Ho deciso di pubblicare i racconti Steampunk “in gara” (non i fuori concorso) con licenza leggermente più restrittiva di quella indicata nel regolamento (che verrà invece applicata all’eventuale antologia) per garantire meglio i diritti degli autori sui testi. Mancano i racconti che sono stati ritirati e un racconto privo di appigli Steampunk (Mondi in guerra). Un altro racconto troppo poco Steampunk per il regolamento del concorso (Lowres) è stato lasciato: a qualche amante del cyberpunk potrebbe interessare.

Ci sono 30 racconti, per un totale di circa 1 milione di battute.
Non è ovviamente possibile, né utile nella maggior parte dei casi, effettuare un editing di tutti i testi. I più promettenti, quelli candidati alla vittoria e al possibile inserimento nell’eventuale antologia, hanno guadagnato il diritto a ricevere un editing soft per migliorarli un po’. Non è permesso riscriverli da zero cambiando troppe cose o mettendo nuove scene che stravolgano le storia originale: il vincitore tra i testi per l’antologia deve somigliare a ciò che è stato selezionato. Questo perché altrimenti tutti i racconti, rifacendoli completamente diversi (ovvero diventando altri racconti), potrebbero meritare la vittoria. I testi candidati alla vittoria sono quelli che mi è parso possibile rendere decenti con un editing poco invasivo o che l’autore saprebbe rendere decenti, a mio parere, con le giuste indicazioni (rifare una scena con un POV -Point of View, Punto di Vista- diverso, ad esempio), senza stravolgerne però la struttura o i contenuti.

L’immagine scelta per la copertina della raccolta,
modificata a partire dalla copertina di “Simplicissimus” del 15 settembre 1914

L’idea avanzata alcuni mesi fa di usare i racconti come base per parlare di scrittura ecc… è stata respinta. Invece di parlare degli errori più comuni sfruttando estratti dai racconti, preferisco pubblicare per intero i racconti e, come promesso successivamente, aggiungere un paio di righe di commento per ciascuno. Solo un paio, come premio e indicazione di cosa sistemare (tra la massa di cose) per l’autore. Ho un quaderno zeppo di appunti per ogni racconto, ma ne userò solo un percentuale infima (non posso scrivere 2000-5000 parole di spiegazioni per ognuno dei 30 racconti, bestie). Misteriosamente, durante la scrittura dell’articolo, il “paio di righe” si è gonfiato in modo allarmante… O_o

Se volete parlare di scrittura e trovare risposte ai vostri dubbi, avete tre ottimi articoli: Descrizioni, Dialoghi e Mostrare. Il ritorno di Gamberetta e l’arrivo del terzo articolo rende inutile cominciare una lunga, noiosa e inconcludente sequenza di spiegazioni articolate sugli errori in questa sede. Se non siete sicuri di una cosa e non avete voglia di studiare da soli i manuali perché siete pigri, da Gamberetta ci sono centinaia di commenti con inclusi esercizi di scrittura commentati. Potete trovare le risposte ai vostri dubbi lì.
Se proprio non riuscite a trovare risposta in quanto già scritto lì (cosa di cui dubito, a meno che non siate dei gonzi che non capiscono le risposte), provate a chiedere in quelle sedi.

Non fatemi domande su cose già spiegate negli articoli o nei commenti: è offensivo pretendere il tempo degli altri se per primi non si usa il proprio per leggere le spiegazioni già scritte. Fare domande per cui sono già presenti risposte non è diverso da dire “brutto stronzo, dai, scrivimi una roba, su, tanto non hai un cazzo da fare oggi, eh, stronzo?”. Chiamatevi stronzi da soli, se proprio ci tenete. ^_^

Se non siete disposti neppure a leggere lì le risposte, non sareste disposti a leggerle neppure da me per cui è inutile che le riscriva io. E comunque, ma è solo il mio parere personale, se uno non è disposto a faticare studiando per anni sui manuali per migliorare la propria scrittura, significa che non gli importa per davvero di diventare un bravo autore: inutile perderci tempo (a meno di non venire pagati la giusta tariffa). Ma è solo il mio parere.

Ho notato che alcuni errori più ricorrenti, errorini che chiunque potrebbe correggere con la semplice buona volontà (sovrabbondanza di aggettivi e di avverbi, ad esempio), fanno parte del bagaglio di errori tipici di cui parlavano già i primi due articoli di Gamberetta. Articoli che era stato indicato di studiare nel bando del concorso. E che era stato ripetuto più volte di studiare, nel corso degli aggiornamenti.
Questa mancanza di applicazione delle indicazioni di editing più basilari, quelle che non richiedono alcuna comprensione o riflessione complicata, ma solo buona volontà e ripetizione meccanica seguendo una “lista” delle cose da controllare, mi ha deluso molto. C’è chi ha cercato di competere con il romanzo Amon nella frequenza degli avverbi di modo: se era uno scherzo, non l’ho trovato divertente.

Ho messo i testi più interessanti tra i primi. Vi consiglio di leggere per intero perlomeno questi tre, che sono i più carini: Piloti e Nobiltà, L1L0 e Photophantastes e magari sfruttare i commenti per dire come vi sembrano. Altri possibili candidati alla vittoria sono Lunasil, Il Colosso di Colorado Springs e La Maschera di Bali.

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Il PDF include una pagina con l’indice dei racconti. Mobipocket e ePub sono dotati di una comoda e moderna TOC, richiamabile con l’apposito comando del lettore di eBook (o visibile a sinistra, nell’apposita colonna, se usate il plugin per ePub di FireFox).

 


Oggetto d’Amore

Quella notte era particolarmente silenziosa e buia lungo Molino delle Armi.

Inizia senza un POV, con una frase inutile relativa all’irrilevante notte fuori al laboratorio. Subito, per gradire, un avverbio di modo che compete per il premio all’inutilità: che differenza c’è tra una notte silenziosa e una “particolarmente” silenziosa? E “particolarmente” rispetto a cosa? Già è strano che la notte di Milano, seppure nel 1842, sia silenziosa: quell’aggettivo rende già a sufficienza la particolarità di quella notte.

Arturo Telli sedeva al tavolo del suo laboratorio e lavorava con la concentrazione e l’abnegazione che sempre impiegava per perfezionare e inventare armi e oggetti meccanici. Arturo Telli perseguiva uno scopo, una vera e propria ossessione.

Continua col narratore, ma è meglio iniziare subito con il POV di Telli e rimanerci per tutto il racconto. Tutte le info inutili (come queste qua sopra), i commenti privi di qualsiasi valore fatti dal Narratore (Telli è “l’abile armaiolo”, ad esempio) ecc… ecc… vanno tagliati. La semplice regola di scegliere un POV e seguirlo, descrivendo ciò che fa e prova attraverso il suo filtro umano, risolve quasi tutti i problemi del testo.
Quel “suo laboratorio”, come anche i parenti “suoi macchinari” ecc… fanno sembrare il testo una brutta traduzione dall’inglese. Di chi sarebbero il laboratorio di Telli e i macchinari di Telli, se non di Telli? Inutile ribadire l’ovvio ogni volta sottolineando che sono proprio “suoi”.

«Prima di lasciarla andare voglio ricordarle che questa sarà l’ultima volta che le sarà concesso. […] Non possiamo perderlo di nuovo».
Arturo Telli non si lasciò intimidire dall’autorità di quel personaggio: «Non sono d’accordo. Io non ho ancora raggiunto il mio scopo e i servigi che ho compiuto per lei rappresentano la mia garanzia sul fatto che sarò io, e solo io, a dire quando potrete arrestare lo sventratore. D’altronde, se siete dentro quell’uniforme ben confezionata e impreziosita da belle medaglie luccicanti, lo dovete solo a me […]».

Mi pare evidente dalla risposta di Telli che non si sia fatto intimidire. Non ha senso precisare qualcosa prima di mostrarla. Questo errore avviene regolarmente in un certo romanzo horror per bambini e in altri esempi di narrativa italiana, fin troppo comuni, in cui l’editing è assente o affidato a incapaci.

Passando alla storia, i problemi non si riducono. Il fatto che sia un armaiolo, come tutto il dialogo iniziale, non ha alcuna rilevanza per la storia o per il finale che vorrebbe essere a sorpresa (ma è solo cliché). Lo sventratore è inutile, sembra messo solo per non far sembrare troppo cattivo Telli e per far credere, all’inizio (col dialogo), che il protagonista intenda combattere il crimine o qualcosa di simile. Il coniglio non ha alcun ruolo utile nella storia, ma almeno è presente: vincolo soddisfatto al minimo sindacale.

Bunny – Il cacciatore di taglie

L’inizio è un “meh”. Il POV è confuso e i dialoghi mi paiono poco credibili.
Un certo gusto per i “suo/suoi” inutili è presente anche qui, fin dalle prime righe:

il suo sigaro d’importazione Nibiana […] Con i suoi occhi rotondi e scuri soffocati dalle pesanti palpebre

con in più un certo gusto per il doppio aggettivo (Babel disapprova).

Ecco il POV che oscilla:

[Il Barone] guardò con disappunto il suo contrabbandiere preferito. «O no?» chiese ironico sbuffando del fumo in faccia al suo interlocutore.

Bunny è visto con il POV del Barone, che lo definisce nella propria testa il “suo contrabbandiere preferito” e, poco dopo, “suo interlocutore”. E’ innaturale definire sé stessi tramite il modo in cui ci vedono gli altri: chiaramente qui siamo nel POV del Barone (anche se di sfuggita, grazie al Narratore Epilettico) e non nel POV di Bunny.
Eppure già dalla riga dopo:

Bunny non se ne curò, erano altre le preoccupazioni protagoniste dei suoi pensieri.
Prima fra tutte: portare al sicuro le sue chiappe pelose!

E qui è chiaro che siamo nel POV di Bunny (Narratore Epilettico o meno: in fondo non importa come ci siamo finiti).
Ahi, ahi, ahi. Saltellare da un cervello all’altro durante gli accapo è una pessima idea, quasi quanto saltellare nel pieno di una frase.

«Anzi» continuò Luna. «Sei tu che hai bisogno di me. O sbaglio? Dai, raccontami tutto!»
«Devo recuperare per il Barone una cassa. Dentro c’è una mecca per il piacere. Vado, pago e torno!» fu veloce e sintetico.

Come indicato per il racconto precedente, è meglio non sottolineare l’ovvio: che sia stato veloce e sintetico lo si è visto nella battuta di dialogo.

Passando alla storia, la situazione peggiora. Fino al momento in cui cominciano a dubitare della natura della Mecca (è un automa all’avanguardia o una bambina vera?) avevo speranza che si potesse aggiustare e selezionare per l’antologia. Correggendo i balzi di POV, tagliando la mole di info inutili (la spiegazione sui figli di nessuno, tra le altre) e cose così, si poteva cavare fuori un testo passabile. Il personaggio di Luna mi era piaciuto. Il problema è che la vicenda va avanti a coincidenze e Deus Ex Machina (l’amico cacciatore di taglie) pur di non affrontare la Vera Natura della storia (il conflitto interiore) e il tema della pedofilia.

Bunny parte bene, con un possibile conflitto interiore tra il dovere verso il Barone, condito dal bisogno di soldi, e il desiderio di non far del male a un innocente (Bunny è evidente che non è cattivo). L’intera storia doveva partire dalle conseguenze della scelta di Bunny di non consegnare la Mecca al cliente per timore che fosse davvero una bambina rapita venduta a un ricco pedofilo. Oppure dalle conseguenze dell’averla consegnata credendo fosse una Mecca, scoprire cosa era successo, e voler correggere l’errore. Un po’ in stile Han Solo, che prima non vuole combattere e desidera solo saldare il proprio debito con Jabba the Hutt, ma poi l’orgoglio lo porta a voler far rimangiare a Luke l’accusa di codardia per cui torna indietro e salva il culo ai Ribelli (conflitto interiore: desiderio di farsi i fatti propri contro reputazione di contrabbandiere coraggioso). Manca il conflitto nel protagonista e la storia diventa una sequenza di banalità.

Mammuth

Troppe info inutili. Il supertreno corazzato è carino, anche se non mi è chiaro come funzioni (ma tanto non importa: meglio un treno corazzato in più che uno in meno!), e sono una buona aggiunta anche gli esoscheletri. L’idea del cameratismo tra soldati che sono degli pseudo-sconosciuti e il fatto che Arkady facendo la spia ottenga il “rispetto” degli ufficiali (gente che ammazza a sangue freddo i propri soldati per una rissa in cui non c’è stato neanche il morto) sono delle scemate (e raccontate, per giunta).

[…] una piccola incomprensione tra scommettitori causò una discussione piuttosto animata.
L’uomo dai baffi a ferro di cavallo stava cercando di calmare le acque quando il calcio di un fucile lo colpì sulla nuca, sbattendolo a terra. Il fucile apparteneva ad un certo Nikanor Ostromirovsky, un ex detenuto con diverse accuse di aggressione aggravata a suo carico. Ferro, come Arkady aveva mentalmente soprannominato il milite dalla pelle olivastra, si rialzò e, con un balzo, fu addosso ad Ostromirovsky con la baionetta sguainata.
Uno sparo interruppe il combattimento.
Sulla porta si stagliava un gigantesco ufficiale in vena di ispezioni a sorpresa. Con la magnifica pistola riservata solo a militari d’un certo rango ancora stretta in pugno urlò: – Branco di cani! Cosa pensate di fare nei miei vagoni? Faide tra camerati? Inaccettabile!
– Veramente, signore… – cercò di giustificarsi Ferro.
– Silenzio soldato! Deve saltare fuori il responsabile di questo o dieci di voi, scelti a caso, saranno fucilati seduta stante, e, guarda caso, tu sei già stato sorteggiato!
Nessuno fiatò, erano tutti troppo impegnati a guardarsi attorno, lanciando qua e là occhiate di circostanza senza trovare il coraggio di guardare l’ufficiale in volto. Trascorse un interminabile minuto carico di tensione e lo spietato comandante di plotone sollevò il braccio armato verso Ferro e pose il dito sul grilletto.
– Ostromirovsky! – gridò Arkady – La responsabilità di tutto questo è di Ostromirovsky.
Maksimilian gli mise una mano sulla spalla: – Sei diventato matto? – sussurrò.
– Piccolo figlio di puttan… – una pallottola in fronte fece sbollire rapidamente l’attaccabrighe. Due attendenti entrarono nel vagone e diedero una pulita sommaria al pavimento, il corpo del giustiziato venne gettato dal treno con noncuranza.
Com’era immaginabile, quanto accaduto, non favorì certo un rapporto amichevole tra Arkady ed i compagni di viaggio.
Una delle regole mai scritte del cameratismo era: non fare la spia. Le circostanze particolari ed il fatto che l’azione del giovane fosse stata compiuta come un gesto di altruismo verso la truppa non importavano nulla a nessuno.

Seriamente: una banda di sconosciuti che si accoltellerebbero per futili motivi un giorno sì e l’altro pure, dovrebbe scegliere di sacrificarsi (in 10 poi!) per difendere il coglione del gruppo che ha cercato di spaccare il cranio di un compagno? Ma per davvero? Srsly? Ognun per sé: alla minaccia lo avrebbero consegnato subito, altro che sacrificarsi in 10 scelti a caso (di cui uno è Ferro che vuole sacrificarsi per salvare il tizio che ha cercato di sfondargli il cranio: LOL, nemmeno i Martiri del Cristianesimo…).
Meglio tagliare il raccontato, così si risolve anche il problema delle idee contestabili o ingenue (che a nessuno piacciano gli spioni è ovvio, non serve tirare in ballo il cameratismo).

Sistemando qua e là e tagliando le enormi quantità di infodump poteva anche diventare passabile per l’antologia, ma la storia non va bene (comincia col soldato Arkady e il fatto che debba andare a combattere in una guerra che sembra brutta, sporca e sovraccarica di propaganda, ma poi tutto quello che muove la storia è la vicenda della cacciatrice Victoria che però è avvenuta tutta in background e nel racconto c’è solo il finale) e l’elemento conigliesco è tirato per le orecchie e insufficiente. Peccato.

Una piccola chicca liciana, degna di Nihal che piange “perché è triste”:

Arkady si voltò verso Vic Halloran, che si tolse il casco mostrando il suo volto.
Lunghe ciocche di capelli rosso acceso scivolarono lungo le spalle del cacciatore, incorniciando un volto candido dal quale scintillavano due splendidi occhi verdi. La sua bocca era morbida e carnosa ed il naso sottile e lievemente alla francese. Era decisamente bellissima.

“Era decisamente bellissima”: sì, perché se no non lo capivamo da soli. ^_^

Grazie per la precisazione. Srsly.

Bumblebee

Infodump a piacere e commenti inutili come se piovesse, inclusa la spiegazione sugli Aviar di cui né il testo né i lettori hanno alcun bisogno. Il nobile che fa il portapacchi è una stupidata. La bambina drogata è una buona idea, ma andava calcata la mano sui lati pedofili della faccenda, che invece non vengono nemmeno accennati. Tra i commenti inutili ci sono cose come:

Edy intanto con grande agilità si era arrampicata fuori dall’abitacolo e con il telo piegato sotto il braccio avanzava verso la coda dell’aviar.

Quel “con grande agilità” è un commento inutile: arrampicarsi fuori dall’abitacolo di un aereo in volo per raggiungerne la coda credo che faccia intuire a sufficienza la “grande agilità” al lettore.

L’elemento conigliesco è veramente minimo, ma è già meglio delle semplici ghette viste sopra. Il racconto non è terribile, si può sistemare, ma l’idea finale dell’anomalia sembra messa lì “tanto per”, buttata per arricchire il finale, e non ha un reale legame con il resto della storia (non uno utile e percepibile nel corso della storia, prima della rivelazione stessa). Devo pensare se può valer la pena vedere se l’autore può migliorarla ancora o se è una perdita di tempo.

L’ultimo caso di O’Mallory

La prima riga parte male:

Seduto davanti a lui, in un magnifico completo rosso e bianco, il vecchio Conte di Norfolk aspettava paziente, con un’espressione tranquilla sul viso rugoso.

“A lui” chi? Si capisce che si riferisce al POV, ma noi non sappiamo ancora un accidenti di chi sia il POV! È meglio riordinare le frasi iniziali e presentare prima O’Mallory, che appare proprio nella frase successiva, e poi il tizio sottoposto all’interrogatorio. Oppure tagliare direttamente il “Seduto davanti a lui” e tenere solo la descrizione del Conte (pure questa da aggiustare, comunque).

La sirena che al quinto livello, senza oblò, segnalava l’alba, trovò Sean bocconi sul pavimento della sua cabina.

Frase un po’ goffa. Sembra che la sirena sia senza oblò (fisicamente), invece è il quinto piano ad esserlo e la sirena (in mancanza di luce) indica l’alba. Meglio tagliarla del tutto e concentrarsi, come sempre, su come il POV filtra la realtà che lo circonda. Non uscire dal personaggio. Non bisogna dire che la sirena trova Sean: Sean è il protagonista, non la sirena, per cui è meglio che Sean senta la sirena e non che la sirena trovi lui.

Quando al mattino il frastuono della sveglia ci obbliga ad alzarci, sentiamo l’allarme che ci scassa le palle oppure percepiamo che “l’allarme della sveglia ci ha trovati addormentati”?
La risposta è sempre nel filtro applicato alla realtà dal POV (quel filtro per cui uno “sporco straccione negro”, dal mio punto di vista, è invece un “immigrato svantaggiato dalla società capitalista” per un altro individuo… e in realtà è un nero italiano da tre generazioni, avvocato di successo, con un look trasandato e jeans stracciati di marca per seguire la moda) e nel modo in cui funzionano i cinque sensi.

La sera prima, tornato in cabina, aveva finito una prima bottiglia […]

Tagliare la sequenza di ricordi o, meglio, di bisogno dell’autore di inserire riferimenti di background. Non servono. Concentrati sul qui e ora: è un racconto, hai poco spazio e non puoi permetterti pessime trovate che sarebbero tollerabili (a malapena) in un romanzo. Non sprecare le parole: pensa ai bambini in Africa che non le hanno!

Tutto ciò che aveva era stato venduto o impegnato […]

Ancora col background? Taglia. Se l’ambiente in cui vive è miserabile, basta che lo descrivi per quel che è. Sapere che una volta non faceva così schifo non lo rende ORA più miserabile. Applica il POV: qui e ora, senza seghe o informazioni inutili.

Il finale con l’incidente simulato è carino. In fondo non mi è dispiaciuto troppo perché, se ricordo bene, si vedeva che era facile da aggiustare. Come nel caso precedente: devo rileggerlo ancora (passato un po’ di tempo dall’ultima rilettura) e pensarci su qualche giorno prima di contattare l’autore per fare un tentativo.

Il Lunasil

Questo era un racconto che mi aveva fatto ben sperare per la scorrevolezza e i protagonisti simpatici, vivi. Il finale è il problema più grosso: non sembra un vero finale, non ci sono davvero conseguenze dopo la risoluzione del conflitto principale (il casino col Lunasil). Il racconto parte, va avanti gagliardo a testa alta, poi barcolla un po’ e alla fine si ammoscia come il pisello di un vecchio. Questo è un grosso problema.

Ci sono da fare parecchie piccole correzioni nelle frasi, fin dall’incipit, ma niente di drammatico. Ad esempio, una tra le tantissime, qui:

«Vai da quella parte,» indicò Galeazzo a un certo punto.

