Passato il pranzo di Natale e il cenone della Vigilia, ma quanto avete speso? E chi è andato al ristorante quanto è stato rapinato? Esclusi chi è andato alla mensa dei poveri, visto che con le ultime stangate è più clima da Caritas che da Calvados…

Oggi introdurrò un argomento che tratterò con maggiori dettagli in futuro, i prezzi del passato, in particolare nei ricchissimi Stati Uniti di fine Lungo XIX Secolo, il paese dell’abbondanza per “tutti” e dei salari con un elevato potere d’acquisto. Anche rispetto a quelli attuali. Ma soprattutto rispetto a quelli attuali di noi poveri europei, gente sventurata che non ha mai vissuto l’Età della Cuccagna che vissero i nostri cugini fanatici religiosi cacciati a pedate in un continente pieno di selvaggi con le penne nei capelli. Stupidi indiani: dovevate mangiarvi quei bigotti rincoglioniti, non regalargli un continente! XD

Mischiando l’amato vekkiume e la nuova sezione enogastronomica, ho pensato di iniziare il discorso con un articolo dedicato a tre menù dei ristoranti, di cui due natalizi per un facile confronto con le spese sostenute da chi ha mangiato al ristorante in questi giorni.

Sono un rigattiere letterario che colleziona vekkiume e lo ripropone.

Prima di tutto una premessa NON strettamente necessaria: un operaio non specializzato negli anni 1880-1910, quelli di maggiore mio interesse, guadagnava circa 2 dollari al giorno che possiamo arrotondare per difetto a 10 dollari settimanali o 40 dollari mensili (in realtà credo che dire 50 sia più corretto), ma questa stima mensile ci tornerà comoda in futuro, quando ipotizzeremo un confronto di potere d’acquisto con un operaio non specializzato italiano di oggi che prenda 900 euro al mese. Volendo si può arrotondare e fare 50 dollari contro 1000 euro e stop. In fondo è giusto per dare l’idea.

Oggi quel buffo confronto non ci servirà: farò uso esclusivamente delle formule presentate dalla Federal Reserve Bank of Minneapolis per calcolare quanti dollari di ieri equivalgano in dollari di oggi, al fine principalmente di valutare quanto certi beni siano cresciuti di prezzo in modo incoerente rispetto all’indice dei prezzi al consumo (sigla inglese: CPI). Nessuna mia ipotesi di confronto, solo scarni fatti e CPI.

Partiamo con questi due menù Natalizi di ristoranti del Selvaggio West, entrambi per il Natale del 1891 a Santa Fe (Nuovo Messico), in due locali diversi. Dovete immaginare che molti immigrati, minatori e lavoratori dei ranch, vivevano in spartane stanze in affitto sopra i saloon, accontentandosi del pessimo ristorante interno, e per mangiare qualcosa di decente con le feste dovevano andare per forza in un ristorante vero.

Cliccare per ingrandire.

Il primo menù viene dal Conway’s Bon Ton e propone al prezzo stracciato di 25 centesimi un menù che include parecchie scelte diverse per le varie portate, dessert e accompagnamenti. Si può avere, tra le varie opzioni di arrosto, il tacchino in salsa di mirtilli rossi americani oppure il maialino da latte il salsa di mele oppure l’anatra con gelatina o il manzo. Nell’insieme non ci sono portate particolarmente sofisticate (anche se l’insalata di gamberetti, aragosta e patata mi attira), ma c’è tanta roba da mangiare e il prezzo è molto basso: 25 centesimi era il prezzo di un normale pranzo in un normale ristorante dell’epoca. Vini esclusi.

Il secondo menù viene dal Billy’s New Restaurant e offre a 50 centesimi una bella carrellata di delizie: ostriche fresche, dentice atlantico in salsa di gamberi, cappone bollito con salsa “velouette” (secondo Jan Whitaker è la salsa velouté), tacchino con farcitura alle ostriche e salsa di mirtilli rossi americani, lombata di manzo (in alternativa al tacchino?) seguita da lombata di alce con salsa all’arancia e gelatina, stufato Brunswick oppure quaglia arrosto, insalata di gamberetti oppure di patate, vegetali, noci/mandorle/mele/uvetta a scelta seguite dal classico pudding natalizio inglese con salsa al Brandy, chiudendo poi con una fetta di torta di mele oppure di “mince pie” (che mi ricorda un po’ uno strudel di quelli non ortodossi, con dentro parecchia frutta e frutta secca diversa) e un bel caffè francese oppure un tè verde o del formaggio.

