Tanto per cambiare, il giornalismo italiano ruba di nuovo.
Questa volta è successo a molti artisti che avevano dedicato vignette a Charlie Hebdo, dopo gli omicidi alla sede del giornale, e che se le sono trovate utilizzate SENZA PERMESSO per realizzare un libro che il Corriere della Sera ha messo in vendita in edicola per cavalcare l’onda dell’indignazione collettiva. Insomma, finché i cadaveri sono caldi si vada di sciacallaggio (e non lasciatevi trarre in inganno da presunti fini caritatevoli).

I grandi giornali italiani e la loro solita vecchia politica sull’uso di internet: se trovano una foto sul web, la usano a fine di lucro. Non importa se ha un licenza che dice “solo senza fine di lucro” o se è sotto copyright integrale. Internet per loro è un enorme archivio in cui se qualcosa è facile da trovare, allora è permesso usarlo. Nemmeno perdono tempo a chiedere agli autori, quando sanno benissimo chi sono e magari avrebbero pure detto “sì” in un lampo!

Condivisione in buona fede che porta a furto in malafede… ma d’altronde lo fanno anche gli editori di libri, per cui di che stupirsi? Per essere più itagliani (gli italiani sono altra cosa) c’è solo da indossare la coppola e cagare spaghetti al pomodoro! ^_^

Come i giornalisti vedono internet.
Come i giornalisti vedono internet.

Impareranno mai i giornali a usare il web come qualcosa di diverso da una fonte di taccheggio per notizie e immagini? Che poi, mi viene da dire, se i giornali agiscono come bande di ladri mi viene il sospetto su quanto possano essere onesti (in ogni cosa: agire e opinioni) i soggetti membri delle suddette gang di cui dovremmo fidarci per venire informati!

E io sono così stronzo che per poter usare più liberamente le immagini trovate in giro, nei casi in cui non si conosce la licenza o la fonte originale, non ho mai messo Google Ads sul mio blog (ci sarebbero state incertezze a quel punto sul fine del blog, se contiene pubblicità per le quali si viene espressamente pagati).

Come sottolineato da Giacomo Bevilacqua:

Alla luce della tragedia di Charlie Hebdo, in cui delle persone sono morte per difendere un diritto inalienabile, quello della libertà di stampa, il Corriere si fa portavoce di pensieri, frasi, disegni e soprattutto lavori non suoi, calpestando il mio, di diritto, e quello di altri autori come me, e a me questa cosa mi sembra vergognosa e inaccettabile.

E qui, siamo onesti, diventa ancora più offensiva l’adesione a slogan come “Je suis Charlie”, dedicato a chi come quei giornalisti non vuole che il diritto altrui venga violato, perché ben si capisce come fosse un’adesione solo strumentale e di sciallaggio, senza credere realmente in quei principi (visto che li violano): al Corriere della Sera al massimo si può concedere che dica “Je suis un cochon”, ma senza voler offendere i maiali veri che hanno molta più dignità.

Su, su, cucciolone, non si intendeva offenderti... ^_^
Su, su, cucciolone, non si intendeva offenderti… ^_^

Ridicole le scuse addotte da De Bortoli, direttore del Corriere.

Abbiamo contattato tutti quelli che siamo riusciti a raggiungere, e abbiamo inoltre precisato per iscritto nel libro di essere disposizione degli autori per i diritti

Che guarda caso è ciò che viene sempre detto, ogni volta che accade qualcosa di simile, da anni. E guarda caso ogni volta c’è una gran quantità di detentori dei diritti che hanno siti, blog, mail e profili facebook o twitter continuamente attivi su cui rispondono spesso in tempo reale ai loro lettori e… guarda un po’, per i giornali erano irreperibili! Ma che caso strano!

Non sarà invece che il Corriere, da bravo furbetto qual è, ha fatto tutto comunque per ottenere visibilità (e quindi pubblicità e quindi vendite del quotidiano in sé, assieme a quelle del libro realizzato per beneficienza) sapendo benissimo di star violando la legge, sicuro che tanto poi, messi davanti al fatto compiuto, poteva mettere a tacere i vignettisti dicendo che pagherà loro il dovuto? ^___^

Spero si avveri quanto detto nell’articolo:

C’è ora da vedere se le scuse e l’assunzione di responsabilità di De Bortoli saranno sufficienti a placare i vignettisti, che già avevano minacciato una class-action contro il Corriere, con il proposito di devolvere poi il risarcimento dei danni alle vittime dell’assalto a Charlie Hebdo.

Questo sarebbe l’unico lieto fine possibile: una causa in tribunale e il furbetto che paga, ma non nel modo furbo e accomodante che pensava lui quando aveva già calcolato i costi dell’operazione e li aveva considerati minori dei benefici di immagine per il quotidiano! ^__^

Come dovrebbe essere una riunione di redazione di tanti quotidiani, se la legge fosse uguale per tutti e se per i tanti reati che continuamente commettono venissero condannati.
Come dovrebbe essere una riunione di redazione di tanti quotidiani, se la legge fosse uguale per tutti e se per i tanti reati che continuamente commettono venissero condannati.

