Dopo gli acciarini a miccia, a ruota, alla micheletta, alla chenapan e “alla moderna” siamo arrivati all’apice tecnologico dei meccanismi di accensione per le armi ad avancarica: l’acciarino a percussione.

I primi esplosivi da innesco

Fino alla fine del Settecento l’unico esplosivo noto era la polvere da sparo o, più semplicemente, la “polvere” e gli esplosivi stessi fino a quel momento non avevano nemmeno una classificazione paragonabile a quelle attuali: c’era la polvere e nient’altro (suddivisa in “da mina”, “pirica”, “da guerra” ecc… in base all’impiego).
Lo stesso nome “polvere nera” diverrà di uso comune con l’arrivo delle polveri da sparo di colore diverso, come la Poudre B (Poudre Blanche, polvere bianca) o Polvere Vieille dal nome dell’inventore Paul Vieille (1886). Il problema principale della polvere nera era che esplodeva col calore, per cui ci si doveva affidare a micce accese o scintille per poterla utilizzare.
Tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento apparvero però due esplosivi rivoluzionari in grado di reagire agli urti e che quindi potevano essere adoperati come “esplosivi da innesco”: il clorato di potassio e il fulminato di mercurio.

Quando gli scienziati del Settecento compresero che la combustione della polvere da sparo avveniva grazie all’ossigeno ceduto dal nitrato di potassio (salnitro) si ottennero due importanti risultati:
1) la polvere da sparo venne standardizzata nel 1780 nella formula ideale di 75 parti di salnitro, 15 di carbone e 10 di zolfo;
2) si iniziarono a studiare e scoprire nuovi composti in grado di svolgere la stessa funzione del salnitro, magari con potenza perfino maggiore.

Uno dei candidati alla sostituzione del nitrato fu l’iperossimuriato di potassa o, con un nome più comprensibile ai giorni nostri, il clorato di potassio o sale di Berthollet, dal nome del grande chimico Claude Louis Berthollet che lo scoprì nel 1785.
Il clorato era meno ricco di ossigeno del nitrato ma lo cedeva per intero, per cui Berthollet pensò di sostituirlo al nitrato fabbricando una polvere con 75 parti di clorato, 12,5 di carbone e 12,5 di zolfo. Berthollet prevedeva così di ottenere una maggiore velocità di combustione e quindi di pressione: in parole povere una polvere da sparo più potente. Il governo francese, molto interessato alla cosa, mise a disposizione del chimico il polverificio di Essonne. Peccato che Berthollet non avesse capito “quanto” la sua nuova polvere di colore bianco fosse più potente: ben tre volte di più.

Il polverificio di Essonne saltò in aria uccidendo quattro operai, la figlia del direttore e il direttore stesso, Letort, a cui va imputata tutta la colpa. Letort, convinto di poter preparare la polvere anche senza acqua, decise di sbriciolarne un frammento secco con il bastone, procurandone la deflagrazione, seguita dall’incendio e dall’esplosione dell’impianto stesso. Berthollet, miracolosamente, rimase incolume. Di positivo c’è da notare che Berthollet, ora, aveva scoperto qualcosa di ben più utile di una semplice variante della polvere da sparo: un esplosivo innescante. Evviva.

il conte claude louis berthollet 1748 1822
Il conte Claude Louis Berthollet, 1748-1822.
Uscì illeso dall’esplosione del polverificio di Essonne per pura fortuna. ▼

Nel 1799 l’inglese Edward Charles Howard scoprì il fulminato di mercurio, una sostanza dotata di altissima velocità di reazione e molto sensibile agli urti. Queste sue proprietà lo rendevano inadatto come esplosivo in sé, ma particolarmente valido come innescante della deflagrazione della carica di lancio del proiettile. Il fulminato di mercurio viene preparato dissolvendo mercurio in acido nitrico e aggiungendo al tutto etanolo. È un precipitato cristallino di colore bianco che esplode se esposto al calore (150 °C), se sottoposto a frizione o se urtato. A causa dell’effetto lente dei suoi cristalli può esplodere se lasciato a lungo al sole. Il suo principale vantaggio sul clorato di potassio, il concorrente dell’epoca per gli inneschi, è di non essere corrosivo, ma il suo svantaggio è quello di perdere efficacia con l’umidità nel corso del tempo (proprio come la polvere da sparo).
Per la sua scoperta Howard nel 1800 vinse la Medaglia Copley, il più antico (1731) e importante premio assegnato dalla Royal Society di Londra.

Questa funzione di innesco dei nuovi esplosivi, sfruttata negli anni successivi da Forsyth e da altri armaioli, fece nascere la prima classificazione degli esplosivi in base alla loro funzione: deflagrante o innescante.

L’acciarino a bottiglietta di profumo di Forsyth

Alexander John Forsyth (1768-1843) fu l’inventore del primo meccanismo a percussione per armi ad avancarica. Alexander Forsyth era un pastore presbiteriano scozzese e quando il padre, anch’egli ministro del culto, morì nel 1790 Alexander lo sostituì nella direzione della parrocchia di Belhelvie, nell’Aberdeenshire. Tenne questo ministero fino alla morte, nel 1843. A parte il “lavoro” di sacerdote, ereditato dal genitore, Alexander Forsyth aveva due passioni: le armi da fuoco e la caccia alle anatre. La Scozia però non ha il clima più soleggiato del mondo e Forsyth viveva una vita da cacciatore frustrato: nonostante i suoi fucili a pietra fossero i migliori e nonostante la polvere impiegata fosse la più pregiata sul mercato, la pioggia e l’umidità scozzese rovinavano le sue battute di caccia all’anatra.

Quando il reverendo Forsyth sparava spesso la polvere nello scodellino prendeva fuoco in ritardo, rovinata dalla pioggerella e dall’umidità, per cui passava qualche decimo di secondo tra la pressione del grilletto e lo sparo reale e questo, oltre a rovinare la mira, metteva in allarme gli uccelli. Senza contare che spesso, a causa dell’aria umida in modo intollerabile, era la pietra stessa a non cavare nemmeno una scintilla per accendere la polvere. E le anatre scappavano via, spaventate dal suono della pietra che raschiava la martellina, e magari bombardavano con un paio di scagazzate il povero Alexander intento a bestemmiare tutti i santi del calendario.
Forsyth, non potendo costringere Dio (nonostante le ripetute preghiere) a rendere la Scozia meno umida, decise di risolvere il problema da solo inventando un nuovo tipo di fucile. Nel 1805 nacque l’acciarino a bottiglietta di profumo. La primavera successiva Forsyth partì per Londra.

acciarino forsyth completo e spaccato
Acciarino a percussione Forsyth
Disegni provenienti da “The Edinburgh Encyclopedia”, Sir David Brewster, 1832
vol. X – “Gunmaking” – Tv. CCLXXXV

L’acciarino a percussione di Forsyth era un meccanismo innovativo, ma, come vedremo, non privo di difetti. È composto da un cane H e da un serbatoio che ricorda una “bottiglietta di profumo” (fig. I, MN). Il serbatoio (in sezione trasversale e diametrale, fig. III-IV) è composto da mozzo A, che funge da asse di rotazione, avvitato lateralmente alla culatta S e da un corpo in grado di ruotare attorno al mozzo.

acciarino forsyth sezione più chiara

Nella parte superiore del mozzo (fig. III) si trova lo scodellino B dal cui fondo Bf parte il canale m (fig. IV) che sbocca nella camera della culatta S. La polvere di innesco, composta da 3 parti di clorato di potassio, 1 di zolfo e 1 di carbone, è contenuta nella cavità C del serbatoio che ha una capacità di 40 cariche (30 secondo altre fonti, 12 secondo altre ancora: dipende dalle dimensioni della cavità C). Nella cavità superiore D sono invece ospitati il percussore d’acciaio e la sua molla E. Le due F sono le viti tra le cui punte e un pezzo di sughero si trova il lubrificante del mozzo.

Per usare un fucile a bottiglietta di profumo bisogna prima di tutto caricarlo ad avancarica, come il precedente fucile a pietra focaia. Immaginando che sia rigato, essendo arma da caccia di una certa precisione, si dovrà versare nella canna la polvere da sparo ben dosata e poi inserire la palla di piombo con la pezzuola ingrassata da spingere fino in fondo con la bacchetta (la pezzuola di cuoio ingrassata aiuta la discesa). Come nel fucile Baker, famoso proprio in quegli anni come arma delle Giubbe Verdi.
Bisogna poi armare il cane H e ruotare il serbatoio in modo che il percussore punti in basso (fig. I): ora la cavità C si trova sopra lo scodellino B e vi deposita una piccola quantità di innesco. Il serbatoio va ruotato di nuovo (fig. II) per avere il percussore in alto, posizionato sopra lo scodellino carico di innesco. Premendo il grilletto il cane va a colpire il percussore che a sua volta scende e colpisce l’innesco nello scodellino: la fiammata prodotta può fuggire solo attraverso il canale m fino alla culatta S in cui si trova la carica di polvere. Il proiettile vola via dalla canna verso l’odiosa anatra, vera nemesi del signor Forsyth. ^__^ La molla E riporta il percussore nella posizione di riposo.

acciarino forsyth
Acciarino Forsyth sopravvissuto fino ai giorni nostri
pistola boccetta profumo forsyth
Replica moderna di pistola con acciarino Forsyth

Al posto dell’innesco a base di clorato di potassio è possibile caricare l’arma con fulminato di mercurio in grani (e alcune fonti, sbagliando, non citano il clorato affatto).
L’acciarino di Forsyth a causa dell’eccessivo costo della manifattura di precisione e della pericolosità dell’innesco non ebbe molto successo. Talvolta le cariche di innesco del serbatoio esplodevano tutte assieme, distruggendo l’arma (sono arrivati ai giorni nostri vari acciarini rotti). In più l’innesco al clorato era più corrosivo della polvere da sparo e l’arma andava pulita accuratamente dopo l’uso per non rovinare il meccanismo. Un oggetto più per appassionati cacciatori, che non per militari. In compenso Forsyth dimostrò in modo inequivocabile la superiorità della percussione sulla pietra focaia: bisognava solo trovare un acciarino più adatto all’impiego militare della bottiglietta di profumo.

Nel 1807 Forsyth brevettò la sua scoperta. Il Maestro Generale Francis Rawdon Hastings (1806–1807) permise a Forsyth di lavorare alla sue nuove armi a percussione nelle armerie della Torre di Londra. Gli esperimenti di Forsyth si rivelarono distruttivi e, per timore che saltasse in aria tutto l’arsenale, il nuovo Maestro Generale John Pitt (1807-1810) lo cacciò via. Secondo alcune fonti (e riportato anche in “The Columbia Encyclopedia”, sesta edizione) Forsyth, cacciato in malo modo, ricevette un’offerta di 20mila sterline per la sua invenzione da Napoleone. Forsyth rifiutò di tradire la sua patria passando la nuova tecnologia ai francesi, ma in compenso intentò una serie di cause legali contro chiunque cercasse di produrre nuovi “acciarini a percussione”.
Pare che in realtà il brevetto fu registrato nel 1812, ma grazie all’aiuto dell’amico James Watt (il famoso inventore, proprio lui) con cui si era messo in affari per fabbricare armi, Forsyth ottenne la retrodatazione al 1807. Ma senza l’appoggio del governo, e quindi senza le commissioni militari, la nuova invenzione di Forsyth poté avere successo solo nell’ambito delle armi da caccia.

Nonostante l’esercito britannico avesse adottato un sistema a percussione nel 1836 (fucile Brunswick basato sul sistema a percussione con la capsula e il luminello -di cui parlerò dopo-, ma il brevetto di Forsyth era sul principio della percussione dell’innesco in sé e non sulla sola boccetta di profumo), il governo si rifiutò per anni di pagare il dovuto ad Alexander Forsyth. Alla fine, nel 1842, si decisero a pagare la ridicola cifra di 200 sterline. Troppo poco. L’opinione pubblica lo vide come un oltraggio a un prestigioso e stimato inventore e nel 1843 il governo corse ai ripari offrendo altre 800 sterline, per un totale di 1000 complessive. Ma il reverendo era morto da alcuni mesi e i soldi finirono agli eredi.

L’acciarino a pastiglia e l’acciarino a canale

Nel 1816 Joseph Manton, il più sveglio dei fratelli Manton (l’altro è John, che firmava le sue armi con il solo cognome), brevettò l’acciarino a pastiglia (pill lock). Questo generò un contenzioso legale con Forsyth, dato che il nuovo acciarino si basava anche lui sulla percussione dell’innesco, seppure in modo molto diverso dalla bottiglietta di profumo del reverendo. Vinse Forsyth. Manton continuò lo stesso a produrre armi basate sul sistema a pastiglia. Tiè!

L’invenzione di Manton utilizzava come innesco del fulminato di mercurio mischiato con gomma arabica, modellato fino a formare una piccola pastiglia e infine coperto con cera o vernice per proteggerlo dall’ambiente esterno. Questa pastiglia andava poi posta, in base al design specifico dell’arma, o dentro a un canale comunicante col focone dell’arma oppure, nel caso delle pistole, dentro a un incavo del cane che andava ad abbattersi sopra il focone (il canale di collegamento tra l’innesco alla camera con la polvere di sparo).

Fucile a pastiglia di Ephraim Gilbert 1829
acciarino a pastiglia con cane laterale acciarino a pastiglia visto dall'alto
Fucile con canna parzialmente ottagonale prodotto da Ephraim Gilbert nel 1829.
Ha un acciarino a pastiglia da inserire nel focone e il cane posto lateralmente.

I vantaggi rispetto all’arma ideata da Forsyth erano vari: assenza di un pericoloso serbatoio; assenza di inneschi corrosivi per l’arma; innesco protetto per evitare che si rovini con l’umidità. Ma dal punto di vista militare l’arma non era priva di difetti inaccettabili: la pastiglia era troppo piccola e il soldato, nella furia della battaglia, poteva perderla di mano; la cera e la vernice utilizzate per isolarla erano entrambe troppo suscettibili al calore (oltre alla gomma in sé) e nel clima caldo di posti come l’India gli inneschi si sarebbero fusi in una massa appiccicosa come cioccolatini abbandonati nell’auto in pieno agosto.

Però Joseph Manton non aveva finito le idee! Non contento della pastiglia ideò anche un secondo tipo di acciarino, quello “a canale” o “a tubetto” (tube lock), brevettato nel 1818. L’acciarino a canale utilizzava un tubetto di rame aperto a entrambe le estremità e riempito di fulminato di mercurio. Il tubetto andava inserito in un foro della piastra comunicante con il focone, poggiando con una delle estremità su una piccola incudine dello scodellino. Il cane abbattendosi sull’estremità esposta attivava l’innesco e chiudeva l’estremità del tubo appiattendo il morbido rame: la fiammata poteva fuggire solo verso il focone. Questo perlomeno in teoria.
In realtà spesso il tubetto non veniva ben sigillato dal colpo e la fiammata partiva in entrambe le direzioni, investendo il compagno accanto o finendo in faccia al tiratore stesso. In alcuni casi l’intero tubetto veniva sparato fuori dal canale, causando serie lesioni a chi si trovava vicino.
Non c’è da stupirsi se anche in questo caso i militari dimostrarono scarso interesse. Ottenne comunque una certa popolarità nell’ambito delle armi da caccia.

L’acciarino a canale, nonostante la realizzazione di Manton non particolarmente efficace, ebbe un certo successo in versione modificata nell’Europa continentale. L’italiano Giuseppe Console nel 1830 ideò un acciarino a canale modificato basato su quello di Manton. E l’armaiolo tedesco Augustin ideò “l’acciarino a percussione Augustin”, una versione molto migliorata dell’originale di Manton. Il sistema Augustin ottenne un buon successo e venne impiegato dall’esercito Austriaco dal 1840, con la conversione dei moschetti a pietra già esistenti al sistema Augustin e poi la realizzazione del fucile ad anima liscia da fanteria del 1842 e quello rigato del 1844 (e per la cavalleria il moschetto corto, la carabina rigata e la pistola del 1851). Nel 1854 anche l’Austria passò, come tutte le altre nazioni europee, alla percussione con la capsula e il luminello (col fucile rigato da fanteria Lorenz M1854).

fucile rigato sistema augustin 1844 kammerbuchse
Fucile austriaco rigato, percussione con sistema Augustin, Modello 1844.
Lunghezza 122,8 cm, peso 4,6 kg, calibro 18,1 mm.
Sotto si vede la baionetta modello Lockart con lama da 59,5 cm.