Naturalmente, essendo il XIX Secolo notoriamente un secolo pieno di pentimento per l’essere nati in Occidente e di paura di offendere qualsiasi orientamento, ideologia, superstizione più o meno religiosa, scelta alimentare, stile di vita ecc… era disponibile anche l’alternativa vegetariana: un gambo di sedano crudo e andarsene affanculo (opzione per gli omosessuali vegetariani: ficcarsi il sedano in altro orifizio a piacere).

Il sedano è un ottimo sex toy: la french maid Arturo con il sedano nel…
… didietro quando sculetta spolvera i mobili.

Ora facciamo due conti in tasca. Ok, sappiamo già che con 2$ di paga giornaliera spendere 50 centesimi a testa al ristorante per un menù all’apparenza ottimo, è decisamente poco: pranzo di Natale in quattro, escluso il vino, a un giorno di paga di un operaio non specializzato! Un operaio non specializzato italiano di oggi, con 900 euro al mese divisi su, facciamo, 22 giorni realmente lavorativi, riceve 41 euro al giorno. In pratica 5 euro all’ora. Non vorrei sbagliarmi, ma con 41 euro in quattro si va giusto in pizzeria o in un ristorante prendendo un singolo piatto economico e l’acqua, non per la mangiatona di Natale a farsi servire ostriche, arrosti, primi, dessert ecc…

I nostri poveri Cristi con stipendi da fame infatti non fanno il pranzo di Natale al ristorante. Anzi, manca poco che lo facciano alla mensa dei poveri dopo la batosta su dodicesima e tredicesima. E comunque anche a Santa Fe tanti avranno scelto probabilmente il ristorante da 25 centesimi con cibi più normali, invece di andare a “fingersi ricchi” in un posto più sofisticato (spendendo il doppio, per quanto poco, e con una carta dei vini temo molto più dispendiosa).

Passando agli americani, perché l’esempio viene meglio (non che non sia giusto paragonare la nostra miseria attuale con i prezzi bassi americani di 100-150 anni fa, in fondo lo scopo è rosicare e sentirci coglioni, seppure con l’iPhone e Facebook a farci credere di avere chissà che benessere), possiamo rapidamente verificare dai link sopra forniti che 1 dollaro del 1891 vale come 25,77 dollari del 2012. Ne consegue che, se i prezzi in un dato settore non sono lievitati oltre quanto previsto dal CPI, dovrebbe essere possibile mangiare tutta quella bella roba offerta da Billy in un bel ristorantino a neanche 13 dollari. In quattro persone con 53 dollari. Non vorrei sbagliarmi, ma dubito che sia così normale mangiare in quattro un cenone di Natale di quell’abbondanza e varietà con 53 dollari (più il vino).
Se qualcuno ha stime di oggi del prezzo di un menù simile, si potrà facilmente calcolare quanto i prezzi siano cresciuti in modo incoerente con il CPI. Poi magari mi sbaglio, ma dubito.

“Fortissimo questo film di fantascienza: un giorno saremo così poveri da pagare un vestito con metà del salario mensile e da doverci preoccupare del prezzo del cibo!”
“Poco credibile visto che il Capitalismo crea benessere e ricchezza per tutti, ma è una prospettiva che comunque fa cagare sotto!”

Forse Will Burton, il proprietario del Billy’s New Restaurant, aveva gusti un po’ troppo raffinati per le tasche del pubblico di Santa Fe (nonostante simili offerte speciali) e vantava una carta di vini francesi pregiati e ottimo whisky scozzese. Forse per i prezzi bassi rispetto alla qualità proposta e forse la mancanza di clientela, o più probabilmente per entrambi, e il ristorante di Burton fallì nel giro di pochi mesi: aprì per la fine di novembre del 1891 e chiuse nella primavera del 1892. Burton andò poi a lavorare presso il più economico Conway’s Bon Ton. Almeno non finì disoccupato!