“A un certo punto” va tagliato: Galeazzo sta indicando in quel momento, non serve dirlo che sta accadendo proprio adesso nel tempo della storia invece che domattina o tre giorni fa. E “indicò”, così senza dire come, è poco visivo: indica con l’indice o con un cenno del mento? Immagino con l’indice. Oppure usa il Carcano ’49, puntandolo con un braccio solo come se fosse un bastone?
Forse è meglio rifare la frase mettendo prima Galeazzo che indica nel punto esatto e poi l’ordine.

Di fianco a lui, Galeazzo era salito in piedi sul sedile, in equilibrio assai precario, e scrutava la selva in cerca del Lunasil, con il Carcano ’49 appoggiato alla spalla e pronto al fuoco.

Anche qui manca la precisione descrittiva. “Equilibrio assai precario” non significa molto, non è nulla di visivo. È commento del Narratore o del POV su un qualcosa di visivamente concreto. Leggendolo il lettore immagina qualcosa (io lo immagino che ondeggia e sbatte le braccia per riprendere l’equilibrio), ma tu non gli hai detto cosa immaginare: eppure il compito del narratore è proprio fare questo lavoro, senza delegare tutto al lettore!
Galeazzo oscilla o barcolla, sta per cadere giù, ma pianta una mano sulla carrozzeria e si rimette in piedi? Inventa qualcosa e l’immagine di precarietà sarà più vivida per il lettore che non dovrà più inventarsi qualcosa da solo per completare il riquadro bianco lasciato nei fotogrammi della scena.

Una nota sulle armi, valida anche per Bunny e per altri racconti: i nomi delle armi vanno usati il meno possibile e spesso sono inutili. In questo caso viene ripetuto ossessivamente “Carcano ’49”, il nome del fucile a raggi della fanteria italiana. Come nel caso del Beretta BM59 o del Carcano M1891 o del Beretta AR 70/90, nella mente dei personaggi deve diventare solo “il fucile” dopo la prima presentazione atta a renderlo più riconoscibile al lettore (sempre che il POV permetta il riconoscimento: questo è un problema che il cinema, e la terza persona oggettiva cinematografica, non hanno). Nel caso del Beretta BM59 è accettabile che qualcuno lo pensi come “il FAL”, visto che era un nome molto usato (era indicato ufficialmente come FAL BM59 -fucile automatico leggero BM59- che è più semplice contrarre in FAL).

Piloti e Nobiltà

Questo è uno dei racconti che ho trovato più interessanti. La storia è coerente, chiusa, con un buon finale e non spreca elementi: tutti i dettagli sono inseriti in funzione dell’economia del racconto. Solo ciò che serve, con pochissimi sprechi (di natura stilistica). Il primo conflitto, il fastidio causato dagli ospiti alla pilota, si allarga poi diventando il vero conflitto (il problema grosso da risolvere) e la soluzione trovata permetterà alla pilota di prendersi la rivincita sugli ospiti che le stanno sulle palle. La risoluzione del problema principale porta alla risoluzione dei problemi secondari.
Tra tutti è quello che ha maggiormente la struttura di un vero racconto (anche più di L1L0, altro racconto che ho apprezzato), senza sembrare un mix di scene a caso oppure un concept per un romanzo oppure un riassuntone.

Dei problemi del testo parlerò con l’autore e non c’è niente di così scandaloso da meritare apposita segnalazione qui. Errori banali come i “suoi” di troppo e cose così.

Il Colosso di Colorado Springs

La mente di Nikola Tesla sondava lo spazio. Grazie al Teslascopio l’Io si espandeva nell’etere veloce come il pensiero. Marte, Giove, Saturno. Nikola superò senza fatica il sistema solare e si addentrò nelle profondità galattiche. Mentre avanzava, controllò ogni centimetro cubo con l’occhio della mente.

Le prime righe sono il cosiddetto background (es: visione fuori pov, un uomo e una donna al tavolo di un ristorante). Il vantaggio del background è che imposta la scena, lo svantaggio è che è fuori POV. Non sei dentro la testa di qualcuno e non stai filtrando il mondo con la sua testa. Che si faccia background con una terza persona cinematografica o con uno squallido narratore, il problema rimane. Qui sarebbe meglio partire subito dal POV di Tesla che usa il Teslascopio (senza bisogno di dargli un nome, lo sta già usando) per abbracciare con la mente l’universo. Si può mostrare come se fosse una proiezioni astrale in cui Tesla si concentra sui singoli pianeti, in cerca di informazioni. Si può farlo immergere sotto le nubi di acido solforico di Venere, nelle grotte lunari abitate da Seleniti e poi dritto nell’Angustus Labyrinthus di Marte (mostrando industrie estrattive?) e più in là fino alla “Città Inca”, scoperta da Tesla molto prima che lo facesse il Mariner 9 (una cupola protettiva sotto cui si trova un centro industriale marziano a mappa quadrata). Questo renderebbe più visivo il suo controllo, facendolo concentrare su punti di interesse nella mole di stimoli che riceve “espandendo l’Io” nel sistema solare

Il Teslascopio raggiunse il proprio limite

Anche qui puoi mostrare cosa succede, senza riassumerlo extra-POV. Tesla spinge per abbracciare fette di spazio sempre più grandi oltre il sistema solare, arriva a Boh, cerca di imporre la propria volontà per sfruttare al massimo le capacità della macchina di far espandere l’Io, gioca coi comandi (ti inventi qualche manopola di qualche valore), e alla fine rinuncia.

Il cratere straripava di conigli: sembravano quasi incollati gli uni agli altri.

Tra “sembravano quasi incollati” e “sembravano incollati” non vedo differenza nell’immagine: tagliare il “quasi”. Meglio ancora rifare la frase senza i due punti: “Il cratere straripava di conigli, appiccicati gli uni agli altri.”. Meglio ancora dire “Il cratere straripava di conigli” e poi mostrare le zampette e i musetti coi nasini tremanti che spingono e si fanno strada tra i corpi, un mare ribollente di orecchiuta pelosità che diventa una creatura sola (e poi appare la mano fatta di conigli).

Le antenne all’esterno del Colosso inviarono i segnali al Teslascopio II che li rielaborò e l’immagine ricostruita dell’hangar apparve davanti all’occhio della mente di Nikola.

È meglio ridurre a zero le spiegazioni. Non dire in che modo Tesla riceve le immagini, mostrale soltanto. Non uscire dal POV di Tesla. Quando navighi su internet vedi il funzionamento dei nodi della rete, i pacchetti che viaggiano, i DNS e il protocollo HTTP al lavoro? No, vedi solo il risultato. E così Tesla. Se Tesla avrà mai bisogno per motivi INTERNI alla storia di riflettere sul funzionamento delle cose, lo farai riflettere e lo mostrerai al lavoro con dettagli concreti (non spiegazioni generiche). Se non c’è bisogno di loro significa che sono spiegazioni inutili per la storia e quello che è inutile per la storia, come la millenaria Scuola di Hokuto Arte Retorica ha tramandato ai suoi discepoli, va cancellato.

Nell’insieme si fa leggere. Frasi brevi. Molti dialoghi. Non mi dispiace e si può migliorare senza dover impazzire. Bell’uso del coniglio. Facendo un controllo al volo ora noto un genocidio degli avverbi in “-mente” a cui non avevo badato prima (ulteriore prova che la loro presenza si fa sentire in modo sgradevole, mentre la loro assenza non disturba per nulla): zero avverbi presenti, una pulizia etnica degna di Gabriel García Márquez che si vantava, nemmeno fosse un bambino di cinque anni che ha acchiappato una lucertola, di aver scritto tutto L’Amore ai Tempi del Colera senza metterne nemmeno uno. Garcia però poteva pure trovarsi un hobby più intelligente, eh…

La Maschera di Bali

Abigail afferrò la maniglia, entrò e si tolse la benda dagli occhi. La descrizione delle stanza coincideva con la previsione, ma il soldato nella gabbia aveva al massimo venticinque anni.
Ed era biondo.
Anche stavolta ho sbagliato qualcosa.

“La descrizione delle stanza coincideva con la previsione, ma” si può tagliare. Descrivere direttamente le due differenze rispetto alla visione e sottolineare l’errore col pensiero in corsivo è sufficiente. Viene da sé che il resto dell’immagine fosse esatto.

Come detto prima, i nomi delle armi vanno ridotti al minimo: “Perkins W4” ogni volta disturba la lettura, ha un suono strano (quel “W4”). Le armi sono una bella cosa, ma spesso i loro nomi non possono avere molto spazio nella narrativa. Spiacente.

In italiano esiste “iarde”. Non c’è bisogno di usare “yard” in inglese. Ecco un’applicazione sportiva, per le olimpiadi del 1904. Non c’entra con la narrativa, ma per chi vuole un po’ di sano Lulz del XIX Secolo, leggete il paragrafo sulle giornate antropologiche della Terza Olimpiade moderna.

Nell’insieme non è male. Va sistemato, per forza, ma ci si può lavorare e non vedo motivi per non fare un tentativo. L’inizio con la previsione scorretta e il finale con la previsione scorretta danno una struttura narrativa chiusa alla vicenda. È un racconto per davvero, insomma.
Non c’entra niente con il racconto, né le ho caricate sul lettore quando l’ho letto (però le ho inserite nella raccolta), ma complimenti all’autore delle due tavole. Mi sono piaciute e sullo schermo del Cybook, impostando prima a 800px la loro altezza, si vedevano benissimo in tutti i dettagli. Molto meglio queste illustrazione della grafica al computer di una certa raccolta di racconti Steampunk appena uscita (di cui ho comprato il PDF: 7,50 euro per una smitragliata di facepalm e molte delle immagini non mi sono piaciute nemmeno un po’).

Le due illustrazioni di The Sparker

Photophantastes

L’incipit è tremendo. Narratore (non è visione cinematografica, ci sono commenti come “allegro starnazzare” e “tanto più assordante nella quiete notturna” che non hanno a che fare con l’oggettiva trasposizione degli eventi) “tanto per” e scena che, rifatta col POV di uno dei due studenti, sarebbe molto migliore. Si può ridurre il background per impostare la scena a una sola riga: “La Cugnot 799 filò a gran vapore dal Merton a Christ Church”. Poi si passa ai due studenti che suonano i clacson, ridono, bevono e sbeffeggiano i poliziotti e i poveracci che gridano in risposta ogni sorta di maledizione.

Ad esempio:

L’ordinamento universitario mai aggiornato dal medioevo vietava agli studenti di scorrazzare per Oxford a cavallo, in carrozza o qualsiasi altro tiro: ma i moderni veicoli aggiravano quelle norme.

Questa è una spiegazione inutile. Può diventare un dettaglio concreto se uno dei due si sporge dal veicolo e grida verso un vecchio che li ha minacciati di denunciarli al Rettore: “Non è una carrozza coi cavalli: non stiamo violando le leggi dell’Università!”. O qualcosa di simile. Sempre che uno ne senta davvero il bisogno (e non mi pare che serva, se non per far capire che i due protagonisti sono scapestrati, furbi e disposti a violare le regole -anche quando nei fatti e non nella forma-, ma questo si capisce lo stesso senza citare il regolamento di Oxford).

Nella scena in cui Robert e Charles si inseguono, la notte del 31 maggio, il POV salta senza motivo, preda del Narratore Epilettico. Qui, ad esempio:

Robert proseguiva la sua corsa sui tetti, e via via che avanzava e balzava acquisiva più equilibrio e sicurezza. Fin qui tutto bene. Non era il caso di testare le granate, ma decise di provare qualche rabbitrampino. Si calò nel giardino a arpionare qualche albero.
Dodsgon più inseguiva quell’essere più gli sembrava che nel suo portamento, nel suo modo di muoversi, nelle membra per la parte umana ci fosse qualcosa di stranamente familiare.

È meglio scegliere un solo POV e rimanerci dentro. Charles (Dodsgon) è il più adatto dei due.

Il racconto mi è piaciuto e si può (si deve) sistemare. L’uso del coniglio è accettabile (non è eccellente come in RabbiT, ma è buono), la presenza degli esseri fatati nei campi è un’ottima idea e lo spirito dell’opera è quello gonzo-historical, allegro e cazzone, dello Steampunk della prima generazione. Una cosa che considero in modo molto positivo.

RabbiT

Senza parole. Lo stile è tremendo, ma è fatto apposta per dare la sensazione di un’opera inedita di D’Annunzio, per cui ha un suo perché (il che non lo rende meno cattivo né lo giustifica, ma perlomeno ne spiega il motivo).
La storia in sé invece è ottima. L’elemento conigliesco è PERFETTO (non metto spoiler, leggetevelo) e l’ambientazione mostra sufficienti elementi retrofuturistici di contorno. Ho apprezzato in particolare i motobipedi dei poliziotti e la difesa elettromagnetica di Vienna che fa molto “Tesla è tornato a casa per tempo”, lol. I riferimenti storici sono tutti buoni.

Un racconto in puro stile Steampunk della prima generazione. Con questo stile non può competere per la vittoria, ma merita un posto come “Speciale” nell’eventuale antologia.

Il Coniglio sulla Luna

Il paragrafetto iniziale di impostazione si può tagliare:

Il cielo era terso quella tarda sera primaverile. Mancavano delle ore alla mezzanotte, ma la sagoma del Coniglio s’intravedeva già sul disco tenue della luna nascente.

Non imposta un bel nulla e la sua assenza non cambia niente. Tagliare. O ridurre, perlomeno cancellando “Il cielo era terso quella tarda sera primaverile” (“quella sera”? Quella rispetto a cosa? Quella per chi?) e lasciando solo “Mancavano ore alla mezzanotte, ma la sagoma del Coniglio s’intravedeva già sulla luna nascente.”. Però è una frase di somma inutilità per cui va cancellata. Punto.

Il testo soffre fin dall’incipit per il POV inesistente, forse rapito dal Narratore Epilettico e seppellito in un pozzo.

Le frasi lunghe è meglio spezzarle:

Ashwini entrò nel laboratorio strappandosi dal viso i peli posticci, franò su una sedia e si slacciò gli anfibi, i cui grossi speroni avevano già sbrindellato il fondo dell’ultimo paio di calzoni rimasti.

Può diventare:

Ashwini entrò nel laboratorio strappandosi dal viso i peli posticci, franò su una sedia e si slacciò gli anfibi. I grossi speroni avevano già sbrindellato il fondo dell’ultimo paio di calzoni rimasti.

Il risultato è anche più visivo e coerente se, come sembra, il POV deve essere quello di Ashwini: leva gli anfibi e si accorge che hanno già sbrindellato i pantaloni. Chi altri dovrebbe badare a un dettaglio simile, pensando pure che quelli sono proprio gli ultimi calzoni rimasti?
L’idillio del POV coerente dura poco e il Narratore cade preda della prima crisi:

“Ash” chiamò Dhaval, che ricevette in risposta un sacchetto, preso al volo prima che si schiantasse sul suo naso largo.

“Ricevette in risposta” sposta il POV su Dhaval (Ash dal proprio punto di vista gli ha tirato il sacchetto, Dhaval dal suo punto di vista ha ricevuto in risposta il sacchetto), ma il “suo naso largo” (“suo”, “di lui”, di un esterno al POV che osserva -che altrimenti sarebbe il “proprio naso” o meglio ancora “gli si schiantasse sul naso”, senza riferimenti alla proprietà-) con tanto di constatazione della larghezza informa che il POV è di Ash. O meglio: il POV è in mano al Narratore, crollato al suolo, con la bava alla bocca, in piena crisi epilettica.
E il POV infatti supera la rete, rimbalza e viene respinto di nuovo a Dhaval:

“Il meglio che sono riuscita a trovare” gli disse Ashwini alzandosi.

“Gli disse”, ovvero disse a lui, al POV Dhaval, altrimenti se il POV fosse Ash sarebbe un semplice “disse Ashwini, alzandosi”. Ah, ovviamente questa passione per i gerundi, come la passione in altri testi per l’ablativo assoluto, è una pessima scelta narrativa. Difficilmente si fanno davvero le cose in simultanea (Ash si alza piano apposta per far durare “l’alzandosi” per tutta la frase detta?).
Visto che il narratore può scegliere come immaginare le scene, è meglio piantarla di far fare sempre qualcos’altro ai personaggi mentre parlano: possono alzarsi e poi dire la battuta, o il contrario, senza bisogno di sovrapporre le cose per il gusto masochista di peggiore la propria scrittura.

Si era praticamente spogliata, rimanendo in sottoveste bianca stretta in vita dal corsetto allentato, e gli anfibi aperti sciaguattavano ad ogni passo.

Qui potremmo essere nel POV di Ash oppure no, ma l’immagine esterna e il “praticamente spogliata” suggeriscono che il POV sia quello dichiarato poco fa, ovvero quello di Dhaval. Sottolineare che essere rimasta con addosso solo la sottoveste e il corsetto allentato equivalga a essersi “spogliata” è inutile: lo possiamo intuire da soli che le brave ragazze non girano di regola senza pantaloni (li ha levati e poi ha rimesso gli anfibi slacciati). Volendo si poteva aumentare la qualità della scena facendola parlare e lanciare il sacchetto mentre si spogliava, tenendo il POV su di lei.

Giunta di fronte a Dhaval questi alzò un panno umido per pulirle i resti di adesivo dalla faccia, mentre con l’altra mano reggeva l’involucro che si agitava.
Il panno scivolò dal viso al collo alla curva dei seni.
Ashwini a quel punto si allontanò senza parlare, abbracciando con lo sguardo la macchina dietro di loro.

Uhm. Prima Ashwini e Dhaval sono uno di fronte all’altro, poi Ashwini si allontana. Ora ci sono tre possibilità: tira dritto e supera Dhaval, che per qualche misterioso motivo non si volta; supera Dhaval e Dhaval si volta per seguirla con gli occhi; si gira e torna indietro (e Dhaval è già orientato in quella direzione e le guarda le spalle).
In che modo Ashwini può guardare una macchina che si trova, mentre la guarda, simultaneamente alle spalle sia sue che di Dhaval? Come si fa ad abbracciare con lo sguardo un oggetto posto dietro i propri occhi? Non sta buttando uno sguardo dietro le spalle, con la macchina che è sia dietro Dhaval che dietro di lei: sta “abbracciando con lo sguardo”. Sta usando il pieno campo visivo. Forse ha il collo spezzato e la testa si è girata di 180 gradi… ^_^””

Il racconto è brutto, pieno di salti di POV, sia legittimi (ma di pessima scelta) che sbagliati. Un altro esempio di Narratore in crisi epilettica:

Qualcuno bussò e Lord Withrow, colto di sorpresa, tracciò con la piuma uno sfregio sulla carta.
“Avanti.”
Lord MacLean entrò richiudendosi rapido l’uscio alle spalle.
“Dov’è?” chiese Withrow, la voce simile alla lama affilata d’un rasoio.
[…]
Lord MacLean s’inchinò senza replicare, maledicendo in cuor suo l’animo superstizioso della regina.

Prima il POV è su Withrow, poi sbanda un attimo su MacLean (“chiese Withrow, la voce simile alla lama affilata d’un rasoio.”) e alla fine, convulsioni e schiuma alla bocca per l’amato Narratore, ci troviamo sbalzati proprio nella testa di MacLean.

Gli avverbi di modo ci fanno ciao, come le caprette di Heidi, talvolta da soli e talvolta in gruppo:

Normalmente usava la sua voce ruvida solo se strettamente indispensabile.

Scartato. Grazie per aver partecipato.

Fil Rabbit

Un testo che parte male, ma quanto meno ha la coerenza di confermare le aspettative. Si inizia con un italianissimo:

Nella zona est della città giace un laboratorio segreto che sembra situato alle soglie dell’inferno.

Descriverlo un po’ proprio no, eh? Appiccicare solo un’etichetta Chiquita (segreto) che non significa una ceppa non è un po’ poco?
Poi prosegue con:

Un uomo opera nell’ossessione più profonda alla ricerca della felicità assoluta.

Forse è colpa dei miei studi Gielleschi arrugginiti, ma non mi pare che nemmeno il Sommo Water sia mai giunto a un simile livello d’Arte.

“Mi senti?” Sussurra una voce roca e baritonale nell’orecchio di Aldo, un uomo di circa mezza età legato e imbavagliato su una grossa tavola di legno. Una potente lampada appesa a un timpano d’ottone dorato riflette un bagliore accecante negli occhi dell’uomo. La sua vista è già molto affaticata per l’alta concentrazione di fumo che padroneggia nel salone. L’uomo ha soltanto una canottiera e un paio di mutande. I suoi vestiti sono ammassati in un grosso secchio di latta poco distante dalla grande asse.
Si sentono dei rumori striduli, un ingranaggio che gira molto lentamente emette quelle vibrazioni sinistre e ridondanti che aumentano di secondo in secondo. È una grossa ventola che acquista sempre più velocità, è situata sotto la tavola e il signor Aldo percepisce dei piccoli spifferi d’aria gelata provenire dalle crepe del legno.

Aldo è il POV, o almeno avrebbe l’intenzione di esserlo, ma si vede come un Narratore esterno che lo descrive. Curioso. Mi domando quanti autori vivono nella perenne condizione di avere una proiezione astrale di sé stessi che li osserva, generando quella combinazione POV/non-POV/Narratore che piace tanto. Sovrannaturale.
Chiamiamo un parapsicologo.

Come detto all’inizio, il testo dopo non migliora. Tra aggettivi (“oscure ed enormi lenti nere”) ed avverbi di modo a piacere (“due grosse siringhe posizionate in maniera perfettamente parallela”: evidentemente si può essere ancora più che paralleli!), ho smesso di prendere appunti a metà racconto. E la mano già faceva male.
Voglio giusto sottolineare un intervento narrativo dell’U.C.A.S., Ufficio Complicazione Affari Semplici, a cui temo sia stata delegata la revisione del racconto:

La sua vista è già molto affaticata per l’alta concentrazione di fumo che padroneggia nel salone.

