ufficiale è stato ucciso mentre premeva zolle di terra in bocca a Colbert urlando: “Chetati, chetati, CHETATI!”

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