Questi due menù sono ottime offerte per l’epoca, ma non offerte uniche. Non era raro che per le feste ci fossero dei supermenù allo stesso prezzo dei pranzi normali (25 centesimi in un ristorante normale, 50 in uno più raffinato) e, forse, ancora più scandaloso di questi menù natalizi è quello proposto per il 9 aprile 1896 dal Leader Restaurant di Cleveland:

Zuppa di ostriche, arrosto di tacchino con la solita salsa e tanta altra roba a soli 25 centesimi? Forse si esagera un po’. Anzi, quasi certamente si esagera: questo è un altro menù che meriterebbe almeno 50 centesimi!

Il tacchino di solito veniva snobbato dai ristoranti raffinati, quelli che servivano cucina francese e prediligevano uccelli vari e selvaggina, ma non era un prodotto particolarmente economico. Quando appariva nei menù di altri ristoranti meno fini quanto meno costava un supplemento rispetto a un menù uguale, ma con arrosto di manzo. A quanto riporta Jan Whitaker nel link precedente, un menù con arrosto di manzo e patate all’Electric Restaurant della Fiera Mondiale di Chicago del 1893 veniva 45 centesimi e uno con arrosto di tacchino farcito con aggiunta di salsa di mele ben 50 centesimi.
La fiera del 1893 è quella in cui il cannone spaziale sparò la nave-capsula per azione di un sabotatore, non so se ricordate, inviando parecchi personaggi famosi su Marte, mai rintracciati nemmeno dalla sonda Curiosity: a questa storia tragica è ispirato il videogioco Martian Dreams.

Tornando al tacchino, è sospetto trovare arrosto in un menù da 25 centesimi invece che da 50 e come disse un cameriere nel 1908: “Quando ricevi tacchino giovane con salsa di mirtilli rossi americani, purè di patate, sedano, pane, burro, caffè e ‘mince pie’ per la somma di 25 centesimi, puoi immaginare che qualcosa non vada coi tacchini.”

Bismarck’s “after-dinner” speech: “Gentlemen, there is really no more Turkey”.
(Vignetta sul Congresso di Berlino del 1878)

Il tacchino era così amato che nel 1902 in un ristorante gestito da Avventisti del Settimo Giorno (una setta di bigotti che aspettano il ritorno di Cristo sgranocchiando carote e guardando male chi crede nella laicità della Stato e si fa una grigliata mista) si arrivò a proporre il tacchino per vegetariani, ma non ho idea di cosa facessero per simularne la carne. Forse una qualche transustanziazione in cui il tofu pur rimanendo tofu era anche tacchino, come l’ostia è mollica di pane eppure è il corpo di Cristo. Quanto meno è un’opzione migliore del gambo di sedano che avevo in mente io. Ok, forse non lo è.

Dopo tutti questi menù economici, godiamoci per un attimo qualche prezzo DAVVERO alto. Così alto che già all’epoca era giudicato ingiustificatamente alto, soprattutto in rapporto alle porzioni da uccellino: un’eccentricità da ricchi “alla moderna” che non godono tanto dei piaceri della vita in sé, ma di quanti soldi possono far mostra di avere nel goderli. Avete presente certi russi ignoranti che sborsano 5000 euro in contanti per un vino rosso pregiatissimo che poi si fanno servire ghiacciato?

Ecco: gente simile apprezzerebbe ugualmente (e lo sa benissimo) una bottiglia da 10 euro, ne sborsa migliaia solo per far mostra col mondo, per quanto ridotto al cameriere, al proprietario del ristorante e magari a un paio di tavoli vicini di sconosciuti, di avere così tanti soldi da poterli buttare a piacere. La spregevole volgarità di chi ha il denaro, ma non ha la dignità della tradizione aristocratica né la bontà aristocratica, un tempo diffusa, di usarli per opere di bene verso i poveri.

Questo caso non è esagerato come il vino a 5000 euro, ma si può magari paragonare a un posto un po’ figo in cui l’aperitivo invece di 5-8 euro ne costa 20 (e serve le stesse cose o peggio). Decisamente puntato alla borghesia coi soldi, non alla piccola. Ecco il menù per il tè pomeridiano, il momento dei prezzi altissimi (sugli altri menù pare che non facesse prezzi altissimi, a quanto ho capito), da Schrafft nel 1929:

Cliccare per ingrandire.