Che prima dell’intervento dell’Ufficio credo fosse così:

Il fumo che invade il salone gli fa bruciare gli occhi.

O qualcosa di simile, magari mettendo prima il fumo e poi Aldo che vede a fatica tra le lacrime.

Da manuale anche il classico Dialogo Sui Massimi Puntini:

“Sono… sono molto fortunato… ho una bellissima moglie e… dei bellissimi figli… perché io…” Aldo scandisce le parole a scatti a causa del liquido che sale sempre più velocemente diramandosi nel tessuto cerebrale.
“Io… sono un uomo importante… ho tante donne, tanti soldi… io sono ricco… ricco… dio… sono un dio… sono una luce… sono quella luceeeee…”

Il Valhalla della Narrativa ha ricevuto scorte di puntini per i prossimi duemila anni, grazie al solerte invio di generazioni di principianti. Si consiglia la prossima volta di inviare scatole di barrette Mars (P.S. Dick ha chiesto un vibratore nuovo visto che Heinlein non gli ha più restituito il suo).

L’incontro

Prima frase:

In un grigio cielo, avvolto da pesanti e scure nubi, si muoveva un’aeronave rosso sangue.

Grigio. Pesanti. Scure. Rosso.
Quattro aggettivi per sedici parole, inclusi articoli, congiunzioni e preposizioni: aggettivazione al 25%.
Aggettivi inutili: o tieni il cielo grigio (perché ovviamente ci sono le nubi) o dici che ci sono le nubi scure (e difficilmente sembreranno meno che pesanti, se sono scure e cariche d’acqua). Una minzione menzione speciale per l’aeronave “rosso sangue”: deve esserci voluto parecchio per trovare un modo di definire il rosso così innovativo e originale. Ti darei la mano, ma ho appena pisciato e non me le so… qua la mano, complimenti vivissimi! ^_^

V-Vegeta, quanti aggettivi ci sono ora?

Parte con cliché e banalità per poi seppellirci sotto tonnellate di info inutili che fanno background. Inutile riportarle, potete leggervelo da soli.
Non è narrativa. Cerca solo di assomigliarci.

Manoscritto trovato su un’aeromobile precipitata

Troppe info inutili e troppo background. Viola il basilare precetto narrativo che quello che va scritto è ciò che succede “Qui & Ora” e non eventi precedenti riassunti e ricordati dal protagonista. Se gli eventi sono così importanti da essere la vera storia, si parli di quelli. Se il racconto non sta in piedi senza quegli eventi, si scriva un romanzo che parte da quegli eventi e arriva al finale mostrato nel racconto, senza dover riassumere tutto. “Qui & Ora”, non mi pare difficile.

Il racconto è buggato fin dalla struttura e non si fa mancare altri difetti. Quando si arriva al vero contenuto del racconto, questo è spesso riassunto e raccontato.

Arrivo silenzioso, dal cielo, in una notte senza luna. Invisibile e silenzioso. Si accorgono di me solo quando ho la mia lama alla loro gola. Troppo tardi.
Elimino le guardie, silenziosamente, con il mio coltello. Letale, mi aggiro per i corridoi vuoti e tetri del palazzo. Mi muovo lentamente, in maniera sistematica, senza lasciarmi sfuggire angoli bui o salette laterali, esplorando una a una le sale del palazzo, dal tetto dove ho ancorato l’Eudora fino al sottosuolo dove so Costanza essere prigioniera.

Tutto scorre liscio, non c’è tensione, non c’è reale conflitto.
È il riassunto di un racconto unito al concept di un romanzo.
Mi spiace dirlo perché l’autore mi sta simpatico, ma questa non è narrativa.

Si vis pacem…

Il cargo attraccò al porto dopo molte settimane di viaggio.

Irrilevante per la storia. Basta che attracchi ora. Tagliare.

Nonostante il motore della nave fosse stato arrestato prima di entrare nell’insenatura, la gigantesca ruota da sessanta pale di bronzo al tungsteno impiegò almeno un quarto d’ora prima di fermarsi completamente. Dodici volani accoppiati modello Junkers-Graf l’avevano mantenuta in movimento fino ad allora.
Il Duca di Brandeburgo, Conestabile del Regno, attendeva la nave e quindi il suo carico, già da alcune ore. Era rimasto a scrutare l’imbocco del porto incurante del gelido vento che soffiava impietoso dal Baltico. Aveva rifiutato più volte un’impronunciabile e forse imbevibile acquavite polacca offertagli dal responsabile del molo, un tarchiato e goffo Sottufficiale da sempre vissuto in Pomerania.

Se il Duca è il POV, tutto il primo pezzo si può tagliare. Meglio partire col Duca, dando quel minimo di background sull’attesa e basta. Un esempio di correzioni minimaliste:

Il Duca di Brandeburgo, Conestabile del Regno, attendeva la nave e quindi il suo carico, già da alcune ore. Era rimasto a scrutare l’imbocco del porto, incurante del gelido vento che soffiava impietoso dal Baltico. Aveva rifiutato più volte un’impronunciabile e forse imbevibile acquavite polacca offertagli dal responsabile del molo, un tarchiato e goffo Sottufficiale da sempre vissuto in Pomerania.

O si tiene questo riassunto come impostazione dell’inizio oppure si rifà tutto col POV del Duca, evitando il background minimo. Io eviterei a priori il background minimo ogni volta che si può: se il filtro del POV è meglio, che lo si usi. Non ha senso fare le prime righe di un testo meno bene di come si potrebbe. In realtà andando avanti a leggere non c’è un vero POV nella scena iniziale: il Narratore impera, seduto su un sacco di patate, con lo scettro della sciatteria saldo nel pugno.
E se gli gira fa un’incursione nella testa di qualcuno:

La merce deve essere molto preziosa per richiedere il suo disturbo – aggiunse il Sottufficiale con l’intento di conquistarsi sia la benevolenza del superiore che notizie utili per eventuali capovolgimenti di fronte.

Grazie per essere balzato nella testa del pomerano per spiegarci i suoi intenti: peccato solo che dei suoi intenti non ci possa fregare di meno (e i lettori non sono fan di Licia scemi per cui lo capiscono da soli che un simile linguaggio da lecchino implica il voler leccare il culone del Duca).

Commentare ciò che si commenta da solo, assieme all’abbondanza di informazioni inutili, è tra gli elementi caratteristici dell’opera:

Agli alloggiamenti dell’equipaggio non era stata destinata alcuna comodità, ma questa era la regola nelle navi mercantili di grande stazza. Le brande dei fuochisti erano posizionate sui depositi di carbone mentre gli alloggi dei macchinisti, degli idraulici e dei vaporisti, erano a ridosso della sala macchine, in balia del caldo opprimente ed del frastuono assordante che si sprigionava dai motori d’ultima generazione, alimentati a carbone minerale e scarti di oli vegetali.

Se l’equipaggio dorme in brande sui depositi di carbone o “in balia del caldo opprimente ed del frastuono assordante”, penso che il lettore lo possa capire da solo che “agli alloggiamenti dell’equipaggio non era stata destinata alcuna comodità”, no? Nihal piange disperata, perché è triste…

Comincia con una scena. Prosegue con un’altra. Poi si passa a un altro POV ancora. Ci sono i conigli, ma vabbé, prima c’erano le macchine prussiane (e quindi?). Tutti muoiono e un nuovo POV ancora, da qualche parte tra i carri dei rifornimenti, osserva la strage.
Finisce con una morale trita sull’evoluzione degli orrori della guerra e con un abuso Molto Italiano di aggettivi a caso:

Quello che trovarono i soldati della colonna logistica quando arrivarono al campo, fu l’orrore assoluto.
L’esercito prussiano, dopo essersi nutrito per giorni con cibo contaminato da un virus innaturale e implacabile, moriva rapidamente flagellato da un nuovo modo di combattere la guerra che, nel giro di pochi giorni, aveva sopppiantato le pur moderne tecniche belliche. Un sistema poco selettivo che avrebbe irretito l’umanità imponendo nuove regole.
Se vuoi la pace, prepara la guerra.

“L’orrore assoluto”, quello dell’uomo posto di fronte a una transumanza senza greggi. Cose che l’umanità non dovrebbe conoscere.
Mancano i graffiti osceni, blasfemi, oscuri e quello-che-era degli horror per bambini editi da Mondadori.

Neanche questa è narrativa.
Non è l’evoluzione di un personaggio che affronta ostacoli, sia interiori che fisici, per raggiungere un obiettivo, il tutto secondo un filo conduttore riconoscibile detto “premise”.

Coniglio con patate

La storia non era neanche troppo brutta, giusto i soliti errori, ma il finale è veramente scemo, buttato alla cavolo.
Non c’è bisogno di ulteriori commenti (a parte che i fucili tesla nel 1870, quando Nikola Tesla ha appena compiuto 14 anni, sono un tantinello precoci). Il coniglio aveva un suo ruolo, ma non c’era alcun elemento veramente conigliesco (l’estetica del coniglio): una volta cotto e imbottito di esplosivo, tanto valeva che fosse un pollo o un tacchino. Un piccolo consiglio: meglio scandire i dialoghi con dei simpatici accapo invece di mettere tutte le battute una in fila all’altra sulla stessa riga.

Non merita commenti ulteriori.

Appuntamento col destino

Il problema principale dell’inizio del racconto è la voglia di usare termini diversi per indicare gli stessi personaggi e introdurli a sorpresa senza averli mostrati prima. Si comincia con solo il mercenario, poi appare la ragazzina così, come se fosse sempre stata lì. E poi gli altri, presentati in modo confuso nel corso dell’azione (il guerriero col demone diventa “la figura accanto all’uomo rettile”). L’imprecisione domina l’opera anche in dettagli di poco conto che impediscono una visualizzazione delle scene sempre soddisfacente, ad esempio quando Angelica prende “l’arma di precisione”: non è più semplice dire che è un fucile?
Sarebbe meglio usare il POV di Alexandr per tutto il tempo, passando ad Angelica solo quando necessario (nell’ultima scena, ad esempio). Come sempre usare il POV risolve ogni problema possibile: Alexandr conosce i suoi compagni, non può per definizione usare termini vaghi o giri di parole per descriverli, come farebbe invece uno sconosciuto. E si eviterebbero scene con il Narratore Epilettico che ci mostra cose a caso, senza rimanere fermo in un posto:

«Sono tutti qui.» comunicò agli altri. Parlava nella trasmittente all’interno della maschera; tutti ricevettero la segnalazione.

Esattamente quale POV, a parte il narratore onnisciente, può sapere che tutti hanno ricevuto la comunicazione?

Le pallottole si incagliarono nella schermatura. Il britannico alla guida accennò un sorriso soddisfatto. Poi sgranò gli occhi.

È Finn che vede questo o il Narratore? A che distanza è per vedere così bene il volto del britannico dopo aver conficcato un’orgia di proiettili nel vetro dell’esoscheletro? Gli ha sparato a bruciapelo? Non sembravano così vicini da come era costruita la scena e bastano pochi metri per non vedere dettagli insignificanti (e che essendo tali non meritano attenzione) nel pieno dello scontro. Il lettore non dovrebbe mai avere dubbi sulla scena (e comunque che ci facciamo col POV di Finn all’improvviso?).

Passiamo oltre.
I gerundi (barbara popolazione nomade dell’Asia) fanno ancora vittime:

La terra iniziò a tremare. Alexandr afferrò la ragazzina per una spalla e la spinse dietro la propria schiena imbracciando il fucile;

L’afferra per una spalla e la spinge dietro di sé (ok) mentre simultaneamente imbraccia il fucile, ovvero lo porta in posizione di tiro contro la spalla, fattibile in modo utile solo disponendo della mano di sostegno oltre che di quella sul calcio? Sarebbe meglio prima spingere Angelica indietro, con una mossa rapida che la fa cadere in ginocchio, e poi piantarsi il calcio del fucile contro la spalla.

Comunque l’opera non mi dispiaceva. Finché sembrava un avvenimento localizzato nella zona di Pripjat’ avevo buone prospettive di considerarlo tra i lavorabili in previsione dell’inserimento nell’antologia. I personaggi mi piacevano, le scene d’azione c’erano, il tutto aveva un buon sapore Steampunk Fantasy. Il problema è che dopo parte per la tangente e si vede che la storia è troppo ampia per i limiti del racconto. Pare il concept di un romanzo, con scene abbozzate da cui partire per sviluppare la vera opera, non un racconto completo in sé.
Peccato.

Squadra Speciale 0

Finalmente un errore nuovo. Era ora! Il racconto comincia con un dialogo bello lungo, senza alcuna azione, nessuna descrizione minima dell’ambiente, nessuna possibilità di visualizzare i personaggi. Alcuni italioti, ad esempio una famosa Troll di FantasyMestizia, usano la definizione di “Teste Parlanti/Galleggianti”. Come capita regolarmente nella lingua italiana, ad esempio con la parola “focalizzazione” parlando della questione del POV, le definizioni hanno nomi che in sé confondono le idee invece di aiutare la comprensione.
“Teste Parlanti” è un nome cretino perché fa immaginare qualcosa di visivo: teste senza corpo che parlano. In Futurama non sarebbe neppure troppo strano un dialogo tra Teste Parlanti. Peccato che in realtà non vediamo nemmeno delle teste: non vediamo niente.
Io preferisco chiamarlo con un nome che indichi quello che è: Voci nel Vuoto. Niente sfondo, niente personaggi, solo Voci.

Dopo un inizio così si lancia nell’errore opposto: muri di testo senza dialoghi. Con info inutili a piacere e una pioggia dorata di avverbi (e tripli punti esclamativi e “?!” di dubbia utilità). Avevo fornito dei consigli all’autore con la versione precedente del racconto, molto diversa, ma la situazione non è migliorata granché. I consigli precedenti rimangono validi. Il consiglio di leggere gli articoli di Gamberetta diventa un imperativo categorico.
Buona fortuna.

Kaninen

Una delle opere che ha torturato maggiormente la mia lettura. Quasi quanto le prime pagine di Oggetto d’Amore. La cosa migliore che si può dire è che il tavolo da gioco di Strategia è un’idea simpatica. Fine. Sulle cose negative da dire c’è possibilità di sbizzarrirsi, ma una ridottissima selezione dovrà bastare visto che non ho né voglia né tempo di maltrattare il racconto:

Marvin si riprese quando l’acqua gli era ormai arrivata alla vita. Non aveva un granchè idea di dove si trovasse, ma era sicuramente un posto scomodo, pieno di spigoli. E c’era acqua. Tanta acqua.
Senza ancora aprire gli occhi cominciò a tastarsi intorno. Pietra. Scaloni di pietra viscidi. Scaloni di pietra viscidi di alghe.
Orgoglioso di quello che era riuscito a capire con quel minimo di sforzo, Marvin si concesse qualche minuto di riposo congratulatorio.

Se i personaggi vanno valutati in base a quanto l’autore ci dice di loro, mettendoli in mostra, possiamo affermare senza errore che Marvin, “orgoglioso di quello che era riuscito a capire con quel minimo di sforzo”, è un ritardato[Nota Extra].

Marvin aveva conosciuto Arturo Einaudi la prima volta quando era stato avvicinato dalla madre,

È davvero necessario precisare “la prima volta”. Si conoscono le persone più di una volta? Forse si intendeva “incontrato la prima volta” (che è ciò che sta dietro il “conosciuto”)?

E chi si priverebbe mai delle gioie di un doppio avverbio?

non aveva più la forza di stargli dietro personalmente, specialmente da quando, qualche mese prima, si era gettato nella musica.

Sublime.

L’editor di maggior successo in Italia, l’Agenzia Letteraria U.C.A.S. vista prima, ha revisionato con attenzione anche questo racconto, donandoci perle come:

si ritrovò ad accettare l’incarico

Perché evidentemente “accettò l’incarico” è troppo semplice.

L’impressione finale, analizzando la mole di errori che infesta ogni frase, è che l’autore abbia pensato che stessi scherzando quando ho detto di leggere i manuali e gli articoli di Gamberetta. Qualcosa del tipo “Duca, ho tolto tutti gli avverbi di modo, ridotto gli aggettivi e usato un POV sensato! Che faticaccia!” – “Sorpresa: sei su candid camera!”. No, non stavo scherzando.

L1L0

Questo era un racconto che sembrava partire molto male, per via del tono e della voce molto caratteristica del POV, ma poi si capisce il motivo e ci si può godere lo strambo personaggio principale: un automa da guerra la cui personalità è basata sull’umorismo ebraico, unico modo per evitare che si suicidi dopo aver constatato di essere composto da “tre cervelli di scimmia e un bollitore”.

L’ho trovato molto simpatico e coglie bene lo spirito demente dello Steampunk originale. Per gli errori vedrò direttamente con l’autore.

Sogni a vapore

Tralasciando gli errori più semplici, il problema di questo racconto è che non è un racconto. Non lo è perché la protagonista non affronta davvero delle sfide, non supera davvero degli ostacoli e non ha nemmeno un obiettivo vero se non trascinarsi dalla situazione iniziale e quella che, più che finale, sembra intermedia in attesa dello svolgimento della vera storia (che non c’è).

Vuole scappare di casa? Nessun problema. Il fratello potrebbe fermarla, possibile conflitto fisico o psicologico? No, non ci prova nemmeno (perfino la protagonista se ne stupisce, figuriamoci il lettore). Dorme fuori casa, su un albero? Ovviamente nessun incidente: né poliziotti di ronda né malintenzionati. Poi decide che vuole lavorare in un fabbrica di robba meccanica perché adora le meccanica. Nessun problema, è assunta, sulla fiducia e con un nome falso. Si prendono pure cura del coniglietto mentre è al lavoro il primo giorno!
Dov’è la storia? Dov’è il conflitto? Dov’è la sofferenza del protagonista che viene preso a calci in culo fino all’ultima scena, quando trionfa e lo mette nel sedere a tutti?

In più, molto fastidioso, la protagonista parla più volte direttamente ai lettori. Come se lasciasse la scena montata sul palco, si sporgesse verso il pubblico e commentasse. Questo annienta la possibilità di immaginare la vicenda come reale.

Comunque poteva essere peggio: è scorrevole e la lettura non è stata odiosa e dolorosa come con altri testi.

Saltellando verso Est

Ci sono dirigibili carichi di elio infiammabili come se fossero carichi di idrogeno. Conigli giganti (un po’ particolari, come si scopre nel finale) con il pelo di cotone e una maschera in faccia. Avvenimenti con poco senso, in un’ambientazione surreale. Umorismo che non fa ridere, vista la depressione venuta leggendo:

Il rugoso ometto fece segno alla Padrona di chinarsi: quando l’ebbe fatto, lui si sporse sulle punte dei piedi (era DAVVERO basso) infilati in un paio di leggerissimi sandali e mormorò, o perlomeno così pareva voler fare, nonostante la sua voce echeggiasse in maniera poco dissimile da poco prima.
« Sa cosa vuol dire scambiare un cactus per la propria moglie in lingerie? Non è una bella cosa. »
Altro segnale vocale: questa volta i coloni portarono ciascuno una mano nella zona inguinale, contraendo il volto in una smorfia.

Il narratore che parla al lettore:

Ora, vi starete chiedendo dove, in tutta codesta vicenda, si trovi l’esempio a cui mi ero inizialmente riferito. I meno smemorati di voi rimembreranno sicuramente la menzione della pericolosità dei dirigibili menzionata qualche paragrafo prima, nevvero?

Descrizioni dal sapore liciano:

Le tre pulci recavano ognuna sul dorso una sorta di caldaia da cui sporgevano vari tubi, legata al ventre dell’insetto tramite cinghie in cuoio.

Contempliamo lo splendore dell’originale liciano:

Era una sorta di castello piuttosto massiccio, fatto di pietroni squadrati, che si sviluppava interamente sul ciglio di un’immensa cascata.

Non ci siamo ancora, ma manca poco.

Non mancano nemmeno le raffinate citazioni…

Io ne ho viste di cose che voi comuni borghesi di città non potreste immaginarvi: navi a vapore salpare dai porti della cornovaglia, e il metallo delle macchine luccicare nel buio nelle fabbriche dell’East Side… Ma animali che saltano così in alto, non ne avevo mai visti.

… da Blade Runner, come se dovessero far ridere.

I’ve seen things you people wouldn’t believe. Attack ships on fire off the shoulder of Orion. I’ve watched c-beams glitter in the dark near the Tannhäuser Gate. All those … moments will be lost in time, like tears…in rain.

Forse era meglio concentrarsi sullo scrivere una storia decente in modo decente. Anche qui i conflitti sono pressoché inesistenti e la storia è una sequenza di scene che non sembrano fatte per stare nella stessa opera.

Lowres

Racconto cyberpunk con un insignificante elemento dal sapore steampunk. È lì giusto per chi vuole darci un’occhiata. Magari la storia a qualcuno può piacere.

Tea Machine

L’idea della gara di Tennis (circa) è stupida. Il modo in cui si sviluppa, con entrambe le fazioni che barano ecc… è banale e raffazzonata. Le info inutili non mancano, sia descritte che pronunciate dai personaggi:

— Potrebbero bastare — rilevò Wingfield. – I nostri carri pesano una volta e mezzo i loro e sono meglio armati. Cannoni Krupp da 120 e mitragliatrici Gatling.

Sanno già come sono fatti i loro carri. Per pietà, tagliamo cose come “Cannoni Krupp da 120 e mitragliatrici Gatling”. Non servono alla storia, non significano niente per il lettore ed è innaturale che vengano spiattellati così.