La principale differenza tra il “tube lock” originale e il sistema Augustin è nella maggiore sicurezza e affidabilità, ottenuta tramite un percussore: il cane non si abbatte più direttamente sul tubetto di rame, ma colpisce (come nel sistema Forsyth) un percussore che a sua volta colpisce il tubetto di rame custodito in uno scodellino chiuso da cui non possono partire pericolose fiammate verso l’esterno.
Osservare le foto del meccanismo nel dettaglio renderà tutto più chiaro. Volendo lo stesso sistema si può adottare anche per pastiglie di innesco, ma il tubetto di rame è più sicuro perché evita il problema dello scioglimento con il calore a cui si accennava prima.

austrian military percussion tube lock augustin system 1851
Pistola austriaca ad anima liscia modello 1851, sistema Augustin.
Lunghezza 42,3 cm, peso 1,55 kg, calibro 16,9 mm, fornimenti in ottone.
Vista dall’alto, dal basso, lato sinistro e col cane armato.
austrian_military_percussion_tube_lock_augustin_system_m1851_chiuso austrian_military_percussion_tube_lock_augustin_system_m1851_aperto
Acciarino, chiuso e aperto: notate il “canale” in cui inserire il tubetto di esplosivo innescante.

L’acciarino a percussione per eccellenza: capsula e luminello

Prima di tutto: cos’è la capsula? La capsula a percussione è un cilindretto di rame spalmato all’interno con del fulminato di mercurio. In questa forma di “vernice” e non di grani il fulminato di mercurio è meno sensibile all’umidità e al degrado nel corso del tempo. Percuotendo con il cane la capsula, che fa da innesco, si ottiene una fiammata che accende la carica di polvere nera.
Tra i vari inventori che affermarono di aver ideato per primi la capsula a percussione, il candidato più probabile è Joshua Shaw, un artista e inventore di origine inglese emigrato a Filadelfia nel 1817. E proprio negli Stati Uniti ottenne il brevetto per la capsula a fulminato di mercurio nel 1822.

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Capsule a percussione per pistole e fucili. Diametro 4,5 e 6 mm.
Sul fondo si vede lo strato di fulminato di mercurio spalmato.

Dopo aver individuato il miglior materiale sia per la capsula (rame: gli esperimenti col ferro non furono soddisfacenti) che per l’innesco (fulminato di mercurio al posto di altri fulminati più corrosivi), Shaw e i suoi “concorrenti” (Egg in particolare) dovettero affrontare un ulteriore ostacolo per produrre una capsula che fosse veramente pratica e ben realizzata. Durante gli esperimenti le prime capsule tendevano a soffrire molto lo stress dell’esplosione, talvolta frantumandosi in pericolose schegge.

Vennero allora applicate due soluzioni, in grado assieme di risolvere il problema:
1) le capsule più grosse, quelle dei moschetti/fucili, vennero tagliate sui lati in modo da potersi aprire invece che spezzare mentre le capsule più piccole, quelle delle pistole, vennero dotate di sottili solchi per favorire resistenza alla frattura aumentando la dilatazione;
2) il cane venne dotato di un affossamento nel punto di percussione, in modo da poter circondare la capsula con il proprio acciaio proteggendo il tiratore da un’eventuale esplosione.

capsule_percussione_dettaglio
Capsule nel dettaglio:
notare i tagli nel primo e le rigature nel secondo

Shaw successivamente inventò macchinari per la produzione in massa delle capsule e partecipò alla nascita del Frankford Arsenal di Filadelfia. Oltre a tutto questo l’esercito degli Stati Uniti pagò Shaw 18mila dollari per usare i suoi brevetti. Decisamente meno tirchi di quello inglese con Forsyth.

Box: la Paternità della Capsula

I due più diretti concorrenti di Shaw alla paternità della scoperta furono l’inglese Durs Egg, famoso armaiolo, che brevettò in Inghilterra la capsula nello stesso anno (1822), e il francese François Prélat che la brevettò a Parigi nel 1818.
Guardando solo le date, senza guardare ai fatti, parrebbe che la paternità vada attribuita a Prélat, ma non è così. Shaw inventò la capsula a fulminato nel 1814-1816, ma non riuscì a patentarla perché spaventato dal “terrorismo a base di avvocati” di Forsyth che proprio in quel periodo stava contestando il brevetto di Manton sull’acciarino a pastiglia. Shaw, che non sapeva molto di brevetti, si convinse che Forsyth ne avesse uno che copriva tutti i meccanismi a base di fulminato di mercurio (non era esattamente così: la capsula in sé non poteva violare i diritti monopolistici di Forsyth). Fuggì negli Stati Uniti, dove riuscì infine a ottenere il brevetto anni dopo. Sfortunatamente la sua scoperta era ormai pubblica e altri imprenditori si lanciarono, a suon di avvocati e uffici brevetti locali, per “ottenerne la paternità” per primi. Durs Egg vinse la competizione in Inghilterra, ma può anche darsi che abbia davvero inventato anche lui la stessa cosa in modo autonomo, come accade spesso con innovazioni tecnologiche di questo tipo. In ogni caso Egg fu uno dei migliori produttori di acciarini a percussione basati sulla capsula.
Si sa invece per certo che Prélat era un ignobile truffatore, con una carriera ben nota di furti di idee: il suo business, a parte l’armaiolo, era scoprire le invenzioni di altri, copiarle e correre a Parigi prima di loro per ottenere il brevetto. Il suo brevetto francese del 1818 al fine della “paternità storica” vale quanto la carta per pulirsi il culo.

Come funziona un acciarino a percussione con capsula e luminello?
Prima di tutto l’arma ad avancarica deve essere stata caricata con la polvere e il proiettile (ne parlerò in modo più dettagliato più avanti nel corso dell’articolo).
Sull’asse del focone (che, se vi ricordate, è il foro che porta la fiammata dall’innesco alla carica di polvere da sparo) è avvitato il luminello, un cilindretto forato sulla cui cima viene posta la capsula. Quando si spara il cane schiaccia violentemente la capsula e il fulminato di mercurio esplode sprigionando una fiammata che, attraverso i fori del luminello e del focone, raggiunge la carica di lancio contenuta nella camera di scoppio della canna.

acciarino_a_percussione_palla_pezzuola
Nell’esempio è raffigurata una palla di piombo con pezzuola, ben aderente alla canna

La nuova tecnologia ottenne subito moltissimi consensi tra gli appassionati di caccia, mentre fu più lenta l’accettazione da parte degli ufficiali dell’esercito abituati alle loro armi a pietra che si erano dimostrate sul campo soddisfacenti. Va considerato però che gli ufficiali usavano in pratica solo la pistola e pure quella molto meno di quanto un fante usasse il fucile: gran parte dei problemi dovuti alla sporcizia dell’arma (caricamento rallentato, perdita di precisione, accensioni mancate) e alla manutenzione non li toccavano. In più la minaccia napoleonica era appena stata debellata una volta per tutte, facendo tirare un bel sospiro di sollievo ai membri della Settima Coalizione (l’alleanza militare delle potenze europee contro Napoleone che comprendeva, grossomodo, TUTTI) e questo “senso di pace” non favoriva certo la disponibilità di fondi per innovare gli armamenti. Anzi, i governi dovevano pensare a cosa fare di interi reggimenti arruolati negli ultimi anni per sconfiggere Napoleone e ora superflui: l’equipaggiamento disponibile per l’organico militare ridimensionato in tempo di pace era sovrabbondante!

Ma alla fine, negli anni ’30 dell’Ottocento, tutte le potenze iniziarono test sui nuovi sistemi di accensione. Dalla metà degli anni ’40 ogni potenza europea era dotata di nuove armi a percussione, dalla grande e arretrata Russia alla potente e tecnologica Inghilterra fino al piccolo e scalpitante Regno di Sardegna (tutti con capsula e luminello a parte l’Austria che preferì il sistema a canale Augustin). Iniziarono convertendo i fucili rigati e i moschetti già esistenti, per conservare canne, legni, fornimenti e munizioni, per poi investire in nuovi modelli “tempo e denaro permettendo” (e dopo accurati studi e valutazioni delle commissioni).
L’Inghilterra prese il buon vecchio Brown Bess da 0,75 (19 mm), che attraverso i vari modelli aveva ormai 130 anni di storia, e lo trasformò nel modello 1839. Sfortunatamente un incendio nel 1841 distrusse gran parte dei moschetti convertiti a percussione. Il modello 1842 è in pratica la stessa arma del 1839, nella nuova “serie” di conversioni.
Conversioni simili avvennero nel Regno di Sardegna, negli Stati Uniti, in Austria ecc… inutile elencare tutti i modelli delle varie nazioni qui.

wurttemberggisch mauser 1857
Fucile da fanteria Württembergisch Mauser modello 1857.
Lunghezza 1390 mm, calibro 13,9 mm (0,547), peso 4,6 kg.
Arma d’ordinanza fabbricata dal 1857 al 1866 presso la Gewehrfabrik di Oberndorf. Si tratta del fucile da fanteria “Vereinsgewehr” (fucile federativo) modello 1857 adottato negli Stati del Württemberg, del Baden e dal Granducato d’Assia.

I vantaggi del nuovo sistema di accensione sono parecchi ed evidenti. Perfino le teste di legno Sardo-Piemontesi alla fine ci arrivarono: col dispaccio numero 3734-35 del 23 ottobre 1844 la Segreteria di Stato di Guerra e Marina dell’Armata Sarda ordinò che i moschetti in dotazione ai Carabinieri (moschetto ad anima liscia a pietra focaia modello 1833) venissero ridotti, ovvero convertiti, a percussione (creando così il modello 1844 che fu l’arma lunga dei carabinieri anche nella Guerra di Crimea del 1855-1856).
Ecco quanto era scritto a riguardo della percussione nel “Manuale sulla costruzione e conservazione delle armi a Fuoco Portatili” del 1854:

I. – Riduzione considerevole di colpi mancati per causa di cassula.
Ciò succede con molto meno frequenza che quando s’usava i fucili a pietra (selce).
A) Perché il meccanismo dell’acciarino è più semplice.
B) Perché la quantità della polvere impiegata nelle cariche è sempre la stessa, non essendo più il rischio di mettere più o meno polvere nello scudetto.
C) Perché la polvere a fulminante contenuta nella cassula difficilmente s’inumidisce, né si altera per conseguenza di pioggia o vento, come succedeva nelle armi a scudetto.
D) Soppressa la pietra e la batteria, non succedono più colpi riusciti a vuoto per causa di deteriorazione della pietra, o per ingrasso della stessa, o per quello del copriscudetto come accadeva dopo un certo numero di colpi.

II. – Riduzione considerevole di colpi mancati per cause di canna.
Il getto prodotto dall’infiammazione della polvere a fulminante è dotato di una energia sufficiente per comunicare il fuoco alla carica, malgrado le poche feccie che ingombrar potessero il canale del luminello da un colpo all’altro. Per il modo d’escar l’arma usato in prima nei fucili a selce, l’infiammazione della carica doveva riuscire meno rapida, e meno certa, per la sua minor energia ed istantaneità, perché successiva di granello in granello, e potendo inoltre la striscia di polvere venire interrotta.

III. – Giustezza maggiore nei tiri.
A) Per conseguenza di perfetta uniformità delle cariche di polvere, perché non si è esposti ad impiegare più o meno polvere nell’escar l’arma.
B) Per effetto della più pronta infiammazione, che non espone il tiratore a scomporre la sua arma prima che il colpo sia partito.

IV – Diminuzione di polvere nella carica.
A) Perché la polvere per escar l’arma non viene presa dalla carica.
B) La infiammazione più pronta produce i medesimi effetti con meno polvere.
C) Perché l’effetto della polvere a fulminante della cassula si aggiunge all’effetto della polvere della carica.
D) Perché quasi nulla sono le feccie che si generano nel foro del luminello”.

Nello scodellino (scudetto) di un fucile a pietra focaia veniva versata parte della polvere della cartuccia, all’incirca 10 grani su un carica di 120-200 grani (15,43 grani fanno 1 grammo). Questi, bruciando, scaricavano i propri gas in gran parte all’esterno dell’arma (lo scodellino è aperto all’accensione e nei video di sparo si può vedere una bella fumata dalla batteria) e solo in minima parte dentro il focone. In pratica sono 10 grani di esplosivo persi.

Con la capsula fulminante, come viene fatto notare al punto IV-A nemmeno un grano della carica è perso: la carica si accende tutta e più in fretta, grazie alla fiammata, garantendo una spinta migliore del proiettile migliore (e il raggiungimento di alte velocità anche in canne più corte di quelle usate per la pietra focaia). In più il fulminato di mercurio stesso, tre volte più potente della polvere da sparo, collabora alla spinta del proiettile (seppure in modo blando: ci saranno 2-3 grani di fulminato sulla capsula… nei giocattoli con le capsule le dosi sono di 1/10 di grano, ovvero 1/154 di grammo).

Inoltre, come vedremo parlando dei proiettili allungati, anche la superficie su cui concentrare la spinta sarà minore e la traiettoria più stabile. Pur usando molta meno polvere da sparo (1/7-1/10 del peso del proiettile contro 1/3) i proiettili allungati di pari peso delle precedenti “palle”, ma di calibro inferiore, arrivano a distanze maggiori e con traiettorie molto più stabili e prevedibili. E tutto ciò nonostante la minore velocità alla bocca: 300-350 metri al secondo alla bocca, contro i 400-470 dei moschetti ad anima liscia.

I fucili a percussione rigati, a differenza dei moschetti ad anima liscia usati per tutto il Settecento, vengono dotati di mirini e alzi/tacche di mira regolabili per sfruttare la gittata e la precisione superiore: un soldato ben addestrato al tiro, correggendo l’alzo in modo conforme alla distanza (che ora DEVE saper valutare con margine di errore minimo), può inviare con discreta precisione i propri proiettili fino a 500 metri (in situazione non di battaglia: lo stress rende molto più difficile sparare bene).
L’alzo dell’Enfield 1853 era regolabile per 100 (distanza “di battaglia”), 200, 300 e 400 iarde (365 metri). Per distanze superiori veniva utilizzato un alzo a cerniera, graduato fino a 900-1250 iarde (1140 metri).

Il tiro utile reale, in cui l’arma mostra al massimo tutta la precisione e l’accuratezza di cui dispone, è più basso, probabilmente sui 300-350 metri: 500 metri è una gittata da cartucce ben più moderne, come il 577-450 Martini-Henry del 1871 o le altre da 11 mm (mauser, gras…) dello stesso periodo o il 5,56 Nato attuale (che però è intrinsecamente più preciso e con un traiettoria più piatta).
Anche la gittata regolabile con l’alzo a cerniera è decisamente eccessiva per le reali capacità dell’arma, ma all’epoca (e fino alla prima guerra mondiale) era normale graduare anche l’eccesso: la pistola Mauser del 1896, gittata utile reale sui 150 metri circa, aveva una tacca graduabile fino alla gittata massima di due chilometri!

tacca-di-mira-con-alzo-a-due-foglie-springfield-1855
Tacca di mira con alzo a due foglie dello Springfield 1855: 100, 300 e 500 iarde.
È il tipo di alzo più semplice e comodo da produrre, che copre tutta la gittata utile dell’arma.
Enfield 1853 a due bande - alzo a cerniera
Alzo dell’Enfield 1853.
Notare l’alzo a cerniera in posizione per il tiro sulle lunghe distanze.