Toast imburrato a 15 centesimi. Gambero con salsa a 50 centesimi. Insalata di vegetali a 50 centesimi. Marmellata di arance a 15 centesimi. Tramezzino di funghi tostato con sedano ripieno a 60 centesimi. Sempre 60 centesimi anche per il tramezzino con pollo e insalata (e sedano ripieno assieme). Tramezzini assortiti da tè per 40 centesimi appena.

Ricordate che nel 1929 era ancora possibile fare un pasto completo (zuppa, arrosto, contorno, dessert e caffè) per 50 centesimi in un ristorante decente.
Non sono prezzi stratosferici, ma di sicuro sono prezzi ALTI. E questi prezzi alti in dollari del 2012 a quanto equivalgono? Uhm: un dollaro nel 1929 equivaleva, a livello di CPI, come 13,54 dollari del 2012.
Quindi toast imburrato con marmellata a 4 dollari attuali e tramezzini misti per il tè a 5,4 dollari. Ok, pensando che in un tipico pub da proletari con 5-6 euro prendi un toast merdolone farcito o un paninazzo per accompagnare la birra, non mi sento sconvolto da questi prezzi per riccastri del 1929.

O forse proprio per questo dovrei trovarli sconvolgenti.
Che tristi tempi di impoverimento, che tempi…

 

10 Replies to “Natale al ristorante: mangiare bene con mezzo dollaro… nel 1891”

  1. Commento di Happycactus censurato perché introduceva argomenti diversi da quelli trattati dall’articolo e si permettevadi definire “pecca” il non aver trattato ALTRI argomenti diversi che in nessun modo influenzano i fatti esposti in sé: prezzo X, salario NX, quanto è grande N?

    Si limitava a suggerire in modo vago come mai si sia arrivati a pagare così tanto tutto e a perdere così tanto potere d’acquisto, ma dato che è automatico che vi siano motivazioni storiche ed economiche e non l’azione della bacchetta magica di Magilla la Gorilla allora è inutile sottolineare l’ovvio in modo impreciso (e in parte scorretto, il discorso sul costo del lavoro che altrimenti sarebbe interamente corrisposto al lavoratore è impreciso e non tiene conto dello pseudo-equilibrio economico raggiunto nel tempo) andando fuori argomento (cosa che per primo ho deciso di non fare evitando APPOSTA di trattare l’argomento in quanto pleonastico/irrilevante, ma arrivare ad avere un po’ di intelligenza per capire che se non metto qualcosa c’è un motivo pare troppo), in palese violazione del regolamento sui commenti che prevedono il rispetto dell’argomento trattato.

  2. In Italia mangiare fuori ha costi generalmente allucinanti, ma ricordo che a Oxford si trovavano pub per famiglie che per 4 sterline (poco meno di 5 Euro) ti davano un piatto con hamburger medio, patatine (più buone di quelle del fast food), scodella di insalata, bibita media e salse assortite. La qualità del cibo era mediocre, ma le dimensioni abbondanti. Uno di questi posti tra l’altro era molto carino e pure in centro (sempre che si possa parlare di “centro” in uno sputo di paese come Oxford).
    A Londra ho pranzato con un mio amico in un altro pub per famiglie a Bank (che non è il posto più in del mondo ma è comunque in centro), e abbiamo speso pochissimo di più (mi pare intorno alle 5 sterline a testa, ma non ricordo con precisione).

  3. Quindi per mantenere il potere d’acquisto si è dovuto rinunciare ad almeno una portata, al dessert e alla qualità del cibo.
    Beh, quanto meno si è mantenuto basso il prezzo, da noi è andata peggio!

    E nei ristoranti un minimo decenti, con numero di portate simili a quelle indicate nei menù?