— Abbiamo anche ingente artiglieria ferroviaria, – proseguì Lucan — ma il problema è che siamo quasi tagliati fuori dai rifornimenti. Il carbone in polvere per i carri e i cavalli è strettamente razionato, per non parlare delle munizioni, mentre quei dannati diavoli col colbacco hanno la grande madre Russia, appena alle loro spalle, che li foraggia in continuazione.

E un bel “As you know, Bob” proprio no?

Lucan inarcò entrambe le sopracciglia.
— Un battipanni??!!

Grazie: fa sempre comodo della punteggiatura in più nel Valhalla della Narrativa, ma avevamo detto prima che sarebbe meglio inviare delle barrette Mars. E Dick aspetta ancora il vibratore nuovo.

Il finale è un non finale, slegato come l’inizio dal resto della storia: Wingfield torna al suo alloggio e riesce a far funzionare la macchina che fa il tè. Gli resta solo da accendere il sigaro. E chissenefrega no?

Jocelyn

Non mi dice niente. Storia banale e poco credibile, con una nazione abituata al terrorismo che non fa nessun controllo significativo prima di far entrare un tizio (che poi è perfino una donna con una bomba nel corpo) nonostante sappiano benissimo che il mondo è zeppo di squinternati anarchici disposti al suicidio pure di far crollare lo scavo.
Le norme di sicurezza minime prevederebbero quantomeno di spogliare i nuovi assunti e disinfestarli prima di consegnare le nuove tute da lavoro (e basterebbe questo a scoprire che è una donna con un orrendo impianto che le sporge dal torso), poi ficcargli due dita in culo come in carcere per controllare che non abbiano dentro un candelotto di dinamite. Invece niente. Non ha senso nemmeno che si porti una bomba nel corpo, per far saltare i depositi di esplosivi comodamente a portata di mano: bastava davvero un candelotto su per il culo (che ci vuole?) visto che nessuno controlla un tubo. E sono a venti miglia dalla più vicina “presa d’aria”, come viene fatto notare, a scavare il tunnel sotto la Manica in condizioni di vita estreme e misure di sicurezza (per il cantiere, non per gli operai) che non possono che essere massime.

Vabbé, guardiamo un paio di frasi.

Sento gli operai che discutono tra loro e soprattutto sento l’incessante scavare delle trivelle. Sono come grosse talpe che divorano la terra e la risputano insieme ai soffocanti sbuffi di vapore e fumo. Le fornaci che le alimentano sembrano ruggire fameliche e insaziabili e riscaldano l’aria rendendola soffocante. L’aria non basta mai qua sotto.

Qualcosa così, levando i dettagli inutili ma senza stravolgere il brano:

Il frastuono delle trivelle non cessa mai. Grosse talpe che divorano la terra e la risputano assieme a sbuffi di fumo. Le loro fornaci ruggiscono e rendono l’aria bollente.

Andiamo al finale:

Anche il quarto bottone si slaccia e ora posso aprire la camicia, posso mostrargli ciò che sono diventata.
L’ufficiale guarda e inorridisce. Vedo il terrore e il disgusto nei suoi occhi.
Perché ora sta osservando il mio ventre, solcato da una profonda cicatrice verticale e sta osservando l’ingranaggio metallico che sporge dalla mia pelle. Sta guardando la macchina.
Quello che i suoi occhi non vedono sono le quattro libbre di dinamite che covo dentro al mio corpo, come una madre amorevole.

Che potrebbe diventare una cosa così:

Slaccio il quarto bottone e apro la camicia.
“Per Dio…” l’ufficiale indietreggia di mezzo passo. Il revolver gli trema nella mano.
Una cicatrice slabbrata mi taglia in due il ventre. Un ingranaggio sporge dalla carne viva unta di pus. Puzza di putrefazione.
Vedo il disgusto negli occhi dell’ufficiale. Ma quello che i suoi occhi non vedono è che sono incinta di quattro libbre di dinamite.

Fanno ancora schifo le frasi. Sarebbe meglio ripensare tutte le scene invece di aggiustare a cavolo quelle esistenti. Aggiustare a cavolo non funziona: la roba brutta rimane brutta. Solo una riscrittura, ripensando ogni dettaglio da zero, la migliora per davvero.

Velo pietoso su una ditta che si chiama Metal & Steam.
E non mancano ovviamente le info inutili per spiegare gli eventi passati.

Il varco

Quando ricevetti quella missiva, pensai subito ad uno scherzo. Non vi era il mittente sulla busta, solo il mio nome e l’indirizzo. Lo trovai strano, ma non gli diedi troppa importanza: l’archiviai tra le altre carte e non ci pensai più.

Io non sono un uomo fantasioso e non credo al caso… Preferisco chiamarle coincidenze. Tuttavia, quella sera avvertì qualcosa di strano.

Stavo sfogliando pigramente “La macchina del tempo” di Wells, quando lo sguardo mi cadde sulla lettera; si trovava in cima ad una pila di documenti. La osservai a lungo e infine mi decisi e la aprii. Non riconobbi subito la scrittura, ma dopo aver preso confidenza con quella strana calligrafia riemersero nella mia mente ricordi sepolti ormai da tempo.

Ricordate cosa ho detto sulle info inutili e sugli incipit? Snelliamolo.

Quando ricevetti quella missiva, pensai subito ad uno scherzo. Non vi era il mittente sulla busta, solo il mio nome e l’indirizzo. Lo trovai strano, ma non gli diedi troppa importanza: l’archiviai tra le altre carte e non ci pensai più.

Io non sono un uomo fantasioso e non credo al caso… Preferisco chiamarle coincidenze. Tuttavia, quella sera avvertì qualcosa di strano.

Stavo sfogliando pigramente “La macchina del tempo” di Wells, quando lo sguardo mi cadde sulla lettera in cima ad una pila di documenti. L’avevo lasciata lì dalla mattina. La osservai a lungo e infine mi decisi e La aprii. Non riconobbi subito la scrittura, ma dopo aver preso confidenza con quella strana calligrafia riemersero nella mia mente ricordi sepolti ormai da tempo.

Continua a fare schifo e rimane troppo narrato, ma le prime righe di background non si potevano proprio vedere.

Guardai l’orologio perplesso: erano le 23.35 del 26 agosto.

Chi è perplesso, lui o l’orologio? Una virgola non ha mai ucciso nessuno.

Posai la lettera che ancora stringevo tra le mani sul tavolino di legno

Se non l’avesse ancora tra le mani come farebbe a posarla? E “tra le mani sul tavolino di legno” fa pensare che le mani siano sul tavolino di legno. Lo svantaggio delle lingue posizionali è che bisogna fare un sforzo minimo per mettere le parole nell’ordine giusto: non basta spargerle in un ordine qualsiasi. Forse l’autore dovrebbe scrivere in una lingua basata sui casi, come il latino.
Messaggio urgente dal Valhalla della Narrativa: Virgilio protesta per la malsana l’idea.

Salii in carrozza aiutato da un giovanotto in vestito rosso, mi sistemai in uno scompartimento semi libero; assieme a me viaggiavano due donne e un reverendo.

Lo scompartimento “semi-libero” non si può vedere. Qui si fa a gara con Rocca.

Un enorme WTF sul fatto che il protagonista non sappia nemmeno quanto dovrebbe impiegare per arrivare a destinazione il treno su cui sta viaggiando. L’astuto autore immagina che lo stupore di scoprire di essere arrivati in 45 minuti invece che in 2 ore sia una buona idea per mostrare la potenza del Carbonitro. No, fa solo sembrare il protagonista deficiente: non si è informato prima di comprare il biglietto su orari di partenza e di arrivo? Non ha visto da solo di star salendo su un nuovissimo treno a Carbonitro, che sicuramente sarà sponsorizzato come da noi il Freccia Rossa?

Diamine, aveva la mia stessa età, ma sembrava che si fosse addosato sulle spalle tutto il peso del mondo.

Il Valhalla della Narrativa ringrazia per la frase fatta inviata, ma ricorda che stanno ancora aspettando la scatola di barrette Mars. E il vibratore.

A parte la bellezza dello stile e l’intelligenza del protagonista, l’opera è apprezzabile anche per la precisione maniacale nei dettagli:

-Ancora una porta-mi disse a bassa voce. La porta in questione distava da noi circa 10 metri

Metri. Non iarde. Ha proprio scritto metri.
Lo devo interpretare come una retrofuturistica vittoria del Sistema Metrico su quei barbari senza Dio di inglesi e statunitensi? O una raffinata presa di posizione meta-narrativa sul diritto per il lettore di leggere unità di misura comprensibili al volo, e quindi trasparenti, invece di folcloristici babbling senza significato per i più (pollici, iarde, stadi, piedi, galloni…)? Posizione che sarebbe anche condivisibile, se non fosse che se uno scrive bene non ha quasi mai bisogno di fare paragoni riferiti alle unità di misura (si veda l’articolo sul Mostrare) per cui il problema NON si pone.

Risiko

Il problema più grave del testo è l’assenza di credibilità dei dialoghi. Come spiegato in lungo e in largo in più sedi, ogni volta che si parla di dialoghi, esce il problema delle parolacce. Le parolacce devono suonare credibili e venire localizzate tenendo conto dell’economia complessiva dei dialoghi. Spiegandolo in modo molto semplice: i dialoghi che uno legge sono TUTTI i dialoghi esistenti nel mondo narrativo. Punto. Se i personaggi dicono “cazzo” ogni quattro parole, viene fuori un mondo in cui il 25% delle parole pronunciate è “cazzo”. Questo non è realistico: è idiota. Se si sceglie di far parlare solo personaggi che vanno indicati come buzzurri e volgari, e nessun essere normale avrà mai la parola, basta usare un numero molto ridotto di “cazzo” e “merda” per passare il significato.

I dialoghi non sono veri dialoghi, sono approssimazioni narrative il cui scopo è conseguire il risultato atteso. Punto. Nei dialoghi non si scrive “cioè… ah… tipo, capisci no? Ma daaaai che capisci. Cioè, dai, ma verameeente???” I 50 minuti di telefonata di quella cazzo di oca che mi sono sorbito per tutto il viaggio da Milano a Bergamo, la scorsa settimana, non sono un dialogo credibile nella narrativa. E almeno lei era una fighetta e spingeva il suo culetto caldo contro la mia coscia, rendendo meno intollerabile la propria esistenza. E allo stesso modo non sono credibili “merda”, “cazzo” ecc… messi a manciate nelle frasi.
Quelle frasi sono tutte le frasi pronunciate nell’universo narrativo e l’universo narrativo non credo sia una caserma in cui il 90% dei concetti si esprimono con “cazzo”, “fare”, “merda” e “coso”. A meno di non voler fare umorismo trash.

In più le parolacce sembrano inserite “tanto per”, in frasi che suonano molto più credibili e naturali senza. Invece di dare l’idea di buzzurri a cui scappano spontanei insulti mentre parlano, sembra l’opera raffinata di chi inserisce a bella posa le parolacce perché si sente figo. Tipo un bambino di otto anni. E “maledizione”, che spopola nei dialoghi dei n00b (e qui lo otteniamo fin dalla prima battuta), non è che sia così diffuso nel parlato.

Non serve che le frasi assomiglino tutte a questa:

– Coglione! Ma che cazzo dici, eh? Ma sei fuori? Fottutissimo deficiente, lo sai cosa ci fanno i Pipes se ci beccano a parlare? Non dire cazzate, comunista del cazzo!

Basta anche una cosa più soft, così:

Coglione! Ma che cazzo dici, eh? Ma sei fuori? Fottutissimo Deficiente, lo sai cosa ci fanno i Pipes se ci beccano a parlare? Non dire cazzate, Comunista del cazzo!

Abbiamo un “cazzo” e un “deficiente” su 16 parole complessive. Un tasso di volgarità del 12,5%. Meglio rispetto al 20,68% precedente (6 su 29) e va considerato che i pezzi tagliati erano solo funzionali all’insulto, non “arricchiti dall’insulto”, per cui in realtà pesano di più nell’economia delle volgarità della battuta. E poi cazzo-cazzate-cazzo suonava male, sembrava una cantilena.

Quindi oltre alla densità di insulti non credibile (ma che potrebbe appartenere a frasi volgari di per sé credibili, prese una per una), il problema si estende alle frasi dei dialoghi non credibili in sé. Esistono molte persone che parlano come se stessero leggendo un brutto copione, ma questo non significa che sia una buona idea imitarle. I personaggi dovrebbero parlare meglio del primo fesso che passa, anche quando sono loro stessi dei fessi. Finzione narrativa.

Nemmeno il resto del testo è particolarmente pulito. All’inizio la voglia di usare parole diverse per indicare le stesse persone porta a una visione confusionaria della scena, in cui prima ci sono “un altro inserviente” (rispetto a Giga che quindi è catalogato dal suo stesso POV come inserviente? WTF!) e “un terzo”, poi uno diventa un generico “l’altro”, poi assieme diventano “gli altri due” (tutto per non ripetere “inservienti” o non rendere più visive le scene), poi sono di punto in bianco solo “i due” e alla fine sono i “due portaferiti”. Ah, erano dei portaferiti veri e propri con tanto di lettiga. Chiamarli con un solo nome e tenerlo il più possibile proprio no?

Anche la scelta di rendere i più sboccati e cialtroni due Giapponesi, in barba alle descrizioni di Barzini sul loro superformalismo ipocrita contrapposto alla sincera mancanza di buone maniere dei Russi, mi ha lasciato perplesso. Forse era meglio renderli due napoletani. Possibilmente ex-camorristi. Così, tanto per dire…

La parte migliore del racconto è questa:

– Oh certo, la nostra amatissima Vittoria é una santissima vergine, immacolata da ottant’anni, e ci ama tutti come i suoi figli! Ma per favore, Jake! La Regina é una stronza, basta pensare a cosa ha fatto fare agli indiani, pensi davvero che ci tratterá meglio?
– Ma cosa c’entrano gli indiani? Le scimmie non contano, te lo sei dimenticato?

Seguito da

– […] La guerra durerá almeno altri vent’anni, e le scimmie non sono infinite. Vedrete, una volta finite le scimmie e i negri, manderanno noi e tutti i nostri figli al macello!

Amen, fratello.

Tutti gli altri problemi che affliggono il testo, dalle info inutili alle incertezze del POV ecc… sono già state trattate in abbondanza. Inutile ripetere. L’errore nuovo era quello sopra e ho dedicato già il giusto spazio all’argomento. Aggiungo, giusto per completezza, che più che una storia sembra una sequenza di scene non troppo ben collegate. Manca un vero filo conduttore che dia il senso dell’unità del racconto e del suo sviluppo attraverso conflitti e sviluppo dei personaggi.
Peccato

Cacciatore e preda

Pessimo. Il POV non è credibile, invece di filtrare la realtà con i suoi sensi tende a parlarcene rovinando qualsiasi cosa capiti a tiro. Lo stile è dozzinale e incerto, afflitto da formule disfunzionali come

Cerco di annusare la preda, nonostante il carboniato e la distanza. È il tipo giusto: femmina; abbastanza in salute; poco contaminata dal carboniato, ergo in città da poco; giovane; alticcia quanto basta.

Non si “cerca di annusare”: o si annusa o non si annusa.

È a un metro da me.
Perché non la colpisco?
Un odore?
No, un suono, ecco cosa cambia tutto.
All’improvviso il rombo del dirigibile si smorza a sufficienza da permettermi di sentire il borbottio di due motori a vapore, mischiato al sibilo e al tintinnio di arti a vapore.

C’è davvero bisogno di domande retoriche?
Meglio limitarsi a dire quello che sente: il rombo che si smorza e il borbottio/tintinnio dei due tipacci in arrivo. Usa il POV e basta. Perché sembra così difficile filtrare la realtà con il POV? Il POV è l’essenza stessa della vita che sperimentiamo tutti i giorni, non è qualcosa che richieda studi particolarmente complessi per essere compreso nelle sue basi: è solo buon senso.

Dal cortile sbucano due tizi, armi in pugno. Aggiungo anche io il mio contributo di paura all’aria. Cacciatori. Scheiss.
Che il diavolo li prenda e li inculi tutti per l’eternità, per primi questi due!
Come sono fatti? Gli ho dato solo un’occhiata, ma credo che li ricorderò finché campo.
Sedia-a-motore è molto sovrappeso, ben vestito, completo verde scuro teso dal respiro trattenuto. Bei favoriti, biondi, adatti al faccione rubizzo e incazzoso, perfetti con l’elegante cappello a cilindro. Dal punto in cui si troverebbero i piedi si alza un treppiede di metallo cromato.

Generiche “armi in pugno” (un rastrello e un coltello da formaggio? Una mitragliatrice e una katana?). Due frasi completamente inutili, con un bel “Come sono fatti? Gli ho dato solo un’occhiata” che è un bel rivolgiamoci al lettore e vaffanculo la credibilità narrativa. Infine descrizione statica, tipo quadro.

La mia preda sviene, giù a terra come un sacco di patate. Prevedibile.
E poi?
Poi due spari, quasi contemporanei, dalle due pistole, uno così forte da farmi ronzare le orecchie.

E poi? E poi un facepalm così forte da mandarmi K.O. e l’uso immediato di Eraser con pulizia Schneier a 7 passi per cancellare definitivamente il racconto dall’Hard Disk. Srsly (no, l’ho letto tutto prima di bonificare dall’infezione il mio povero Western Digital).

Non è questo il modo di scrivere. Non al di fuori della Cricca del Fantasy Italiano e di altre lobby dedite all’incesto e alla sodomia cinofila, perlomeno. Meglio imparare a scrivere meglio se si vogliono raccontare storie: la Cricca ha molti membri, ma la pubblicazione non è così facile e la scalata nella gerarchia degli amyketti è faticosa. Sforzo per sforzo, tanto vale spendere le proprie forze a studiare la scrittura.
C’erano racconti peggiori, ma NON è salvabile senza un lavoro di riscrittura completo. Inutile tentare.

The Cog fo War

Peter non si sentiva per nulla a suo agio. Non era riuscito a dormire più di qualche ora, tramortito dal frastuono e dal calore; il suo abito di flanella era ridotto uno straccio, intriso di nerofumo e sudore. Stanco anche della lettura, abbandonò il piccolo libro di cronache sulla panca e si arrischiò a scostare la stuoia di vetiver dal finestrino.

Questo è l’inizio. L’intenzione è di dare prima un piccolo background per impostare la scena, fornendo dettagli non legati al “Qui & Ora”, poi proseguire. Ok, non è il mio metodo preferito, ma si può fare. Facciamolo allora un pochettino meglio, levando le cose inutili.

Peter non era riuscito a dormire più di qualche ora, tramortito dal frastuono e dal calore. L’abito di flanella era ridotto a uno straccio, intriso di nerofumo e sudore. Abbandonò il piccolo libro di cronache sulla panca e scostò la stuoia di vetiver dal finestrino.

Che scostarla sia un rischio (o comunque nessuno lo fa, da cui “arrischiarsi” a fare qualcosa di diverso) si capisce poco dopo.
Anche dopo si può togliere l’eccedenza di parole:

Tra le sottili fessure della veneziana d’acciaio iniziava a filtrare la luce; il paesaggio era monotono, più prevedibile di un cronometro Hooke. Nulla più che giungla, con variazioni di giungla e ancora giungla; con una spolverata di giungla e qualche chiazza marrone che poteva essere una capanna.

Che la veneziana sia d’acciaio non mi pare fondamentale. La luce che inizia a filtrare, ovvero la prima luce del giorno, immagino sia quella dell’alba. La monotonia della giungla si può ottenere con solo due ripetizioni. La “prevedibilità di un cronometro Hooke” è una porcata.

Tra le sottili fessure della veneziana filtrava la luce dell’alba. Il paesaggio era monotono, nulla più che giungla e ancora giungla, con qualche chiazza marrone che poteva essere una capanna.

Ho solo tolto parole inutili, conservando le frasi. Non è un vero editing, è solo una aggiustatina soft di fortuna in stile “caviamone il meno peggio prima che vada in stampa… Cristo, tra dieci ore! Aaaaahhh, babba bia!“. ^_^

Come sempre si consiglia di cancellare l’ovvio e le frasi che raccontano qualcosa prima di mostrarlo:

La traversata si rivelò estremamente faticosa, come risalire un fiume agitato.

Similitudine più abusata di un bambino in mano ai preti. E frase inutile: dopo spieghi che Peter non ha il “passo da binari” per camminare tra i vagoni per cui si capisce benissimo che risalire il treno è stata una fatica boia.

L’atmosfera del nuovo vagone era totalmente diversa. L’aria era assurdamente fresca, quasi fredda: le veneziane d’acciaio erano accuratamente chiuse, lasciando filtrare poca luce rossastra. Una fila di lumi a gas occhieggiava dalle pareti coperte di cuoio.

Non dire che l’atmosfera è diversa: lo mostri dopo passando dall’aria infernale e fumosa dei precedenti vagoni all’aria fresca del nuovo vagone. Fai rabbrividire il tizio, fagli sentire l’aria fresca addosso ai vestiti zuppi di sudore. Magari un bello starnuto (lo infili dopo, ma puoi metterlo prima se preferisci). Inventati qualcosa da mostrare. Se stai alla canna del gas con le idee metti che è fresca, ma almeno evita l'”assurdamente”. La luce rossa dalle veneziane non è una vera novità, perché sottolinearla? Meglio i lumi sulle pareti coperte di cuoio.