Tutto questo a patto di saper sparare decentemente: un imbranato alle prime armi non prenderebbe un uomo a cinquanta metri nemmeno con un fucile moderno in 7,62×51 col tiro teso a 800 metri, facendosi umiliare da un soldato del Settecento che lo colpirebbe con un aborto di arma ad anima liscia il cui proiettile sottodimensionato rimbalza nella canna come un coniglio pazzo. ^__^

I soldati armati con le nuove armi a canna rigata vennero quindi addestrati a mirare e a sparare “al bersaglio scelto”, e non solo a manovrare e a ricaricare in fretta per poi scaricare piombo alla cieca come accadeva invece fino a pochi anni prima.

I bersaglieri nelle prove del marzo 1855 con la nuova carabina ottennero con il tiro “a braccio sciolto” (normale tiro) ben 66 colpi a segno su 100 contro un bersaglio largo due metri (e si presume alto pure due metri: i classici bersagli che simulano due uomini) a 280 metri e quasi un terzo di colpi a segno a 465 metri (distanza probabilmente al di sopra di quella ottimale per il tiro, ma nel limite in cui l’arma ha ancora una discreta precisione nella rosata). Si tratta di prove effettuate da normali tiratori, non da geni del tiro: negli stessi anni le prove effettuate da quelli che per noi sarebbero autentici “tiratori scelti” nelle competizioni tra costruttori di armi da caccia arrivavano a 1000 e più metri (ben oltre il tiro utile accettato di queste armi rigate).

Da Carabine da Bersaglieri: Costruzione, Uso e Teorie sulle medesime (1855):

[…] considerare che una carabina non dovrebbe essere giudicata accettabile, se non quando sparando con essa alla distanza di 350 metri (Nota: probabilmente la distanza massima a cui l’arma può esprimere ancora tutte le sue doti al meglio) in un circolo di un metro di diametro vi si colpirà tre volte su cinque sparì.

Carabina da Bersaglieri Mod. 1856
tavole I-IV pubblicate sul Giornale Militare
carabina bersaglieri 1856 tavola 1 carabina bersaglieri 1856 tavola 2
Tavola III e Tavola IV

Il sistema di innesco a nastro di Maynard

L’avvento della percussione col luminello non terminò la ricerca di un modo per evitare di dover inserire un nuovo innesco ad ogni colpo: serbatoi interni (alla Forsyth) e i sistemi di cambio dell’innesco automatici (con nastri di pastiglie fulminanti) avrebbero potuto rendere più veloce il caricamento dell’arma (cosa che ai militari faceva sempre piacere) ed evitare il problema delle piccole capsule che scivolano di mano.
Nel 1834 Charles Louis Stanislaus, barone di Heurteloup, brevettò un’arma dotata di un sistema automatico di inneschi sotto forma di un nastro messo in moto dall’azione del cane. Ne progettò anche una versione in grado di resistere agli elementi esterni (immagino pioggia e umidità), denominata Koptipteur. Le armi di Heurtleloup avevano serbatoi di inneschi da 70 cariche.
L’Esercito Britannico si interessò all’invenzione ed effettuò dei test nel 1837 e nel 1842. Il sistema, più complesso di quello con capsula e luminello, venne rifiutato entrambe le volte. Alcuni esemplari di armi basate sul sistema di Heurteloup vennero acquistate dagli eserciti di Francia, Belgio e Russia, ma non ci sono informazioni sulle loro performance sul campo. Considerando che non presero mai piede, probabilmente non furono entusiasmanti.

Anche Edward Maynard, un inventore e dentista americano, ideò un sistema di innesco a nastro. Gli inneschi erano pastiglie custodite tra due strati di carta, in una striscia che avanzava posizionandosi sul luminello ogni volta che il cane veniva armato. In più il cane oltre a detonare l’innesco tagliava anche la carta, facendo cadere in terra le parti di nastro già utilizzate. Per il resto l’arma andava caricata ad avancarica, come al solito.

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Il sistema Maynard ottenne il brevetto nel 1845. Molti costruttori di armi lo adottarono e anche il governo degli Stati Uniti se ne interessò fin da subito: il sistema venne installato in prova su 300 moschetti convertiti a percussione (e a Maynard vennero pagati royalties di 1$ per arma, che non sono male su un prezzo complessivo di circa 18-20$).

Oltre al vantaggio di diminuire il numero di gesti necessari per caricare l’arma, aumentando di conseguenza la rapidità nel caricamento, c’era un secondo vantaggio molto importante: le strisce per gli inneschi fatte di carta costavano molto meno delle capsule di rame ed erano perfino più facili da produrre.

Nel 1855, su pressione del Ministro della Guerra (e futuro presidente degli Stati Confederati d’America) Davis Jefferson il sistema Maynard venne adottato per il nuovo fucile da fanteria Springfield 1855, prodotto in 60mila esemplari tra il 1855 e il 1860.
Il sistema era stato garantito a prova d’acqua, ma era tutta una balla: i nastri di inneschi erano estremamente sensibili e si rovinavano con facilità perfino con la semplice umidità ambientale! E il meccanismo stesso era delicato e sensibile al fango e alla polvere, richiedendo molta più manutenzione dei normali fucili a capsula per funzionare bene.
A parte questi problemi enormi, l’arma era ottima: ma altrettanto ottimo e ben più affidabile poteva esserlo qualsiasi fucile a capsula. L’arma venne sostituita dallo Springfield 1861, un normale (e più economico) fucile a percussione.
Lo stesso problema di affidabilità lo ebbe nella Guerra di Crimea la cavalleria britannica a cui erano state fornite 2000 carabine Greene, basate sul sistema Maynard.

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Dettagli del sistema Maynard: serbatoio del nastro e meccanica interna
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Dettagli del sistema Maynard della carabina britannica Greene

Proiettili a forzamento: palle sferiche e proiettili con alette

I militari non volevano solo armi più affidabili, ma anche più precise.
Dopo le guerre contro Napoleone il bisogno di armi che “sparassero dritto”, possibilmente seguendo una rigatura e a grande distanza, era diventato sempre maggiore: possedere un fucile con il doppio della gittata di quello nemico sarebbe stato un vantaggio enorme. Il fucile rigato Baker, di inizio ‘800, usando una palla forzata con la pezzuola poteva colpire bersagli con discreta precisione a 200 iarde (182 metri) e, in mano di un valido tiratore, era ancora pericoloso fino a 300 iarde (274 metri). E qualche centro saltuario (leggasi “con molto culo”) contro un bersaglio di dimensioni umane si poteva mettere a segno fino a 400 iarde, secondo il costruttore.
Molto meno dei 500 metri di gittata utile assicurata dei fucili rigati di metà Ottocento. Il problema non era tanto nella rigatura del Baker (o del Kentucky o di altri), il cui passo e numero di linee probabilmente era più che buono, ma nella palla sferica in sé.
La palla sferica ha un pessimo rapporto volume-superficie e in più, col suo centro di massa coincidente col centro geometrico, tende a ruotare su se stessa mentre vola perché la coda (che non subisce l’impatto dell’aria, formando una depressione) cerca continuamente di scavalcare la testa (che subisce l’impatto dell’aria rallentando) in un continuo scambio di ruoli. Con la pezzuola e la forzatura perlomeno queste rotazioni casuali non le fa pure dentro la canna, aderendo alla rigatura e seguendola al meglio delle sue ridotte capacità, ma una volta in volo la brusca decelerazione dovuta al violento impatto contro l’aria pone fine in breve al moto rotatorio impresso e il tiro si destabilizza molto riducendo la gittata (sia utile che massima) rispetto a un proiettile allungato.

Con un fucile a canna liscia sparante proiettili sferici sottodimensionati (un 0,71 in una canna da 0,75) la precisione è molto minore perché la palla, oltre a ribaltarsi e girare su se stessa, tende a ribalzare nella canna aggiungendo un ulteriore fattore casuale nella propria traiettoria.
Un soldato delle campagne napoleoniche se anche avesse voluto mirare (cosa che non erano addestrati a fare e non c’era neppure il comando di mira né la tacca di mira sull’arma) si sarebbe trovato a pensare qualcosa del tipo: “Questa volta i suoi 20 cm di derivazione (lo sbandamento orizzontale dalla traiettoria ideale) a tal distanza li farà a destra o li farà a sinistra? E li farà tutti di lato o magari tenderà un po’ più in basso o un po’ più in alto del solito? Dove correggo la mira, a destra o a sinistra?”
Lancia la monetina e buona fortuna…

derivazione_palla_sferica_manuale_carabina_1855
Derivazione (sbandamento orizzontale) di un palla sferica sottodimensionata ipotizzando un ultimo urto a sinistra della canna, tratto dal manuale sull’uso della carabina da bersaglieri del 1855. Notare il moto rotatorio della palla attorno al suo baricentro indicato con le frecce.

Non c’è nemmeno la possibilità di agire sull’alzo del mirino (che non è presente proprio perché inutile) in quanto lo scostamento dalla traiettoria ideale non è prevedibile con precisione. Invece coi fucili rigati moderni con palle appuntite sparate a velocità supersoniche tutto può essere regolato -caduta verticale e derivazione orizzontale rispetto al piano di tiro- a patto di conoscere la direzione e la forza del vento, la distanza del bersaglio, l’umidità ecc…

Il tiro col moschetto ad anima liscia con palle sferiche sottodimensionate è tiro istintivo, come quello con l’arco lungo. E con perfino meno gittata utile da sfruttare (ma per tirare decentemente a 50 e più metri con un arco lungo ce ne vuole di addestramento). ^__^
Sulle performance delle armi antiche tornerò con un articolo specifico in futuro, recuperando parte di quanto detto qui.

Il proiettile sferico, o palla, come visto non è adatto al tiro a lungo distanza con il fucile rigato. Serve un proiettile che non ruoti su se stesso a caso e abbia quindi una traiettoria più stabile e che sia possibile calcolare con precisione. O, se si vuole ancora usare la palla, serve perlomeno un metodo per poterla caricare con più rapidità di quanto non accada con il forzamento tramite pezzuola.

Box: caricamento a forzamento con la pezzuola

Nel caricamento a palla forzata si usa una palla sferica dal diametro poco inferiore a quello interno della canna (una 0,615 per una canna 0,625 nel caso del fucile Baker) che con l’aiuto della pezzuola unta, che agisce sia come lubrificante che come sabot, aderisce alla rigatura. Questo è il sistema di caricamento usato dalle Giubbe Verdi inglesi durante le guerre napoleoniche e dai miliziani americani della Guerra d’Indipendenza che usavano i temibili fucili da caccia Kentucky -derivati dai fucili da caccia tedeschi- in calibro 0,40-0,50)

1. Si versa la polvere nella canna con un corno dosatore o una cartuccia senza palla.
2. Si poggia sul centro della bocca dell’arma la pezzuola, un quadratino di cuoio ben lubrificato con olii vegetali o grasso animale.
3. Si poggia la palla sopra la pezzuola e si spinge dentro col pollice: la pezzuola deve essere abbastanza grande da coprire più di metà della palla (in modo che aderisca sui lati contro la rigatura), ma non più dei due terzi (per non interferire con la traiettoria ed essere “scartata” agevolmente all’uscita dalla canna, come se fosse un sabot).
4. Quattro.
5. Con la bacchetta si spinge la palla giù per la canna, fino a farla poggiare contro la polvere (distanza nota, registrata per comodità con un segno sulla bacchetta): la palla, per quanto aderente grazie alla pezzuola, scivolerà aiutata dal lubrificante senza costringere a sforzi sovrumani. Lo sforzo e il tempo di caricamento diventano sempre maggiori a mano a mano che le rigature della canna si riempono di “feccia”, ovvero polvere da sparo mal combusta, piombo e residui di pezzuole bruciate. Non bisogna spingere di più perché altrimenti la palla per scendere spezza i grani di polvere, modificandone le proprietà esplosive e quindi il comportamento della palla. La spinta deve essere lenta, per piccoli tratti, tramite colpetti.
6. Se a circa dieci centimetri dalla polvere la palla offre una maggiore resistenza alla discesa bisogna fermarsi subito. Il focone potrebbe essersi otturato, impedendo all’aria di fuoriuscire. Se si spinge con forza l’aria verrà compressa aumentando la pressione e la temperatura fino a far esplodere la carica di polvere (e infatti la bacchetta si maneggia per sicurezza tenendola di lato e non spingendo da sopra, così se viene “sparata” non colpisce la mano). Bisogna prendere lo spillo (che fa parte del set di pulizia dell’arma) e scrostare il focone prima di proseguire il caricamento.
7. Finito: ora si carica lo scodellino (arma con acciarino a pietra) o si mette la capsula (acciarino a percussione).

Un’arma di rara stupidità fu il fucile Brunswick con palla cinturata. Gli inglesi con l’avvento della percussione invece di ridurre al nuovo sistema i vecchi fucili rigati Baker, armi ottime, adottarono nel 1836 un nuovo fucile per il tiro di “precisione”: il Brunswick.
La particolarità di quest’arma è di avere una rigatura di sole due righe, belle larghe e grosse, in cui la palla non aderisce per deformazione del piombo (incastrandosi), ma perché la palla stessa ha una “cintura” adatta per calzare bene nelle righe. Ne vennero prodotti anche ad anima liscia e in calibro 0,654 (sono in totale quattro le versioni prodotte: 1836, 1840, 1841 e 1848).

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Fucile a percussione Brunswick, calibro 0,704, 4-4,5 kg in base al modello
con tacca di mira fissa (200 iarde) e foglia (300 iarde)

In teoria l’arma doveva essere più rapida da caricare dei vecchi Baker a palla forzata, in quanto la frizione è minore (e quindi è minore anche l’impiombatura della rigatura) In realtà senza la pezzuola unta è molto faticoso far scendere il proiettile lungo la canna perché la rigatura per imprimere il moto rotatorio deve ruotare.

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Considerando che tra i competitori per diventare la nuova arma rigata inglese c’erano fucili hannoveriani con canna ovale e altre cose di questo tipo, senza però lo svantaggio della pessima aerodinamica della palla sferica cinturata. Misteriosamente vinse la competizione il Brunswick.
Una canna ovale non è molto diversa come principio da quello del Brunswick: invece di imporre il moto al proiettile con una rigatura, lo si impone con una canna la cui stessa forma (ovale, esagonale ecc…) agisce come rigatura tramite un’andatura elicoidale che impone la rotazione. Ovviamente vanno usati proiettili di forma adatta alla canna. Fucili da caccia a canna ovale Lancaster di altissima precisione (e ormai a retrocarica) erano ancora prodotti a fine Ottocento (es: fucile Lancaster Express .577 – 2 3/4 del 1886).
C’erano cose ancora più bizzarre del Brunswick: Whitworth ideò una canna ad anima esagonale elicoidale (con palle analogamente a sezione esagonale e facce elicoidali).

whitworth_canna_esagonale
Fucile Withworth con proiettili appositi…

Il Brunswick si rivelò poco preciso (la palla cinturata è instabile in volo) e molto difficile da caricare: a parte il lento lavoro di spinta per far scendere la palla, era anche difficile posizionarla correttamente nella canna quando c’era poca luce o si era sotto stress in combattimento.

Simile al Brunswick (in pratica una copia) e con gli stessi problemi di caricamento era la carabina russa Luttich del 1843, che impiegava un proiettile allungato di forma appuntita, con alette da inserire nella rigatura (il peso ufficiale del proiettile era 776 grani -50 grammi-, ma quello di alcuni reperti era solo 760 grani). Venne usato durante la Guerra di Crimea, assieme ad altre armi e tipi di palle.