Ci siamo abituati, ma proprio perché accade continuamente (rubano notizie, rubano foto ecc.) ci si aspetterebbe che ormai, perlomeno nei casi più pericolosi, i giornali fossero abituati a ciò che succede: vengono scoperti; vengono sputtanati in massa online raggiungendo coperture mediatiche che tutti i principali quotidiani italiani assieme non raggiungono; la loro reputazione viene danneggiata ulteriormente, compromettendo la credibilità e quindi il peso che i lettori daranno al giornale (e le vendite sul medio-lungo periodo).

A quanto pare la reputazione non è qualcosa che ai giornali importi. Intuitivamente uno direbbe il contrario, direbbe che è gran parte della loro ricchezza essendo fonti di notizie “sicure” e approfondimenti, inchieste ecc. ma questo sarebbe intelligenza e i giornali, in costante declino, ci hanno dimostrato che la stupidità è la loro essenza (nel senso attribuito da Cipolla: autolesionismo condito con danni alla collettività).

Capiranno mai che il giornalismo è morto se non diventerà approfondimento, inchiesta, se insomma non sarà più profondo di semplici repost mal commentati dei comunicati stampa di ANSA e affini, sparate inaffidabili e ruberie sul web?
Non capiscono che in un mondo in cui le notizie sono ovunque, e hanno il livello qualitativo (pessimo) con cui loro le producevano subito prima del web, questo non significhi che ormai il lavoro sia per loro più facile perché basta copiarle! Bisogna FARE MEGLIO di prima per differenziarsi, smetterla di rincorrere l’ultim’ora perenne, e specializzarsi nel produrre articoli di alta qualità che i tipici blogger non professionisti non potrebbero produrre con costanza.

Proprio non lo capiscono che il loro mestiere deve evolversi, deve tornare “nobile” in quanto produttore di articoli di qualità (approfonditi, esatti, utili) e diffusore di conoscenza, costruendosi una solida reputazione grazie alle firme degli esperti che scrivono per il giornale (studiare, giornalisti, dovete studiare!), non può più essere bieco banditismo da pochi spiccioli… non lo capiscono e moriranno, come stanno già morendo. E altro che “Rest In Peace”: in Pieces!

Journalism-is-deadGiornalismo
Rest in Pieces

8 Replies to “Il Corriere ruba le vignette su Charlie Hebdo”

  1. Senza contare che sono pure riusciti a fare un libro teoricamente contro la censura e per esprimere supporto a _Charlie Hebdo_… e lo hanno fatto non pubblicando le vignette che hanno portato al casino, perché, sai, non vogliono offendere, vogliono essere rispettosi di tutti O_o

  2. Cioè vogliono fare un libro su Charlie hebdo senza pubblicare le vignette di Charlie hebdo?

  3. Ammirate, preso dalla pagina di Jenus:

    Cito il commento di Don Alemanno, quello di Pillole di Jenus, uno dei vignettisti derubati dal Corriere:

    Censurare le vignette scomode, in onore della “libertà di stampa” per rendere omaggio a persone uccise in un tentativo di censura.
    Sono io, o c’è qualcosa di incredibilmente perverso in tutto questo?
    Ad averlo saputo prima, magari, non avrei prestato il consenso a pubblicare la mia vignetta su questo volume. Ah! No aspetta…
    NESSUNO ME L’HA CHIESTO*.

  4. Questa storia è ributtante e triste su tutti i fronti. La manovra affannata di “arruffiamo l’arruffabile e spariamo fuori subito una roba da vendere” è già di per sé tragica. Accoppiata al buonismo pretaiolo del “non offendiamo nessuno” è ancora peggio.
    Quando la notizia dell’attentato è arrivata, mi ha colpita come un pianoforte sulla zucca. Non per Charlie in sé: a me Charlie ha sempre fatto cagare. Non per le vittime: sono desolata per le famiglie, ma non conoscevo nessuno di loro, non li seguivo né conoscevo i loro nomi fino a pochi giorni fa.
    Per la Francia, perché almeno da quel punto di vista si era liberi. Potevi strillare allo scandalo, potevi insultare, potevi ignorare le provocazioni o potevi riderci sopra. I tre cani non hanno sparato solo a delle persone, hanno sparato a un ideale, a un valore fondatore della Repubblica. Ci hanno puntato un Ak-47 in faccia per derubarci. E chissà che alle lunghe non ci siano riusciti.
    La sola idea che un GIORNALISTA possa essere così privo di ogni umana decenza da saltare subito allo sciacallaggio senza nessuna remora mi fa venire la pelle d’oca. Che i giornalisti seri in Italia fossero come l’araba fenice, si sapeva. Ma non credevo si potesse DAVVERO arrivare a questo livello.
    Non credo sia nemmeno concettualmente possibile combinarne una più sfacciatamente vergognosa. Come faranno a superare questo record? Sono perfino peggiori di quei vigliacchi disertori degli inglesi.

  5. Che tempi Duca, che tempi.

    Comunque non nego che dal thumbnail col maiale pensavo fosse un articolo su Maometto.

Comments are closed.