Poco mobilio: un tavolinetto basso, sul quale accanto a piatti e posate usati era stato ancorato il ricettacolo d’ottone di un huqqa; una poltrona rivestita di pelle; un braciere colmo di carboni ardenti. Peter starnutì; il suo accompagnatore si accostò alla porta, mettendosi sull’attenti. Mentre i suoi occhi si abituavano alla penombra, Peter iniziò a cogliere l’aspetto del suo ospite. Seduto su quella poltrona, nella zona più buia del vagone, di lui erano visibili solo le mani;

Da rifare. Sembra strano solo a me che sia così buio da vedere solo le mani del tizio seduto sulla poltrona, ma Peter riesca 1. a notare che la poltrona è rivestita di pelle e 2. a notare prima la poltrona (su cui c’è una figura ridotta a mera ombra che la COPRE) senza vedere chi c’è seduto sopra, e solo dopo notare il tizio? Prima una poltrona vuota, in pelle (se dici di immaginare una poltrona, il lettore la immagina senza nessuno sopra: non si inventano personaggi non indicati). Poi -PUFF! Magia!- appare un tizio seduto sulla poltrona, ma così al buio che si vedono solo le mani.
Seriamente?

L’imprecisione nella scrittura non aiuta a mantenere in piedi il sogno narrativo del lettore:

Con un paio di lunghe pinze, Banastre prese un carbone dal braciere e lo portò in cima all’huqqa. Tirò due o tre boccate dal tubo, prima di riprendere a parlare.

Ah, beh, se non lo sai tu quante sono le boccate. Quando hai deciso avverti, così mi immagino la scena esatta.

Mahorca, pensò Peter, forse con qualche granello d’oppio.

Non dire che “pensò”. Sei dentro al POV, ogni cosa è filtrato dal POV e hai libero accesso ai pensieri del personaggio: non c’è qualcun altro che può pensare in questo modo, solo lui. Usa un indicatore per sottolineare che si tratta di un pensiero riportato in modo esatto, ad esempio il corsivo (Mahorca, forse con qualche granello d’oppio.) se temi che il lettore non capisca, ad esempio perché hai usato la telecamera mostrano in modo troppo oggettivo le scene e hai filtrato poco con la personalità del personaggio, oppure scrivi direttamente il pensiero senza alcuna indicazione se hai già abituato il lettore a stare immerso al 100% nella capoccia del POV.

C’è una bella collezione di altri errori grossolani, come il “cinese iniziò ad avviarsi” (è un portatile e sta facendo il boot? “Il cinese si avviò” è sufficiente), per citare uno dei più piccoli nell’orda di info inutili, avverbi, affermazioni di ovvietà e bla bla bla. Come nel caso di altri racconti, verrebbe un testo di 10.000 parole solo per indicare tutti gli errori. E la storia diventa una vaccata.
Inutile: c’è solo da buttarlo. Peccato perché l’inizio sul treno era promettente e avevo sperato di poterlo inserire nella lista dei meritevoli di ulteriore attenzione.

Ah, una cosa: non è molto furba l’idea di mettere delle frasi in cirillico. Perfino quando si riportano le frasi in giapponese si usano i romaji per dare una “pronunciabilità”, invece di scopiazzare stupidi ideogrammi che i lettori non potrebbero neanche leggere. C’è perfino chi rende il carattere ß con SS per migliorare la leggibilità per i non tedeschi (Schoß -> Schoss).
Io di certo non vado a rifare l’ePub perché quei caratteri non sono sempre supportati in modo adeguato su tutti i lettori: il plugin di FF li vede e il Cybook Gen3 credo che li veda pure lui, ma il mio Asus EA800 su cui ho testato l’ePub no… ma è colpa sua perché ha il software di lettura ePub più merdoso della storia umana -come da tradizione di sciatteria della Asus, azienda di teste di cazzo che immettono sul mercato prodotti fallati con software in fase Alpha, nemmeno Beta!-.
Se qualcuno vede “?? ???!” o simili, erano i pezzi in mongolingua del russo.

Ah, giusto per infierire: il POV è di un inglese che non sa parlare il russo. Hai mai sentito dei caratteri in cirillico entrarti nelle orecchie? O degli ideogrammi? Si sentono i SUONI, tovarish autore. Trascrivili, spasiba. Questo errore nel POV è abbastanza grossolano da chiamare l’Ira del Signore, come ai tempi di Sodoma e Gomorra. ^_^

 


 

Ho superato le 13.900 parole. Basta così.
Se volete commentare e chiacchierare tra voi fatelo pure, ma come detto all’inizio io non farò lezioni di scrittura. Le trovate già negli appositi luoghi e negli appositi testi di insegnanti ed esperti affermati. Se volete suggerire quale racconto per voi merita la vittoria, magari scegliendo tra quelli che ho indicato come migliori, la vostra indicazione verrà tenuta in considerazione. Naturalmente se dopo le revisioni uno dei racconti sarà chiaramente migliore degli altri, sarà lui a vincere: il parere mi è utile in caso di dubbio.
Bucate le 14.000 parole. Secondo articolo più lungo di sempre.

 

79 Replies to “Raccolta dei Racconti Steampunk”

  1. Mi piacerebbe ricevere prima possibile (1 settimana) un avviso per sapere se si dispone già di una nuova versione migliorata. Magari mando un promemoria a quelli già scelti.

    Poi contatterò i singoli autori per fornire un po’ di appunti sul vecchio testo o sul nuovo, se fornito. Dal contatto con i primi appunti alla fine del lavoro, non vorrei superare il mese.

  2. I miei complimenti a tutti i partecipanti. Ma soprattutto i miei complimenti al Duca, che si è smenato un lavoraccio mica male per la gioia di tutti noi suoi fedeli utOnti.

    Sia lode al Duca *__*

  3. Ottimo. Sarò puntuale.

    P.S. “Nella scena in cui Robert e Charles si inseguono, la notte del 31 maggio, il POV salta senza motivo, preda del Narratore Epilettico.” In effetti io soffro davvero di epilessia…

  4. Grazie delle informazioni per il miglioramento. Andrà meglio la prossima volta.

    P.S. I pezzi in mongolingua erano dovuti al terrificante problema della traslitterazione non standard dal cirillico. Troppo casino decidere quale versione utilizzare, abbiamo peccato di pigrizia.

  5. Ho contattato gli autori con cui voglio sicuramente rivedere i racconti.
    Quelli su cui sono in dubbio li contatterò in futuro, dopo aver riletto i racconti e averci pensato un po’.

  6. “è offensivo pretendere il tempo degli altri se per primi non si usa il proprio per leggere le spiegazioni già scritte.”

    Ci sto riflettendo da un po’, ottimo spunto.
    Leggerò piano piano tutto quanto e userò i tuoi riferimenti per capire. Ammazza che lavoro mostruoso hai fatto.
    Stima. O.O

  7. complimenti al duca per il grande lavoro svolto, e a tutti i partecipanti per i loro racconti: ora tutti a leggere questo manoscritto “alternativo”!

  8. Infodump a piacere e commenti inutili come se piovesse, inclusa la spiegazione sugli Aviar di cui né il testo né i lettori hanno alcun bisogno.

    Mannaggia Duca, quanto hai ragione!!!
    Quando Gamberetta ha pubblicato l’articolo sullo Show don’t tell, subito dopo averlo letto ho riletto il racconto e mi sarei sotterrata. Cavoli gli errori tipici del raccontato ce li ho messi proprio tutti…SIGH!
    Se penso a quante parole avrei risparmiato che magari avrei potuto spendere per rendere meglio altre cose.

    La bambina drogata è una buona idea, ma andava calcata la mano sui lati pedofili della faccenda

    Inizialmente avevo l’idea di sviluppare un po’ di più la cosa ma poi per mancanza di parole (o meglio per colpa delle parole spese male) e per mancanza di coraggio (avevo paura di scadere nel morboso) ho lasciato perdere.

    Grazie infinite per l’opportunità e per il tempo che hai speso e che ancora spenderai per fare un lavoro di analisi come sempre minuzioso e pignolo. Certamente ne verrà fuori una bella cosa!

  9. Evvai: due su due! Adesso mi metto a editare.

    Complimenti anche agli altri “finalisti”.

    Sono andato a vedere la previsione che avevo fatto quando erano usciti gli incipit da Gamberetta e ne avevo azzeccati due: L1L0 e Il Lunasil.

    E un grazie al Duca per il lavoraccio.

  10. Scaricati i racconti. Li leggerò tutti, sarà interessante ^^

    Mi dispiace che Risiko non ti sia piaciuto… d’altro canto ho sempre avuto dei problemi con la naturalezza dei dialoghi.

    L’ambientazione era abbastanza steam o semplicemente incomprensibile per te?

    PS: Ho appena cominciato a leggere On Writing di Stephen King e mi sento davvero una scimmia che incide tavolette di cera…

  11. In Google Reader non è arrivata la segnalazione dell’articolo (quelle dei commenti sì).

  12. Ho visto tramite le stats che indicano il refer un bel po’ di visitatori venire da Google Reader, entrando proprio su questa pagina (non su altri articoli e poi su questa). Sarà stato un problema temporaneo, questa volta.
    Sta dando errore anche a me e non mi spiego come abbiano fatto gli altri ad accedere…

  13. Per sicurezza ho controllato con due validatori di Feed, ma niente: This is a valid RSS feed.
    Non è colpa del feed se Google Reader un po’ lo vede e un po’ no. Credo sia un bug interno, forse legato alle dimensioni del testo enorme e chissà cosa… mah… la cosa che mi stupisce è che colpisca caso, alcuni sì e molti altri no.

  14. A me succede quasi sempre coi tuoi articoli, Duca: il feed arriva a Google Reader un po’ dopo. Anche 24 ore dopo, a volte.

    Mi sto gustando la raccolta. Un grazie per il gigantesco lavoro: credo produrrà, infine, qualcosa di godibile.

  15. Il mio primo concorso; sarà per sempre nel mio quore.
    Ciance a parte, sono contenta che quantomeno non abbia nauseato sua signoria, visto che come scritto all’epoca mi ero ritrovata all’ultimo per vari motivi e temevo di aver partorito una schifezza globale.
    Inoltre non avevo ancora letto le lezioni di Gamberetta (che però sono arrivate dopo e le mie doti di divinazione non possono fino a quel punto).

    Il problema è che dopo parte per la tangente e si vede che la storia è troppo ampia per i limiti del racconto. Pare il concept di un romanzo, con scene abbozzate da cui partire per sviluppare la vera opera, non un racconto completo in sé.

    Il mio eterno problema, non riesco a concepire una storia che stia sotto i 30.000 caratteri, ma è un problema che vedrà di eliminare col tempo.
    Ringrazio per gli utilissimi appunti (spero in questi mesi di aver superato quei problemi, ma non si sa mai) e faccio un grosso in bocca al lupo ai finalisti!

    Ovviamente grazie al Duca per la pazienza.

  16. Inoltre non avevo ancora letto le lezioni di Gamberetta (che però sono arrivate dopo e le mie doti di divinazione non possono fino a quel punto).

    Non proprio.
    Le prime due sono di mesi prima del Concorso (3 ottobre 2009 e 18 novembre 2009) e sono citate in modo esplicito fin dal primo articolo (22 febbraio 2010) con l’annuncio e il bando di gara. E l’invito a studiarle viene ripetuto continuamente nel corso dei mesi prima della chiusura degli invii.
    Solo la terza è arrivata dopo. ^_^

    Più che divinazione, uhm, si trattava di seguire i link di cui era stata suggerita la lettura… ^_^””

  17. Parlavo proprio della terza in effetti.
    Le altre due le ho lette anche prima – ma effettivamente potrei essere di coccio :P non lo escludo.
    Fortuna che non hai dovuto leggere quello che scrivo PRIMA di leggere le sue lezioni, non penso farai fatica a credermi.

  18. Grazie Duca per i tuoi commenti al mio racconto riassunto di un racconto unito al concept di un romanzo.

    Come mia unica difesa posso solo dire che il testo è pensato come scritto in prima persona dal protagonista, un uomo di altri tempi (e forse di altri mondi) che non sa niente del Qui&Ora, del Mostrare e non Raccontare e che non ha mai letto Gamberetta.

    Poi per le solite incredibili coincidenze è identico a me, ma questa è un’altra storia ;-)

  19. Lo vedo solo ora …
    Grazie Duca di tutti i tuoi validissimi suggerimenti. Ne farò tesoro. Cercherò di sistemare il mio problema di epilessia ^^
    Come si suol dire, c’ho provato!
    Sarà per la prossima antologia. Per allora, spero e mi auguro, di essere migliorata.
    … e adesso vado a studiare l’ennesimo manuale^^

  20. Solo una precisazione.
    Tu dici: “Il problema è che la vicenda va avanti a coincidenze e Deus Ex Machina (l’amico cacciatore di taglie) pur di non affrontare la Vera Natura della storia (il conflitto interiore) e il tema della pedofilia.”

    In realtà Bunny affronta il problema. E’ lui che chiama il suo amico proprio per aiutarlo a NON consegnare la bambina. Per quel che riguarda la pedofilia, il problema si risolve in automatico nel momento in cui scoprono che era lo zio ad aver inscenato la vendita per l’eredità.

    Non ci sono coincidenze! E’ stato tutto organizzato da Bunny (l’arrivo del suo amico, il sistema comunicazioni interrotto e l’arrivo nel villaggio). Bunny, non sapendo se poteva o no fidarsi di Luna, non le ha detto nulla.
    Può sembrare una coincidenza, per lei. Ma non lo è.
    Volevo solo puntualizzare questo perchè le ultime due note non trovano riscontro nel racconto^^
    Non è mia intenzione “insistere”, accetto il tuo giudizio, ci mancherebbe.
    Grazie moltissimo per tutto il resto!

  21. Il fatto che ci sia proprio l’amico è sia una coincidenza che un Deus ex Machina. Essendo un elemento chiave annulla il valore di tutta l’opera. Lo zio è una facile coincidenza narrativa per semplificare la storia evitando il vero problema che la renderebbe più complessa. L’intero inscenamento non ha motivo di essere: lo zio è abbonato all’U.C.A.S. pure lui, pare.

    La trama non sta in piedi nemmeno per sbaglio. Non se pensiamo a una trama realisticamente corretta e accurata, forse sì se il termine di paragone è Topolino. O il Fantasy Italiano. Fila tutto troppo liscio, sembra quelle trame farlocche dove tutto funziona proprio come atteso (o quasi). Non assomiglia al mondo reale, dove tutto va a puttane (creando occasioni di conflitto) sempre e comunque, e un piano ben progettato non è un piano che va “come un orologio”, ma uno che funziona nonostante saltino elementi chiave a random durante la sua esecuzione, perché permette di improvvisare salvando il salvabile proprio perché non è “preciso come un orologio”.
    Stile Andy McNab. Ma da lui i piani all’inizio del romanzo vanno sempre a puttane del tutto, come prevede la regola uno della narrativa: tutto va male al protagonista in un vortice di fallimenti, o al massimo pareggi inutili, fino al climax in cui vince. Fine.

    La via troppo semplice è la via della pessima narrativa.

  22. Io aspetto e taccio.
    A parte un ringraziamento d’obbligo al Duca per i consigli e per lo sbattimento enorme.

    Nel frattempo, leggiamo.

  23. Beh, anche se non ho vinto è stato comunque divertente, un grazie al Duca per la pazienza considerata la mole del materiale che si è dovuto leggere e per i consigli ironici ma costruttivi.

  24. @Nemo
    Mi è dispiaciuto per Mammuth. I treni corazzati sono un mio fetish, assieme agli schiacciasassi e ai trattori. Nelle prime cartelle mi aveva dato speranze che si potesse cavar fuori qualcosa di buono con una revisione.

    @Cuk
    Tra un po’ di giorni, non prima di una settimana, rileggerò i racconti su cui sono in dubbio e ti farò sapere se voglio fare un tentativo di sistemazione del tuo e passarti un po’ di appunti extra. Nel caso voglia farlo, puoi dirmi se ti va di tentare o se preferisci di no. O puoi anche dirmi subito che non ti va.

  25. Mi spiace non essere riuscito a partecipare a questo concorso, sarà per la seconda edizione se vi sarà.
    Ho iniziato a leggere i racconti in gara e L0L1 mi ha conquistato. Ottimo, e descrittivo in una maniera talmente fluida ed efficace che almeno due volte durante la lettura mi son detto “Quanto ca**o sarebbe bello vederlo trasposto in un cortometraggio cinematografico” :)

  26. @duca
    mi va, mi va. Anzi, anche nel caso tu decida non voler fare un tentativo col mio, lo proverò a migliorare comunque (senza rimandartelo, se lo scarti. non voglio affliggerti). Tenerlo lì con tutti i problemi che ha mi brucia, al massimo me lo terrò nel cassetto dopo aver tentato di miglioralo.

  27. @Duca

    Sei stato di grandissimo aiuto in ogni caso, antologia o meno era questo lo sprone che mi serviva per riprendere in mano la storia concentrandomi sulla vicenda bellica e magari cavarne fuori qualcosa di più lungo!

  28. Come ti ho detto in privato, Duca, grazie per le previste mazzate, per le critiche (credo che le stamperò e appenderò vicino alla schermo del pc) e soprattutto per lo sbattimento inumano a cui ti sei sottoposto.

  29. So che non fai lezioni di scrittura e che mi prenderò diversi insulti, ma mi puoi spiegare questi passi?

    Troppe info inutili e troppo background. Viola il basilare precetto narrativo che quello che va scritto è ciò che succede “Qui & Ora” e non eventi precedenti riassunti e ricordati dal protagonista. Se gli eventi sono così importanti da essere la vera storia, si parli di quelli. Se il racconto non sta in piedi senza quegli eventi, si scriva un romanzo che parte da quegli eventi e arriva al finale mostrato nel racconto, senza dover riassumere tutto. “Qui & Ora”, non mi pare difficile.

    In un racconto in prima persona trovo spesso il raccontato per riassunto (che non mi piace ma che comunque è credibile soprattutto se il protagonista sta raccontando la sua vita, per capirci come nella “trilogia dei Lungavista”) e violare il “qui&ora” non mi sembra così brutto come errore.

    il Narratore impera, seduto su un sacco di patate, con lo scettro della sciatteria saldo nel pugno.

    Che ne pensi del Narratore alla King?

  30. @il guardiano
    La prima domanda sul “Qui & Ora” è l’ennesimo repost della solita domanda banale fatta su Gamberi Fantasy decine di volte. E bastava aver letto davvero i post sul Mostrare e le Descrizioni per NON doverla fare nemmeno la prima volta: POV, Conflitto, Dramma ecc… sono tutte cose di una banalità disarmente.

    Il concetto di POV, Mostrare ciò che serve a livello di conflitto/emozioni, riassumere in due righe il resto se necessario e tagliarlo se non necessario, risponde a qualsiasi dubbio.

    Se ti sembra ancora nebuloso (???), prova un libro di scrittura che vada al punto senza girarci troppo attorno, come Writing Fiction for Dummies che è un ottimo manuale basato su Stein on Writing e su Self Editing for Fiction Writers.

    King scrive spesso male. E le sue scelte stilistiche vengono apprezzate dai fan solo perché è King: se le pubblicasse come Signor Nessuno non se le cagherebbero o lo detesterebbero.
    King era sopportabile al tempo di Carrie, romanzetto molto carino (anche perché non è lungo), ma è uno scrittore a malapena decente.

    Il semplice fatto che si porti tanto spesso l’esempio “King” dimostra che si è passati dalla questione della Retorica, arte millenaria che di King se ne fotte, alla religione del culto dei fan attorno a King. Non mi occupo di religioni.

  31. Per chi è interessato, Writing Fiction for Dummies si trova piratato in pdf. Il sito che fornisce indicazioni per reperirlo è Library.nu, qui:
    http://library.nu/docs/N7LIBQJKW3/Writing%20Fiction%20For%20Dummies

    È un ottimo manuale e non sono l’unico a pensarlo. Ha ricevuto ottime recensioni e voti che mi sento di confermare.

    L’ho messo perché “Il Guardiano” si è molto offeso e ha risposto con una valanga di aggressioni immotivate, puro Trolling da manuale che è stato censurato (la definizione di trolling evidentemente la ignora: come con le Leggi, l’ignoranza non è permessa). Forse invece di strillare oltraggiato dal “dummies” (ma ho una seconda ipotesi di motivazione) era meglio controllare se esisteva. Ma ovviamente ora mentirà dicendo che certamente aveva controllato, certo, come no… come tutti quelli che dicono di aver letto i manuali e poi dicono idiozie su ciò che contengono (tipo “è quasi tutto regole grammaticali inglesi” o “non forniscono istruzioni spendibili”)

    O forse mi sbaglio, conosceva il libro e si è offeso per la prospettiva di poter risolvere i propri dubbi da solo, grazie a un manuale (o tre, ho indicato gli altri due) scritti da esperti in grado di aiutarlo molto meglio di me.

    Avete presente quando si dice che bisogna insegnare agli africani a scavare i pozzi e non portargli solo l’acqua? In Italia quando si tratta di scrittura non solo rifiutano l’acqua (ho controllato i commenti di “Il Guardiano” su Fantasy Gamberi e sono collocati a fianco di DETTAGLIATE spiegazioni sull’argomento che mi aveva appena chiesto) insultando chi si è spaccato la schiena per fargliela avere, ma partono con aggressioni, insulti e altre stronzate degne dei fascistelli che sono SE GLI FORNISCI GLI STRUMENTI per imparare tutto.