Un’arma molto valida fu anche il fucile di Jacob (ideato dal generale britannico John Jacob), disponibile con canna singola e con due canne giustapposte (tipo doppietta). I suoi proiettili avevano una gittata massima di 2000 iarde e un tiro molto preciso a 800 almeno (Jacob sosteneva che la precisione era ancora buona fino a 1200 iarde). Era un’arma estremamente precisa per la sua epoca, paragonabile probabilmente ai successivi fucili a retrocarica con bossolo metallico come il Martini-Henry o il Mauser 1871.
La canna, di calibro 0,50-0,58 (12,7-14,7 mm), aveva quattro rigature e veniva caricata ad avancarica con un proiettile dotato di quattro alette (una per riga) dalla forma appuntita, in grado di tagliare l’aria molto meglio dei proiettili round nose (ma non è ancora un vero “spitzer”, nome che va usato sui proiettili appuntiti incamiciati dal 1905 in poi).

jacob_proiettile_alette_una_due_canne

Poteva impiegare anche proiettili esplosivi-incendiari. In questo caso il proiettile era cavo e all’interno, sul davanti, si inseriva un tubetto di rame pieno di fulminato di mercurio. All’impatto il proiettile esplodeva, causando seri danni e incendiando materiale combustibile. La gittata era di circa 1000 iarde. Era studiato per essere impiegato nell’attacco ai treni delle artiglierie, in particolare alle scorte di munizioni per farle saltare in aria. Venne impiegato da un apposito reggimento chiamato “fucilieri di Jacob” (ufficialmente il 3rd Baluchi Rifles nel 1861) in Sud Africa e India.

jacob_proiettili_esplosivi
“Two good riflermen so armed could annihilate the best battery of field artillery in 10 minutes.” (brigadier-generale John Jacob)

Altri estimatori della palle a forzamento con la pezzuola furono gli americani (nell’ambito sportivo e di caccia) e gli svizzeri. Entrambi usavano proiettili molto lunghi, di piccolo calibro (10-12 mm). La loro precisione e la loro gittata erano ottime, paragonabili a quelle dei successivi fucili rigati con palle minié, ma lo sforzo per far scendere il proiettile con la pezzuola era enorme (tutta la superficie cilindrica aderisce alla rigatura, non solo una piccola porzione), tanto che i tiratori scelti svizzeri pare agissero in gruppi da tre: uno metteva la polvere e spingeva il proiettile fino in fondo, un altro armava il cane e metteva l’innesco e il terzo sparava. Così il tiratore di turno non si sarebbe trovato con le braccia tremanti per la fatica dopo pochi colpi.

Delvigne e Thouvenin: nuovi sistemi per caricare i fucili rigati

Nel 1826 l’ufficiale francese Henri-Gustave Delvigne ideò un sistema per unire la velocità della palle sottodimensionate all’adesione alla rigatura delle palle forzate. Negli anni precedenti si era già provato a schiacciare a colpi di bacchetta le palle di piombo morbido contro la carica di polvere di sparo, per farle appiattire e deformare in modo che aderissero alla rigatura, ma la rottura dei grani di polvere e la deformazione irregolare del proiettile rendevano il tiro poco preciso. Qual era l’idea di Delvigne? In fondo alla canna andava fatta una camera più piccola, in modo che vi cadesse la polvere da sparo ma non la palla. Schiacciandola con la bacchetta la palla sottodimensionata si sarebbe deformata, aderendo alla rigatura, e i grani di polvere non si sarebbero rotti. La versione ad avancarica di “salvare capra e cavoli”. Peccato che la palla si deformasse male, con un naso piatto molto poco aerodinamico e formando una protuberanza posteriore che spostava il centro di massa indietro: la traiettoria risultava molto instabile.

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Palla di piombo deformata nella camera di una carabina con sistema Delvigne

Delvigne provò a inserire un tacco di legno sotto il proiettile, in modo che la deformazione posteriore venisse limitata da questo, ma non bastò: il tacco spesso si spezzava o si girava male quando veniva inserito nella canna. E comunque era un pezzo in più che rendeva meno “semplice e geniale” il sistema.

Dal 1830 Delvigne provò anche proiettili cilindro-sferici e clindro-conici a base piatta, per ovviare ai problemi di stabilità. I nuovi proiettili erano effettivamente migliori. Quando si batteva il proiettile, per mantenerne la forma appuntita e farne dilatare la porzione cilindrica si usava una bacchetta con l’incavo di percussione sagomato.

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Proiettili: sferico, cilindro-sferico a base piatta e cilindro-conico a base piatta
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Bacchetta sagomata per preservare la forma del proiettile
in fucili e carabine coi sistemi “a camera” di Delvigne o “a stelo” di Thouvenin

I Bersaglieri al tempo della Guerra di Crimea erano equipaggiati con la carabina “La Marmora” modello 1844. Era un’arma rigata (otto righe) a percussione con capsule, peso 4,2 kg, calibro 16,9 mm (0,665 pollici) con sistema Delvigne e proiettili cilindro-conici. Era lunga 1,12 metri, ma ovviava alla limitata lunghezza in corpo a corpo montando una sciabola-baionetta con lama di 47 cm.
I Bersaglieri non usavano cartucce preconfezionate, ma inserivano la carica con un fiaschetta che dosava esattamente 3,25 grammi e, per i tiri più lunghi, portavano cariche extra da 3,5 grammi. Il proiettile utilizzato, di cui sono stati trovati parecchi reperti nelle aree in cui hanno operato i Bersaglieri durante la Guerra di Crimea, pesava 550 grani (35 grammi) ed era lubrificato con una mistura di sego e cera ai lati.

Nel 1841 Louis-Etienne de Thouvenin, un ufficiale francese collega di Delvigne, ideò un sistema ancora migliore per far aderire il proiettile alla canna rigata: invece di una camera più piccola per la polvere che avrebbe fatto sprofondare parzialmente il fondo del proiettile compresso a colpi di bacchetta, si inseriva uno “stelo” di acciaio al centro della camera di sparo.
Questo stelo, un cilindro di acciaio avvitato (e graduabile in lunghezza in base alla necessità) nel vitone della canna, avrebbe fermato il proiettile al centro, evitando lo sprofondamento e migliorandone l’allargamento. La polvere da sparo si sarebbe depositata attorno allo stelo in fase di caricamento, evitando qualsiasi rischio di contatto con la palla mentre veniva deformata. Thouvenin propose il suo fucile a stelo nel 1844: piacque subito e venne adottato nel 1846 in Francia per la “Carabine à tige” (gli Chasseurs, tiratori, la impiegarono dal 1853), in Belgio per la carabina del 1853, in Prussia per i nuovi fucili degli Jäger (tiratori) e anche dal Regno di Sardegna (ma non per i bersaglieri che preferirono tenersi il già valido sistema Delvigne).

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Carabina a stelo, dal manuale di teoria e uso della carabina da bersaglieri del 1855

Il difetto dello stelo stava nella sua fragilità: con l’uso si corrodeva e poteva spezzarsi durante lo sparo, costringendo il soldato a portare pezzi di ricambio ulteriori, e in più era difficile pulire la canna attorno allo stelo (a meno di non smontare la canna per il lavaggio).

In alcuni libri sono presenti illustrazioni scorrette dei proiettili impiegati dalle armi a stelo (es: “La Macchina da Guerra” di Giovanni Santi-Mazzini, che a parte questo errore e il disegno scorretto delle palle Nessler è un libro eccellente), a causa della confusione generata dalla loro somiglianza “esterna” (i solchi di Tamisier) con i più famosi proiettili minié.
I proiettili francesi e sardi della Guerra di Crimea erano tutti a base piatta e non cava. Negli esemplari sparati è possibile notare la piccola cavità formata dallo stelo quando la palla vi veniva battuta sopra.
Alcuni libri, dato l’aspetto di nicchia dell’argomento “stelo”, inseriscono spesso raffigurazioni di proiettili minié (ovvero cavi dietro, come vedrete tra poco), sia dotati di capsula di metallo che privi, nelle illustrazioni di questo tipo di arma. A tutti gli effetti è superfluo (anche se non “dannoso”) mettere proiettili simili dentro una carabina a stelo: loro sono già in grado di espandersi da soli senza bisogno di essere deformati prima dello sparo. E lo stelo non ha bisogno di cavità esistenti per agire in modo corretto.

I francesi usavano nelle loro carabine a stelo della Guerra di Crimea proiettili cilindro-conici a base piatta, calibro 17 mm (0,670) di circa 715-770 grani (46-50 grammi). Proprio come quello nell’illustrazione mostrata sopra: nel manuale del 1855 appare anche uno spaccato del proiettile francese che mostra l’assenza di cavità posteriori.
Idem per i proiettili sardi usati dalla fanteria nelle armi rigate a stelo: cilindro-conici a base piatta, di circa 700 grani (45 grammi), leggermente più tondeggianti di quelli francesi.

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A sinistra e al centro due proiettili Tamisier con solchi: il primo ha la forma netta “teorica” di quello francese usato al tempo della Guerra di Crimea, mentre il secondo ha la forma più tondeggiante dei reali proiettili usati dai francesi anche a Solferino (1859) o con i fucili a stelo Thouvenin sardi in Crimea. A destra il proiettile senza solchi per la carabina da Bersagliere Modello 1844.

Questi proiettili per fucile a stelo avendo punte ancora più leggere rispetto alla coda di quanto accadesse coi proiettili da carabina Delvigne, tendevano a ribaltarsi in volo nella fase discendente, soprattutto sulle lunghe distanze quando l’effetto stabilizzatore della rotazione diminuiva (il loro baricentro, come nei proiettili moderni, era più verso la coda che verso la testa).
Come risolvere il problema?

La soluzione arrivò subito (1841) grazie a un altro ufficiale francese, il capitano di artiglieria Tamisier: per contrastare la tendenza della coda a scavalcare la testa, bisognava aumentarne l’attrito contro l’aria praticando dei solchi attorno alla porzione cilindrica del proiettile. In tal modo la testa leggera e appuntita non veniva scavalcata dalla coda pesante che per colpa dei solchi veniva trattenuta indietro dall’impatto maggiore dell’aria.
Nei solchi, inoltre, si poteva inserire il lubrificante per pulire le rigature dalla feccia e dalle impiombature all’atto dello sparo.
Il sistema era meno efficiente nelle carabine Delvigne perché i proiettili, dovendo essere “compressi” a colpi di bacchetta (e non “dilatati attorno allo stelo”), si sarebbero ritrovati coi solchi rovinati e sarebbe diminuito l’effetto frenante. Comunque non risulta che i Bersaglieri avessero mai lamentato simili problemi, nonostante le palle prive di solchi: forse questo è da imputare al rapido passo di rigatura della carabina La Marmora, in grado di contrastare il capovolgimento meglio delle altre armi rigate contemporanee.

Proiettili a espansione: il trionfo di Minié

Claude-Etienne Minié, ufficiale francese degli Chasseurs in Africa, è famoso in tutto il mondo per la sua invenzione, la palla minié, la cui “letalità” è decantata dai sopravvissuti della Guerra Civile Americana. L’ennesimo genio tecnico dell’esercito francese assieme a Delvigne, Thouvenin e Tamisier? O forse non era tutta farina del suo sacco?

Da tempo si cercava di realizzare un efficace proiettile a espansione e lo stesso Delvigne si era interessato alla cosa, con scarsi risultati. Prima di lui, però, fu un ufficiale inglese a ideare un proiettile di questo tipo.
Nel 1823 il capitano John Norton del 34esimo reggimento inventò un proiettile cilindro-conico leggermente più piccolo del diametro della canna, in modo da scendere senza difficoltà, e dotato di un cavità alla base in modo che i gas dell’esplosione lo facessero dilatare e aderire alla rigatura.
Gli esperti del Ministero della Guerra, nonostante il proiettile funzionasse molto bene, lo rifiutarono con la motivazione che “solo i proiettili sferici erano adatti all’uso militare”.

Nel 1836 William Greener, un celebre armaiolo, propose un proiettile a base cava con l’aggiunta di un piccolo tappo di legno costruito in modo tale da spingere e dilatare il piombo sotto la spinta del gas: dato il maggior spessore del piombo, troppo perché i gas potessero sempre dilatarlo, questo assicurava l’adesione alla rigatura costante. Se lo spessore del piombo è troppo scarso e se manca un sistema di solchi Tamisier (ancora non inventato) che migliori la capacità di piegarsi senza spezzarsi, talvolta il cilindro di piombo può staccarsi dalla testa conica che volerà così priva del moto rotatorio imposto dalla rigatura. Questo piccolo tappo di legno risolveva i due problemi.
Il Ministero rifiutò l’invenzione perché un proiettile in due parti era troppo complicato da realizzare. Sigh.

Nel 1847 il capitano Claude-Etienne Minié “ideò” un proiettile praticamente identico a quello di Greener, basato sullo stesso principio, e successivamente arricchito con l’aggiunta dei solchi (proiettile Minié-Tamisier). Il proiettile Minié, sconvolgente differenza con quello di Greener, aveva uno scodellino di ferro al posto del tappo in legno. Uao.

norton_greener_minie
Norton, liscio. Greener, con tappo di legno. Minié con solchi Tamisier e tappo di ferro.

Il governo francese se ne interessò e fece una serie di test a Vincennes nel 1849, ma alla fine preferì le armi con proiettili a fondo piatto già in dotazione, come i fucili a stelo Thouvenin (e comprandone perfino altri dopo il 1849: gli Chasseurs ottennero le loro carabine nel 1853) e senza desiderio di sostituire in massa i vecchi fucili a canna liscia sparanti proiettili Nessler (che vedremo dopo). In ogni caso pare che ricompensò Minié con 20mila franchi per la sua “invenzione”.
Nemmeno il Belgio fu impressionato dal nuovo proiettile, preferendo altri tipi di arma (e anche loro comprarono nuove carabine a stelo nel 1853).

Ai russi non dispiacque: nella caterva di armi e calibri diversi della Guerra di Crimea c’era anche il “minié russo” o “7 linee” (i russi dividevano il pollice in dieci “linee”, per cui il nome “7 linee” indica un 0,70 pollici e un “3 linee” uno 0,30, ovvero un 7,62×54 mm russo): uno strano minié con una protuberanza di piombo posteriore posta al centro dello spazio vuoto dei tipici minié, e con un anello di ferro attorno alla protuberanza che doveva favorire l’apertura dei lati. Pesa dai 780 agli 815 grani (50-53 grammi). È chiamato anche “palla di Peeter” o “palla Timmerhans” (venne usato anche dal Belgio al posto del minié autentico). Inutilmente strano e complicato. E con un design aerodinamico inferiore al minié originale.

Il governo inglese fu ENTUSIASTA del nuovo proiettile: ordinò di realizzare un nuovo fucile rigato, il modello 1851. Greener, che non era scemo e aveva il brevetto sul proiettile con l’aggiunta per favorire l’espansione, piantò un casino legale e il Ministero fu obbligato a pagargli 1000 sterline.
Il fucile rigato Minié modello 1851 britannico aveva un calibro di 0,702 pollici e una gittata utile di 550 metri circa. Per questo fucile vennero realizzati due tipi di proiettili minié con scodellino di ferro: tipo 1 e tipo 2, entrambi senza solchi laterali.
Il tipo 1 pesava 660-670 grani (43 grammi) e aveva un design interamente conico per tutta la sua lunghezza, senza una porzione cilindrica, rendendo così poco affidabile l’aderenza alla rigatura. Venne messo fuori produzione.
Il tipo 2 era un proiettile cilindro-conico da 690-700 grani (45 grammi) che si rivelò molto migliore del precedente, espandendosi senza difficoltà e aderendo senza problemi alla rigatura.

Il calibro 0,702 venne subito considerato troppo pesante: uno spreco di piombo e polvere. Venne scelto un nuovo fucile rigato da fanteria: Enfield modello 1853, calibro 0,577 (o 0,58 per comodità). Il nuovo fucile si rivelò un’arma solida, precisa, affidabile, venduta anche agli Stati Confederati d’America durante la Guerra Civile, e rimase in servizio nell’esercito britannico dal 1853 al 1867 (e poi venne convertito a retrocarica col sistema Snider-Enfield).
Ma il primo tipo di proiettile impiegato durante la Guerra di Crimea mise in cattiva luce la nuova arma, facendola sembrare meno precisa del modello 1851: il proiettile Pritchett (lo stesso fucile venne inizialmente chiamato Enfield-Pritchett 1853) era privo di scodellino metallico per l’espansione e questo, unito alla cavità della base troppo poco accentuata, rendeva difficile e incerta l’espansione del proiettile.
Venne subito sostituito con un secondo tipo di proiettile nel 1855, studiato e ideato a partire dal proiettile Pritchett alla Scuola di Tiro (School of Musketry) di Hythe, nel Kent.