  4. Be’, il cibo non era schifoso, diciamo che era senza infamia e senza lode.

    Faccio un confronto con un altro pub e con un menù più o meno identico, ma di qualità superiore. Sempre in centro a Oxford, costava 9 sterline (circa 11 euro), cioè poco più del doppio, e oltre ad essere più buono ti dava la possibilità di scegliere tra bibita e birra. Con qualche sterlina in più (non mi ricordo quante perché l’ho presa una volta sola) il menu con la bistecca.
    Ristoranti veri e propri ne ho provati pochi e non ricordo i prezzi; e comunque non so quanto fossero rappresentativi del “ristorante di fascia media”, dato che, quando optavo per un ristorante, a quel punto volevo roba esotica o particolare. Se non ricordo male, in un ristorante italiano molto buono, tra antipasti misti e primo, sempre a Oxford, me l’ero comunque cavata intorno alle 12 sterline (14 Euro e mezzo).

    Nelle isole greche il rapporto era ancora migliore. Un pranzo leggero (antipasto + primo) per 2 persone mi costava in media attorno ai 12-13 Euro; una cena con due antipasti e una portata principale, sempre per 2 persone, tra un minimo di 18 e un massimo di 24 Euro.

    La cosa scandalosa è che ormai in Italia un menu medio singolo al McDonald viaggia sui 7 Euro…

  5. E nei ristoranti un minimo decenti, con numero di portate simili a quelle indicate nei menù?

    Per il pranzo di Natale in una trattoria dell’entroterra ligure abbiamo speso 35 euro a testa. Il menù è difficilmente confrontabile (ma c’era il tacchino ^__^). La qualità era ottima, ma è una rara eccezione da queste parti, nel senso che nei posti dove si mangia da schifo si spende tanto uguale o di più. Rapportato al salario di un’operaio è comunque il 77% della paga giornaliera, cioè da 3 a 6 volte tanto rispetto ai menu dell’articolo. Riguardo al McDonald in Italia, ho l’impressione che la qualità sia scesa parecchio negli ultimi anni, il che poi sarebbe normale: nei tempi di vacche grasse aumentano in generale i prezzi, nei tempi di vacche magre ti danno per gli stessi soldi roba molto peggiore.

  6. Duca, ammettilo: per l’articolo hai preso spunto da questa scena! Comunque, agganciandomi al discorso prezzi, qui da noi( Val di Chiana) per un onesto pasto con vino della casa, tagliatelle al ragù, patate arrosto, pollo alla cacciatora, coperto e caffè spende sui 20\ 25 Euro. Per un operaio specializzato, fare sia pranzo che cena fuori significa farsi fuori un 1% abbondante del proprio stipendio in una sola giornata: poco da scialare, quindi.

  7. Da custode di CoC farò tesoro di queste immagini.
    Che dire, beati gli americani, se la sono goduta e a lungo, e dire che avrebbero potuto fare grandi cose (intendo ancora più grandi) se non fossero dei fottuti bigotti come ha sottolineato il Duca.
    In ogni caso una rubrica molto interessante, sarei curioso a questo punto di vedere la carta dei vini, magari quei menù a 25 cent sono tipo i buoni di groupon di oggi “sfondati di pizza ma bevande escluse”.

  8. Nel caso dei due menù a 25 centesimi proposti: il primo sembra davvero una mossa di puro marketing per fidelizzare i clienti a danno degli altri ristoratori (accettando un guadagno pari a zero sul cibo e rifacendosi magari con la carta dei vini non scontata); sul secondo, del 1896, credo che la teoria della partita di tacchino con qualcosa che non va da sbolognare sia una buona teoria.

    Per i 25 centesimi di dimensione normale (primo, secondo , contorno, dessert e caffè) invece erano i normali prezzi dell’epoca.

    I menù dei locali con le orrende pizze al trancio malfatte in cui la differenza tra pizza margherita e pizza al salame è una singola, triste fetta di salame adagiata sopra, e fa tutto così schifo che uno finisce per mangiarne quanto con una pizza normale (che però sarebbe molto superiore), sono una vergogna moderna di marketing per illudere i gonzi (escluse le fogne a cui davvero conviene ingurgitare fetta dopo fetta a decine, erodendo i guadagni del locale) di cui, spero almeno in questo caso, di non trovare uguali nell’Ottocento.
    Ma visto che nell’Ottocento hanno inventato tutto, incluse la catene di fast food, temo che prima o poi mi imbatterò in simili atrocità… o_O””

Comments are closed.