    Notate poi il paragrafo proprio nell’introduzione di questo post:

    Non fatemi domande su cose già spiegate negli articoli o nei commenti: è offensivo pretendere il tempo degli altri se per primi non si usa il proprio per leggere le spiegazioni già scritte. Fare domande per cui sono già presenti risposte non è diverso da dire “brutto stronzo, dai, scrivimi una roba, su, tanto non hai un cazzo da fare oggi, eh, stronzo?”. Chiamatevi stronzi da soli, se proprio ci tenete. ^_^

    Prima mi fa domande su argomenti già dettagliatamente spiegati DECINE di volte nei POSTI INDICATI, dimostrando che non gliene frega niente di leggere le risposte e che vuole solo farmi perdere tempo.
    Io ho la gentilezza non solo di NON mandarlo a cagare perché mi ha implicitamente dato dello “stronzo il cui tempo non ha alcun valore”, cosa che il Troll sapeva benissimo di star facendo, ma gli indico in modo preciso TRE dei migliori manuali che esistano al mondo tra quelli piratati.
    E gli suggerisco anche quale dei tre gli permetterà di risolvere il suo dubbio prima, col minimo sforzo.

    Cosa ho ottenuto?
    L’aggressione di una checca isterica.

    È grazie a gentaglia di questo tipo che non avrete mai migliaia di euro di lavori gratis da me su queste cose. Checche fascistoidi che sanno solo pretendere il tempo degli altri, come se loro fossero i padroni e gli altri i Boveri Sghiavi Negri, aggredendo poi chi invece fornisce loro i mezzi per apprendere da soli.

    Gamberetta regala il suo tempo lo stesso ai troll e a chi si rifiuta di leggere le risposte costringendola a riscriverle CENTINAIA di volte? Affare suo.
    Ma il ritmo degli articoli e della pubblicazione di narrativa con SMQ è diventato quello che è, quasi zero. Non mi stupirei se nel giro di un anno chiudesse in modo definitivo il sito. Sprecando ore in quel modo rinuncia al resto. E questo fa soffrire la maggioranza di utenti che invece vorrebbe più articoli e più narrativa… e le impedisce di fare ciò che le piace e che sa fare.

    Lei è una Santa, anche se favorendo gli immeritevoli danneggia tutti gli altri… io no. Io a chi non vuole imparare non mi degno di insegnare. A chi invece vuole imparare sono disposto in privato a regalare volentieri centinaia di euro di lavoro, come sto già facendo. E come faccio ogni volta che appare un commento intelligente con un dubbio a cui effettivamente non si è già risposto molte volte: ho scritto DECINE di commenti da anche TRE ore di lavorazione per loro e sono CONTENTO di averlo fatto.

    Ovviamente prentendere serietà e impegno mi permette di guadagnare insulti e aggressioni dai troll rimasti fuori perché “volevano solo far perdere tempo”. Siamo nel puro ambito di Eric Berne: guasta il gioco ai malati di mente e diventeranno violenti.
    Prendo volentieri gli insulti dei troll rimasti fuori, se è il prezzo da pagare per concentrarmi solo su chi merita davvero di essere seguito e incoraggiato.

    Le cose bisogna guadagnarsele col merito oppure ottenerle da soli con fatica, non “all’italiana” col solito modo del pretendere, del fare gli gnorri e quelle strategie da furbetti che hanno reso così “socialmente grande” (è ironico – nota per i fessi) il paese.

  32. @zeros
    Non ti preoccupare se hai scritto male. È normale scrivere male se non si studia prima. Come è normale suonare male il pianoforte la prima volta che lo si usa, senza alcuna lezione vera a parte una controllata a come funziona in generale.
    Quello che conta è capire, come succede col pianoforte, che per cavarne fuori qualcosa di buono o si studia e ci si allena nel modo giusto o non si otterrà mai nulla…

    …A parte una pubblicazione se uno ha gli amiketti giusti, ma stavo parlando di scrittura e la pubblicazione non ha niente a che fare con l’argomento.

    Prova i tre manuali indicati. Studiali con attenzione. Giusto un tentativo. Non ti diranno cosa fare, ma ti diranno come funzionano gli strumenti nel dettaglio e ti permetteranno di capire cosa stai facendo e decidere come vuoi davvero scrivere.

    Ad esempio permettono di capire che il narratore non è una scelta facile, è di una difficoltà mostruosa: è facile solo se si vuole farlo in modo ridicolo (o se si vuol far comicità) e regolarmente anche ai “grandi autori” viene così-così/male (King) o malissimo (altri). Un narratore che batta in potenza espressiva il POV ben focalizzato è roba da PREMIO NOBEL (vero, non farlocco come lo danno). Scordiamocelo pure.
    Il POV ben dentro il personaggio paradossalmente è la scelta davvero facile, ma richiede conoscenza e studio per “applicarlo” (capirlo invece è semplicissimo).

    È faticosa la strada della semplicità che trionfa.
    È senza sudore la strada della complessità che falllisce.

  33. Grazie al Duca per gli ottimi consigli di cui fare tesoro, specialmente per quello che riguarda il POV.
    Grazie anche per i consigli sui vari manuali di scrittura.
    Mi/ci sono/siamo resi conto che, per sapere come funziona un buon racconto, non basta leggere molto, è necessario imparare le regole, così come per sapere come funziona un triplano non basta fare modellismo, bisogna saper leggere i blueprints (il paragone aeronautico è voluto, visto l’argomento del mio/nostro racconto, Si vis pacem).
    Tornando comunque a precedenti post e a King in particolare, penso che la tecnica di tale mostro delle vendite sfugga a molte regole e comunque in qualche modo funzioni, indipendentemente dalla fama dello scrittore. Prova ne è il fatto che vendeva molto anche sotto pseudonimo (Bachman) e che risulta ipnotico anche quando parla di nulla, tanto da tenerti incollato ad un romanzo che per centinaia di pagine racconta “solo” di una donna legata in una stanza, sola per giorni. Mi ripropongo, dopo aver letto i manuali consigliati, di provare a smontare un bel po’ di romanzi, tanto per vedere come funzionano;)
    In particolare, dopo i tuoi consigli sull’evitare il cambio di POV, mi piacerebbe scoprire perchè uno dei miei libri preferiti “Q” funzioni così bene (almeno per me) anche e nonostante i continui cambi di POV.
    Grazie ancora Duca e al prossimo concorso.

  34. Se King scrivesse meno male, il suo potenziale enorme funzionerebbe meglio. Solito discorso.

    Il problema non è che King se la cavicchia nonostante gli errori, è che il King che leggiamo fa PIETA’ rispetto al King che potremmo leggere. Un King da 900 pagina di cui 500 di filler che anacquano la potenza emozionale ed espressiva della storia, è un King dimezzato. E infatti King era meglio con i romanzi meno lunghi, come Carrie. Questo senza considerare i problemi tecnici veri e propri, che affliggono le opere inclusa Carrie (che è bella nonostante i problemi, solito discorso, e potrebbe essere bellissima se rifatta meglio).

    E questo basta un’infarinatura di conoscenza della scrittura per notarlo: spesso King si corregge al volo.

    Il vero problema è che King non ha alcun motivo di scrivere meglio. Anzi, non deve. I mattoni vendono, o almeno così pensano gli editori, e lui vuole guadagnare più soldi possibili ogni volta. Fine. Il suo obiettivo è il denaro, non scrivere bene: dove scrivere bene comporterebbe troppi mesi extra di lavoro (lavoro spendibile su un secondo romanzo) e magari un danno “dimensionale” sui malloppi prodotti, è giusto che lui segua il suo obiettivo di pensare in primo luogo ai soldi.

    E ormai da tempo se ne frega anche di far finta di avere idee decenti. Ha bisogno di una villa nuova? Tiè, un migliaio di pagine di banalità con The Dome. Tanto che gliene frega?

    Ragionare come un mercante di carta non lo tramuta in uno scrittore migliore.
    Solite cose. Soliti discorsi. Anni di ripetizioni.

    I primi libri di Bachman sono tra poco più di 200 e meno di 400 pagine. E c’è una delle sue opere migliori La Lunga Marcia del 1979. Più di 30 anni fa, non proprio il King all’apice della fama e del delirio religioso dei fedeli (solo MOLTO famoso): Bachman non competeva con quello. E comunque, come vedremo dopo, ha perso.
    Non ha usato lo pseudonimo per lanciarsi con 1000 pagine di gonzaggine di The Dome o altre opere migliori facilmente dimezzabili. E perfino l’ultimo libro a nome Bachman, quando qualsiasi suo fan sapeva del nome, è di poco più di 300 pagine nel 2007.
    C.V.D.

    Ah, forse prima di rispondere su Bachman non avevi notato una cosa:

    The Bachman book Thinner [1984] sold 28,000 copies during its initial run—and then ten times as many when it was revealed that Bachman was, in fact, King.

    Backman 1/10 delle vendite rispetto a stesso libro con rivelazione che è di King (del King colosos, non di quello dell’esordio). Proprio UGUALE. La morale della favola, se si sente bisogno di trovarne una, è che King al 90% è “religione, hype e fan” e al 10% reale capacità. Non sarebbe male se fosse 50-50… o 70-30…

  35. È lo stesso problema che credo (devo ancora approfondire la materia…) ci sia con Grisham: sto leggendo un suo libro, il primo da qualche tempo e successivo alla lettura dei manuali/Baionette Librarie/manuali di Gamberi Fantasy, e sto notando il narratore onnisciente, il cambio selvaggio di POV, il raccontato piú o meno ovunque (del tipo: discorso che si chiude con “Lei disse che gli dispiaceva e lui la ringraziò per la sua gentilezza”), pagine e pagine di informazioni buttate lí, ecc.
    Ogni tanto penso a come sarebbe una scena riscritta, e mi chiedo quanto/se sarebbe migliore con una diversa gestione.

    Segnato Writing Fiction for Dummies, metto in coda di lettura.

  36. Se siete interessati, Il Guardiano ha proseguito nel suo delirio privato di aggressioni e menzogne.
    Ad esempio, leggete il suo commento originale:
    https://www.steamfantasy.it/blog/2011/04/06/raccolta-dei-racconti-steampunk/#comment-27328

    Mi ha risposto che l’offesa è nell’avergli indicato libri in inglese quando lui, perché gli gira di (citando Gamberetta) rimanere ignorante su una lingua fondamentale per chi legge e scrive, non sa l’inglese.
    Dove lo avrebbe scritto in quel messaggio che non sa l’inglese?

    Mi devo inventare io che un utente sappia o meno l’inglese quando nel mondo moderno TUTTI devono averne un infarinatura di base per leggere testi semplici e se non lo sa devo venire insultato e aggredito?
    Evidentemente per “Il Guardiano” sì. Non deve indicarmelo lui in modo preciso che non lo sa, e di certo se lo ha detto in altra sede mesi fa non posso ricordarmelo (sindrome del “sono il centro dell’universo”?), ma devo essere io a saperlo. Così, perché sì.

    E tutti i commenti di Gamberetta rimangono in Italiano. Forse nel prossimo invio di insulti del suddetto Troll mi dirà che sono uno stronzo fascista perché pretendo che sappia leggere in italiano.
    Non me ne stupirei con un elemento simile. Il trolling è evidente. Da manuale.

    Ah, a proposito: sono lieto di informarvi che quelli che hanno ricevuto consigli, risposte nei commenti o via mail in questi anni ecc… sono tutti solo dei LECCACULO. Me lo ha spiegato lui che funziona così. Siete LECCACULO, accettatelo. Se non foste leccaculo, trolleggereste per mandare in derailing i thread e ignorereste le risposte fornite, come lui. Chi non è un Troll è un Leccaculo, morale dell’utente cacciato.
    Se non vi sta bene, siete ancora più leccaculo. Stateci. Lo ha detto lui, e lui le cose le sa.

    Questa invece può essere una informazione utile per tutti. “Il Guardiano” ha sollevato questo dubbio:

    Censuri i post che non ti piacciono (chissa quanti ne sono finiti tra le tue forbici)

    E’ facile fare il conto. Ho il cestino di WP che non cancella i commenti, li tiene in eterno grazie all’indicazione fornita via htaccess. Li conto tutti.
    Nell’ultimo anno e mezzo:
    messaggi: 35
    autori: 21

    Notate la differenza tra autori e messaggi. Di norma il Troll vero motivato ne lascia 2 o 3, come in questo caso. Gli altri sono di lettori abituali che hanno avuto una piccola deriva derailing/flame con qualcuno e poi sono tornati in carreggiata.
    Ho considerato nei messagi anche quelli che potevano portare a inutili flame con altri blog, come uno di segnalazione di andare a leggere l’aggressione gratuita di Uriel Fanelli contro Gamberetta. Ed ho contato anche insulti contro altre persone, ad esempio in troll che aveva vomitato righe e righe di insulti contro Uriel Fanelli perché pensava che Uriele fosse lui.

    Ok, quindi quanti Paladini della Libertà ho censurato in realtà, quasi sempre dopo aver pubblicato 3 o 4 loro commenti e rispondendo prima di scoprire il trolling? Uhm…
    Otto o nove, credo. In un anno e mezzo. Con mesi e mesi e mesi di giornate da 1000+ visitatori e un tasso di nuove visite attorno al 50% secondo Google. Non mi paiono molti.
    E prima dell’arrivo del Cestino mi pare siano stati tre o quattro (cinque?) dalla nascita del blog nel 2007, ma potrei ricordare male.

    Nel cestino ci sono altri 71 commenti. Sono tutti messaggi doppi, errori di battitura segnalati e qualche commento con indicato di non pubblicare (commenti privati per me inviati così invece che via mail, per segnalare link interessanti, chiedere un parere, chiedere se ho ricevuto una mail ecc… non trolling insomma).
    Fine.

    Niente orde di paladini della libertà puniti per il proprio Libero Arbitrio. Ma in fondo se uno è troll (e quindi mente) o particolarmente fesso (e quindi vive in una alienazione del mondo reale), è facile immaginare che tutto il resto del mondo pensi e si comporti come lui.
    Spiacente. Siete solo una decina.

  37. Hm, mi sento proprio una frana. Sono andata al link per il Manuale per Dummies… ma non capisco come si scarica. Appare un avviso di scaricare un programma, ma poi nisba. Non ho mai scaricato file pirata, è mio padre, a casa sua, che usa emule e cose simili. Gli avevo fatto una lista di più di 30 dei manuali di scrittura su Gigapedia, segnalati da Gamberetta, che morivo dalla voglia di leggere. Ma lui ha rinunciato. Dice che quando li cerca, lo rimbalzano da un sito all’altro e non ci capisce più niente. E io non vorrei commettere qualche ingenuità da principiante, dato che comunque sono file pirata. Detesto essere imbranata, e detesto ancora di più non capire come fare per non esserlo più, senza combinare casini! Bah! Comunque, sto leggendo tutti i racconti, (non ho partecipato al concorso), e trovo che i tuoi suggerimenti, i consigli o anche solo i semplici commenti, siano davvero utili, senza mai essere né troppo invasivi, né presuntuosi. Non è da tutti. Mi piace molto il tuo sito, e presto acquisterò almeno i libri di storia da te suggeriti in altri articoli. Cavoli, quelli li troverò in libreria? Ma è proprio possibile che non ci si trovi proprio nulla di decente? Di nuovo bah.
    Ciao, e complimenti ancora.

  38. @Lidia
    E’ facile. Basta abituarsi. Vai su Library.nu cliccando il link indicato
    http://library.nu/docs/N7LIBQJKW3/Writing%20Fiction%20For%20Dummies

    Poi da lì scegli da dove scaricarlo guardando nel box external links. In questo caso c’è una sola fonte se non sei loggata in Library.nu: ifile.it (e l’indicazione NO PASSWORD).
    Se invece sei loggata, vedrai anche megaupload.com (e la password indicata per aprire il RAR che scaricherai).

    Library.nu, come prima Gigapedia.com (i cui archivi sono ancora visitabili da Library.nu facendo un search in Archives invece che in Documents, menù a tendina accanto al box di ricerca), non ospita alcun libro sui propri server. Si limita a collezionare schede dei libri, costruite a partire da quelle di Amazon, e indicare dove si trovano le copie piratate nel resto del web (siti di file sharing).

    Se clichi su ifile.it vieni mandata qui:
    http://ifile.it/nto3a5/ebooksclub.org__Writing_Fiction_For_Dummies.l_57xzzkkkx9x52.pdf

    Da lì clicchi il tasto grigio in basso REQUEST DOWNLOAD TICKET. Lui rileverà che sei un umano e non ti chiederà di inserire una frase “offuscata” in un apposito box… nel caso te lo chiedesse, fai come dice e scrivila.
    Il prossimo tasto da premere è quindi DOWNLOAD, apparso al posto di REQUEST DOWNLOAD TICKET.
    Ed ecco che arriverà il PDF scelto, da aprire subito (scaricato nei file temporanei del browser) o da salvare con nome dove vuoi tu, al solito.

    Chiaro?
    Prova a fare così. Se hai ancora problemi riscrivo la spiegazione.

  39. La morale della favola, se si sente bisogno di trovarne una, è che King al 90% è “religione, hype e fan” e al 10% reale capacità. Non sarebbe male se fosse 50-50… o 70-30…

    Forse adesso con Cell, The Dome e gli altri mattoni di ultima generazione, ma restano tanti romanzi godibili e contenuti (per fortuna) entro le 300-400 pagine.
    E quoto Flaza quando dice che ha la capacità di rendere ipnotica la lettura anche quando parla di nulla. Non funziona con tutti tutti, ma con molti sì, al di là dell’hype.
    Semmai è fra gli scrittori da NON imitare per scrivere buona narrativa, perché appunto si tratta di una sua capacità personale, non di tecnica.
    Se migliorasse anche la tecnica potrebbe essere meglio, ma un rapporto 90 a 10 mi pare un po’ eccessivo, e usare come esempio gli ultimi lavori significa prendere il peggio.
    Mi spiace dirlo, ma credo il miglior King di romanzi come La lunga marcia, L’uomo in fuga, Pet Sematary, Cujo, e tante ottime raccolte di racconti sia finito, rimangono i mattoni più o meno buoni.

  40. Gamberetta regala il suo tempo lo stesso ai troll e a chi si rifiuta di leggere le risposte costringendola a riscriverle CENTINAIA di volte? Affare suo.
    Ma il ritmo degli articoli e della pubblicazione di narrativa con SMQ è diventato quello che è, quasi zero. Non mi stupirei se nel giro di un anno chiudesse in modo definitivo il sito.

    Come avevo annunciato alla riapertura del blog lo scorso ottobre, non ho più il tempo per occuparmene con lo stesso impegno di una volta. E come appunto già anticipato, può essere benissimo che decida di chiudere.
    La situazione dei commenti non aiuta, ma posso garantire che è davvero il meno. Sono altri i fatti che mi demoralizzano, e tra l’altro fatti di cui non posso parlare per ragioni di privacy. Basti dire che quando sostengo che il mondo dell’editoria italiana è una palude piena di incompetenti, ignoranti e idioti, be’, è un complimento rispetto alla situazione reale.

    Comunque, per tornare ai commentatori sgradevoli, quello che a me dà fastidio in tante persone è la mancanza di passione. Ma avete mai visto un appassionato di calcio? Di quelli che fanno l’abbonamento allo stadio, seguono la squadra in trasferta, quando ci sono le coppe attraversano mezza Europa per non perdersi la partita e magari si azzuffano con i tifosi avversari?
    Ecco, quello non è un buzzurro, è una persona appassionata, che trovo molto più simpatica dei tanti “ah, la scrittura è la mia vita, non potrei respirare senza la narrativa!” e poi non leggono mezzo manuale e quando consigli uno scrittore se ne fregano perché il romanzo non c’è nella libreria sotto casa e usare emule è troppo complicato e ommioddio io sono un intellettuale non si pretenderà mica che impari a usare un computer?
    Che gran passione, proprio!
    Io ho imparato l’inglese per leggere i sottotitoli degli anime. Non è stato niente di eroico: ero appassionata di cartoni giapponesi e non volevo aspettare che venissero trasmessi in TV, così mi sono messa lì con il vocabolario e pian piano ho imparato. Almeno quel minimo necessario alla mia passione. Gente ancora più appassionata ha imparato direttamente il giapponese.
    Siete appassionati di narrativa fantastica e di scrittura? Se volete occuparvene seriamente dovete conoscere l’inglese. E vi va anche bene che basta l’inglese e non è necessario il cinese o l’arabo. Non volete impararlo? Almeno usufruite delle risorse tradotte: niente, neppure quello. Il tal manuale non lo trovo. Non mi fido di eBay. Non so scrivere una mail alla casa editrice. Io ho la passione e dunque non posso fare gnente!!!!

    Sigh.

    Dopodiché, come spiegato mille volte: chiaritevi bene le idee se siete appassionati sul serio, o in realtà quello che cercate è il consenso sociale di una pubblicazione. Se si tratta del secondo caso, state perdendo tempo: dovete farvi amico qualcuno, è la strada più semplice e sicura.

    Per chiudere voglio rassicurare il Duca che guarirò: sono troppo buona e gentile, mi rendo conto da sola che è un brutto difetto nel carattere di una persona.

  41. Hai fatto incazzare il troll perché sei intervenuta senza lodarlo come desidera. ^_^

    Come avevo detto, era un troll.
    La prova è qui:
    http://fantasy.gamberi.org/2008/05/24/la-fogna-dei-commenti/#comment-28033

    Da manuale, controllate qui:
    http://it.wikipedia.org/wiki/Troll_%28Internet%29

    Citando Gamberetta:

    La situazione dei commenti non aiuta, ma posso garantire che è davvero il meno.