Il rapporto Hythe del 12 maggio 1855 diceva:

The condition of the service ammunition for the rifle 1853, from the trials made, was found to be very unsatisfactory…. In order, therefore, to correct any imperfection which may exist, either in diameter of bullet or bore of barrel, it is desirable to adopt at once an iron cup in the Pritchett bullet, as in the Minie [1851] to insure increased expansion. Experiments are now being conducted at the School of Musketry to test the efficiency of the Pritchett bullet (fitted with an iron cup), the result of which shall be reported in a few days.

Quello del 17 maggio 1855:

The results of the experiments made with the bullets for musket 1853, fitted with an iron cup, have been most satisfactory; the shooting made with them, although the iron cup was of an imperfect shape, was far superior to that made with the service ammunition as at present manufactured, and justifies my recommending that the iron cup be at once adopted for the bullets for the rifle musket 1853. Further experiments will be made with a view to improve the shape of the iron cup.

Nel rapporto del 5 giugno 1855 venne discussa la scelta tra l’uso di una coppa emisferica di ferro (come nel 1851), un tappo conico con un buco in cima (suggerito dagli esperti di Hythe) oppure un tappo conico in legno. I risultati dimostrarono che il tappo conico di ferro era migliore dello scodellino, ma che il migliore di tutti (garantendo meno sporcizia della canna) era il tappo di legno.
I nuovi proiettili sono facili da identificare anche in assenza dello scodellino di ferro/tappo di legno, grazie alla maggiore lunghezza (29,7 mm contro i 27,4 mm dei vecchi) e alla cavità posteriore molto più profonda che nei Pritchett.
Il nuovo proiettile, conosciuto anche come Burton-Minié, pesava 530 grani (34 grammi) ed era spinto da una carica di 68 grani (4,4 grammi) di polvere da sparo, pari al 12,8% del peso del proiettile. Nelle cartucce prefabbricate era posto, col suo tappo di legno (o di metallo) in fondo e non in cima, con la punta rivolta verso la polvere da sparo. Questo avveniva perché era privo di solchi laterali in cui inserire il lubrificante (cera e grasso animale), per cui era la carta stessa attorno al proiettile ad essere lubrificata.

pattern_1851_primo_secondo_pattern_1853_pritchett_iron_cup_linea7_russo
1851 primo tipo, 1851 secondo tipo, 1853 Pritchett, 1853 Iron Cup, Sette linee russo
pacco_cartucce_enfield_1853
Confezione da dieci cartucce Burton-Minié per il fucile Enfield 1853 e spaccato di una cartuccia che mostra la disposizione delle componenti.

Box: caricamento del fucile da fanteria Enfield 1853 (stando in piedi)

Istruzioni “semplificate” da The Infantry Manual containing Directions for the Drill and Instruction of Recruits, the Manual Exercise, the Revised Platoon Exercise, an Abstract of the Field Exercises and Evolutions of the Army ecc ecc… del 1854.
Questo è il sistema di caricamento del fucile che, a causa del grasso animale usato per ungere le cartucce, esasperò la situazione indiana e accese la scintilla della rivolta dei Sepoy del 1857. Una spiegazione dettagliata di questa complessa vicenda, spesso riletta in chiave nazionalista (e antistorica) dall’India moderna, si possono trovare in L’Assedio di Delhi di William Dalrymple.
Gli ordini che scandiscono le fasi di caricamento sono stati lasciati in inglese.

Prepare to Load
Tenendo l’arma per la canna con la mano sinistra, posizionarla con il calcio in terra e la bocca verso l’alto. La canna deve essere dritta, perpendicolare al suolo, a circa 15 cm dal corpo. Con la mano destra prelevare una cartuccia dalla borsa delle munizioni.

Load
1. Portare la cartuccia alla bocca, tenendola tra indice e pollice, l’estremità col proiettile posizionata nel palmo della mano. Il gomito deve essere vicino al corpo. Aprire coi denti l’estremità della cartuccia.
2. Portare il gomito all’altezza della spalla e rovesciare la polvere della cartuccia dentro la canna (il dorso della mano verso di sé, il palmo verso l’esterno).
3. Posizionare la mano sopra la canna con il palmo rivolto verso di sé, in modo che l’estremità col proiettile (e non quella con la carta svuotata dalla polvere) sia sulla bocca della canna. Tenendo la carta vuota tra indice e pollice, inserire l’estremità col proiettile dentro la canna.
4. Quattro.
5. Ora sporge dalla canna solo la porzione di carta vuota: strapparla con la mano e buttarla via. Sempre con la mano destra (la sinistra è rimasta tutto il tempo a tenere l’arma per la canna) afferrare la testa della bacchetta tra la seconda falange dell’indice e il pollice.

Rod
1. Estrarre la bacchetta a metà e afferrarla nel centro, tenendo il dorso della mano rivolto verso il viso.
2. Estrarla completamente e ribaltarla, in modo che la testa sia verso il basso e il dorso della mano verso l’esterno, e poggiarla contro il proiettile. La bacchetta va tenuta per l’asta con indice, medio e pollice, mentre anulare e mignolo devono rimanere chiusi.

Home
1. Spingere il proiettile giù per la canna fino a quando il dito medio tocca la bocca.
2. Afferrare la bacchetta come prima, ma subito sotto la cima.
3. Spingere il proiettile fino in fondo, tenendo sempre il gomito vicino al corpo.
4. Quattro.
5. Accertarsi che il proiettile sia posizionato sopra la polvere con due colpetti, evitando colpi troppo forti che potrebbero rompere i grani di polvere.

Return
1. Estrarre la bacchetta a metà e afferrarla con il dorso della mano verso il proprio viso e con l’avambraccio che fa angolo retto col bicipite.
2. Completare l’estrazione distendendo il braccio sopra la spalla e girare la bacchetta in modo che la sua testa sia verso l’alto e il palmo della mano verso il volto. Rimettere la bacchetta nella sua sede, arrivando alla fine a tenerla sotto la testa con l’indice e il pollice, come all’inizio dell’estrazione.

Cap
1. Afferrare il fucile con la sinistra poco oltre la batteria e portarlo in posizione orizzontale, stretto contro il fianco, con la mano destra che stringe l’impugnatura. Con il pollice della mano destra armare il cane a mezza corsa (per accedere al luminello).
2. Usando l’indice della destra far saltare via la capsula precedente, già utilizzata (se presente). Afferrare una nuova capsula tra indice e pollice. Posizionare la capsula sul luminello e premerla giù, usando il pollice. Riportare la mano destra all’impugnatura.

XXX yards. Ready
1. Aggiustare l’alzo. Usando il pollice e l’indice della mano destra regolare la tacca di mira per la distanza XXX ordinata. Nel caso usando l’alzo a cerniera. Riportare la mano all’impugnatura, con il pollice sul cane a mezza corsa.
[NdDuca. L’alzo varia da modello a modello. Nel moschetto del 1842 ad anima liscia c’è una tacca di mira fissa regolata per le 150 iarde (distanza limite del tiro utile per la palla sferica in anima liscia). Nel fucile minié del 1851 e in quello del 1853 l’alzo è regolabile fino a 900 iarde e più.]
2. Armare il cane completamente e riposizionare il pollice sull’impugnatura.

È possibile fabbricare anche cartucce vecchio stile, simili a quelle del Settecento, con il proiettile sopra e la polvere sotto. Ad esempio quelle dello Springfield 1861 avevano un proiettile minié con tre ampi solchi ingrassati, senza coppa di ferro e con la polvere sotto il proiettile. La carta si poteva buttare dopo aver fatto fatto cadere nella canna il proiettile oppure la si poteva inserire nella canna come stoppaccio proprio come accadeva nel Settecento con le palle sferiche di piombo (così se uno capovolgeva l’arma prima di sparare il proiettile non cascava fuori). La coppa di ferro era stata tolta perché un proiettile minié se accuratamente studiato (solchi, pareti non troppo spesse -ma nemmeno troppo sottili-, cavità ampia) può dilatarsi perfettamente senza aver bisogno di alcun aiuto ulteriore.

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Cartuccia 0,58 per lo Springfield 1861

Il proiettile minié ha ottenuto una fama nell’ambito Ottocentesco superiore a quella che fu la sua reale diffusione in Europa. Questa fama è principalmente dovuta alla Guerra Civile americana e alla questione del grasso di mucca e di maiale al tempo della rivolta indiana del 1857. In realtà, come si è visto, i proiettili a “compressione” con la bacchetta coi sistemi Delvigne e Thouvenin furono perfino più diffusi nelle armi rigate dell’Europa continentale di quanto lo fosse il proiettile del signor Minié.
La Guerra Civile americana vide anche la nascita delle leggende sulla letalità delle palle minié, viste come “mostruosamente più letali” delle precedenti palle sferiche. In realtà a distanze molto basse (tiro sotto i cinquanta metri) avevano meno energia cinetica delle palle caricate con 1/3 del proprio peso in polvere nera, ma la maggiore densità sezionale ne conservava la letalità anche sulle lunghe distanze (al limite del tiro utile) e aumentava enormemente la gittata in cui erano in grado di frantumare le ossa (anche quelle più spesse) costringendo i chirurghi all’amputazione dell’arto.
Tra i soldati circolavano leggende di ogni tipo, come quella che una palla minié potesse penetrare un soldato e il suo zaino a 1200 iarde ed essere ancora in grado di uccidere un altro soldato. Oppure che potessero uccidere quindici uomini in fila. Esagerazioni non dissimili da quelle nate un secolo dopo sull’efficacia (sopravvalutata) dei giubbotti antischegge.

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Osso frantumato da una palla minié

Il proiettile a compressione Lorenz

Un design alternativo alla palla a espansione fu quello a compressione. Invece di comprimere e allargare la palla colpendola con la bacchetta, si creava una palla con profondi solchi laterali (al posto del buco posteriore) in grado di collassare con la coda contro il blocco della testa sotto la spinta dei gas dello sparo. Era un sistema ingegnoso, ma meno valido e affidabile di quello della espansione… o almeno così dicono.
Due famosi produttori di questo tipo di proiettile furono il britannico Wilkinson e l’austriaco Lorenz.

Il proiettile a compressione Lorenz venne adottato con una certa segretezza dall’esercito Austro-Ungarico (nel manuale sulla carabina da Bersaglieri del 1855 c’è un disegno piuttosto “fantasioso” di quel misterioso proiettile di cui ancora si sa pochissimo) per i nuovi fucili a percussione con capsula M1854 e per i fucili degli Jager.
Il proiettile aveva un calibro di 0,545 pollici (quasi 13,9 mm) ed era lungo 1 pollice (25,4 mm). Pesava 450 grani (29 grammi) e usava 62 grani di polvere (4 grammi), pari al 13,77% del peso del proiettile.
Negli ampi solchi laterali non si può mettere il lubrificante, perché si schiacciano in fase di sparo, per cui il lubrificante va messo sulla carta che avvolge il proiettile (come nell’Enfield 1853).
Questo tipo di proiettile venne usato anche nella Guerra Civile americana: il Nord importò infatti 100mila fucili austriaci M1854 mentre il Sud ne importò 225mila. Si potevano comunque impiegare, come infatti fecero, anche palle minié in calibro 0,54 (il fucile M1854 è uno 0,547).

proiettile_lorenz_prima_dopo_sparo1
Proiettile Lorenz: prima e dopo lo sparo.

Una curiosità sul piombo impiegato nei proiettili…

Si utilizzava piombo morbido non perché non si sapesse fabbricare piombo duro (fonti dell’epoca affermano che già molti anni prima -nel periodo napoleonico o nel Settecento- gli inglesi fabbricavano proiettili sferici per i moschetti utilizzando piombo reso più duro legandolo con un 3% di antimonio), ma perché il piombo duro nonostante il vantaggio di impiombare meno la canna non è in grado di dilatarsi bene per aderire alla rigatura.
Con l’arrivo delle armi a retrocarica (1866-1867 per gran parte delle nazioni europee) si ricominciò a usarlo per limitare la sporcizia delle rigature, fino al 1885 quando si diffuse l’incamiciatura dei proiettili in acciaio oppure in rame/ottone.

…e una sulla carta delle cartucce.

La carta per le cartucce, quella da usare pure come stoppaccio, non è semplice “carta”. Si può prendere un foglio di giornale o una pagina della Bibbia e farci una buona cartuccia, ma non si può poi ficcare quella carta dentro la canna. La carta delle cartucce, fin dai suoi esordi nel Seicento, veniva trattata col nitrato di potassio e simili per renderla altamente combustibile, in modo da non lasciare scorie ancora accese dentro la canna dopo lo sparo. Non sarebbe divertente versare la successiva carica di polvere da sparo sopra un pezzetto di carta incendiata, no?
Gli stessi borraggi, usati quando si tira senza pezzuola con le palle di piombo sferiche, sono in feltro spesso in modo da venir spinti via con il proiettile senza finire a pezzi dentro la canna. Lo svantaggio di borraggi, stoppacci e pezzuole é che dopo cadono ancora infuocati sul terreno, a qualche metro dal tiratore, e se l’erba è molto secca e la stagione bella (tipo in India d’estate) può venirne fuori uno sgradevole incendio…

E i vecchi moschetti convertiti alla percussione?

Avevo spiegato che negli anni ’40 un po’ tutte le nazioni si erano messe a convertire (ridurre) i vecchi moschetti ad anima liscia dalla pietra focaia alla percussione. Ma visto l’enorme svantaggio della palla sferica rispetto alle palle lunghe in canna rigata, non erano troppo svantaggiati? A che serviva avere queste armi se i propri fanti sarebbero stati massacrati con discreta precisione a 300-500 iarde di distanza dalla armi nemiche rigate, senza poter mettere a segno un colpo nemmeno per sbaglio con le palle sferiche che arrivavano a 150 iarde scarse di tiro utile?

Dato che, contrariamente al pensiero dei non addetti ai lavori (leggasi “ignoranti”), i militari non erano del tutto scemi, si corse subito ai ripari. A parte l’Inghilterra, che continuò a usare solo palle sferiche nei moschetti modello 1842, sia la Francia che la Russia che il Regno di Sardegna al tempo della Guerra di Crimea dotarono i reggimenti con armi ad anima liscia di un munizionamento migliore, la palla Nessler.

La palla nessler è un proiettile di invenzione belga creato per evitare il moto rotatorio della palla sferica tradizionale e permettere allo stesso tempo l’adesione precisa alla canna, evitando i rimbalzi interni. È un proiettile cilindro-sferico, con la porzione cilindrica non più lunga di 2/3 del diametro (altrimenti si appesantiva troppo in coda), e una concavità posteriore per permettere una limitata espansione al momento dello sparo. In tal modo la palla poteva venire caricata ad avancarica con la rapidità delle palle sferiche sottodimensionate (usando cartucce ingrassate simili a quelle dell’Enfield 1853) e allo stesso tempo poteva aderire alla canna bene come le palle a forzamento con la pezzuola. L’espansione della nessler non le permetteva di aderire a fondo alle rigature (in canna rigata salterebbe le righe andando dritta come in una canna liscia), ma era più che sufficiente per aderire alla canna liscia.

Una palla nessler aveva due volte la gittata utile di una palla sferica (sia secondo i test moderni che secondo le affermazioni dell’epoca), ovvero circa 300 iarde (270 metri), con una buona precisione garantita dal baricentro avanzato che le permetteva di non ribaltarsi in volo anche se priva del moto rotatorio impresso dalla rigatura.
La gittata rimane inferiore a quella dei fucili rigati con proiettili allungati, ma quantomeno si guadagna un po’ di gittata ulteriore (300 iarde contro 500 è meglio di 150 contro 500). I russi, forse i principali utilizzatori di palle nessler, durante la Guerra di Crimea si lamentarono che i loro moschetti non potevano colpire gli inglesi quando quelli degli inglesi già potevano far fuoco con precisione. Questa lamentela non è dovuta solo alla minore gittata delle palle nessler, ma anche al fatto che non tutti i reggimenti russi armati di moschetti ad anima liscia le impiegavano: molti utilizzavano ancora palle sferiche di piombo (ne sono state rivenute di varie dimensioni, come se neppure il calibro dei moschetti russi fosse standardizzato per tutto l’esercito).

