Oggi sono tentato dall’idea di unire le riflessioni impegnate e intimiste (distruzione dell’identità, eruzione di gusto) con i video in sé pregni di profondi significati socialmente rilevanti ed eticamente significativi (rasare il pratino con una sciabola, trituratori, lo spezzatino del 15-18) anche senza bisogno di commentarli.

Il risultato, di fronte ai vostri maschili occhietti cisposi che non brillano certo per intelligenza (non dopo aver visto questo articolo) e agli imbarazzati sguardi lanciati tra le dita che coprono il volto delle mie pudiche lettrici, è il figlio abortito di una conferenza di Umberto Eco e di due dita nel sedere per defecare (se funziona in gola per vomitare… no?). Sto parlando di ARTE con la A, la R, la T, la O, o forse la E, insomma con le LETTERE MAIUSCOLE come il commento di un bimbominkia 40enne con il capslock incastrato.
Ecco a voi una raccolta di video pregni di significati importanti, di concrezioni saline, di Gesù e del meglio del panorama intellettuale italiano. Il nuovo che avanza, lo si incarta e lo si porta al cane.

Quelli che seguono non sono video per signorine per bene:
guardateli con le manine sugli occhi, sbirciando tra le dita, e ricordatevi di arrossire!

Ammirate il magistrale lavoro realizzato da ChristianIce, autentico genio capace di unire le più grandi menti italiane, Giuseppe Simone, Matteo Montesi e Richard Benson, rinforzati con quell’opera d’arte mobile di paraculaggine che è Andrea Dipré, in uno spettacolare doppiaggio del film A Few Good Men. Grandi pensatori, think tank italici che meriterebbero un BarCamp dedicato solo a loro.

Apprezzate la naturalezza delle battute, la costruzione impeccabile, le voci perfettamente calzanti coi personaggi… meglio dei doppiaggi che arrivano nei cinema.
Questo mi ricorda come mai preferisco guardare sempre in lingua originale con aggiunta di sottotitoli: i doppiaggi italiani saranno anche bellissimi perché è radical-chic e quindi tremendamente di sinistra ripetere obbrobriosi luoghi comuni con la data di scadenza superata da decenni (forse lo erano 30 anni fa, ora è più le volte che mi fanno pena rispetto all’originale che il contrario), ma a me sentire voci che non c’entrano con il movimento delle labbra ormai procura un leggerissimo fastidio per cui devo forzarmi a non guardare le bocche (sforzo che però è facile da fare) e in più le battute in italiano può capitare che siano coerenti con l’originale quanto quelle proposte da ChristianIce nella sua versione di A Few Good Men.

Arte, autentica arte.
Serbate nei vostri cuore la saggezza inarrivabile espressa in tre frasi da Richard Benson:

“Diluite le vostre droghe!”

“Cosa che a me non sta bene.”

“Capito dove stiamo? Capito che stiamo nella follia?”

che da sole basterebbero a commentare gran parte del panorama fantastico italiano (opere, siti che lo trattano, autori ed autoeditori che ne discutono e compagnia sbavante) assieme a “Monella! Monella!”.

Segue un breve e pregno approfondimento sul problema di quando “trovi un frogio te lo mette n’tel culo manco t’accorgi” regalatoci da Matteo Montesi, particolarmente d’attualità dopo l’equa, giusta e ragionevole decisione di Putin, un uomo più bello che gentile. Diluite le loro droghe!

E infine un grande artista scomparso alcuni mesi fa, Osvaldo Paniccia. Un genio incompreso per colpa delle stupidate sparate da Andrea Diprè, talmente sconvolgenti da lasciare Osvaldo preda di smorfie di disgusto che alcuni hanno, tristemente, scambiato per demenza senile. Nelle sue parole pacate invece si riconosce un vero artista, per quanto magari non molto bravo come pittore, capace di inquadrare e comprendere l’Arte.

[l’Arte è] una cosa seria, molto seria. Non si può prendere sottogamba.

L’Arte prima si pensa e dopo si fa.

(Su Arte e compromessi commerciali)
È una cosa seria… ci sono un sacco di imbroglioni…

In questa citazione vi è la piena comprensione del senso anche etico dell’Arte che è proprio della Narrativa, il confronto/conflitto tra l’ethos dell’opera e l’ethos del lettore, il senso dell’Arte come qualcosa che, citando Percy Lubbock, “non comincia finché il romanziere non pensa alla storia come una materia da mostrare, da esibire in modo che si racconti da sola”:

Diciamo così che l’arte… deve essere qualcosa di universale… qualcosa che la gente deve vedere e capire subito il quadro […] Non sono io che devo spiegare il quadro: è il quadro che si deve spiegare da solo.

Questo commento di Paniccia, fatto per zittire le stronzate pseudo-intellettuali di Diprè, evoca quel ritorno all’occuparsi dei soli contenuti, a concentrarsi su cosa davvero è presente nell’opera, ad abbandonare i vuoti discorsi campati per aria dei critici, già auspicato da Wayne Booth nell’introduzione alla seconda edizione di The Rhetoric of Fiction:

Silenzio. Si deve guardare e basta.

Un uomo che per la sua comprensione dell’Arte fu talmente vicino alla Grazia della Dea e del Quattro da generare quegli straordinari QUATTRO GAMBERI sospesi nel cielo (no, quella non sembra acqua). Un’opera ragionata, non una storiella di elfi finocchi scritta a risate e starnuti. Un’opera che meriterebbe di trovarsi collocata in ogni Suo Tempio, posta a Oriente sotto la tradizionale scritta A.G.D.GA.D.U.: Alla Gloria Di GAmberetta Dea Universale.