    E “Il Guardiano” ha deciso di peggiorare la situazione dei commenti. Si vede che gliene frega qualcosa, proprio. Troll puro, in malafede. E incapace di comprendere l’ordine cronologico: mi ha scritto via mail di avermi detto nel secondo messaggio di non sapere l’inglese… peccato che in quel messaggio mi stesse già aggredendo e insultando, visto che era la risposta al primo a contenere l’invito a leggere i manuali. LOL.

    Un genio.
    Lasciamolo trollare. Quando Gamberetta a furia di questa gente a sommare fastidio su fastidio chiuderà il blog, come non è impossibile che accada (Lei stessa lo ha detto), mandate un ringraziamento a “Il Guardiano”.

  42. Si lamentava tanto dei commenti censurati e, in segno di buona volontà, gli ho approvato quello in risposta alla mia segnalazione.

    Ecco il tono con cui risponde. Al solito. Almeno non è un delirio chilometrico sul mio essere presuntuoso perché LUI non vuole leggere le spiegazioni al suo dubbio negli appositi link indicati e io DOVREI allora riscriverglieli con mie parole investendo ore e ore per LUI. E se non lo faccio, insulto libero. ^_^

    Capito perché lo censuro?
    E ora fine della pacchia: il troll non avrà altri commenti approvati, visto come li usa.

  43. Che tristezza.
    Ovviamente la Gambera ha come – quasi – sempre ragione; anche io all’epoca ebbi un momento di crisi mistica e mi sentii fuori posto per i commenti agli incipit, ma basta rendersi conto che nessuno sano di mente farebbe un concorso per vilipendere qualcuno.

    Mah.

    Anyway, non ho ancora preso il pdf (connessione lenta, ma prima o poi ce la farà), ma spero ci sia qualche dritta su come “inventare” una storia per un racconto, anziché fare la sinossi di un romanzo adattata.

    La questione secolare su racconto vs romanzo che sollevarono in diverse epoche (non ricordo dove ho letto ultimamente del pensiero di Poe, giro troppo la blogosfera) non ha risolto i miei dubbi: è possibile non essere in grado di creare un racconto?
    E’ essere pessimi scrittori non saperlo fare o è semplicemente una delle forme che possono essere più o meno congeniali?
    Il dubbio mi attanaglia.

  44. Racconti sono brutte bestie.
    L’impressione che ho è che richiedano ancora più controllo del romanzo, sia come capacità di scelta delle scene (il minimo necessario) ché del bisogno che TUTTO trasmetta la premise (nel romanzo si può essere più elastici, poco ma un po’ sì), per cui buone scene poco incisive per il senso della storia vanno tagliate (mentre in un romanzo magari potrebbero sopravvivere perché sufficientemente valide e molto ben fatte per altri aspetti, ad esempio per lo sviluppo di elementi secondari del carattere dei personaggi che in un racconto non avrebbero spazio) ecc…

    Direi che, sintetizzando, il racconto ha meno margine di errore e, a differenza del romanzo, ci si aspetta che abbia sempre un suo senso e una sua idea centrale VALIDA che lo regga in piedi.
    Io se un racconto non ha una sua unità completa, un bel legame inizio-fine, una idea col botto ecc… mi viene da domandare che motivo di esistere abbia.

    Con un romanzo invece se la storia è carina, i personaggi piacevoli da seguire ecc… non mi viene mai in mente una cosa simile, pur rimanendo chiaro che apprezzo una coerenza nella “premise” (e cose come Un Cantico per Leibowitz hanno comunque un grosso legame inizio-fine, che porta in modo chiaro una visione del mondo deprimente e disfattista che condivido, unita a un briciolo di speranza nell’uomo).

    In un romanzo se c’è conflitto e i personaggi crescono e possono sviluppare il loro potenziale narrativo, va bene anche sfruttare un sub-plot carino. In un racconto la brevità e rapidità del messaggio è tutto, non c’è tempo per i sub-plot senza mettere a rischio tutta l’opera.

    Concludendo, ho letto spesso di autori di racconti che fanno romanzi che sono racconti annacquati e autori di romanzi che non sanno districarsi nello spazio del racconto. Immagino che sia quindi normale che possa accadere e che dipenda dall’abitudine a preferire lavorare con storie più ampie e libere nella gestione oppure con opere molto incisive e legate all’idea geniale da sfruttare un colpo e via.

  45. Visto che avevo accennato alla trame troppo semplici come fatte di “coincidenze”, prendo un esempio semplice. Per fare un esempio devo ovviamente parlare di qualcosa, per cui quello che segue è un piccolo spoiler innocuo su Gundam Seed (episodi 15-16, non considero oltre nel commento).

    La corazzata Archangel entra nell’atmosfera terrestre. Punto di atterraggio prestabilito: uno in Siberia. Il Gundam guidato da Kira, veicolo fondamentale da portare in salvo, in seguito allo scontro penetra nell’atmosfera con un angolo mongolo e finirebbe chissà dove. L’Archangel lo intercetta e atterra a cazzo di cane, in Libia, nel mezzo del deserto meridionale.

    Questo era realistico come evento: un bel piano semplice che va a puttane.

    Finiscono nel deserto libico. Territorio sotto controllo dei Coordinator, gli spaziali ribellatisi alla Terra che li sfruttava e che sono i “cattivi evidenti” nei primi episodi.

    Non c’entra con le coincidenze, ma val la pena farlo notare: quasi tutto il valore di Gundam Seed è nell’impossibilità di definire una delle due fazioni in guerra come Buoni o Cattivi. Vediamo solo le reazioni dei personaggi e proviamo emozioni nei loro confronti il che porta all’inizio a fare il tifo per i Terrestri (una intera colonia neutrale, migliaia di civili, vengono massacrati nel primo episodio dai “cattivi” in completo spregio del diritto internazionale) fino a quando non si comincia a capire che forse la guerra è colpa loro e i Coordinator volevano solo vivere in pace, senza essere sfruttati e disprezzati.
    Ennesimo esempio di Mostrare: non dire chi è, dal sapiente punto di vista del Narratore Onnisciente, buono o cattivo, ma lascia che le azioni parlino per loro e che il lettore/spettatore capisca da solo (e si faccia venire dei sani sospetti, se non è scemo).

    Tra i personaggi spopola l’uso preciso di elementi del monomito di Campbell, il che favorisce un rapido inquadramento funzionale (con trasformazioni: una delle “buone” diventa la figura della Donna Puttana).

    Questo è bene. Il fantasy tipico e la Troisi se lo sognano un livello credibile di ambiguità morale, nei singoli e nelle nazioni. Il racconto “Bunny” mancava di questa ambiguità percepibile e, ricollegandoci al problema Racconto vs Romanzo, il romanzo con più spazio per l’evoluzione dei personaggi, che non può avvenire di botto, è più adatto a queste cose rispetto al semplice racconto.

    In Libia vengono rintracciati, in pieno deserto e in un mondo interamente devastato dagli N-Jammer (dei sistemi che fottono completamente le telecomunicazioni e la possibilità di usare armi nucleari, a quanto spiegato, tranne che poi negli episodi dopo funzionano in base alla comodità narrativa del momento), dai partigiani terrestri che lottano contro gli occupanti Coordinator.

    E vabbè, la fortuna di trovare subito alleati a neanche 48 ore di caduta nel mezzo del nulla è una coincidenza accettabile. Fin qui si sopporta.

    Con i partigiani che li avvistano c’è una biondina, proprio la tizia che Kira aveva salvato nel primo episodio, quando la colonia è sata distrutta. Kira è finito con la corazzata Archangel e la biondina in una capsula di salvataggio dei rifugi di emergenza, sparate nello spazio alla distruzione del “mondo-città” formato dal gigantesco cilindro di O’Neill.

    Qui la coincidenza comincia a puzzare. La biondina, Cagalli, non solo è arrivata sana e salva sulla Terra (ok), ma è diventata pure un pezzo grosso di un gruppo di partigiani (come mai sarebbe una specie superwoman? Boh, così!) e, sticazzi, proprio in Libia? Dove la corazzata è finita per PURO CASO? E proprio quella cellula di partigiani ha visto e rintracciato, SENZA poter usare telecomunicazioni, una corazzata nell’IMMENSO deserto libico in 48 ore?

    Aggiungiamo che i partigiani sanno anche, sempre senza telecomunicazioni, quando arriveranno e quanti sono i Coordinator cattivi che voglino fare il culo alla corazzata precipitata (sempre più veloci nel precedere i nemici e nel trovare i propri alleati, lo ripeto di nuovo, nel nulla del deserto libico e SENZA telecomunicazioni).

    La coincidenza diventa pura rottura di coglioni. Non solo li trovano, ma si preannunciano come probabile Deus Ex Machina e/o Coincidenza-Comoda-Insopportabile nell’episodio dopo.

    Arrivano i Coordinator. Kira esce col Gundam, si ammazzano di botte, ma alla fine il Gundam ha la peggio perché i nemici sono troppi e lui sta finendo l’energia. Rimangono da far fuori tre elicotteri da attacco a terra e tre o quattro veicoli da deserto quadrupedi.
    Realisticamente Kira dovrebbe perdere. Ma no: al minuto-secondo-spaccato prima che gli sfondino il culo, arrivano i ribellia tutta birra in pieno deserto libico, puntuali come un orologio.

    Ovviamente hanno SOLO veicoli con lanciarazzi per distruggere gli elicotteri. Distrutti senza problemi. Fino a pochi minuti prima schivavano senza problemi il cannone a raggi del Gundam.
    E i quadrupedi? La biondina Cagalli ovviamente ha predisposto una trappola: Kira si fa inseguire, la trappola scatta e… esplosione enorme, con tanto di fungo stile bomba atomica.

    Coincidenza inaccettabili. E Deus Ex Machina al secondo preciso di necessità. Hanno proprio tutto il necessario per far fuori i nemici rimasti e la trappola ha così tanto esplosivo sepolto ed è proprio dove serve che: 1. è impossibile l’abbiano improvvisata in poche ore tra avvistamento corazzata e arrivo dei Coordinator; 2. non può essere lì comodamente per caso, sarebbe una coincidenza da sputare in bocca agli autori, e di certo la Libia non può avere bombe di dimensioni folli ogni poche centinaia di metri di deserto, a caso, ovunque

    Comodo progettare trame così, eh? Apparentemente sì, cioè, potrebbe anche succedere con MOOOOOOOLTA fortuna… ovvero una serie di comode, squallide coincidenze: comodi colpi di fortuna e semplificazioni della vicenda.
    Questa roba non è narrativa decente, è Topolino. Il momento più basso dall’inizio di Gundam Seed.

    E tanto per gradire a tema “comode coincidenze narrative”, ma qui metto uno spoiler ulteriore perché superiamo di parecchio l’episodio 16:Show ▼

    E ‘sticazzi pure no?

  46. Ciao!
    Ti faccio i complimenti per il mazzo che ti sei fatto. Davvero un gran lavoro.
    :-)

  47. Grazie Duca,
    sei stato di una gentilezza squisita. :-) Oggi pomeriggio proverò a seguire le tue indicazioni, e spero proprio di riuscire, oltre a non sembrare più così inetta col pc, a scaricare questi testi che mi interessano moltissimo!

    ciao!

  48. Ho portato i Mars e il vibratore ^-^
    Ho la certezza matematica che il mio racconto sarebbe stato a dir poco vergognoso.

  49. Siete LECCACULO, accettatelo.

    Lo accetto, per questo la mia lingua è piena di peli. ^^

    Viva la… chiappa e che Dio la benediappa! xD

  50. A rischio di passare per un rompiballe avrei una domanda da fare. Ma aldilà delle critiche mosse alla storia e ad alcune mie scelte stilistiche più o meno azzeccate sarei curioso di sapere se ci sono anche delle correzioni da fare a livello meramente grammaticale, non so, lessico, costruzione della frase oppure credibilità e scorrevolezza dei dialoghi. Cose così insomma. :)

  51. Caro Duca,
    premetto due cose: ho letto i tuoi commenti ai primi cinque o sei racconti (appena avrò tempo tornerò a leggere gli altri); non ho partecipato al concorso.
    In generale le tue osservazioni sono più che corrette e naturalmente mi trovano concorde. Ugualmente, riscontro un eccesso di pignoleria che, in qualche modo, trovo superfluo. Mi spiego: quando, commentando il primo racconto, dici che è inutile scrivere “il SUO laboratorio” perché è evidente che il laboratorio è del personaggio in questione, non credo che la cosa sia così vera. Il laboratorio potrebbe essere di suo padre, di suo fratello o di suo zio, oppure potrebbe essere il laboratorio di una ditta o del SUO (e ridaje) datore di lavoro. Altro esempio: l’incipit di un altro racconto (“Seduto di fronte a lui, il conte… ecc.”), in cui lamenti che non si sappia subito di chi è il POV. Vedi, tecnicamente sarebbe anche poco corretto, ma in realtà quello che conta in narrativa è il risultato finale, ovvero la lettura. Qui abbiamo un effetto teaser, che ci spinge a continuare a leggere per scoprire chi è il “lui” di cui stiamo parlando. Cosa voglio dire in definitiva? Voglio dire che le tecniche vanno assolutamente conosciute e applicate, ma che ciò che conta di più è la “piacevolezza” della lettura, maledizione, e la libertà di scegliere tipologie differenti di stile. Per esempio ci sono autori che raccontano invece di mostrare (ORRORE! direte voi), e i cui racconti o romanzi sono non solo piacevoli ma anche scritti molto bene. Ci sono addirittura romanzi con narratore esterno onniscente che inserisce interpellazioni al lettore e che funzionano alla grande. Insomma, prendiamo un po’ con le molle queste benedette tecniche. Quello che conta, al giorno d’oggi, è, come dice Gamberetta, che chi scrive sia davvero un appassionato di scrittura, che lo faccia con il cuore e soprattutto che abbia qualcosa da dire e da raccontare. Il resto conta, certo, ma fino a un certo punto. Wunderkind è un romanzo di merda dall’inizio alla fine, ma non solo per un problema di mancanza di tecnica. E’ un romanzo di merda perché è vuoto, inutile, stupido. Il suo autore infatti non ha nulla da dire, è lui stesso una persona senza spessore (e questo lo si deduce anche dalla boria e dall’inconsistenza del suo blog). Ecco, questo forse è il concetto principale da far passare: “scrivete e proponetevi al pubblico solo se siete persone che hanno qualcosa da dire”. Il tempo di stare a puntualizzare sui “suoi” e sui doppi aggettivi verrà poi.

  52. Qui abbiamo un effetto teaser, che ci spinge a continuare a leggere per scoprire chi è il “lui” di cui stiamo parlando

    Non funziona così l’Hook. L’Hook non serve a giustificare una scrittura da cani. Scrivere male non è un “teaser”, è qualcosa che impedisce di proseguire la lettura senza un senso di fastidio iniziale. Se fossi informato sulla narrativa lo sapresti.

    Voglio dire che le tecniche vanno assolutamente conosciute e applicate, ma che ciò che conta di più è la “piacevolezza” della lettura, maledizione, e la libertà di scegliere tipologie differenti di stile.

    E io sono stato fin troppo permissivo nel “giustificare” altre scelte poco performanti, come l’impostazione della scena con terza persona oggettiva prima di entrare nel POV. Cosa che sapresti leggendo TUTTI i commenti presenti, ma hai ammesso tu stesso di averne letti solo 5 o 6 e quindi di ignorare il contenuto dell’articolo che stai commentando. Gamberetta non aveva appena chiarito quanto fosse irritante e offensivo commentare così?
    Io sono fin troppo permissivo per quanto riguarda le scelte stilistiche degli autori, altroché. Ma c’è un limite a tutto: libertà di scegliere non può diventare “giustificazione delle porcate”.
    Quella riga è una porcata.

    dici che è inutile scrivere “il SUO laboratorio” perché è evidente che il laboratorio è del personaggio in questione, non credo che la cosa sia così vera.

    No, non è così. Basta leggere il racconto per notare l’autoevidenza dell’inutilità del “suo”.
    Evidentemente non hai letto il racconto. Non informarsi prima di commentare è offensivo per chi invece dedica il proprio tempo all’argomento.

    Ti rimando a questo pezzo del commento di Gamberetta per capire come funziona il mondo reale:

    E magari dovrei anche spiegarti perché hai la sensazione che il raccontato non stoni. Non funziona così: un’opinione ha senso solo quando è informata, quando sai di cosa stai parlando. Se non lo sai, e non lo sai – lo ammetti tu stesso –, le opinioni servono solo a irritare chi invece ha un minimo di conoscenze.
    Prima smetti di essere ignorante, poi esprimi la tua opinione.
    […]
    Se non sei così appassionato, allora eviti di far perdere tempo a chi invece ci tiene.
    […]
    se la discussione si orienta su argomenti più tecnici sarebbe bello non dover ripartire sempre da zero. Pia illusione. Pazienza.

    Sul serio: questo non è un luogo per cercare Carezze Sociali alla Eric Berne. Non me ne frega nulla di sollecitare rapporti amichevoli, scambi di saliva e fellatio. Non è un forum e non è una community. E non cerco amicizie.
    L’obbiettivo è produrre informazioni utili per contribuire allo sviluppo del web per gli appassionati di specifici argomenti, raggruppando informazioni corrette e facendo rimbalzare notizie interessanti o poco note su argomenti spesso di nicchia.
    Di conseguenza l’obbligo è di esprimere commenti tecnici solo se si dispone delle competenze tecniche.

    Come succede in ogni angolo del mondo civile di un minimo livello qualitativo e come pretendono gli autori con un cervello, come Harlan Ellison:

    We are not entitled to our opinions; we are entitled to our informed opinions. Without research, without background, without understanding, it’s nothing. It’s just bibble-babble. It’s like a fart in a wind tunnel, folks.

    Se non si hanno competenze tecniche, non aspettatevi ogni volta che vengano ripetute le cose GIA’ SPIEGATE e che vi era stato CHIESTO DI LEGGERE prima di commentare.

    Avete tutte le risposte ai vostri dubbi. Migliaia di pagine di accurate e motivate risposte, suddivise tra libri gratuiti in inglese e articoli e commenti in italiano. Basta leggerle. Se io l’ho fatto e altri lo hanno fatto, chiunque abbia davvero intenzione di discutere PUO’ e DEVE farlo.

    Oppure evitare di far perdere tempo agli altri con il solito de-railing (perché rendiamoci conto di cosa si sta scrivendo per davvero) sul “ripartiamo da zero, che io non ho voglia di studiare il vecchio materiale!”.

    Non si può partire ogni volta da zero. Sarebbe come allegare una guida all’alfabeto e all’imparare a leggere assieme a ogni Saggio pubblicato, in previsione che chi lo compri sia sempre analfabeta.
    Non funziona così.

  53. Una nota ulteriore su Kaninen. L’autore si è giustificato in altra sede dicendo che il personaggio, anche se non è scritto (ed è giusto che non lo sia), dovrebbe essere evidente che sia affetto da sindrome di Asperger (e fin qui ok, ma non c’entra un cazzo con i commenti al racconto fatti) e che questo giustificherebbe il fatto che sembri un imbecille ritardato fin dalla scena iniziale (Ah!).

    Volerlo far sembrare scemo (e non affetto da ritardo dello sviluppo cognitivo e nella capacità logiche, come avviene invece nell’eccellente Fiori per Algernon, ma proprio SCEMO E BASTA, che è quello che appare nel racconto) in sé è una pessima idea, ma qui bisognerebbe sapere due cose di narrativa per capire come l’idiozia (visto che l’autore pare confondere l’Asperger e la semplice idiozia indicata nell’incipit) sia difficile da gestire senza scadere nella spazzatura narrativa.

    Qui siamo all’ABC. E forse è meglio informarsi su cosa sia la sindrome di Asperger (senza GH, per favore). Alcuni pezzi:

    Gli individui portatori di questa sindrome (la cui eziologia è ancora ignota) sono caratterizzati dall’avere una persistente compromissione delle interazioni sociali, schemi di comportamento ripetitivi e stereotipati, attività e interessi molto ristretti. Diversamente dall’autismo classico, non si verificano significativi ritardi nello sviluppo del linguaggio o dello sviluppo cognitivo.
    […]
    Hans Asperger chiamò i suoi pazienti “piccoli professori”, basandosi sull’idea che bambini o persone poco più che adolescenti potevano avere un bagaglio di conoscenze nei loro campi d’interesse pari, se non superiori, a quello dei professori universitari. Questo perché gli individui con Sindrome d’Asperger hanno un’intelligenza del tutto “normale”, o in qualche caso addirittura superiore alla norma, a scapito però d’una capacità d’interazione sociale nettamente inferiore e più problematica.

    Esattamente dei ritardati così marci da provare ORGOGLIO nel tastare degli scalini di pietra coperti di alghe?
    Seriamente? Questo è l’indizio che sia un GENIO (o almeno normale) con disturbi nelle relazioni sociali e nel comprendere le emozioni altrui? Vogliamo renderci conto per UNA VOLTA che ciò che si intendeva scrivere è IRRILEVANTE e conta solo ciò che REALMENTE SI E’ SCRITTO, una frase per volta, nell’ordine di scrittura? E che una frase per volta in una sequenza ordinata di frasi è TUTTO ciò a cui si riduce l’essenza dell’esposizione scritta?
    Forse era meglio scegliere l’indizio meglio. Un idiota generico non ha il potenziale di interesse di un affetto da Asperger. Se si voleva l’Asperger, si partiva subito in modo chiaro con elementi TIPICI dell’Asperger, non con l’idiozia generica della classica storia scritta senza alcun criterio.

    Pessima scrittura, personaggi caratterizzati male, idiozia di fondo lampante, non possono essere giustificati dal fatto di voler che il palese fesso fosse “un GENIO con gravi problemi di interazione sociale e/o amici immaginari”. Genio e Ritardato non sono sinonimi.