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Nessler russa, francese e sarda

Nessler russa: è leggermente più lunga delle Nessler francesi e sarde. Diametro e lunghezza di un tipico esemplare: 0,670 pollici (17 mm). Peso 488 grani (31 grammi).
Nessler francese: più corta e leggera della russa. Calibro 0,675 (17,1 mm), lunghezza 0,580 (14,7 mm) Peso 453 grani (29 grammi).
Nessler sarda: simile alla Nessler francese, ma con la punta tonda invece che appiattita. Peso 450 grani (29 grammi) e lunghezza poco inferiore al diametro (16,6 mm).

Nel frattempo in Prussia…

Mentre le nazioni europee si lanciavano nell’acquisto di armi ad avancarica con design sempre migliori, ma tutte piuttosto lente da caricare (2-3 colpi al minuto in battaglia, 3-4 teorici), la Prussia nel 1841 aveva acquistato e nascosto in un arsenale segreto 60mila esemplari del fucile ad ago Dreyse M1841. Tra i 10 e i 12 colpi al minuto.
Era un’arma così formidabile per l’epoca che il Ministero della Guerra prussiano mantenne la massima segretezza anche durante gli addestramenti dei reggimenti che la dovevano impiegare (molto difficile in un’epoca in cui lo spionaggio militare anche in tempo di pace era una prassi), perché dopo i primi successi sul campo erano sicuri che tutti l’avrebbero copiata. Ma dei fucili ad ago e dei revolver cap-and-ball parlerò nei prossimi articoli…

Due manuali d’epoca da scaricare

The Infantry Manual (Gran Bretagna, 1847)
Carabine da Bersaglieri (Regno di Sardegna, 1855)

57 Replies to “L’Apice dell’Avancarica: la percussione e i proiettili a espansione”

  1. Bell’articolo, completo e chiaro. Sono ottimi i riferimenti storico-sociali. E lollosi i commenti personali, LOL.
    I campi di utilizzo di queste informazioni, poi, sono vari. Io prendo appunti per quanto riguarda lo steam. :D

  2. Grazie per avermi aiutato nella rilettura.
    Alla fine è venuto un mostro di 11798 parole, anche togliendo gli argomenti di contorno (i revolver, balistica delle palle e dei proiettili a confronto ecc…) e limitando l’approfondimento di quelli meno importanti (fucile Jacob ecc).
    Quello sull’arco lungo, il precedente mostro, era lungo “appena” 8373 parole.

    Scrittura e ricerca (soprattutto confermativa e di immagini adatte, usando fonti multiple: libri in italiano e in inglese, articoli, forum di appassionati di ricostruzioni storiche…) hanno preso 2 settimane, di cui gli ultimi 8 giorni belli intensi con varie ore di lavoro al giorno sia di pomeriggio che di sera (40-45 ore di lavoro circa, credo, da quando ho scritto il titolo a quando ho finito il pezzo sui proiettili Lorenz).

  3. Bellissimo articolo, esauriente come di consueto. A me è servito lo spunto sul fulminato di mercurio: dopo lunghe ricerche ho scoperto che il procedimento chimico per ottenerlo è tutt’altro che complesso, perciò per la mia storia di sabotaggio va benissimo! Ancora complimenti… in omaggio, i cattivi della mia storia saranno i Ducali! ^_^

  4. Gran bell’articolo, come sempre dopotutto. Molte cose penso proprio che me le segnerò su un quaderno, perché potrebbero tornarmi parecchio utili (soprattutto i box sui caricamenti dei fucili). A tal proposito, approfitto del CAD ;) In questi giorni sto cercando di documentarmi sull’evoluzione delle tecniche di battaglia in seguito all’introduzione sul campo delle armi leggere (quindi a un periodo posteriore a quello della scoperta della polvere da sparo e dei primi cannoni). Hai qualche informazione al riguardo? (ovviamente nel caso l’argomento fosse esterno alle tue attuali ricerche sei liberissimo di glissare la domanda ;) )

  5. Molto bello ^_^

    Mi ha fatto venire una curiosità: immagino che ci siano stati tentativi di costruire armi da guerra anche basate su principi di funzionamento molto diversi (mi viene in mente il fucile a vento di cui hai parlato qualche articolo fa). In un libro sulla storia delle armi da fuoco ci starebbe bene anche un capitoletto sulle idee più bizzarre.

  6. Ottimo articolo!!
    sono appassionato e tiratore di avancarica.

    Volevo chiedere uno chiarimento circa la polvere nera che non trovo in modo esplicito in rete.

    Ho visto che il quantitativo di polvere che si utilizza per una pistola e per un fucile di identico calibro è molto differente, a volte più del doppio. Vedendo le armi mi sembra di capire che le canne sono identiche anche se di lunghezza differente quindi mi viene da pensare che la pressione che esercita la polvere nera ha un valore massimo che è quello per cui sono “tarate” le canne: quindi se dovessi caricare una pistola con una dose di polvere da fucile, tutto dovrebbe funzionare… con la sola differenza che la ci sarebbe della polvere che, non riusciendo a bruciare all’interno della canna, verrebbe proiettata all’esterno con un’evidente vampata di fuoco inutile e con effetti negativi sulla triettoria del proiettile. Le cose stanno così?

  7. Esatto: la polvere in eccesso, non facendo in tempo a bruciare mentre quella dietro la spinge coi suoi gas (e quindi non contribuendo a spingere il proiettile con la propria combustione), viene proiettata fuori dalla canna assieme al borraggio e al proiettile. Se l’eccesso non è mostruoso immagino che brucerà per aria, aumentando la vampata e il fumo. Se ce n’è un secchiello, tipo una canna da pistola gonfia fino a scoppiare (LOL!) col proiettile in cima, magari la sputa nell’erba senza che bruci. ^_^””

    Canne corte e calibri piccoli richiedono polveri più fini, in modo che brucino più rapidamente (maggiore superficie in rapporto al volume) e in modo più uniforme.
    Tornerò sulla polvere nera in futuro (forse quando parlerò dei revolver, forse quando parlerò di un po’ di balistica ad avancarica… non so), ma questo schema dovrebbe fornire informazioni utili con la catalogazione tipica a “F” -fine- “g” -granulation- (convertila poi negli equivalenti polvere svizzera, in pyrodex o in qualsiasi cosa tu voglia usare):

    FFFFg: polvere da primino, grani piccolissimi, perfetta per prendere fuoco con le scintille dell’acciarino nello scodellino delle armi da fuoco a pietra (ma i soldati con le cartucce già pronte versavano polvere FFFg o FFg nello scodellino, accettando la peggiore affidabilità dello sparo).
    FFFg: polvere meno fine della precedente, diciamo “normale”, adatta per pistole di ogni calibro e armi lunghe fino al calibro 12-13 mm.
    FFg: polvere un po’ rozza, adatta per ami lunghe in calibro 13-19 mm.
    Fg: porcata, buona solo per grandi tromboni calibro 2 e armi sopra i 20 mm con lunghe canne (spingarde del tipo a fucilone o simili).

  8. Grazie per la conferma!
    io utilizzo la polvere fine FFFFg Svizzera n°1, ho solo questa per adesso, nella mia pistola ad avancarica Navy Moll calibro 45. Il costruttore consiglia la polvere FFFg.
    Rischio qualcosa ad utilizzare quella più fine o posso tranquillamente impiegarla?
    Fino ad oggi con 18-20 grani di FFFFg è andato tutto bene ma non vorrei trovare sorprese prossimamente.

    NB: vorrei terminare la giacenza di FFFFg prima di acquistare la FFFg.

    Mille grazie e un saluto

  9. Direi che non ci sono problemi. Poi dipende sempre dall’arma: se fai tiro nei poligoni (sei del nord Italia? Mi pareva che di poligono attrezzati alla polvere nera ce ne fossero in pratica solo al nord) e vedi che le rosate peggiorano usando 20 grani di FFFFg invece di 20 di FFFg (però ci vorrebbe l’arma bloccata in una morsa, se no l’errore umano confonde le idee), prova a sperimentare valori leggermente inferiori o leggermente superiori di polvere.

    La guida Lyman, quella per i newbie, suggerisce per una pistola calibro .50 che spari palle tonde da 0,495 un massimo di 40 grani di FFFg, mentre il massimo è 50 grani per pistole da .54 con palle da 0,535.
    Il volume della palla è il 26% superiore nel .54 e la carica pure, da 40 a 50. Penso si possa, con una certa approssimazione, valutare il massimo consigliato per una .45 allo stesso modo: 29 grani.

    20 grani mi pare una carica giusta, considerando anche che usi FFFFg invece di FFFg (un po’ uno spreco, ma ormai ce l’hai da finire).

    Bella la Navy Moll di Pedersoli, hai quella a pietra o a percussione? Se l’hai a pietra puoi conservare la FFFFg per lo scodellino e passare alla FFFg.

  10. Sei preparatissimo! mille grazie!
    Frequento il poligono di Stradella (PV) è ho la Navy Moll .45 a percussione. La pietra focaia è bella ma l’utilizzo è più macchinoso. La polvere FFFFg l’ho acquistata per far funzionale la piccola Derringer Liegi .44 che è molto divertente ma impossibile da utilizzare proficuamente a 12 metri (distanza minima del poligono): non ha sistemi di mira! e i colpi vanno ovunque… è già un miracolo centrare l’area del bersaglio. Vorrei abbandonarla nel cassetto, ma ha un fascino che mi attira sempre e alla fine la porto con me per farla “cantare” (lasciando perdere il punteggio).

    Ne approfitto per chiederti un’altra stranezza che mi è venuta in mente: se dovessi caricare la Navy Moll, canna rigata, con dei pallini da caccia, utilizzando un borraggio di feltro, pensi che si possa fare?

  11. Oddio, coi pallini?
    Beh, volendo, insomma, si può fare. In fondo esistono anche armi con cartucce a pallini in calibro 0,410 (10 mm) e perfino i ratshot calibro 0,22 Long Rifle (5,5 mm)… e storicamente si sono usati tromboncini nel ‘700, pistole di grosso calibro (non è il tuo caso, con una .45) caricate a pallettoni.

    A meno che tu non voglia però andare a caccia di scoiattoli o di topi (o di enormi scarafaggi, il bersaglio favorito di pistole da signora come la 4,25 Lilliput o il 3 Kolibrì), situazioni in cui una rosata di pallini può far comodo, non vedo motivi per usarli al posto della palla singola in grado di sfruttare la rigatura (o ancora meglio proiettili cilindro-conici, come si fa spesso nei revolver ad avancarica del tamburo: li usi mai?).

    La polvere FFFFg l’ho acquistata per far funzionale la piccola Derringer Liegi .44 che è molto divertente

    Hai una Derringer? Una o due canne?
    Cassa in legno o metallo e madreperla?
    FFFFg ci vuole con una canna così corta, sì… quanti grani usi?
    Le adoro quelle pistoline di backup! ^___^

  12. é una Derringer Liegi sempre di Pedersoli ad una canna. E’ la modello deluxe incisa ma è comunque un giocattolo economico. La canna si svita per il caricamento facilitato e non serve la bacchetta. Si possono usare solo 9 grani circa perchè la camera di scoppio non ne contiene di più (si carica a canna svitata!). Ma è possibile caricarla un po’ di più come fa il tipo nel video:

  13. leggerò anche la sezione relativa agli archi: anzi la studio e poi ti chiedo alcune cose. Anni fa ero un istruttore di tiro con arco da caccia….

  14. Torno sul tema polvere nera.
    la polvere fine tipo la FFFFg brucia più velocemente e non viene impiegata nei grossi fucili…si preferisce quella lenta…
    Qual’è il vantaggio di usare la polvere lenta? forse la possibilità di accelerare il proiettile in modo più “morbido” visto che la canna è più lunga e si può sfruttare un tempo di spinta maggiore?

    Se in un fucile che richiede 60 grani di polvere FFg dovessi mettere lo stesso quantitativo di FFFFg (quella fine) che risultato otterrei? si richiano delle sovrappressioni che possono fessurare la canna o il tutto si tradurebbe in un pessimo tiro?

    Secondo te la palla sparata dalla mia Navy Moll .45 che energia e velocità può sviluppare? (mi intendo di armi moderne, ma su quelle “antiche” non trovo una buona letteratura eccettuo i tuoi saggi)

  15. Usare polveri meno fini, come la FFG nei moschetti di grosso calibro o la FFFG nelle pistole, come hai notato permette di:
    – Evitare eccessive pressioni in canna (in particolare con armi poco robuste… un moschetto Brown Bess storico sparava comodamente cariche pari a metà del peso della palla, ovvero 15 grammi circa, probabilmente sprecandone un po’ visto che con 1/3 del peso se la cava alla grande).
    – Accompagnare meglio il colpo lungo la canna, ma in fondo pure questo si ricollega all’effetto di prima… diciamo che dato che bruciava in modo più graduale ALLORA potevi permetterti di mettere più polvere (per spingere di più) e allungare le canne per poi rigarle (se sono troppo corte è inutile): nell’artiglieria navale l’arrivo della polvere marrone (polvere nera più graduale, zolfo al 3%, potente pare come le primissime polveri infumi) permise il passaggio efficacie ai grossi calibri con canne lunghe rigate.
    – Costava meno (perché usare polveri più fini e costose se puoi usarne di meno costose?) e stressava meno l’arma nel tempo.
    – Resistevano meglio: le polveri più fini si rompono più facilmente, in particolare quando vi alloggi sopra il proiettile con due o tre buoni colpi di bacchetta, e in più la maggiore superficie in rapporto al volume è vero che le rende più “rapide” e forti, ma anche più sensibili a sporcizia e umidità ambientale (si guastano prima, sballonzolate in campagne militari, sotto la pioggia, protette solo dalla carta nitrata e dalla borsa di cuoio).

    Se in un fucile che richiede 60 grani di polvere FFg dovessi mettere lo stesso quantitativo di FFFFg (quella fine) che risultato otterrei?

    Boh. Sicuramente otterresti di stressarlo di più. Rovinarlo no, un buon fucile a polvere nera regge ben altre cariche, altro che quelle usate comunemente…

    La formula per calcolare l’equivalente in FFg di polvere FFFg dovrebbe essere “dose FFFg – 15%”: 100 grani di FFg valgono come 85 grani di FFFg (in un fucile, in una pistola il 20% in più di FFg verrebbe sputato fuori in malomodo assieme ad un’altra fetta di roba).
    Nella guida Lyman ci sono vari esempi, come un fucile 0,54 con palla sferica da 0,535 che può impiegare o 120 grani di FFG o 100 grani di FFFG. Essendoci più granellini e kernel più piccoli, invece di grandi kernel, dovrebbe esserci più ossigeno tra i grani… no?

    Tornando alla tua pistola, ho trovato altri dati che suggeriscono come carica massima in FFFG 35 grani per una 0,45 (dose di massima precisione: 15-20 grani).
    Lo stesso (la guida di Traditions Performance Firearms allegata alle loro armi) però mette come carica in meno di FFFG rispetto alla FFG nei fucili da 0,50 e più appena 5 grani. Strano. Boh. Però, effettivamente, a parte la differente rapidità e quindi pressione, l’energia rilasciata dipende solo dalla massa (e dall’ossigeno tra i grani). Magari è solo davvero una questione di pressione (e Lyman forse valuta quello nelle armi lunghe, i PSI di picco in canna invece della velocità alla bocca)… o forse alla Traditions piace fa scaldare bene i fucili dei clienti… ^_^””

    Nell’articolo di Brigatti e Riccadonna sulle polveri nere Wano, testate su alcune armi per confrontarle con Svizzera e tra diverse Wano (FFG e FFFG) escono questi dati…

    – Fucile Pedersoli 0,45, palla da 140 grani, carica fissa a 30,86 grani…
    FFG = 332 m/s
    FFFG = 430 m/s
    Svizzera n.2 = 430 m/s (peggiore dispersione)

    Il piccolo calibro unito alla dose non scarsa richiede polveri fini per fare in modo che brucino per intero.