    Allora anche Nihal delle Cronache del Mondo Emerso è sottinteso che abbia la sindrome di Asperger. Risolto. Ora è un bel libro. Nuovo trucco narrativo: quando si scrive male e si ritrae un personaggio come un ritardato, sindrome di Asperger. Oppure “brufoli e gonorrea”, tanto parole a caso per parole a caso…

  54. “Seduto di fronte a lui, il conte… ecc.”

    quella porcata l’ho scritta io. e, per essere coerente con la visione della vita de Il Guardiano, farò un po’ di leccaculismo…

    Devo dar ragione al Duca: io (per dirne uno, ma credo di essere in buona compagnia) posso aver fatto errori e scelte discutibili. Il punto però è che se per spiegare qualche dettaglio o motivare una scelta c’è bisogno dell’Appendice dell’Autore che difende il testo, va da sé che il testo non sappia difendersi da solo, e quindi non funzioni.

    E, per restare sulla roba mia che non si offende nessuno, se quella frase spinge il lettore fuori dalla storia per riordinare le informazioni nella sua testa, allora non è un Hook, è uno sgambetto. Quindi male.

  55. @Michele e @cuk
    Secondo me il Duca è stato fin troppo buono con molti racconti, d’altronde quelle che ha dato erano solo guide.
    Ad esempio L’ultimo caso di O’Mallory soffre di un gravissimo problema di infodump:

    Nonostante sapesse che le sue difficoltà erano tutte causate dal whisky, ne avrebbe bevuto una sorsata proprio ora. Anzi, ammetteva a malincuore che se Eugene non gli avesse portato questo caso con la speranza che un successo potesse contribuire ad evitargli l’esilio, avrebbe abbandonato la sala all’istante, per andare a nascondersi tra i fumi della sua riserva di March Hare.

    E’ un infodump terribile, tra l’altro queste cose si capiscono anche senza bisogno di dirlo in questo modo.
    E poi, ancora peggio:

    Il Northumbria, la cittadella volante che era stata la sua casa negli ultimi venti anni, cigolava sommessamente attorno a loro. L’elenco di domande che aveva tra le mani era stato redatto da Eugene stesso, quando era venuto a offrirgli quest’ultima occasione di ripulire la sua reputazione e, magari, riuscire a commutare l’esilio in una semplice espulsione dall’Ordine. Rimanere a bordo, anche come semplice civile, era meglio che venire esiliati a terra, là dove la Grande Puzza scatenata dai Napoleonici avvelenava le città, lasciato a cercare asilo negli ermetici Cristal Palaces prima che il colera che piagava popolazione avesse la meglio su di lui.

    Ecco, questo è terribile, spiattella tutto il background in un paragrafo e poi lo dà per scontato nel resto del racconto.

    E insomma, è un vero peccato, perché il racconto mi è piaciuto molto, è al terzo posto della mia classifica personale dopo L1L0 e il Lunasil, ed è un peccato che abbia questi difetti. L’alcolismo del protagonista è figo, ma lo sarebbe molto di più senza tutti quegli infodump a sottolinearlo nel modo sbagliato. Anche l’ambientazione è figa, per questo mi piacerebbe che fosse mostrata, che fosse un vero scenario in 3D e non solo un fondale di cartone.

    In ogni caso prima di criticare i commenti del duca sui racconti bisognerebbe almeno leggerli i racconti.

  56. @Michele.

    Quello che conta, al giorno d’oggi, è, come dice Gamberetta, che chi scrive sia davvero un appassionato di scrittura, che lo faccia con il cuore e soprattutto che abbia qualcosa da dire e da raccontare.

    Ciò che intendo per passione riguardo la scrittura l’ho spiegato nell’articolo sul Mostrare, articolo che avresti anche potuto leggere prima di attribuirmi concetti lontanissimi da quello che penso. Mi autocito:

    Scrivere con passione non significa usare uno stile piuttosto che un altro, significa documentarsi per anni, revisionare fino alla nausea, studiare ogni dettaglio.

    Il cuore non c’entra niente, l’attenzione a ogni singola parola sì.

  57. @Michele:

    Quello che conta, al giorno d’oggi, è, come dice Gamberetta, che chi scrive sia davvero un appassionato di scrittura, che lo faccia con il cuore e soprattutto che abbia qualcosa da dire e da raccontare. Il resto conta, certo, ma fino a un certo punto.

    Non scherziamo, Gamberetta non ha mai detto niente di simile. Boiate come queste le dice Vicky Satlow, ma siccome io sono buono e ho fiducia nell’umanità cerco di convincermi che le dice solo per giustificare il crimine di aver fatto pubblicare dei raccomandati che non sarebbero buoni nemmeno come cibo per i maiali. Gamberetta semmai ha detto che la poca voglia di studiare e informarsi è indice di scarsa passione, che è una cosa ben diversa.

    @Gamberetta:

    Sono altri i fatti che mi demoralizzano[…]. Basti dire che quando sostengo che il mondo dell’editoria italiana è una palude piena di incompetenti, ignoranti e idioti, be’, è un complimento rispetto alla situazione reale.

    Ti capisco, ma guardiamo il lato positivo: è probabile che il livello di cialtroneria abbia già superato quell’ottanta per cento che dovrebbe essere la soglia di sopravvivenza di un sistema economico-produttivo-sociale. Confido che presto finiranno tutti ad annaspare a gambe all’aria come tanti scarafaggi.

  58. @Siobhàn
    beh, sono contento che ti sia piaciuto, e al contempo vergognoso delle pecche orrende nella tecnica.
    ti vorrei chiedere una cosa: ma davvero si capisce che si è autodenunciato, rischia l’esilio, il suo capo l’ha coinvolto proprio per offrigli un riscatto senza quell’infodupata?
    Non fraintendermi, l’infodump fa cagare, quindi non andava messo (piuttosto avrei dovuto integrare meglio quegli elementi di background nella narrazione), non sto qua a difendere una grezzata.
    Sto cercando di capire quanto vada inserito e quanto invece il lettore possa dedurre da sé: io ho sempre il dubbio di essere poco chiaro e risultare incomprensibile, ndado troppo per scontato.

    (@duca. qua siamo tanti, se tutti ci mettiamo a fare dei sotto-thread personali sui nostri racconti magari diventa un casino. Se preferisci chiedo un contatto privato a Siobhàn)

  59. Sto cercando di capire quanto vada inserito

    Mai.
    Tutte le informazioni vitali devono passare sempre senza infodump. Se ne rimangono nell’infodump e sono sicuramente necessarie, allora passare all’algoritmo seguente iniziano dal punto A.

    [A.] Verificare che le informazioni siano davvero necessarie alla storia. Passare a B se necessarie. Passare a D se hai scoperto che in realtà non sono necessarie.
    [B.] Se una cosa è necessaria allora dovrà essere mostrate nelle scene o nei dialoghi perché avrà un ruolo attivo nel funzionamento della storia. Se non si riesce a far passare le informazioni con i dialoghi e le scene disponibili, allora ri-progettare meglio (o sostituire o aggiungere) scene e dialoghi per farle passare e andare al punto C.
    [C.] Se non si riesce a far passare ancora le informazioni nonostante le scene e i dialoghi siano percepiti come giusti e naturali (e il racconto sembra completo in sé, con un minimo di conflitto in ogni scena e dialogo, senza punti morti), tornare al Punto A. Se invece le informazioni fondamentali ora vengono fornite correttamente al lettore, passare a D.
    [D.] Fine.

    Se non si riesce proprio per mancanze personali a ottenere sia le informazioni vitali che le scene necessarie, come ultima e deprecabile risorsa è possibile accettare 2 righe massime di infodump. Non di più. E sperare nella clemenza del lettore: la maggior parte perdonerà la cosa.

    io ho sempre il dubbio di essere poco chiaro e risultare incomprensibile, ndado troppo per scontato.

    In tal caso, algoritmo a partire dal punto di verifica A. ^__^

    Se non funziona l’algoritmo, tentare con quest’altro che però va seguito rigorosamente SENZA bere o mangiare fino al completamento (nessuna pausa ammessa):

    [A.] Il problema si è risolto da solo? Se sì, vai a B. Se no, vai a C.
    [B.] Aspetta 1 ora poi torna ad A.
    [C.] Aspetta 1 ora poi torna ad A.

    (@duca. qua siamo tanti, se tutti ci mettiamo a fare dei sotto-thread personali sui nostri racconti magari diventa un casino. Se preferisci chiedo un contatto privato a Siobhàn)

    Se preferisci in privato va bene in privato, ma per me al momento non è un problema.

  60. @ cuk
    Si capisce che è nei guai perchè è un’alcolista e che quella è la sua ultima possibilità.
    Il fatto che si sia auto-denunciato imho è irrilevante ai fini di trama.
    Il fatto che rischi l’esilio viene chiarito dopo, perchè quando smette di collaborare il capo lo minaccia.
    Secondo me quello che deve venire fuori da questa prima scena è che lui è nei guai e che sta rischiando qualcosa, i dettagli possono essere chiariti in seguito.
    Se invece pensi che sia fondamentale sapere tutti i dettagli allora dovresti mostrare la scena in cui va ad auto-denunciarsi dal capo, così si capisce tutto fin da subito.

    Anche la storia del mondo inquinato sotto la città volante non è necessario che venga infodumpata, basterebbe fare una scena col protagonista che si affaccia da una terrazza o qualcosa del genere.

  61. @Siobhan, grazie, vedo un po’ cosa riesco a combinare.

    @duca. si, più o meno lo pensavo così, l’algoritmo efficace.
    Probabilmente però deve passare abbastanza tempo tra l’ultima lavorazione e le valutazioni sull’importanza delle informazioni da poter immaginare di leggerlo con gli occhi di chi non sa tutto quanto e anche di più

  62. Sì, finché non riuscirai a dimenticare a sufficienza l’opera da poterla valutare come un lettore esterno sarà un casino riuscire ad apportare le correzioni. A parte, ovviamente, provare a tagliare ogni infodump SENZA integrare le informazioni in altro modo e vedere che succede.

  63. Ciao a tutti, volevo solo dire che ho letto sia l1lo che rabbiT, e il secondo vince proprio sullo stile, altro che tremendo! a parte la prima mezza pagina che è difficile a leggersi per il linguaggio desueto, poi è una figata, mi ha fatto venir voglia di leggere qualcosa sullo stile dei futuristi: zan karabum taratatatatttttatatatatata! Ode al suono scoppiettante della mitraglia dal dirigibile corazzato come una testuggine infernale!

    Però dal post e dai commenti sembra che apprezziate più che altro uno stile trasparente in cui lo scrittore scompare. Però forse mi sbaglio, per esempio, Eco che fa una descrizione di 5 pagine di un portale medievale perchè il lettore secondo lui deve diventare paziente e immergersi nella calma monastica, che scrive il primo capitolo di baudolino in una sorta di italiano piemontese inventato, che caga elenchi interminabili come se piovesse (nel cimitero di praga ti puoi imbattere in mezza pagina di elenco di titoli massonici così per gradire) è bravo o fa cagare?

    A me sembra che le norme che indicate siano per raggiungere un grado zero di stile, dal quale poi ci si possa consapevolmente distaccare se lo scrittore riesce a farlo senza sconfinare nel brutto.
    Che ne pensate?

  64. Vorrei aggiungere che il racconto Oggetto d’amore ha dei problemi di realismo per la parte nautica:

    L’armaiolo prese un cerino e lo strofinò sulla fiancata asciutta della barca.

    Tutte le barche da poco dopo il tramonto a poco dopo l’alba sono completamente bagnate (in coperta, la cabina ovviamente è asciutta) per via della condensa. Tra l’altro è stupido accendere un cerino sulla fiancata che è la parte più liscia e lucida della barca, se non ci fosse l’umidità io l’accenderei sul pavimento, che di solito è reso più ruvido per non scivolare.

    Telli spense il motore chiudendo la manovella del gas e arrivò all’ormeggio grazie all’abbrivio dell’imbarcazione. Riuscì in questo modo a non fare troppo rumore, non aveva intenzione di farsi notare. L’unico segno della sua presenza era la lieve colonnina di fumo bianco emessa dal fumaiolo, che spuntava dal fitto intrico di tubature del motore .
    Telli si appiattì sul fondo della barca e alzò la testa, scrutando le stradine che riusciva a intravedere.
    […]
    Telli si accertò che non ci fosse nessuno nei paraggi, afferrò la borsa e balzò sulla strada. Legò velocemente la barca e si tuffò senza esitazione nel vicolo buio più vicino a lui.

    Questa parte è completamente nonsense. Una barca non è una macchina, che se spegni il motore sta ferma e buona: se spegni il motore e ti appiattisci sul fondo della barca il migior risultato che puoi ottenere è di andare alla deriva per il lago, il peggiore è di schiantarti contro la banchina.

    Aggiungo che la cosa dell’abbrivio puoi farla a qualche metro di distanza dal molo, ma spegnere il motore a qualche metro dalla riva non è che ti renda meno rumoroso.

    Ah, ovviamente non va bene neanche il modo di ormeggiare, una barca non è un cavallo, se la leghi in un solo punto le lasci la libertà di girare attorno a quell’unico asse, schiantandosi quindi contro il molo.
    Ecco tre possibili ormeggi, tra l’altro ormeggiare da soli, anche a motore, è un po’ complicato.
    Adesso non mi dilungo, ma se serve aiuto a riscrivere la scena sono a disposizione.

    So che sembrano cose da poco, ma se sai di cosa si parla errori del genere ti buttano all’istante fuori dalla storia ^^’

  65. Mi sono scaricato il file, e ti ringrazio per il gran lavoro che hai fatto.

    Scrivo questo commento anche per segnalarti che sono arrivato all’articolo tramite la segnalazione su questa pagina:
    http://zweilawyer.com/z-list-ebook-horror-fantasy-e-sci-fi-gratis/

    Anch’io uso Google Reader e il tuo post non è apparso. Possibile sia veramente colpa della lunghezza, è successo già altre volte con post tuoi o di Gamberetta.

  66. Accetto le critiche, anche se con beneficio di inventario.

    Wingfield poi è stato colui che ha “inventato” il tennis moderno.
    Perché l’IDEA della partita di tennis dovrebbe essere stupida?
    Quella frase potevi tenertela per te.

  67. Caro Duca

    E’ da pochi giorni che giro per il tuo sito che trovo molto interessante. l’ho scoperto cercando racconti steampunk da leggere. tra le pagine mi sono imbattuto nel concorso (Vedo che è abbastanza datato ma non sono riuscito a trovare la classifica dei vincitori, non c’è o sono io impedito?).
    Ho scaricato il pdf dei racconti, che sto leggendo con calma, e ho perso 3 notti a leggermi e rileggermi i consigli tuoi e di Gamberetta sulla scritura, visto che, come molti qui, mi piace scrivere.
    Li ho trovati illuminanti.
    Mi ha colpito molto una parte del tuo commento sulla diatriba “mostare vs raccontare” espresso su un post:

    […] capire che il narratore non è una scelta facile, è di una difficoltà mostruosa: è facile solo se si vuole farlo in modo ridicolo (o se si vuol far comicità) e regolarmente anche ai “grandi autori” viene così-così/male (King) o malissimo (altri). Un narratore che batta in potenza espressiva il POV ben focalizzato è roba da PREMIO NOBEL […]

    Volevo chiederti se questa regola si applica a tutti i tipi di scrittura o solo ai romanzi/racconti di fantasia, perchè io scrivo anche racconti sui miei vecchi ricordi di studente e giovane adolescente stupido, usando prevalentemente il pov in prima persona e parecchio “raccontato” e usare un “mostrato” mi sembra un po’ tirato. Ma naturalmente è un mio parere, quindi del tutto opinabile.

    Se hai già affrontato un argomento del genere mi basta il link a riguardo, perchè al momento all’interno del tuo blog non l’ho ancora trovato.
    spero di non farti perdere troppo tempo, visto che non basta mai, e ti ringrazio fin d’ora della risposta.

  68. Il punto di vista usato per permettere al lettore di immergersi nella vicenda diventando uno dei personaggi / installandosi nel suo corpo, serve a ottenere l’obiettivo di far sparire la scrittura e rendere sensoriale, concreta, reale, l’intera vicenda mentre la si legge, frase per frase.

    In realtà è una linea guida, un principio, che nasce fuori dalla narrativa fantastica (la fantascienza anni ’40-’70 era famosa per la pessima qualità della scrittura, era troppo spesso letteratura solo di “idee”).
    Ford Madox Ford:

    […] prendere il lettore, immergerlo nella vicenda così a fondo da renderlo inconsapevole sia di stare leggendo che dell’esistenza di un autore, in modo che alla fine possa dire e credere “io ero lì, io c’ero”.

    Naipaul, premio Nobel per la letteratura nel 2001 (e non un presunto candidato come Eco):

    INTERVISTATORE
    Pensa che il linguaggio debba solo trasmettere e non, come John Updike, danzare e stupire?

    NAIPAUL
    Beh, ognuno deve fare quello che vuole fare. Io voglio che la mia prosa sia trasparente, non voglio che il lettore mi inciampi addosso. Voglio che veda oltre quello che sto dicendo, che veda quello che sto descrivendo. Non voglio che dica mai “Oh, buon dio, come è scritto bene!”. Sarebbe un fallimento.

    La prima frase della risposta è bella perché suona come “a me piace la pizza, ma non penso che i coprofagi dovrebbero smettere di fare quello che fanno, solo che io non lo farò”. Che poi è la posizione di tanti altri: c’è a chi piace scrivere Narrativa vera (Retorica), quelli a cui piace scrivere in prosa con l’agenda creativa della poesia (Poetica), quelli che odiano qualsiasi emozione troppo vivida (peccaminosa!) e vogliono scrivere in modo da titillare solo intellettualmente il lettore (Poetica ancora), e infine quelli che producono porcate senza capo né coda perché non aderiscono a regole di funzionamento e quindi non sono nemmeno concettualmente arte (Booth/James chiamano “brodaglia fluida” la scrittura senza regole… un obbrobrio in ogni caso, che lo si veda come Estetica o come Retorica).

    Ovviamente rimane sempre la regola, come fatto notare da Wayne Booth e da altri, che essendo DIFFICILE scrivere bene allora capita spesso che un autore sia un fervente sostenitore della vera Narrativa basta su immersione e mostrato, senza l’invasione del narratore, e finisca per infilare commentini propri (un aggettivo sospetto qui, una frase lì) che spezzano l’illusione di realtà alternativa.

    Il povero Henry James, “the old intruder”, tra i grandi vecchi della teoria del Mostrato (quello della prima fase pre-consapevolezza della focalizzazione e pre-retorica… il mostrato “telecamera sospesa nel vuoto” in pratica), faceva quasi sempre sbagliato. E lo prendevano in giro per questo.

    In testi in cui l’obiettivo non sia l’immersione (nella Narrativa è praticamente sempre questo l’obiettivo, comico escluso), come nel caso delle memorie/diari in cui il lettore comunque ha un distacco verso la vicenda perché sa a priori di non viverla e ha sempre presente l’esistenza dell’autore-protagonista, puoi applicare la regola generale del mostrato nella saggistica storica: infila più dettagli concreti che puoi tramite il narratore, anche se non focalizzi in un POV, anche se non mostri momento pe momento al fine di immergere e drammatizzare ecc… in un certo senso l’effetto che si vuole ottenere è più simile a quello del narratore che parla più o meno direttamente al lettore, rimarcando la propria stessa realtà, che non quello della tipica Narrativa.
    Avevo scritto un commento a riguardo qui:
    https://www.steamfantasy.it/blog/2011/12/14/tornato-da-roma/#comment-37861

    Pessima idea per la Narrativa, ottima per memorie e saggistica storica (non sintetizzare troppo, non nascondere i dettagli interessanti: scegli i migliori, i più concreti, e mostrali meglio che puoi… aneddoti, soprattutto).

    Se vuoi prendere delle memorie e riportarle come sono, non è Narrativa: è un diario, sono memorie, è un documentario in forma scritta dei giorni di vita di X o Y come se io riportassi quello che faccio durante il giorno. Non penso che quasi due ore di spesa a Orio Center questa mattina, per quanto dettagliatamente mostrate con gli elementi migliori che ricordo, possano fregare a qualcuno… siamo a livello di guardare due ore di filmati di ornitorinchi senza commento. È reale, ma non è narrativa.

    La Narrativa comincia quando si va oltre la realtà, quando la si piega nella struttura e nei dettagli, la si fornisce di un senso di cui la realtà vera è priva (inizio-svolgimento-fine, anche solo questa struttura spesso manca nelle vicende reali) perché le vicende sono legate in modo chiaro da cause ed effetti (anche a microlivello si ragiona per stimulus e response nelle scene), con una escalation del conflitto che dà un senso di ordine e personaggi interessanti. Il tutto con lo scopo di spacciare quelle “convincenti balle” per Realtà, una nuova realtà in cui immergere il lettore per farlo divenire il personaggio (possibilmente con tanto di catarsi).

    Qui un articolo a tema:
    http://www.agenziaduca.it/principi-della-narrativa/

    Siamo OT rispetto all’articolo.
    Se ti interessa altro, mandami una mail.

  69. Caro Duca

    ti ringrazio per la risposta così pronta ed esaustiva, ora mi guardo i due link poi li leggerò con calma.
    Scusa l’ot, appena capisco dove mandarti la mail e, soprattutto se ti interessa, ti manderò un paio di racconti personali e un raccontino stemapunk che sto rivedendo alla luce dei vostri consigli.
    grazie ancora.

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