    – Revolver Colt 1873, 0,45 Long Colt, 140 mm di canna, palla ramata da 230 grani…
    19 grani FFG = 130,4 m/s
    20,2 grani FFFG = 163,2 m/s

    La differenza

    – Revolver Whitney, 0,36, 190 mm di canna, palla piombo sferica da 110 grani…
    10,3 grani FFG = 115,8 m/s
    10,9 grani FFFG = 148,6 m/s

    In tutti i tre casi usare polveri meno fini della FFFG/Svizzera n.2 ha prodotto, assieme alla minore velocità, anche una vomitata di lapilli incandescenti (in particolare nel caso del fucile, che sputava come un lanciafiamme)… d’altronde se la velocità era minore un motivo c’era. ^_^””

    PS per gli acquisti: la Wano pare che richieda un 5-8% in più rispetto alla Svizzera per ottenere lo stesso effetto, ma la pressione (che mediamente è buona) non ha picchi violenti (è più progressiva della Svizzera, picchi molto più bassi) e come polvere sporca molto meno.

    Facendo una stima per la tua pistola…
    Vediamo, uso “Percussion Pistols and Revolvers”. Una pistola calibro 0,44-0,45 sparando una palla da 127 grani con 24 grani di polvere Goex FFFG ottiene 884 piedi al secondo (269,4 m/s). La tua con 20 grani penso che sarà sui 245 m/s. Però tu usi svizzera n.2 no? Più facile sia sui 270-280 allora.

    Tornando un attimino alla differenza tra FFG e FFFG, nel caso del revolverone Walker con 55 FFG ottiene 956 piedi/sec mentre con 55 FFFG ottiene 1001 piedi/sec (e una dispersione leggermente peggiore). Strano che una FFG in canna così corta sia andata bene quasi quanto una FFFG… appena 14 m/s di differenza.

  16. Aggiungo un’altra comparazione FFG/FFFG in canna corta, che secondo me dietro quel 1001 del Walker c’è un “typo” (sarà mica 1101 o 1100?)…

    Pistola Lyman 0,50, palla da 175 grani da 0,490:
    40 grani Goex FFFG: 884 piedi/sec
    40 grani di Goex FFG: 681 piedi/sec

    200 piedi/sec di differenza, mica 50… eh!

    (Con la stessa dose di FFFG svizzera, la numero 2 insomma, fa 1040… la svizzera è più “densa”, ha meno volume per quantità di massa della Goex, ed essendo pure più uniforme come dimensione dei granellini sporca meno e spinge meglio il proiettile)

  17. beh che dire… complimenti. Finalmente ho trovato un esperto che mi sa dare le informazioni che desidero.

    Allora con la mia Sveizzera n°1 FFFFg anche se è più fine della n°2 consigliata vado sul sicuro se uso cariche di 20-25 grani (tanto per provare qualche botta più vigorosa). Voglio fare qualche esperimento ma ero terrorizzato da eventuali danni: leggendo sempre della polvere infume dove un grano in più o in meno fanno enorme differenza, anche a livelli di sicurezza, mi sono fatto venire delle angosce. La polvere nera alla fine è più gestibile. Si potranno avere dei caricamenti non molto performanti in termini di precisione ma almeno la sicurezza d’uso è garantita. Non cerco la precisione, ma il gusto di caricare, tirare il grilletto, percepire un buon rinculo e odorare la nuvola di fumo prodotta che dileguandosi fa vedere un bel foro nel bersaglio a 25 metri. Lo stesso concetto lo applicavo con il tiro con l’arco. Sono passato all’arco tradizionale, abbandonando i tecnologici compound, per assaporare il gesto di tirare senza badare ai punti. La ritualità e l’atmosfera che ricorda tempi andati sono i valori che inseguo.

  18. Dovresti poter provare senza problemi: come hai visto è zeppo di gente che butta anche 40 grani di FFFG in una 0,45… 25 di FFFFG credo siano sopportabilissimi. Ti si scalderà di più la canna, che assorbe un sacco di energia in calore.
    Comunque, per curiosità, il produttore cosa dice per la carica massima in FFFG della Navy Moll?

    Aumenta gradualmente da 20 a 25, tipo 20-22-25 e vedi come si comporta, se vuoi stare più sicuro.

    Comunque mi è rimasta la curiosità su che differenza ci sia, pratica, tra la FFFFG e la FFFG in una pistola… perché non provi a chiedere in un forum inglese di appassionati? Qualcuno che ha provato il tiro solo-FFFFG ci sarà pure… (di norma dopo un po’ si passa al solo FFFG, che va bene un po’ per tutto, dallo scodellino alla pistola al fucile)

  19. Pedersoli consiglia come dose massima di Svizzera n°2 FFFg 30 grani mentre come dose di base 18 grani.
    Credo che comunque i 30 massimi siano comunque ben entro i margini di sicurezza e come ovvio che sia nessun produttore indicherebbe dosi effettivamente critiche.
    Proverò, come ti scrivevo, a ragiungere i 25 grani tanto per sentire la differenza. Farò la stessa cosa con la Derringer Liegi ma qui tenderò ai 12-13 grani dopo prove graduali (la dose consigliata è 9). Nel video che ti ho indicato vengono usati 10.5 grani (ci sono dei video che sono stati rimossi che indicano anche 16 grani): la piccola pistola mi piace moltissimo e vorrei usarla con profitto.
    Da quando mi sono interessato di avancarica non riesco più a trovare “gusto” con le armi moderne.
    Mille grazie per lo scambio di idee!
    Ci sentiamo

  20. Credo che comunque i 30 massimi siano comunque ben entro i margini di sicurezza e come ovvio che sia nessun produttore indicherebbe dosi effettivamente critiche.

    Si, è sicuramente così: segnano 150 grani (poco meno di 10 grammi) di massima in fucili in cui, storicamente (e mica saranno fatti peggio i loro di quelli di 300 anni fa), ci si metteva dentro anche 15 grammi di polvere per la carica “normale”, quelle che ne tiri 50 di seguito e il fucile sta bene come prima -a parte lo sporco- (c’erano fucili francesi del periodo napoleonico che hanno fatto la guerra e sono arrivati ai giorni nostri con solo da cambiare una molla e inserire una pietra nuova, canne in stato eccellente!).

  21. riguardandomi questo figerrimo articolo (ma che dico figherrimo DUCALISSIMO)

    mi veniva un pensiero riguardo le palle miniè e similari

    nessuno ha mai pensato di riempire la cavità con una carica lenta in modo da trasformare il proiettile il un mini razzo?

    a spanne un proiettile del genere anche se in parte girostabilizzato dalla rigatura poco dopo essere uscito dalla bocca comincerebbe ad andare dove vuole lui, ma è un’idea talmente ludica che sicuramente più di uno ci avrà provato

    la ducale sapienza che ci dice riguardo a storia dei proiettili a reazione da fanteria?

  22. nessuno ha mai pensato di riempire la cavità con una carica lenta in modo da trasformare il proiettile il un mini razzo?

    a spanne un proiettile del genere anche se in parte girostabilizzato dalla rigatura poco dopo essere uscito dalla bocca comincerebbe ad andare dove vuole lui, ma è un’idea talmente ludica che sicuramente più di uno ci avrà provato

    Per aumentare la gittata dei proiettili da mortaio si faceva così, ma la cosa incasinava tantissimo il tiro perché la seconda “spinta” poteva dare effetti poco prevedibili se l’angolo esatto del proiettile non era perfetto (lo sfasa pure peggio dalla traiettoria).
    I primi comprati dalla Francia decenni fa, quando ancora se ne occupava mio padre, andavano ovunque. Letteralmente. E meno male che hanno controllato bene che cazzo stavano comprando: non si può prendere una roba “garantita precisissima” (francesi di merda, subumani finocchi che ci volevate fottere!) che va 200 metri più qua o più in là completamente a cazzo di cane.

    Ora sicuramente li fanno fighissimi, che centrano le mosche e fanno pure il caffé, ma i primi erano una tragedia.

    la ducale sapienza che ci dice riguardo a storia dei proiettili a reazione da fanteria?

    Che per i fucili sono una cagata tremebonda. ^_^

  23. lo sospettavo ^_^

    speravo in un qualche aneddoto spassoso tipo quello della corazzata circolare

    a me i proiettili specciali, traccianti, incendiari, esplosivi, fischiettanti, piacciono da matti

    http://i34.tinypic.com/118d213.jpg
    http://i34.tinypic.com/2rpxykg.jpg

    due immagini da manuali d’uso dell’epoca per proiettili 12,7x81SR speciali, in uso su mitragliatrici italiane durante la seconda guerra mondiale

    spero che prima o poi butterai giù qualcosa su proiettili speciali e bizzarri-dementi

  24. Prima di tutto complimenti al duca Carraronan, per il sapiente articolo. Gradirei sapere da Lui, che tipo di fucili e di pistole o altre armi, venivano adottate nel Risorgimento, ad esempio da Giuseppe Garibaldi e dai suoi “garibaldini”??? Inoltre sarei curioso di sapere che tipi di fucili usavano i “Dragoni di Sardegna” nella lotto contro il banditismo sardo.
    Grazie per l’attenzione

  25. Per l’appuntamento settimanale con Fai Felice Carraronan volevo mostrarvi questa foto qui:

    http://img709.imageshack.us/img709/8273/11487788.jpg

    L’ho trovata su un libro sulla rivoluzione messicana (che sono sicuro il Duca snobberà in quanto “robaccia da latini”). Su internet non sono riuscito a reperirla, ma mi piaceva così tanto che infine l’ho scannerizzata.
    Guardate la posa elastica, guardate la tensione nelle mani, gli occhi socchiusi e il labbro contratto di chi è totalmente concentrato sul suo unico preciso scopo: sforacchiare i colleghi dall’altra parte.

    E poi c’è il diavolaccio appeso sopra, tra il vagamente ironico e l’inquietante.

    Spero che il Duca gradisca ^_^

  26. Duca, se posso, che ferro impugna l’impavido? E quella alla fine è una granata da fucile?

  27. Non c’entra niente con l’avancarica

    uffi $__$

    la foto fa schifo.

    Dici la foto o il soggetto? $__$

    Cmq sei cattivo $__$

  28. Buongiorno Duca.
    I miei piu vivi complimenti per l’articolo =Eccellente.
    (..e anche di più..).

    Chiedo consulenza per un dubbio :

    Nell’articolo :
    “Delvigne e Thouvenin: nuovi sistemi per caricare i fucili rigati” appaiono i disegni di 3 proiettili con sotto la nota: “Proiettile Tamisier con solchi per carabina a stelo francese, per fucile a stelo sardo e proiettile senza solchi per carabina da Bersagliere “.
    Pero il proiettile centrale non è un Tamisier,ma (da quel che so io)..un peeters per carabina da bersagliere mod.1856.
    (il 3à proiettile da destra è si quello per la carabina da bersagliere, ma modello 1839=ufficialmente 1844 che venne usata solo nella 1a guerra d’indipendenza)
    Posso assicurarti che nel 1859 il 2° ,5° ,6° Rtg. bersaglieri usavano la 2a palla da sinistra = ma versione Peeter.
    Anche i bersaglieri che effettuarono la manovra di allegerimanto sul fianco della avanguardia di Cadorna (che impatto gli austriaci a Pozzoloengo) usavano questo proiettile.
    Però (..vista la tua preparazione..eccellente)..mi sto chiedendo cosa quale testo ti ha indicato come Tamisier quel proiettile.
    (Ho visto il disegno del manuale,ma è del 1855 mentre il
    proiettile peeters venne adottato nel 1856 = questo potrebbe siegare il tutto..ma è solo un ipotesi..aspetto il tuo parere)
    Ringraziandoti anticipatamente, mi sdebito dandoti una notizia che forse sai già ..(ma io ringrazio sempre tangibilmente chi mi fa un favore) = il proiettile lorenz x carabina 1854 venne provato anche su versioni di essa
    modificate “a Stelo” ma la cosa durò poco perchè gia nel 1866 (insieme ai lorenz ) reparti austriaci (.. comunque sicuramente il 21° e il 19° jeager ) spararono (rispettivamente contro la divisione “Brescia e Valtellina” e contro i 3 rtg bersaglieri della divisione di riserva dei proiettili miniè cal.13,9 creati appositamente per la carabina mod.1854.
    ringraziandoti per la risposta,ancora complimeti per l’articolo.
    Gladiumibericum.

  29. Pero il proiettile centrale non è un Tamisier,ma (da quel che so io)..un peeters per carabina da bersagliere mod.1856.

    Ciao.
    Sicuramente l’illustratore non intendeva volontariamente rappresentare un Peeter per la Mod. 1856 (e infatti non ha delineato la tratteggiatura della cavità), visto che sono immagini di proiettili impiegati nella Guerra di Crimea.

    Posso assicurarti che nel 1859 il 2° ,5° ,6° Rtg. bersaglieri usavano la 2a palla da sinistra = ma versione Peeter.

    Non ne dubito, ma appunto quelle illustrazioni si riferiscono a proiettili della Guerra di Crimea, non successivi.

    Avevo preso l’immagine (e quelle dei Nessler), con i pesi e la didascalia, dalle pagine di informazioni gratuite tratte da un libro dedicato solo ai proiettili della Guerra di Crimea.
    Non ho riportato il link al sito perché, sfortunatamente, era sparito prima che completassi l’articolo (talvolta mi dimentico dove ho preso le immagini, ma quando lo so perché ho preso anche dei dati cerco di linkare ogni volta).
    Due anni e mezzo dopo non ricordo nemmeno l’URL morto in cui si trovasse, per recuperarlo via archive.org…
    Ho fatto una ricerca dando il disegno in pasto a Google Images, ma ha trovato solo il mio sito… :-(

    Comunque, giusto per curiosità, puoi vedere un proiettile Tamisier con la punta leggermente tondeggiante (come l’italiano in quell’immagine, non a triangolo bello netto come il francese accanto… o forse è solo un francese schiacciato dalla bacchetta, ma l’assenza di concavità causato dallo stelo sul fondo e l’assenza di rigatura per lo sparo avvenuto fa pensare di no, che sia un proiettile abbandonato senza spararlo), in questa pagina:
    http://directorblue.blogspot.com/2009/07/bullets-of-crimean-war.html

    Eccolo:

    https://www.steamfantasy.it/blog/wp-content/uploads/2011/12/ancient_bullets_04.jpg

    Nota che non è un Peeters cavo con la graziosa (e inutile) protuberanza centrale, come si vede meglio in queste altre due immagini:

    https://www.steamfantasy.it/blog/wp-content/uploads/2011/12/ancient_bullets_05.jpg

    https://www.steamfantasy.it/blog/wp-content/uploads/2011/12/ancient_bullets_01.jpg

    Tra l’altro quel Tamisier leggermente tondeggiante non era indicato nel defunto sito come usato dalla carabina da bersagliere, ma come usato da un qualche fucile a stelo della fanteria italiana in Crimea (???).
    Forse si riferisce al fucile Mod. 1854?
    Sto guardando Dal Carcano al Fal di Marciano e Morin e dice che quel fucile usava vitone a stelo sistema Thouvenin, immagino con palle Tamisier visto che sono le più adatte con lo stelo (ma nel paragrafetto dedicato non lo dice).

    Ah, aggiunta a commento concluso! Ho trovato un sito diverso, ma che riporta (credo) le stesse informazioni del defunto sito precedente!
    Qui puoi trovare il Tamisier tondeggiante Sardo della Guerra di Crimea:
    http://www.thomaspublications.com/civilwarprojectiles/articles/crimean_found_3.htm

    Tamisier – The Sardinians also used a pillar breech rifle with the Tamisier bullet stated to weigh 700 grains. No specimens of this weight have been noted. It may well be that they used French ammunition. The Sardinian Tamisier is stated to have a more rounded ogive to the nose.

    E a parte il fucile Mod. 1854 non me ne viene in mente un altro a stelo che possano aver usato…

    Spero di essere stato utile con le immagini reperite.

    Però ora devo chiederti aiuto perché temo che ci sia un altro errore nell’articolo ^___^. Ben più grosso e più verificabile. Io avevo letto, ma non ricordo dove perché sono passati oltre due anni, che (cito):

    [Il sistema a stelo Thouvenin venne adottato] anche dal Regno di Sardegna (ma non per i bersaglieri che preferirono tenersi il già valido sistema Delvigne).

    Ovvero che i bersaglieri fondamentalmente usarono il Mod. 1844 con sistema Delvigne come arma principale prima di passare al Mod. 1856 dotato di palla Peeter a espansione. Questo sembra confermato dal manuale del 1855…

    Ma, usando materiale diverso dal precedente, ovvero Dal Carcano al Fal, mi viene un grosso dubbio: lì è riportato che la carabina per bersaglieri Mod. 1848 era a stelo con sistema Thouvenin! E venne realizzata sia nei modelli Truppa che Sottufficiali, entrambi con quel lungo puntale inferiore nel calciolo (come nella Mod. 1844 nella versione per Sottufficiali, secondo quel libro il modello truppa era senza il puntale), ed entrambi con la capsula singola invece del nastro di capsule.

    Quale fu la reale diffusione di quel modello tra i bersaglieri?
    Soppiantò il sistema Delvigne della 1844 (nonostante dal manuale d’epoca non sembri proprio!) o, come facevano pensare le altre fonti, il vero cambiamento radicale dell’arma arrivò solo con la 1856 per cui la 1848 va considerata come poco diffusa?

  30. Ciao,

    E’ un piacere discutere di proietili ad avancarica con tè.

    Tamisier.

    [Nota del Duca: le foto sono state passate in privato, ma è stato chiesto di non pubblicarle]

    Nella tua foto del tamisier con il nessler,quest’ultimo è francese ed io ipotizzerei che lo è anche il tamisier.

    Nella mia foto T1-2+peeters il 1° proiettile da sinistra è un tamisier appartenete alla colonna di ladmirault (solferino 1859).Quello centrale è stato trovato a 200 metri dall’altro ma a causa di un fondipalle leggermente diverso e di una erosione da ossidazione marcata è sensibilmente diverso dall’altro (punta più arrotondata e spigoli degli anelli molto più smussati).
    Visto dal vivo (come forma) è quasi uguale a quello della tua foto.

    Non penso che il tuo tamisier abbia la punta arrotondata a causa di una pesante battitura (mia foto T1-2 -sparato =proiettile a destra).

    Nemmeno da battitura leggera (mia foto T1-2 -scaricato =proiettile a destra).
    Questo proiettile è stato battuto cosi leggermente da non avere (anche se sparato = ci sono le rigature) il segno dello stelo sulla base.
    Comunque la parte inferiore è diventata conica verso la base (.. a causa della non corretta dilatazione della base sullo stelo..)mentre il tuo proiettile no.

    Non può essere nemmeno un proiettile cavato mia foto T1-2 -cavato =proiettile a destra).

    Quindi non penso chè il tuo tamisier sia mai entrato in un fucile.

    Per quanto riguarda il testo siu proiettili della crimea mi sembra che il disegno del tamisier francese non assomigli a nessuno dei miei tamisier del 1859,mentre il disegno dell’italiano si.
    Ho un dubbio : in crimea c’erano i tiragliatori algerini (..li battezzati turcos..) che usavano le carabine 1846 e 1853 caricate proprio con il tamisier.
    Come fa l’autore a fare una distinzione netta di forma
    fra l’italiano e il francese con tutte queste varianti dovute a fondipalle,caricamento,ossidazione ?

    Tornando al nostro disegno “Proiettile Tamisier con solchi per carabina a stelo francese, per fucile a stelo sardo e proiettile senza solchi per carabina da Bersagliere ” io ipotizzerei che il 1° e 2° proiettile andrebbero “unificati” (considerando il 2 disegni varianti dovuti dello stesso identico proiettile =quello disegnato,troppo spigolato,sul manuale per carabina da bersagliere 1855)

    Il tutto è una mia ipotesi (..comunque discutibile..)per far “quadrare” il discorso con quanto in mio possesso.

    Fermo restando quanto scritto nel mio e-mail sulle foto
    mi rendo conto che senza di esse il commento può essere di difficile comprensione per chi legge.
    Quindi,se lo ritieni,puoi mettere sul blog 2 foto a tua scelta (..non però la 1a = quella scura).

    Grazie mille per la tua pazienza,e per l’ospitalità sul tuo blog.

    (..appena formulo un ipotesi per la 1848 mi faccio sentire)

    Ancora (e sempre..) complimenti per la tua preparazione.

    Gladiumibericum

  31. Come fa l’autore a fare una distinzione netta di forma fra l’italiano e il francese con tutte queste varianti dovute a fondipalle,caricamento,ossidazione ?

    Perché, come indicato nel brano in inglese, l’immagine è ispirata all’indicazione che ha trovato che fossero leggermente più tondeggianti della forma “teorica” del francese.
    Ma visto che la forma “netta” e aerodinamica teorica del Tamisier francese pare che molto raramente fosse rispettata…

    io ipotizzerei che il 1° e 2° proiettile andrebbero “unificati” (considerando il 2 disegni varianti dovuti dello stesso identico proiettile =quello disegnato,troppo spigolato,sul manuale per carabina da bersagliere 1855)

    …direi che conviene unificare l’indicazione nella didascalia. Provvedo subito.

    Metto questo:
    A sinistra e al centro due proiettili Tamisier con solchi: il primo ha la forma netta “teorica” di quello francese usato al tempo della Guerra di Crimea, mentre il secondo ha la forma più tondeggiante dei reali proiettili usati dai francesi anche a Solferino (1859) o con i fucili a stelo Thouvenin sardi in Crimea. A destra il proiettile senza solchi per la carabina da Bersagliere Modello 1844.

    Attendo appena possibile informazioni sulla 1848 per bersaglieri!

  32. Ottimo l’articolo.
    Se è possibile vorrei sapere se è in vendita un tipo particolare di carta per preparare una cartuccia per lo sharp, visto che essa verrà tagliata dalla culatta in fase di chiusura
    Grazie e buon lavoro
    Giovanni Del Proposto

  33. Sto seguendo delle tue pagine sui moschetti e sullo steampunk visto che è il mio genere preferito e poi ti porro domande sullo steampunk in altre pagine piu inerenti ma vorrei sapere una cosa no perchè da bravo appassionato di storia ed anche armi da fuoco,ho seguito anche l articolo sulla battaglia di pavia molto complesso e ben dettagliato e ti faccio i comlimenti :) :) ! ora arrivo al dunque, ma in un moschetto dico la polvere nera deve essere per forza in grani? e se non lo è (cioè se fosse fina) che succede, forse mi è sfuggito ma vorrei saperlo

  34. La polvere in grani permette di mantenere assieme, in comode unità, le tre componenti principali della polvere nera assieme all’ossigeno (nei pori dei grani e nello spazio tra i grani dopo averli versati nella canna).

    Una polvere non lavorata per diventare in grani, lasciata sotto forma di sola polvere fina di zolfo, carbone e salnitro, ha meno ossigeno da bruciare e una distribuzione peggiore delle componenti perché avendo diversi pesi specigifi, muovendole, le più pesanti tenderanno a scivolare verso il basso (come se fossero acqua e olio) rovinando tutto.
    Per questo ai test (citati in altri articoli) la polvere fine non in grani fornisce molta meno energia al proiettile rispetto alla stessa massa di polvere lavorata in grani.

    La cosa è particolarmente problematica, puoi immagine, per il trasporto in barili nei treni d’artiglieria: i barili sui carri tirati da cavalli, continuamente scossi dalle irregolarità della strada, finirebbero in pochi giorni di viaggio ad avere tutto il carbone in cima e tutto il salnitro in fondo… impossibile pescare per caricare i cannoni o rifornire i soldati, senza prima svuotare il barile e mischiare d’accapo tutto (con proporzioni che non saranno mai perfette come se fosse in grani).

  35. mmmmmm ……..interessante e quindi come facevano a fare il tutto in grani (ora mi iscriverò al tuo sito ho gia ricevuto varie email) io sapevo un modo non molto chiaramente perche non era molto dettaqgliato di come fare il tutto in grani è una cosa con l alcol 90 perchento mi pare, ma non ho ancora trovato un articolo dettagliato, e sul tuo sito ci sono molti articoli dettagliati se non tutti…… e poi per non parlare che vorrei fare il rievocatore questa estate quindi vorrei iniziare ad approfondire meglio
    grazie della disponibilità

  36. La polvere nera veniva mischiata con un liquido per modellarla in panetti, veniva fatta seccare e poi frantumata.
    Con setacci di varie dimensioni si separavano i grani in base alla finezza, da 4Fg a Fg (4Fg = polvere fine per scodellino o pistole minuscole, sensibilissima alle scintille; 3Fg va bene per le pistole; 2Fg e 3Fg vanno bene entrambe per i fucili/moschetti, meglio 3Fg se si usa la carica nella cartuccia anche per lo scodellino; Fg è praticamente polvere da cannone o per tromboni/spingarde di calibro enorme).

    Nel Quattrocento, quando iniziò la pratica del conservare la polvere in grani (divenuta comune solo nel Cinquecento però), si pensava che l’urina dei monaci fosse il liquido migliore per la polvere da sparo perché più “sacra” della banale acqua.

    Se vuoi ti cerco altri dettagli su Weapons and Warfare in Renaissance Europe di Bert S. Hall, ma la spiegazione grossomodo è questa.

  37. grazie dellla spiegazione anche troppo approfondita posso farti una odmanda ma stimi cosi tanto gli in glesi perchè da quello che so forse il loro era il miglior equipaggiamento nel 17 e fino alla metà ddel 18 secolo cmq poi cercherò anche io ma la polvere usata nelle rievocazioni e sempre polvere da sparo giusto???

  38. La polvere nera è stata standardizzata come composizione nel ‘700, per cui se usi la normale polvere svizzera (e non polveri “non nere” equivalenti per l’avancarica) numero 3 o numero 2 dovrebbe andare bene (equivalenti rispettivamente la 3 al 2Fg e la 2 al 3Fg: nella polvere svizzera il conteggio è al contrario, con 1 la più fine e 4 la più grossa).
    O prendere polveri come la Pow-Ex di Wano.
    Ti segnalo la dimensioni in grani nelle polveri della Wano:

    Per quanto riguarda la produzione Wano, la più fine è la Sporting Powder FFFFg (da 0,150 a 0,425 mm la dimensione dei grani), ideale per pistole e revolver calibro .31 e per l’innesco delle armi a pietra (polverino); quindi si passa alla Sporting Powder FFFg (0,300 – 0,850 mm) per revolver, pistole e fucili fino al .45. Seguono la Sporting Powder FFg (0,600 – 1,180 mm) per fucili oltre al calibro .45 e cartucce con bossolo metallico di calibro .45 o superiore e la Sporting Powder Fg (1,180 – 1,700 mm), utilizzabile nei moschetti, nelle armi di grosso calibro e nei modellini di cannone.

    http://www.davide-pedersoli.com/uploads/stampa/57Pow-Ex%20Sporting.pdf

    Penso che anche per rievocazioni storiche Cinquecentesche in cui si spara a salve possa andare bene, non solo dal Settecento in poi. In fondo polveri di qualità e dimensioni dei grani molto simili a quelle moderne erano state sviluppate già nel ‘500, poi nel ‘600 la standardizzazione prosegue e nel ‘700 in pratica tutti i paesi europei usano la stessa formula di polvere “ottimizzata”.

    Una polvere in grani moderna è un’ottima approssimazione anche per un archibugere di inizio ‘500, non c’è motivo di impazzire cercando polveri peggiori con formule sbilanciate nelle tre componenti: alla fine conta la fumata quando spara.

  39. a pedensoli comprai il mio moschetto proprio da lui un brown bess si ma lo comprai quando costavano un po di meno senò guarda ora costa un fracasso di soldi la polevre però non l avevo ancora vista, e cmq la mia era curiosità tanto tra poco faremo degli addestramenti per conoscere le varie formazioni e anche per l uso del moschetto questa è opzionale perche il 90 percento dei rievocatori della nostra scuadra lo sa fare

  40. Domanda probabilmente stupida, ma è una cosa che mi incuriosice: un proiettile allungato (come una qualsiasi pallottola per arma a canna rigata), sparato da un fucile a canna liscia (ovviamente ipotizzando un gioco, tra canna e proiettile, pari a zero o quasi), avrebbe una accuratezza e una gittata maggiori di una palla sferica?

  41. La gittata sarebbe maggiore perché è legata all’attraversamento dell’aria e questo è legato alla densità sezionale: una sfera ha densità “una sfera per calibro”, un proiettile minié / tamisier (quindi allungato) può pesare “1,5-2 sfere per calibro” (un proiettile da fucile moderno di più: il 5,56 Nato ha un peso di circa 4 sfere in piombo dello stesso calibro).
    Le palle nessler, sparate da fucili ad anima liscia, mi pare avessero 2 volte il tiro utile rispetto alle palle sferiche.

    Il MOA sarebbe migliore perché il proiettile non soffrirebbe del moto rotatorio della palla che rotea su se stessa e perché taglierebbe meglio l’aria (maggiore densità sezionale e profilo del naso più appuntito), ulteriore elemento che incrementa la dispersione dei colpi.

  42. Un test in cui si confronta il proiettile Lorenz con il miniè.
    Non ho capito tutto, ma la parte conclusiva è quella per me più interessante

  43. Gran bel documento!
    Si riesce a trovare un disegno tecnico completo di quote, di un fucile winchester 1873. Grazie mille!

  44. … bellissima ed interessante lettura! vorrei poterLe inviare una foto di alcune palle che, non essendo in alcuna maniera esperto, non riesco ad attribuire; vengono dal mare … Grazie E

  45. Vorrei sapere se nelle pistole avancarica (colpo singolo) rigate si sia sempre usato palle sferiche o anche cilindro-ogivali es. tipo Minie.
    grazie

  46. Ovviamente sì. La forma delle palle e i sistemi per facilitare l’adesione alla canna rigata hanno seguito l’evoluzione avvenuta coi fucili. L’esercito del Regno di Sardegna adottò prima la pistola 1844 a camera ristretta Delvigne (usando palle sferiche, credo, non le cilindro-coniche viste per esempio per le carabine da bersagliere) e poi con la nuova pistola da ufficiale d’artiglieria del 1860 adottò proiettili minié secondo “Pistole militari italiane” dell’Editoriale Olimpia.

    Certamente anche gli eserciti degli altri paesi e le armi sportive e da difesa avranno adottato ogni tipo di palla e sistema di adesione alla rigatura esistito. Mi parrebbe impossibile se non fossero state usate anche palle nessler cilindro-sferiche su vecchie pistole ad anima liscia. :-)

  47. Ah, eccolo qua, sempre dal libro citato prima:

    La palla conservava la forma sferica, con un leggero incremento nel diametro, e solo nel 1857 venne sostituita con una cilindro-sferica tipo Nessler. Le pistole da carabinieri furono le uniche che continuarono sempre a sparare, imperterrite, la loro pallottola sferica da mm 14,3.
    La generalizzazione della rigatura secondo il sistema 1860 impose l’adozione di nuove cartucce con pallottola autoespansiva. Naturalmente ne rimasero escluse quelle pistole che, nonostante tutto, conservavano la canna liscia.

    :-)

  48. salve , chiedo in questo sito una informazione,
    storicamente da quanto e da chi venivno usate le pezzuole per caricare le armi ad avancarica ?
    visto che oggi sembra l’unico modo per caricare una arma ad avancarica.
    grazie

  49. Se passa la nuova direttiva sull’armi europea così come è ora (verrà votata al parlamento magari con qualche emendamento) si torna a prima della liberazione ovvero per le repliche ad avancarica sarà necessaria la denuncia e grazie al governo del “bomba” sarà necessario il pda anche se non si ha intenzione di usarle (per la polvere nera ovviamente serve il pda). Quindi ho si compra delle repliche “inerti” (luminello chiuso o anche la parte della canna) o niente. Sia mai che i terroristi non siano assalti dalla nostalgia e si diano alle formazioni di moschettieri…

    La legge non sarà retroattiva come giusto che sia visto che violerebbe la costituzione….

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